Ora pro nobis. Fine ingloriosa di una lotta

Iniziata con blocchi stradali e barricate, danneggiamenti e sabotaggi,
la lotta contro Tap – quella pratica, quella per opporsi per davvero,
partita il 20 marzo 2017 – arriva alla sua conclusione con una
“preghiera per la Madre Terra”. Dalla fisicità dei corpi di individui
che si opponevano al transito dei camion, si è arrivati all’incorporeità
fantasmatica della religione, della spiritualità e della metafisica.
Dalle possibilità offerte dai pensieri e dalle braccia di persone
coscienti, si è arrivati ad affidarsi all’inconsistenza ectoplasmatica
dei fantasmi e del sovrannaturale.

Si tratta della miserabile fine di una lotta iniziata bene e finita
malissimo; una fine miserabile ma inevitabile, considerato che la
presenza dei fantasmi ha iniziato subito ad aleggiare sulla lotta contro
Tap. Dalla consapevole fisicità delle proprie possibilità, infatti,
molto presto alcuni hanno voluto trascinare la lotta verso
l’inconsistenza della politica, per passare poi all’impalpabilità della
Legge e giungere oggi al suo inevitabile, triste epilogo, accompagnato
da una serie di figure e figuri impegnati a raccontare le loro mitiche
gesta, a lamentare la cattiva repressione che li perseguita, per tentare
di blandire qualche cuore generoso e spingerlo ad aprire il portafogli
per una donazione più o meno cospicua.

Su tutto ciò, fin dall’inizio, ha aleggiato lo spirito di un altro
fantasma: quello della “lotta popolare”. Un fantasma che, partito da
territori lontani, ha esteso le sue metastasi fino agli ulivi del
Salento; una “lotta popolare” che voleva essere lotta di popolo intesa
come lotta unica, castrando le innumerevoli possibilità che avrebbero
potuto aprirsi se il popolo – questo ennesimo ectoplasma – fosse
considerato come un insieme di individui diversi tra loro, anziché un
blocco monolitico, una massa indistinta. È nel nome del popolo che
questo genere di lotte può perdere la sua iniziale spinta ed abortire la
sua fantasia, nel segno di un adeguamento ed adattamento delle forme
della lotta su quelle che la maggioranza del popolo vuole, e ci si
adatta e si rinuncia alle proprie, per non fare cosa sgarbata.

C’è un abisso incolmabile tra l’entusiasmante inizio della lotta e la
sua miserabile – seppure inevitabile – fine. Un abisso che è prodotto
del pensiero che accompagna la lotta stessa. Se per fare le barricate è
necessario stare in piedi, muoversi, usare le braccia, ingegnarsi e
mettersi in gioco, per pregare è sufficiente inginocchiarsi, giungere le
mani ed affidarsi ad una entità presunta superiore. Ma
quell’inginocchiarsi è il segno più limpido della sottomissione, ed
inginocchiarsi e sottomettersi oggi davanti all’ectoplasma religioso,
spirituale o metafisico, è l’inevitabile capolinea di chi prima si è
inginocchiato e sottomesso ai fantasmi della politica, della Legge e
della lotta popolare, abdicando alle proprie facoltà di individuo non
sottomesso.

Lo sanno anche loro, gli adoratori di fantasmi, anche se non vogliono
ammetterlo, ed è per questo che da tempo hanno smesso di ammorbare con
il loro hastag di battaglia tanto non la fanno.

Requiescat in pacem.

Nemici di Tap