Sentimenti e riflessioni che ci sorgono – gruppo di supporto ax prigionierx di Lleida

Poche settimane dopo l’attuazione dei protocolli di “prevenzione e protezione” del COVID-19 nelle carceri, sentiamo il bisogno di esprimerci. Esprimerci sulla base dei nostri sentimenti, della nostra rabbia, della nostra preoccupazione, dell’impotenza e dell’indignazione per come la situazione viene gestita, per come i/le compagnx detenutx sono statx isolatx e imprigionatx ancora di più, per le notizie di abusi, maltrattamenti, percosse che ci arrivano con difficoltà, per come si abusa più che mai del potere e dell’impunità, e per come sebra si considerino “positive” certe misure che hanno cominciato ad essere adottate dalle Istituzioni Penitenziarie, che a nostro avviso sono solo un pulirsi la faccia.

Sembra certo che, almeno in alcune comunità, si stanno prendendo misure incipienti per calmare gli spiriti dex prigionerx e contrastare gli effetti delle restrizioni per prevenire il coronavirus in carcere. Va ricordato che le misure adottate si sono basate su un maggiore isolamento, solitudine e punizione. Nessun permesso di uscita, nessuna comunicazione ai colloqui, nessun vis a vis, sospensione delle attività, ecc. Ci siamo rassegnatx a pensare che questa fosse l’unica soluzione. Siamo sicure che ci deve essere un modo per continuare ad avere contatti con x prigionierx, almeno attraverso un vetro. Questo implicherebbe più lentezza, più lavoro, cambiamento delle strutture, delle regole e delle operazioni. Investire in più misure di igiene e disinfezione. Ma crediamo che questo sarebbe stato possibile, se davvero alle autorità e alla società importasse minimamente della popolazione carceraria. Con il pretesto di intervenire in relazione all’espansione di COVID-19, i diritti di queste persone sono stati violati in modo ancora più brutale.

È tutta un’insensatezza che ci genera rabbia. Vengono distribuiti documenti assurdi e le istruzioni per lavarsi le mani quando non gli viene fornito il gel disinfettante o a malapena lo shampoo. Ricordiamo la precarietà dei kit per l’igiene, e che x detenutx sono obbligatx ad acquistare – chi può farlo- carta igienica, sapone e altri materiali sanitari di base. Si proibisce ingiuriosamente il contatto con il loro ambiente, quando i carcerieri entrano ed escono ogni giorno seguendo controlli e protocolli minimi, tornano a casa e ritornano in prigione, e sono loro il principale focolaio di infezione. Quando ci sono stati possibili casi di contagio, hanno messo x prigionierx in celle di punizione, per “isolarlx”. Vengono vietate le visite dall’esterno quando la struttura stessa del carcere è una macchina di morte che rende impossibile qualsiasi tipo di misura di sicurezza contro il virus. Ad esempio, come possono mantenere una distanza di sicurezza quando mangiano insieme, quando molte volte sono costretti a condividere celle di 2 x 3 metri?

Come sempre, quando si cerca di contattare le carceri, si diventa vecchi ad aspettare che rispondano al telefono, e quando lo fanno, di solito non sono in grado di rispondere alle domande. Nella maggior parte dei casi ti dicono che non possono darti le informazioni che chiedi, che non sanno quali misure vengono prese, quali protocolli vengono seguiti. O si applicano regole diverse in ogni luogo, oppure la persona che risponde al telefono ti dice la prima cosa che le viene in mente. Non abbiamo nemmeno potuto capire se la posta funziona, se x prigionierx possono inviare lettere e se ricevono lettere dall’esterno. Come è possibile che non sappiano o possano dare queste informazioni? A volte ti dicono che funziona, ma questo non è coerente con il fatto che non riceviamo lettere da nessunx da settimane, né con le informazioni che ci vengono date dai loro parenti.

Come dicevamo, dopo diverse settimane, sembra che il governo cominci ad adottare alcune misure. Misure che ci sembrano ancora tardive e insufficienti. E non dimentichiamo che, se vengono portate avanti, o se si pensa di farlo, è, in gran parte, grazie alla pressione che molte persone private della libertà stanno facendo in decine di carceri della Catalogna e dello Stato. Rivolte in alcuni moduli, scontri con le guardie, scioperi dell’aria, azioni coordinate, incendi di oggetti… Sono principalmente loro che hanno ottenuto queste conquiste, loro quellx che sono riuscitx a fare pressione affinché gli diano “qualcosa”, affrontando ancora una volta la repressione e la punizione per essersi rivelati. Non è per la buona volontà delle istituzioni né perché si preoccupano dex prigionierx e dei loro diritti, poiché i loro diritti sono sistematicamente violati già in uno scenario “normale”, e hanno continuato ad essere atrocemente violati con la comparsa del COVID-19.

Si diceva che avrebbero dato più telefonate ax detenutx. Queste chiamate si pagano, come sempre, a prezzi esorbitanti. In altre parole, le compagnie telefoniche continueranno a trarre profitto dalla disperazione di quellx dentro. E dalla disperazione delle famiglie, che hanno più bisogno che mai di dare soldi ax loro carx. Tirandoli fuori da qualsiasi cosa, in modo che possano chiamare, visto che ora non possono nemmeno vederli, e perché sono preoccupate per quello che succede dentro. Ora dicono che, almeno in Catalogna, daranno chiamate “gratis” ax prigionerx senza soldi. “Grazie, che atto di buona volontà!” Perché non danno 20 chiamate gratis a tuttx? Perché continuano a far pagare le chiamate quando in questo momento è l’unico contatto con l’esterno? Perché la prigione è ancora un business, anche in “stato di emergenza”. E chi è considerato un detenuto senza risorse? Per quanto ne sappiamo, sono considerate persone indigenti solo quex detenutx che non hanno nessun tipo di ingresso di denaro. Cioè che non hanno alcun tipo di reddito. Questo significa che tuttx coloro che prendono 30, 40 euro al mese, che basta appena per 4 caffè, qualcosa dallo spaccio e un paio di telefonate, non possono avere accesso a queste telefonate gratuite, perché si ritiene che “hanno già delle risorse”, o in altre parole “non sono abbastanza poveri”. Per quanto ne sappiamo, non è che si stiano dando le, ma che si danno 3 o 5 euro a settimana, a seconda del carcere in cui ci si trova, per poter chiamare. Questo basta per fare una chiamata e mezza a settimana (una chiamata dura 8 minuti). Per tutte queste persone, cioè la maggior parte di loro, sia quelle a cui la famiglia dà 40 euro al mese, sia coloro che devono ringraziare l’istituzione per avergli regalato 3 euro di merda, non serve a nulla che abbiano aumentato il numero di chiamate che si possono fare a settimana. Perché potranno continuare a farne solo poche, praticamente le stesse che facevano prima di questa situazione di doppia reclusione.

Si dice anche che sarà possibile “cambiare” i colloqui vis a vis con delle videoconferenza. Come se si potesse comparare uno sguardo negli occhi con uno attraverso uno schermo. Ovviamente è meglio di niente, ma è una piccola cosa. E che succede alle comunicazioni attraverso un vetro? Ci sono moltissimx prigionierx che non fanno colloqui vis a vis. Che succede con loro? Anche le comunicazioni attraverso il vetro si potranno convertire in videoconferenze? E se la persona fuori non ha Internet, risorse o tecnologia per fare queste videoconferenze?

La Generalitat de Catalunya ha ordinato di iniziare il 24 marzo, a Quatre Camins, l’applicazione di videoconferenze di 1 ora in sale con computer. Hanno detto che al più presto l’avrebbero applicata alle altre carceri. Cosa ne sappiamo? Ebbene, secondo i parenti delle persone detenute a Quatre Camins, non è vero. Quello che si sta realizzando sono 10 minuti di videochiamate tramite Whatssap in piccole stanze, attraverso dei cellulari. Si sta applicando anche al Mas d’Enric e da giovedì 2 aprile inizierà a Brians. A Wad-Ras e Lledoners non è ancora stato applicato e a Ponent dicono che lo stanno gestendo. È molto complicato ottenere informazioni.

Innumerevoli misure di restrizione sono applicate in relazione al contatto con il mondo esterno, con il pretesto di prevenire il Coronavirus, ma lì le persone continuano ad essere ammassate, in condizioni di mancanza di igiene, spesso senza acqua calda, con permanente trascuratezza sanitaria, condividendo minuscole celle e numerosi spazi comuni. Usando la stessa cabina telefonica per decine di persone, il che genera code, ansia e tensione. Ma x carcerierx vanno e vengono, vanno in diversi spazi del carcere, a volte senza misure di protezione. E x prigionerx non hanno nemmeno la possibilità di lavarsi le mani frequentemente, di indossare una mascherina o di mantenere una distanza di sicurezza. Gli anziani, le persone con problemi respiratori, con malattie croniche, continuano ad essere rinchiuse in un’infermeria o in una cella di punizione.

Questo si può vedere nelle diverse esperienze deelle persone detenute e delle loro famiglie. Per esempio: non molto tempo fa, nel carcere di Lledoners, nel modulo 8, mentre mangiavano, il capo del servizio camminava come fosse a casa sua, fumando una sigaretta e non senza indossare la mascherina. Un altro esempio: nella prigione di Ponent, è stato chiesto se c’era bisogno di mascherine per le prigioniere siccome si poteva parlare con le reti che sono state create per fare le mascherine, qui a Lleida. Ma quello che hanno risposto è che non ce n’era bisogno. Che hanno già abbastanza materiale e che le persone imprigionate non possono indossare maschere. Negano la produzione e l’ingresso delle mascherine per le prigioniere. Lo vediamo riflesso nelle notizie uscite il 25 marzo sul quotidiano “el Segre”, possiamo leggere il titolo “Isolano un prigioniero accusato di aver spinto gli altri a ribellarsi nel bel mezzo di una crisi” e il sottotitolo è: “I parenti affermano che è stato accusato di indossare una mascherina”.

Siamo anche un po’ stufe del fatto che le istituzioni catalane diffondano il discorso che lo Stato spagnolo è quello cattivo per rafforzare l’idea che le loro carceri siano migliori, che si prendano cura dex prigionierx e che pensino a loro. Sì, possiamo vedere che ci sono piccole cose diverse, e potremmo dire positive, nelle prigioni catalane, ma questo non significa che nelle prigioni catalane si salvino dal trattamento denigratorio che molte persone continuano a ricevere nella loro vita quotidiana, e ancora di più, dalla falsità che le istituzioni catalane hanno, con il loro volto gentile, visto che vediamo che rispetto a quello che dicono fanno ancora meno. Fingono sempre di essere “progressisti e avanzati”, ma poi vediamo che la metà di quello che dicono non è reale, oppure lo applicano in modo meschino e carente, come si può vedere rispetto al tema delle videoconferenze che abbiamo spiegato prima.

La situazione e quindi l’informazione sta cambiando di giorno in giorno, quindi essere consapevoli di ciò che sta accadendo è molto importante affinché le persone dentro non siano sole e isolate in questa situazione di vulnerabilità e di doppia punizione.

Non ci dimentichiamo dex nostrx compagnx prigionerx. Tanta forza per tuttx, e tutto il nostro sostegno alle forme di lotta che si stanno portando avanti dentro le carceri.
Ora siamo qui, e qui saremo quando tutto questo sarà passato.

Morte al carcere e viva la libertà.

fonte: supportpresxslleida.noblogs.org

https://roundrobin.info/2020/04/sentimenti-e-riflessioni-che-ci-sorgono-gruppo-di-supporto-ax-prigionierx-di-lleida/