L’anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito nel carcere di Caltagirone

L’8 giugno 2020 il compagno anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito dal carcere di Palermo Pagliarelli a quello di Caltagirone.

Per scrivergli:

Davide Delogu
Casa Circondariale di Caltagirone
Contrada Noce S. Nicola Agrò
95041 Caltagirone (CT)

Tratto da sardegnaanarchica.wordpress.com.

 

L’anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito nel carcere di Caltagirone [it, en]

Milano – Corteo sabato 20 giugno

 
SABATO 20 GIUGNO
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In queste fasi di emergenza e pandemia stiamo vivendo un passaggio epocale del capitalismo. Non si tratta di una novità: è da decenni che assistiamo alle sue trasformazioni, ma in questa situazione stanno emergendo con più forza e violenza, cogliendoci impreparati.
In centinaia d’anni, il capitalismo ha avuto bisogno di sfruttare moltitudini di esseri umani e di saccheggiare terre e risorse attraverso strumenti e tecniche sempre differenti, a seconda dell’epoca storica, della composizione sociale, del sistema economico presente e della latitudine in cui agiva. Il risultato e gli obiettivi sono però sempre stati gli stessi: accumulare con violenza e sfruttamento.
Il solo uso della forza esplicita e tradizionale non sempre basta. Per questo, le armi si affinano, si modificano, si adeguano. Nella parte di mondo in cui viviamo, stiamo assistendo a un periodo di ridistribuzione dei poteri e di trasformazione del sistema capitalistico tradizionale di impronta industriale, che non ha certo cessato di esistere in tutto il mondo. La difficoltà dell’accumulazione richiede nuove strategie, maggiore sfruttamento umano, continui e gravi saccheggi e devastazioni di territori e risorse. Davanti a noi, il capitalismo non si presenta come un blocco monolitico: al suo interno le lotte per il potere e l’egemonia non cessano di susseguirsi. I pochi e le multinazionali che ne escono vincitori accumulano sempre più potere e ricchezze, mentre si assiste a un impoverimento di massa e a un peggioramento della qualità della vita.
Tra le forme di ristrutturazione capitalistica, vi è quella che è stata nominata il capitalismo della sorveglianza(1), in cui il ruolo della tecnologia è sempre più profondo e capillare. In questo contesto, l’esperienza umana diventa una materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, predizione e vendita. Il comportamento umano è continuamente sotto controllo e attraverso queste forme di sorveglianza globale le esperienze personali diventano fondamentali per predire comportamenti futuri e desideri. Il concetto stesso di umanità viene messo in discussione: gli esseri viventi sono considerati non solo come corpi da sfruttare, ma anche come fasci di dati da cui trarre profitti e informazioni utili a orientare le scelte future. Si tratta di una logica economica parassita nella quale la produzione delle merci e dei servizi è subordinata a una trasformazione comportamentale degli individui e delle masse.
Ogni sfera della vita umana, anche quelle immateriali, vengono colonizzate e i comportamenti plasmati. Questa crisi e queste ristrutturazioni hanno effetti pervasivi in ambito economico-lavorativo, politico, sociale, sanitario ed ecologico.
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Da più di trent’anni, la gestione aziendale della sanità ha comportato continui tagli e privatizzazioni. Il sistema sanitario è stato smantellato e deturpato a tal punto da rendere sempre più difficile l’accesso alle cure per chi non ha il portafogli gonfio. Così, mentre le risorse destinate alla sanità sono state sempre meno, l’industria bellica viene lautamente sovvenzionata. Le guerre e gli affari economici e militari non si sono fermati neanche con la pandemia, portando migliaia di persone a muoversi dai propri paesi di origine verso l’Europa e i paesi ricchi, attraversando deserti, mari, centri di detenzione.
I lavoratori sono sempre più sfruttati e sacrificati in nome del profitto dei loro padroni. Con il “miracolo” dello smart working avremo individui ancor più soli e atomizzati.
La scuola, già segnata da una deleteria aziendalizzazione, da una consistente precarizzazione degli insegnanti con conseguenze sulla qualità della didattica, ha oramai la sola funzione di creare nuovi sudditi, nuovi consumatori, nuovi padroni e nuovi schiavi. La didattica online, introdotta in tempi di pandemia, ha contribuito alla dissuasione e all’affievolimento delle interazioni e delle relazioni tra gli individui, tentando di evitare concrete possibilità di incontro, protesta e crescita collettiva.
Gli emigrati e le emigrate non versano certo in condizioni migliori. Sia nelle città che nelle campagne, dove si produce il cosiddetto made in Italy, i lavoratori immigrati vivono in condizioni di sfruttamento e schiavitù. La necessità di un maggior numero di lavoratori nel settore agricolo, richiesta a gran voce da Coldiretti e Confindustria, ha portato all’inserimento nel Decreto “Rilancio” del 13 maggio 2020 di una misura per regolarizzare una parte degli emigrati che vivono in Italia. Questa sanatoria non permetterà agli immigranti di ottenere documenti e permessi di soggiorno a lungo termine e rinnovabili, ma solo a garantire ai padroni di non perdere profitti e allo stato di regolarizzare la schiavitù.

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In questo contesto socio-politico, il 13 maggio 2020, a Bologna si è conclusa una lunga indagine che ha portato all’arresto di sette compagni e compagne, mentre per altri/e cinque è stato disposto l’obbligo di dimora a Bologna con rientro notturno. L’accusa è di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis).
La Procura di Bologna si è espressa in questi termini, mostrando le sue intenzioni: «In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati, assume una strategica valenza preventiva volta a evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagne di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica».
Gli elementi raccolti per la convalida di queste misure sono legati alle lotte che i nostri compagni e le nostre compagne portavano avanti nel loro territorio, espresse nel portare solidarietà ai reclusi nelle carceri e nei CPR (ricordiamo la recente presenza solidale sotto il carcere della Dozza durante la rivolta dei primi giorni di marzo e la lotta contro l’apertura del CPR di Modena), in cortei non autorizzati, affissioni di manifesti e diverse iniziative pubbliche. Per rincarare la dose sono stati inseriti nell’inchiesta il sabotaggio di un’antenna della televisione più altri danneggiamenti e imbrattamenti.
Lo scopo dello Stato, dunque, non è colpire solo le pratiche, alle quali ci sentiamo comunque solidali, ma punirne anche il solo pericolo presunto, cioè l’intenzione e le possibilità che essa apre.
Di conseguenza, ci pare chiaro che in questo contesto repressivo non si inserisca solo una cosiddetta minoranza radicale, ma ogni forma di lotta contro un mondo di sfruttamento e barbarie.
Infatti, la repressione di Stato e Polizia non ha mancato di colpire i lavoratori che si sono ribellati contro condizioni sempre più precarie, ricattabili e ritmi di lavoro asfissianti.
Un esempio è quello dei lavoratori del magazzino della TNT di Peschiera Borromeo (MI) che, all’inizio di maggio, hanno occupato il magazzino per due giorni per protestare contro la sospensione di cento lavoratori interinali di Adecco e sono stati sgomberati e repressi da un’ingente forza di polizia e carabinieri, e nella sede di Bovisa (MI) sgomberati con l’intervento dell’esercito.
Ad essere colpito è stato anche chi, in condizioni di miseria e povertà, si è trovato costretto ad occupare una casa o a non poter più pagare l’affitto ed essere di conseguenza messo sotto sfratto e sgomberato. È successo anche nel periodo della quarantena nei quartieri di Corvetto e San Siro, dopo che il Comune di Milano aveva dichiarato di sospendere gli sfratti e gli sgomberi fino al 30 giugno e diffondeva con tutti i suoi mezzi di comunicazione l’indicazione di restare a casa per non diffondere il Covid-19.
Anche nelle carceri sovraffollate ci sono state forti rivolte. I detenuti, che durante l’emergenza del Covid-19 si sono ribellati per la privazione di misure e tutele sanitarie necessarie, ammassati in piccole celle, sono stati repressi con pestaggi, privati del vitto e delle cure mediche e trasferiti in altre carceri. Queste rivolte sono costate quattordici morti per mano dello Stato.

Quanto è successo nelle carceri italiane e di tutto il mondo non è da considerarsi un’eccezione, perché il problema è insito nella natura stessa dell’istituzione-carcere, coercitiva e autoritaria.
La repressione ha trovato nuove possibilità per ampliare il suo raggio d’azione e coinvolge sempre più persone.
Il controllo dell’individuo e della società si attua capillarmente non solo attraverso posti di blocco, ma anche con l’utilizzo di droni, autocertificazioni, elicotteri, check-point e telecamere intelligenti. In questi ultimi mesi, quasi l’intera popolazione è stata soggetta ad una forte restrizione nella libertà di movimento. I controlli di Polizia sono aumentati in maniera consistente, con l’ulteriore supporto dell’Esercito Italiano che ha assunto anche il ruolo di pubblico ufficiale. Un esempio eclatante di uso della forza da parte dei militari si è verificato durante il picchetto dei lavoratori in sciopero della Bartolini di Sedriano (MI).

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Ci insegnano a vivere ognuno per sé, ognuno nella sua sfera privata e impermeabile, ad essere indifferenti alle ingiustizie, a produrre e consumare solo per noi stessi, a immiserirci in guerre tra poveri e cannibalismo sociale.
Non è questo il sistema in cui vogliamo vivere. Continueremo a lottare per un mondo basato su valori di solidarietà e mutuo appoggio, creando comunità lontane da delega e autorità dove ogni individuo è promotore delle proprie istanze.
Durante il lockdown una frase si è diffusa velocemente in tutto il mondo:
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Pensiamo che sia davvero necessario interrompere il prima possibile questo ritorno alla normalità.
Per farlo ci sarà bisogno di tutti noi, di tutte le nostre capacità e del nostro coraggio, perché la soluzione è mettere in discussione il sistema mortifero del capitalismo e avanzare altre proposte.

In tre o in tremila, nei magazzini o nelle piazze, davanti alle case occupate o sotto le mura delle galere e CPR, nei picchetti o nei sabotaggi, in città o in montagna…

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testo corteo per la stampa

Cronache dallo stato di emergenza (numero 10)

Pensieri su salute e medicina

(Cronache dallo stato di emergenza n.10, 29 maggio 2020)

Mentre il governo ci accorda per la cosiddetta Fase 2 la libertà di lavorare, di consumare e di fare passeggiate – ma non quella di manifestare –, il fatto che dei medici in formazione si dichiarino in mobilitazione permanente ci sembra un bel segnale. Così come il fatto che la situazione creatasi negli ospedali di fronte al Covid-19 venga esplicitamente collegata ai tagli (37 miliardi di euro solo negli ultimi dieci anni) e al processo di aziendalizzazione della Sanità. Se c’è un insegnamento da trarre dall’esperienza di massa che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, è che la difesa della salute individuale e collettiva non può essere delegata e che è urgente aprire nei diversi territori spazi di confronto e di iniziativa che uniscano il personale sanitario e il resto della società. Non solo perché “ripartire” come se nulla fosse successo è quanto di più insensato si possa fare; ma anche perché l’enorme debito pubblico che il governo sta creando con i prestiti alle banche e alle grandi aziende comporterà, in assenza di resistenze, ancora tagli e una più feroce aziendalizzazione. «La salute non è in vendita» non può che essere un invito a lottare, dunque, non certo una costatazione: in un mondo in cui tutto è profitto, la salute è in vendita, eccome!

Partiamo allora da un passaggio del vostro appello:

«Chiediamo che venga riconosciuta la centralità della medicina sul territorio, realtà che si assume la cura della persona nella sua totalità e globalità. Chiediamo che venga garantito ai futuri Medici di Medicina Generale un percorso formativo di qualità, nel quale venga valorizzata l’importanza di una gestione globale e proattiva dei pazienti». Questo significa non solo avere gli strumenti per affrontare le malattie, ma anche la volontà di prevenirle. Una «medicina sul territorio» che «si assume la cura della persona nella sua totalità e globalità» può esimersi dal denunciare le cause ambientali delle malattie? L’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, le condizioni in cui lavoriamo, i mezzi con cui ci spostiamo sono le basi stesse di un territorio. L’inquinamento, l’artificializzazione del cibo, gli incidenti sul lavoro e del lavoro hanno o non hanno a che fare con la medicina? Che l’arte medica richieda competenza e formazione è sicuro; che la sua estrema specializzazione tenda a rendere dei perfetti incompetenti in ciò che è umano e sociale, è altrettanto sicuro.

È proprio questa competenza umana e sociale che manca, e che si tratta di costruire insieme. Una volta che abbiamo denunciato tagli e privatizzazioni, vogliamo dir qualcosa sulle cause strutturali per cui milioni di esseri umani si ammalano? Vogliamo dire che le stesse malattie zoonotiche come il Covid-19 – diventate ormai il 70% delle nuove infezioni – sono provocate dalla deforestazione, dagli allevamenti intensivi di animali, dall’agricoltura industriale e dall’urbanizzazione smisurata? Se possiamo suggerirvi e suggerirci degli esempi da seguire, che vanno ben al di là di un ambito professionale specifico, questi non sono certo i grandi baroni della medicina (che sulle varie controriforme sanitarie sono sempre stati zitti), ma quei “medici scalzi” che denunciavano insieme agli operai il pericolo dell’amianto o assieme agli abitanti di città e campagna l’impatto delle varie nocività petrolchimiche. Si tratta di figure nate non a caso negli anni in cui si discuteva e si lottava su tutto ciò che riguarda la società, cioè ci si prendeva cura della «persona nella sua totalità e globalità». In tal senso, auspichiamo non solo che le mobilitazioni riprendano e continuino, ma che si intreccino fra loro. Abbiamo visto fin troppo bene che “malattie” produce l’isolamento.

www.ilrovescio.info

testo distribuito il 29 maggio, a Trento, nel corso dell’iniziativa organizzata lì come in ventuno altre città dai “medici in formazione in mobilitazione permanente”

Qui in formato pdf:

cronache 10

 

Cronache dallo stato d’emergenza (Numero 10)

Una storia italiana. Di terremoti ed emergenze sanitarie

Una storia italiana. Di terremoti ed emergenze sanitarie

Il giorno 2 maggio il capo della polizia Franco Gabrielli ha dichiarato: «Attenzione, con la fase due dell’emergenza coronavirus ripartirà anche la criminalità», che, tradotto, voleva significare «ma perché non prolunghiamo per un altro periodo questa quarantena e poi facciamo in modo che lo stato d’eccezione diventi la normalità…?».

Ebbene, Gabrielli sa perfettamente cosa dice e penso che abbia anche in mente uno scenario ben definito. Infatti c’è stato un periodo e un luogo in cui l’autoritarismo emergenziale è assurto a realtà fattuale, trasformando una città e ilsuo territorio in un laboratorio politico per il superamento di tutte le normali dinamiche sociali.

Mi riferisco alla gestione del sisma che ha colpito L’Aquila e il suo circondario il 6 aprile del 2009.

Il giorno stesso del terremoto il governo Berlusconi, che annoverava come ministro dell’interno Roberto Maroni, come primissimo atto politico nominò proprio Gabrielli, che proveniva dalla guida dei servizi segreti civili, prefetto della città… guarda alle volte i casi…

In seguito la protezione civile, comandata dal ras Guido Bertolaso, evocato da Renzi e Salvini come salvatore della patria nell’emergenza coronavirus e poi nominato commissario straordinario della Lombardia e delle Marche, stese una cappa di coprifuoco militare, chiamata zona rossa (…vi dice niente?), su L’Aquila e su 52 comuni del cosiddetto cratere sismico.

Nessuno poteva accedere alle proprie case se non scortato da forze dell’ordine e vigili del fuoco, tutti gli abitanti furono o confinati in tendopoli gestite dalla protezione civile, in cui era persino vietato fare assemblee pubbliche, oppure deportati negli alberghi sulla costa adriatica.

La sistematica attuazione di tale piano di contenimento sociale è avvenuta seguendo una ben precisa strategia chiamata Metodo Augustus. In pratica una serie di linee guida per fronteggiare l’emergenza, pubblicate la prima volta nel 1997 e integrate nel corso degli anni, mutuate interamente dalle procedure adottate dall’Ente Federale Gestione Emergenze statunitense, che fa parte dell’Homeland Security, cioè l’antiterrorismo interno.

Tale impostazione militare è ben presente nel protocollo italiano fin dai nomi scelti, ad esempio il centro di coordinamento della protezione civile sul territorio si chiama Direzione di Comando e Controllo… come in guerra…

Controllo che non doveva limitarsi alla gestione del territorio, ma bensì come si legge testualmente sul documento Augustus, doveva spingere la cittadinanza ad «abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi a privazioni e limitazioni, e ad ubbidire alle direttive impartite».

Come si vede, niente di nuovo sotto il sole…

mammut

Tratto da Fase zero, giugno 2020.

Una storia italiana. Di terremoti ed emergenze sanitarie

Italy: Call for financial support for Scripta Manent

Italy: Call for financial support for Scripta ManentThe second degree of the «Scripta Manent» trial will begin in Turin on July 1st, 2020. We ask comrades and people in solidarity for economic support, all the more important because in these months of lockdown the benefit initiatives have been reduced to a minimum if not completely interrupted.

The bank references to send money are:

Iban: IT56M0567617295IB0000592586
Accountholder: Omar Nioi
Bank: Banco di Sardegna
Bic/Swift code: SARDIT3S100

For any information contact the e-mail: cassamanent[at]anche.no

Appello al sostegno economico per Scripta Manent [it, en]

Appello al sostegno economico per Scripta Manent

Appello al sostegno economico per Scripta Manent

Il 1 luglio a Torino inizierà il secondo grado del processo «Scripta Manent». Chiediamo a compagni e solidali un sostegno economico, tanto più importante perché in questi mesi di lockdown le iniziative benefit si sono ridotte al minimo se non completamente interrotte.

I riferimenti bancari per inviare soldi sono:

Iban: IT56M0567617295IB0000592586
Intestatario: Omar Nioi
Banca: Banco di Sardegna
Codice Bic/Swift: SARDIT3S100

Per qualunque informazione: cassamanent[at]anche.no

Appello al sostegno economico per Scripta Manent [it, en]

 

Long live the revolt! – Pamphlet about USA and “Antifa”

After another night of revolt in the streets of The United States due to the killing of George Floyd, president Trump, from a bunker in the White House, announced that he would designate “Antifa” as a terrorist organization. This finger-pointing seeks to frame a spontaneous and manifold movement (without capitals) as an Organization, not only assigning it an ideology but also a functionality that is hierarchical and in consonance with state logic.

Once again, terrorism is is used as an alibi for the criminalization of wide sectors in the struggle, which at the same time completely exceed “anti-fascism”. But beyond denouncing and fighting against the repressive advance that this signifies, it’s necessary to reject the polarization that is sought to be introduced at the heart of the struggle.

The false choice between the economy and life that was imposed commencing from COVID-19 caused a resurgence of the classical bourgeois polarization between economic liberalism and state interventionism. This, in the same time, has been codified in different forms according to the region. Generally as progressivism vs. the right, and even arriving to speak of fascism, like in Brazil and the United States. We don’t see any coincidence in anti-fascism being appealed to for the channeling of a revolt that they cannot control.

Although street anti-fascism (Antifa), of the thug type that confronts the neo-nazi gangs, which is common in the United States and Europe, is not the statist and military antifascism (of “the good guys”) from the ’30s of the last century, it is its heir. The victorious defenders of official anti-fascism killed workers and raped women on a massive scale during the Second World War. And they directly formed a part of the triumphant governments that, in the name of the struggle against fascism, subjected so many countries to a capitalist democratic regime in which one must no longer protest because we’re supposedly free and we would have it much worse if the others had won.

Fascism and democracy have always been complimentary political systems to the service of the interests of the rich. When democracy can no longer contain the struggles of the exploited and oppressed, or to simply keep them in line, Capital resorts to more brutal forms. Today these methods, which it is supposed are exclusive to the fascists, form a part of any government that declares itself to be be free and anti-fascist, which on their part are openly totalitarian: killings such as that of George Floyd or the millions of deaths at the hands of the police of every country, slave labor as the necessary compliment of the labor market, and discipline in the schools, jails and mental hospitals. However, no president calls themself fascist – all to the contrary!

Now that democracy has turned into totalitarian control of social life, fascism as a system of domination has lost its meaning. Obviously there continues to be nazis and fascists but they aren’t the ones pulling the strings, they are a problem of the street and there must be fought against day by day. But but anti-fascism as a political option is a farce. Now just as before it only serves to befriend the oppressed and the oppressors, exploiters and exploited, governors and governed. In the name of anti-fascism they call on us to unite behind the genocides of today: the progressive or leftist rulers of whatever country, who also have their hands stained with blood. Or the heirs of genocidal stalinism and maoism.

The problem is not the right or the left. It’s capitalism, it’s democracy. It’s not needed to unite behind the antifascist front in order to fight the fascists. What unites us is common action everywhere against what exploits and oppresses us, against the root of the problem: private property, money and the State.

In the streets of the United States there mix black proletarians, together with whites and latinos. They have challenged the oppressive everyday normality in less than a week. To want to attribute this to one sole movement as does Trump and his entourage, or to want, like his opposition, to score a point by these declarations, expresses the commonality in political mentality that these two opposing factions have, but only in how to manage this mercantile world.

May neither Trump nor the executioners from any part of the world mark the objectives and developments of our struggles for us!

The State is the real terrorist!

For download: https://panfletossubversivos.blogspot.com/2020/06/long-live-revolt.html

Viva la revuelta – Panfleto sobre EEUU y “antifa”

Tras otra noche de revuelta en las calles de Estados Unidos por el asesinato de George Floyd, el presidente Trump desde un bunker en la Casa Blanca anuncia que designará a “Antifa” como organización terrorista. Este señalamiento busca a encuadrar a un movimiento (sin mayúsculas) espontáneo y multiforme en una Organización, asignándole no solo una ideología sino también un funcionamiento jerárquico y acorde a las lógicas estatales.

Una vez más, el terrorismo es utilizado como coartada para la criminalización de amplios sectores en lucha, que a su vez exceden completamente al “antifascismo”. Pero además de denunciar y luchar contra la avanzada represiva que esto significa, es necesario rechazar la polarización que se busca instalar en el seno de la lucha.

La falsa elección entre la economía y la vida impuesta a partir del Covid-19 hizo resurgir la clásica polarización burguesa entre liberalismo económico e intervencionismo estatal. Esta última, a su vez, se ha codificado de diferentes formas según la región. Generalmente como progresismo y derecha, e incluso llegando a hablar de fascismo, como en Brasil y Estados Unidos. No vemos ninguna casualidad en que se apele al antifascismo como canalización de una revuelta que no pueden controlar.

Si bien el antifascismo callejero (el Antifa), de tipo pandillero que enfrenta a las bandas neonazis, común en Estados Unidos y Europa no es el antifascismo estatista y militar (de “los buenos”) de los 30 del siglo pasado, sí es su heredero. Los victoriosos defensores del antifascismo oficial asesinaron trabajadores y violaron masivamente mujeres durante la Segunda Guerra Mundial. Y directamente formaron parte de los gobiernos vencedores que, en nombre de la lucha contra el fascismo, sometieron a tantos y tantos países a un régimen capitalista democrático donde ya no se debería protestar porque supuestamente somos libres y estaríamos peor si hubieran ganado los otros.

Fascismo y democracia han sido siempre sistemas políticos complementarios al servicio de los intereses de los ricos. Cuando la democracia no puede contener las luchas de los explotados y oprimidos, o simplemente para mantenernos a raya, el Capital recurre a formas más brutales. Hoy, esos métodos que se suponen son privativos de los fascistas forman parte de cualquier gobierno que se declara libre y antifascista, que por su parte son abiertamente totalitarios: asesinatos como el de George Floyd o los millones de muertos a manos de la policía de todos los países, el trabajo esclavo como complemento necesario del mercado laboral, y el disciplinamiento en escuelas, cárceles y manicomios. Así y todo, ningún presidente se dice fascista ¡sino todo lo contrario!

Ahora que la democracia ha devenido en control totalitario de la vida social, el fascismo como sistema de dominación ha perdido su sentido. Claro que sigue habiendo nazis y fascistas pero no son los que mueven los hilos, son un problema de la calle y deben ser combatidos en ella día a día. Pero el antifascismo como opción política es una farsa. Hoy como ayer solo sirve para hermanar a oprimidos y opresores, explotadores y explotados, gobernantes y gobernados. En nombre del antifascismo se nos llama a unirnos a los genocidas de hoy: los gobernantes progresistas o de izquierda de cualquier país, que también tienen las manos manchadas con sangre. O con los herederos del estalinismo y el maoísmo genocida.

El problema no es la derecha o la izquierda. Es el capitalismo, es la democracia. No hace falta unirse al frente antifascista para combatir a los fascistas. Lo que nos une es la acción común en todas partes contra lo que nos explota y nos oprime, contra la raíz del problema: la propiedad privada, el dinero y el Estado.

En las calles de Estados Unidos se mezclan proletarios negros, junto con blancos y latinos. Han desafiado la opresiva cotidianidad en menos de una semana. Querer arrogar esto a un solo movimiento como hace Trump y su séquito, o querer como su oposición sacar una tajada por estas declaraciones, expresa lo común que tienen de mentalidad política estas dos fracciones que están enfrentadas, pero solo en cómo gestionar este mundo mercantil.

¡Que ni Trump ni los verdugos de ninguna parte del mundo nos marquen los objetivos y desarrollos de nuestras luchas!
¡Terrorista es el Estado!

 por descargar: https://panfletossubversivos.blogspot.com/2020/06/viva-la-revuelta.html

 

Condrò (Italia) – Incendiato un ripetitore: due comuni senza internet e telefono

03 maggio, dai giornali locali:

Potrebbe esserci la psicosi da 5 G che si sta scatenando fra la popolazione, all’origine dell’incendio che ha mandato in tilt un’antenna WindTre nel comune di Condrò, in contrada Serro. 

L’incendio ha causato disservizi in tutta la zona, anche nella vicina Gualtieri Sicaminò e Barcellona lasciando da tre giorni, in un momento così delicato di isolamento per le misure previste anticoCovid, gran parte della cittadinanza senza possibilità di collegamento, neanche telefonico.

I  tecnici wind-tre hanno effettuato subito un sopralluogo volto a verificare lo scempio a un normale ripetitore 2G/3G/4G. Ingenti – secondo le dichiarazioni del Comune di Condrò – i danni riscontrati.

Ci vorrà tempo per ripristinare l’impianto. La preoccupazione è ora che il gesto possa essere anche emulato in un momento in cui si alimentano una serie di paure legate alle nuove tecnologie che vedono anche sindaci firmare ordinanze per bloccare le antenne della nuova rete cellulare costringendo gli operatori a rivolgersi ai Tar. Gli ultimi a vietare l’installazione di impianti 5G, il sindaco di Messina edi Patti.

Sull’incendio indagano i carabinieri.