Gli arresti investivano case e strade intere a mo’ di epidemia.
Come la gente si trasmette il contagio, senza saperlo, con una stretta
di mano, il respiro, la trasmissione di qualche oggetto,
così con una stretta di mano, il respiro, un fortuito incontro per la
strada si
trasmettevano il contagio di un immancabile arresto.
A. Solženicyn
L’ex deportato che scriveva queste righe una sessantina di anni fa,
certo non immaginava quanto si sarebbero rivelate profetiche, seppure a
parti capovolte. Nell’associare gli arresti di massa del totalitarismo
bolscevico ad una epidemia coglieva perfettamente l’aspetto
preponderante del totalitarismo democratico palesatosi in questi mesi,
il quale ha approfittato di una epidemia per imporre un arresto di massa
di carattere nazionale, sebbene all’interno delle proprie abitazioni, e
per di più senza nessuna forma di resistenza che, invece, sempre
accompagna gli arresti di massa e i totalitarismi.
Può sembrare azzardato paragonare i regimi totalitari a quelli
democratici, e sicuramente i secondi sono privi di buona parte della
brutalità che ha accompagnato i totalitarismi del Novecento, ma pur
diversi nella forma, numerose similitudini sono invece nella sostanza;
una sostanza che è fatta principalmente di controllo pervasivo ed
ossessivo, dove le ronde sono state soppiantate dai droni e la
propaganda ideologica ha invaso ogni anfratto della vita sociale, o per
dir meglio social, tramite una enorme intromissione tecnologica i cui
terminali sono nelle mani di ogni essere vivente occidentale. Un
reticolato invisibile di migliaia di chilometri di fibra ottica opera
senz’altro meglio dei carri armati agli angoli delle strade. Polizia e
infamia degli zelanti cittadini, invece, sono rimasti praticamente
uguali.
Un altro aspetto comune è la sparizione di alcuni cittadini. Se il
totalitarismo bolscevico li faceva sparire nelle segrete delle carceri o
nei sotterranei dei conventi, fucilati dalla Ceka e portati via in
camion, cosa ricordano i camion militari che trasportano le bare di
centinaia di morti, usciti vivi dalle proprie abitazioni e mai più
rivisti dai loro cari? Alcuni di loro neanche mai identificati con nome
e cognome, ma semplicemente con un numero. E le fosse comuni negli Stati
Uniti non richiamano forse orrori che speravamo di non rivedere mai più?
Esseri umani senza volto né nome, pura statistica…
L’arrestologia è una branca importante del corso generale di
carceronomia
e le è stata data un’importante base di teoria sociale.
A. Solženicyn
In un tale contesto, non meraviglia l’arresto di sette anarchici e le
restrizioni imposte ad altri cinque, nel corso di un’operazione a
Bologna dieci giorni fa. Si incarcerano dei compagni perché hanno
solidarizzato con chi si è rivoltato in carcere in periodo di epidemia.
All’arrestologia dei Ros dei carabinieri, è la stessa Procura bolognese
che ha fornito un’importante base di teoria sociale, affermando che il
suo intervento repressivo «assume una strategica valenza preventiva
volta a evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale,
scaturibili dalla particolare situazione emergenziale [l’epidemia,
appunto…] possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di
lotta antistato”».
Per fortuna, in Italia, il totalitarismo è solo un ricordo lontano…
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