Imparare a lottare ai tempi del Coronavirus. Questa l’esigenza al centro del corteo che questa mattina è partito da corso Giulio Cesare 45. Un’esigenza quanto mai impellente viste le crescenti difficoltà economiche che attanagliano tanti e tante, in una spirale che neanche i più ingenui e ottimisti ritengono possa essere fermata dalle iniziative messe in campo dal governo.
Iniziare ad impare a lottare ai tempi del Coronavirus, a partire dal trovare un modo per stare in strada, sentendosi al sicuro da un punto di vista sanitario, e facendo sentire al sicuro chi volesse avvicinarsi. Tutti i manifestanti indossano quindi una mascherina e mantegnono una certa distanza l’uno dall’altro. Chi distribuisce volantini indossa i guanti, e dei pezzi di stoffa usa-e-getta vengono utilizzati per coprire il microfono quando qualcuno vi parla. Attenzioni che accompagnano anche gran parte degli interventi in cui si descrive come comprensibile la paura nello scendere in strada per il timore di contagiare o essere contagiati, ma si ripete con altrettanta insistenza l’importanza di trovare i modi per affrontarla.
Se non ci sono ricette pronte su come fare, per l’assoluta novità di questi problemi epidemiologici, possiamo però esser certi che restare in casa non può essere la soluzione.
Alla lunga, e si tratta di una lunghezza difficilmente misurabile visto che il rischio contagio non sparirà certo con l’inizio della Fase 2 e potrebbero ripresentarsi misure antiassembramento dure a morire, alla lunga, dicevamo, rinchiudersi in questo isolamento e trovarsi da soli a cercar di capire come pagare l’affitto e le bollette, come mettere assieme i soldi per fare la spesa e per tutte le altre esigenze che abbiamo, non farà che aumentare la disperazione e il senso di impotenza.
Rimandare il problema a un futuro quanto mai indefinito non potrà esserci d’alcun aiuto.
Una notevole attenzione e diversi segnali di condivisione e incoraggiamento hanno accompagnato la prima parte del corteo su corso Giulio Cesare fino all’incorocio con corso Palermo. Non appena la manifestazione si è diretta verso corso Vercelli si è trovata alle calcagna alcune camionette della polizia. Allo stesso tempo, alla testa del corteo, è stato sbarrato il passo da un numero ancor più ingente di blindati: alcuni manifestanti sono riusciti a sfuggire alla morsa della polizia e una trentina sono invece rimasti intrappolati. Una trappola che ha fatto saltare tutte quelle misure di distanziamento messe in campo fino ad allora e che ha attirato l’attenzione di numerosi uomini e donne affacciatisi ai balconi e alle finestre per vedere cosa stava accadendo. Dopo un tentativo tanto goffo quanto inutile di portar via microfono e impianto, la polizia si è limitata ad accerchiare i manifestanti mentre altri celerini davano intanto la caccia alle persone sfuggite al fermo. Una situazione di stasi, durata un paio d’ore, che è stata l’occasione per parlare della situazione che stiamo vivendo con i tanti rimasti affacciati ai balconi e con quelli scesi in strada.
Le sensazioni avute in precedenza si sono ulteriormente consolidate in questo imprevisto presidio in corso Vercelli. Dai pollici in alto mostrati da chi non si sentiva di fare di più, agli espliciti applausi provenienti da diverse finestre e balconi, a quanti in strada hanno sfidato il fare minaccioso dei celerini per lanciare delle bottiglie d’acqua o delle merendine o si sono uniti ai tanti cori che intramezzavano gli interventi al microfono. Una solidarietà palpabile che ha permesso di comprendere un po’ meglio l’aria che tira in quartiere, di cui si era già avuto un assaggio domenica scorsa.
Un’aria di cui devono essersi rese conto anche le forze dell’ordine che dopo un primo approccio muscolare hanno optato per una linea più soft, anche se i continui battibecchi tra i dirigenti di piazza mostrano che evidentemente non tutti erano d’accordo. Non accollandosi di caricare tutti di forza sui furgoni e non sapendo bene che pesci pigliare, i questurini hanno alla fine proposto ai manifestanti di lasciarli andar via a gruppi di cinque, distanziati gli uni dagli altri di qualche metro. Le persone bloccate hanno rilanciato chiedendo il rilascio delle due persone fermate nel trambusto e durante le cariche, condizione accettata. Avuta la sicurezza che i due fermati erano liberi, il presidio è tornato ad essere un lungo serpentone, che si è diretto verso corso Giulio Cesare 45, non prima di aver salutato gli uomini e le donne solidali con cui per qualche ora si è condivisa quest’inaspettata esperienza.
Occorrerà continuare a parlarsi e sperimentare forme di lotta in grado di contrastare la miseria che ci si para davanti senza però incrementare il rischio contagio. La manifestazione di oggi è stato un primo tentativo, di certo non esauriente. Una cosa però si respira nell’aria…il coraggio e la voglia di lottare potrebbero diventare contagiose.