Prima le buone notizie

Il medico al paziente: “Prima le buone notizie, dopo lunghe analisi abbiamo finalmente accertato che lei non è un ipocondriaco”.

Ci sono tanti modi per essere irriducibili, ma ce n’è uno che è veramente radicale: mantenere il buonumore, sempre e comunque. Questa barzelletta sembra allora perfetta per descrivere questi tempi tragici. Se la buona notizia è che non sei ipocondriaco, allora c’è davvero da preoccuparsi. E’ tutto vero. E’ tutto surreale sì, ma tutto vero.
In questa barzelletta c’è un doppio fondo nascosto. Il primo fondo, è apparentemente nascosto, ma proprio per questo più immediato: quello che non viene detto, le cattive notizie. Sono nascoste dalla narrazione, ma sono per questo sotto gli occhi di tutti. Il primo fondo si svela velandosi. Poi c’è un secondo fondo nascosto, che è già lì in bella vista, ma proprio per questo risulta più nascosto a chi ascolta. Questo secondo fondo si vela svelandosi sin dal principio. E queste sono proprio le buone notizie!
Già, prima le buone notizie dicevamo: abbiamo finalmente accertato che lei non è ipocondriaco. Partiamo da questa buona nuova. Se non siamo mai stati ipocondriaci, allora era vero quando affermavamo che questa civiltà marciava a tutta velocità verso la catastrofe. Era vero quando osservavamo l’avvitarsi di contraddizioni sempre più irrisolvibili. Era vero quando mettevamo in guardia di fronte all’insostenibilità della presenza umana, perlomeno della attuale sua organizzazione sociale, sul pianeta. Era vero quando ritenevamo che la globalizzazione non sarebbe stato un fenomeno dalle magnifiche sorti e progressive, per citare il Leopardi, ma che andava verso un arretramento, un rimbalzo drammatico. Era vero quando prevedevamo che una nuova enorme crisi economica sarebbe entrata nella scena mondiale, tanto più che la precedente crisi del 2008 non solo non era risolta, ma continuava a grattare. Era vero quando affermavamo che lo Stato sarebbe rimasto il soggetto della dominazione reale: alla faccia di un certo cattivo maestro, dissociatosi come un Pinocchio mansueto e diventato un alunno vero, che vaneggiava di un Impero globale e di moltitudini. L’unico imperio, al solito, è quello del governo. Quanto alle moltitudini, sono per ora quelle di un gregge poco immune alle pubbliche autorità.
A qualcuno può dare fastidio l’ardire di chi ritiene di aver avuto ragione. Se può consolare, nemmeno a chi scrive la presente situazione procura alcuna soddisfazione. E’ la soddisfazione di Cassandra, quando vedeva la sua città saccheggiata dagli Achei.
Cerchiamo invece di elencare alcune caratteristiche di quello che sta succedendo. Per togliercele, magari al più presto, qualche soddisfazione.

Stato-Nazione e fine della globalizzazione

In prima istanza, dobbiamo ricordare che Covid-19 è un soggetto reale, sempre nella storia ci sono state epidemie anche più gravi di questa. Nessuno l’ha provocata volontariamente (io credo) e rischia anzi di dare una mazzata definitiva al sistema capitalista mondiale. Quindi nessuno ne sta giovando, anzi. Nella lotta che ogni specie, ogni individuo, persino un minuscolo virus, compie per vivere e svilupparsi, è almeno dal nuovo secolo che la “natura” persegue la strada di un Coronavirus come ipotesi evolutiva in grado di propagarsi: è stato così con l’Ebola, con la Sars e ora, con maggiore “successo”, col Covid. Nessun complotto, quanto piuttosto una criminale speculazione: la ricerca del vaccino contro Ebola e Sars si era interrotta perché, dissero le case farmaceutiche, essendosi spente troppo presto queste epidemie la ricerca non avrebbe portato abbastanza profitti!
A causare l’epidemia è una tipica condizione di ultra-sviluppo industriale e mercantile. Milioni di contadini deportati in Cina per affollare le nuove metropoli, con stili di vita ancora agresti (gli animali da allevamento in casa) e in condizioni di sovraffollamento sono state, io credo, il detonatore di questa pandemia. L’evoluzione biologica si è intrecciata, in una tempesta perfetta, con la contraddizione economica e con la vocazione affaristica delle multinazionali del farmaco. Se la Cina è la principale potenza capitalista per velocità di espansione a spesa di milioni di deportati umani (e animali), la globalizzazione degli spostamenti umani ha fatto il resto, contaminando l’intero pianeta.
Semplice. Fin troppo semplice.

In secondo luogo, il virus è stato portato dagli imprenditori. Altro che immigrati poveri. Questa è la prima malattia della storia che viene portata dai ricchi, dagli affaristi, dai maneggini che fanno affari in Cina, dagli scienziati che se ne vanno in giro a fare congressi (e a noi vorrebbero chiuderci in casa!), che vanno in settimana bianca e al circolo tennis. Basta seguire le mappe dei primi casi di contagio (l’imprenditore tedesco, lo scienziato che ha fatto prima il giro di congressi in tutti i continenti poi le vacanze nella Alpi francesi, ecc.) per verificare questa ovvietà. Basta osservare, oppure, come i principali focolai mondiali siano nelle cosiddette Città Globali: da Milano… a New York.

Il Coronavirus accelera la svolta autoritaria di nuova forma. Svolta repressiva, trattamento sanitario obbligatorio di massa, militari nelle strade, massacri nelle carceri, censura totale dei media, carabinieri che irrompono nelle nostre riunioni, denunce. E siamo solo all’inizio. In Portogallo vietano il diritto di sciopero, in Ungheria si va direttamente al regime. Ovunque sono sospese le tutele liberali. Eccoci qui, chiusi in casa e tutti connessi con lo smartphone: tutti dispersi, parcellizzati; tutti in rete. Così vicini, così lontani.
Isolamento materiale, connessione virtuale.

Il Coronavirus accelera dunque la crisi della globalizzazione: porti, frontiere, città, persino quartieri. Tutto chiuso! Persino l’espressione “crisi della globalizzazione” è fuori tempo. Ormai siamo di fronte alla “fine della globalizzazione”. Quando, tra qualche mese, la situazione in Italia si sarà calmata, l’orrore sarà per i “casi di ritorno”, di chi potrebbe rifarci piombare nel panico riportando il morbo dall’estero. Le frontiere non le riaprono più, potete starne certi. Il Covid-19 accelera la metastasi europea. Alla fine di questa pandemia dell’Europa solo macerie. Sicuramente è la fine di Schengen come lo abbiamo conosciuto. Non è escluso nemmeno che il virus possa imporre ai governi di stampare moneta, in particolare per quanto riguarda Spagna e Italia, dove al disastro umanitario si intreccia un’economia affetta da “anemia mediterranea”. Si pensi che il governo italiano ha da poco annunciato aiuti per 400 miliardi alle imprese. Questa montagna di soldi per gli imprenditori, semplicemente, non esiste. Se non si stampa moneta (vale a dire si svalutano gli stipendi) quei soldi non arriveranno mai. Non lasciamoci illudere da litigate pomeridiane e pacificazioni notturne dei governanti europei. La battaglia fra il Leviatano europeo e gli statalismi nazionali potrà al massimo essere rimandata di qualche mese. Ma il Covid-19 porterà la scissione fra nazionalismo e globalizzazione, probabilmente, alla battaglia campale. Uno scontro che ci lascia distanti, ma non indifferenti dal punto di vista dell’osservazione di ciò che accade.

L’Evento Coronavirus dunque segna il ritorno dello Stato-Nazione al centro della scena. Altro che organismi sovranazionali! Altro che Europa, altro che ONU, quando il gioco si fa duro quello che tiene l’asso di briscola in mano è sempre il governo nazionale. In un duplice significato: certamente repressivo, ma anche di “tutele” (la sanità, la cassaintegrazione, ecc.). I decreti emergenziali, quelli che ci hanno chiusi in casa, così come le elemosine pubbliche, non sono stati mica decretati dal Gran Consiglio dell’Esistente che – per sublime rovesciamento dialettico – difatti non-esiste, bensì dal Consiglio dei Ministri. Organo formale di uno Stato materiale, vivente, potere politico gerarchicamente organizzato. Siamo in un vero e proprio governo di salute pubblica (mai tanto azzeccata come definizione).

Eppure, l’Evento nel mentre rimette in sella lo Stato come il soggetto della dominazione reale, dall’altro spoliticizza lo Stato, consegnandolo in mano ai tecnici. Il governo come ridicolo rito della “maggioranza politica” è ormai solo una maschera formale. In questo senso andrebbero evitate le letture “politicistiche”: oggi, Lega o Pd, sarebbe cambiato ben poco. Chi decide è la Giunta con la divisa bianca.
Si dirà: ma con Salvini al governo la polizia si sarebbe sentita coperta nei suoi abusi! Basta guardare le dichiarazioni di solidarietà e complicità nei confronti dei massacratori all’indomani delle rivolte nelle carceri per osservare quanto ormai sono davvero tutti uguali. Persino l’uscita dall’euro potrebbe essere decisa da un governo del PD, se la disperazione lo rendesse necessario. Ormai tutti gli eventi sembrano tutti in mano alla “dinamica”, nella sua impersonalità.

Prendiamola con filosofia

Prima le buone notizie. Se c’è davvero una vittima filosofica del Coronavirus, questa è l’ideologia borghese anglo-americana. A partire dal padre del liberalismo classico, il filosofo inglese John Locke. Nell’ideologia liberale il soggetto centrale è la persona nel suo Self. Ora il ruolo di “persona” osserva Locke, lo statuto che fa si che noi consideriamo un soggetto come una persona, è uno statuto di natura giuridica. Il Self non è una Sostanza, non ha uno statuto metafisico, ma è una funzione. Noi non siamo degli enti, ma siamo dei numeri. Dei flussi. Quale è la formula di questa funzione? Essa è duplice: dal lato introspettivo, il Self si fonda sulla mia autocoscienza; dal lato “esterno”, esso si fonda sul riconoscimento giuridico di “altre persone” organizzate in società. Vale a dire: io sono una persona solo in quanto sono auto-cosciente dei miei diritti di individuo proprietario. La tutela della persona è la tutela delle sue sensibilità di proprietario privato. Infatti, osserva il liberale Locke, non tutti gli umani possono essere considerati delle persone.
L’idea funzionalista della persona (non siamo Sostanze, ma siamo funzioni) porta seco a un’altra conclusione nefasta: allora anche l’intelligenza artificiale, in quanto insieme di funzioni intelligenti, potrà un giorno essere riconosciuta come una persona. Il Cyborg potrebbe avere un proprio Self.
Contro questa impostura funzionalista noi dobbiamo ribattere che è vero proprio il contrario. Individuo significa qualcosa di molto preciso: indivisibile. Noi siamo individui, degli Unici, delle Sostanze indivisibili. Se veniamo divisi – con un’accetta o con un virus microscopico – semplicemente moriamo.

L’Evento Coronavirus riduce questa paccottiglia ideologica in ventilazione artificiale. Certamente nella storia ben più drammatici attacchi ha subito la concezione liberale della persona, a partire dal nazismo e dallo stalinismo. Di nuovo c’è che questo attacco ora viene dall’interno, che sono gli stessi regimi liberali a sospendere le tutele liberali. Di nuovo c’è, come aveva osservato un articolo di critica della scienza uscito ormai due anni fa su Vetriolo, che “il governo liberale, coi suoi riti, è diventato un fardello per una scienza più veloce degli ingranaggi macchinosi dello Stato” (“L’insostenibile pesantezza dell’essere scientifico”, Vetriolo, n. 2, autunno 2018, p. 6).

Esempio di recente attualità: mentre il governo italiano “democraticamente eletto” (sic) prorogava le limitazioni alle libertà personale di 10 giorni, dal 3 al 13 aprile, il Capo della Protezione Civile Borrelli ironizzava con la stampa, dicendo che, forse, si sarebbe riaperto piuttosto dal 13 maggio. Chi è Borrelli? Chi lo ha eletto? Che ruolo ha nello Stato liberale? Nessuno. Borrelli è lo spirito del tempo col camice bianco che sospende lo Stato liberale.

Siamo piuttosto di nuovo in mano al Mondo Magico, come lo avrebbe definito Ernesto de Martino. Lo sciamano, nei panni dello scienziato, che dice quello che è giusto e quello che non è giusto fare. Che nel mentre si deresponsabilizza vergognosamente, tira le maledizioni verso i peccatori che non seguono le sue ricette magiche. Dovete restare a casa! Gridano gli sciamani. Se gli dei ci mandano il virus è perché ci sono degli incoscienti che sfidano la loro ira. Siete ridicoli. Ma siete al potere, oggi voi siete il potere. Questo è il volto del potere. Un potere disperato, aggrappato ai riti apotropaici di una scienza che ha fallito.
Sembra verificarsi la profezia di Bakunin della scienza come nuova religione, della dittatura degli esperti, dei tecnici, sulla massa incolta e suggestionabile. Ma siamo così sicuri che tutto questo sia una novità? Non era già in corso questo processo da molti anni?

Il processo era già in atto, per questo è corretto dire che il Coronavirus è lo Spirito del tempo, come già lo stanno definendo in molti fra i più acuti osservatori. E’ l’evento apparentemente casuale che permette alla storia di svilupparsi. La storia andava già nella direzione che il Covid-19 le ha imposto. Il Nostro quindi non è un fenomeno anti-ciclico, ma pro-ciclico. Non contraddice, ma accelera, i fenomeni già in corso. Non è un evento imprevisto che ha cambiato il corso della storia. Non è un Evento falsificazionista (detto all’americana), ma dialettico (detto alla tedesca). L’Evento era forse imprevisto – anche se probabilmente Sars e Ebola avrebbero dovuto allarmarci un poco – ma non ha cambiato il corso della storia. Questo Evento ha dimostrato piuttosto vere le analisi di chi riteneva che si andava verso la fine della globalizzazione, il ritorno di protagonismo dello Stato, la dittatura degli scienziati.

Il ritorno della Materia

La regressione della cultura scientifica in cultura magica (le mascherine come simbolo totemico, la sospensione del pensiero critico e la delega cieca allo stregone) non deve allarmarci, ma ispirarci. Non è qualcosa da contrastare, ma da rafforzare. Il mito della Rivoluzione può oggi riproporsi come catarsi dal cancro capitalista che ci sta ammazzando tutti. L’imbroglione magico aveva questo fatto: esso era più vicino alla materia a confronto con le moderne scienze positive anti-realiste. Rispondeva a un bisogno materiale primario: la paura di morire. La società capitalista è di fronte a questo scacco: il ritorno del bisogno materiale. Su questo bisogno, oggi, si gioca il consenso verso i governanti. Su questo bisogno, domani, potrebbe aprirsi la voragine che li inghiottirà.

Mentre gli sciamani invocavano il sacrificio domestico per placare gli dei e far arretrare il virus, milioni di persone venivano costrette a continuare a uscire di casa per andare a lavorare. Se si pensa ai numeri del contagio nei principali poli industriali si può vedere chiaramente che queste sono state disposizioni assassine.
Di fronte alla paura di ammalarsi però qualcuno ha reagito. Scioperi sparsi con un carattere prevalentemente spontaneo, hanno registrato alti tassi di partecipazione, hanno visto la classe operaia industriale, in particolare metalmeccanica, al centro della scena. Non accadeva da molto tempo. Al centro dell’agitazione una istanza comune: l’indisponibilità a lavorare senza condizioni di sicurezza. I sindacati si trovavano a inseguire le astensioni, trovavano un precario accordo. Poi dopo qualche giorno, non appena chi lavorava finiva per essere troppo vicino al collega, questi si fermavano di nuovo.
Una dinamica che è stata importante per due ragioni: da un lato, una giusta arroganza di controllo (decido io se mi sento al sicuro, se no mi fermo), che può far sperare in una epidemia di pretese che sottragga ai padroni sempre più controllo sul lavoro; dall’altro, una fotografia plastica, come non avveniva da anni nelle teste lobotomizzate da TV e internet, del fatto che “i miei interessi” sono incompatibili “con i tuoi” (o la salute o la produzione).

Facendo astrazione dei fatti particolari, questi episodi hanno anche dimostrato chiaramente che lo sfruttamento è la vera oppressione su cui si regge il ventilatore artificiale che tiene in vita questo vecchio mondo. Non è una oppressione “tra le altre”. C’è un’epidemia molto grave? Possiamo sospendere la movida, possiamo sospendere il consumismo (con l’austerità morale sui beni non essenziali tolti dai supermercati), possiamo sospendere lo stato di diritto liberale… ma non possiamo chiudere le acciaierie, il settore energetico, la logistica.

Io penso che abbiamo sbagliato dunque molte cose, anche di recente. Non solo si sono fatte analisi che il Coronavirus ha dimostrato essere corrette, ma si sono commessi anche alcuni errori. Il sottoscritto, per esempio, ha insistito sulla necessità di evadere dai dispositivi securitari. Non posso però non notare come gli sfruttati hanno fatto la richiesta opposta: non vogliamo andare a lavorare. Questo non vuol certo dire difendere le restrizioni, ma nemmeno difendere le liberalità di Locke insieme a… Confindustria. Io voglio tutto: uscire nei boschi e non andare a lavorare. E voglio pure campare e bene, giacché non sono mai stato un amante del pauperismo francescano.

Il punto è importante e ci interroga su cosa significano le parole “materialità” e “solidarietà”.
Nel mio paese (immagino di casi del genere ce ne siano in tutta Italia), il padroncino di una azienda di distribuzione alimentare, già debitore di diversi arretrati nei confronti dei suoi dipendenti, ha pensato bene di mettere la gente in cassaintegrazione e di fare appello ai volontari per la distribuzione della spesa casa per casa, oggi particolarmente richiesta con tanta ansia da contaminazione. Bisogna allora stare attenti a una solidarietà “frontista”. Distribuire cibo alla gente, per esempio, oggi sarebbe un ben triste intervento sociale, se questo dovesse aiutare i padroni a licenziare o a riempire i buchi provocati dagli scioperi. Un triste piedistallo di gratuita solidarietà.
Noi su quel piedistallo fatto di sfruttamento e morte proprio non ci vogliamo stare. Bisogna dunque fare attenzione alle insidie che si nascondono dietro all’altare delle buone intenzioni.
Perché sfruttati si nasce, ma non è detto che si debba vivere tutta la vita così.

Il Coronavirus, con la sua paura di morte, ha avuto quanto meno il merito di abbattere tante sovrastrutture, tante determinazioni, tanti effetti speciali, riportando la materia, nella sua ottusa durezza, nel posto che le spetta. Alle dominazioni esistenziali ha sostituito, nella sua concretezza, l’evidenza che la dominazione reale, quella “dura”, è fatta dalla sfacciata esistenza di uomini che si arricchiscono sfruttando altri uomini e di uno Stato che è vivente garante di questa oppressione. Le immagini che vengono dagli Stati Uniti sono raccapriccianti: uomini che hanno tanti e tanti miliardi e altre persone che vengono lasciate morire, soffocate dalla polmonite, perché non hanno l’assicurazione sanitaria. Tutto questo deve finire. Per sempre. E se lo Stato e i padroni sono i nostri viventi nemici, allora risulta evidente più che mai il ruolo storico dell’anarchismo come la vanga con cui gli scaveremo la fossa.

Ottone degli Ulivi

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