Non fa ridere

Non fanno ridere, se sono uno scherzo, le conclusioni a cui arriva il giornalista de Il Dubbio Damiano Aliprandi nell’articolo “Così i detenuti fanno ottenere sussidi e rimborsi agli agenti” pubblicato il 22 aprile sul sito del giornale.

Questo articolo descrive come dai ricavi dei tabacchi comperati dai detenuti e dalle detenute nelle carceri, si provvederà all’erogazione di sussidi per il Corpo di Polizia Penitenziaria. I sussidi verranno così suddivisi “50 euro, per ogni giorno di permanenza presso l’abitazione o altra sede protetta, a un’altra, pari a 150 euro, per ogni giorno di ricovero in istituto di cura, entrambe per un massimo di 14 giorni. È stato previsto anche un indennizzo una tantum di 4mila euro, in caso di ricorso a terapia intensiva o sub-intensiva, e il rimborso, fino ad un massimo di mille euro, in caso di trasporto in autoambulanza per dimissioni dall’istituto di cura.”, e per ora i dati sono di circa 250 poliziotti e poliziotte ammalati. Il tutto con il favore dei Garante nazionale delle persone private della libertà. Chi si occuperà di queste sussidi è l’ente predisposto alle varie necessità dei dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria “L’ente è stato istituito dall’art.41 della legge 15.12.1990, n. 395, che gli ha conferito personalità giuridica di diritto pubblico. Si tratta di un ente pubblico autonomo dall’Amministrazione penitenziaria, sottoposto alla vigilanza del ministro della Giustizia, al quale la legge conferisce compiti istituzionali e risorse economiche proprie”, dice Il Dubbio.

I soldi vengono tratti come dicevamo sopra dall’entrata più sostanziosa riguardo agli acquisti fatti dalle persone detenute dentro alle carceri, cioè il tabacco. Secondo il bilancio preventivo per il 2020, solo con questo articolo l’entrata equivarrebbe a 3 milioni e mezzo di euro.

Ma oltre a questa constatazione tecnica, il giornalista finisce in modo per niente condivisibile l’articolo che riprendiamo integralmente “Anche questa, in fondo, è una buona notizia. Forse utile per evitare quell’idea che porta a una suddivisione tra guardie e ladri, quasi come una forma di antagonismo all’interno delle patrie galere. Mentre, nei fatti, si dovrebbe parlare di comunità penitenziaria. Dove detenuti e detenenti potrebbero addirittura essere solidali tra loro”.

Scrivere una cosa del genere – tra l’altro su un giornale che comunque si è speso a divulgare le lettere di detenuti e famigliari che raccontano quello che è successo nell’ultimo mese e mezzo nelle galere di questo paese – senza fare l’elenco degli assassinii e torture vere e proprie perpetrati nelle ultime settimane sembra una presa in giro che appunto non fa ridere.

Cercare di mettere sullo stesso piano carcerieri e prigionieri è una lettura inaccettabile del mondo carcerario, né prima della situazione emergenziale, né tanto meno dopo tutto quello che è successo e sta succedendo. Confondere i piani di chi tiene le chiavi delle celle in cui sono reclusi e recluse, i nostri amici, compagni, famigliari non ci sta bene. Perché se come dice l’Aliprandi i detenuti sono le persone che consumano nella media più tabacco forse sarebbe da chiedersi perché una persona reclusa preferisce spendere per il tabacco che per del cibo migliore e più sano. Il carcere logora i nervi e la mente e a volte il tabacco aiuta a rilassarsi un minimo. Che questi soldi finiscano nelle tasche di uomini e donne che hanno massacrato i nostri cari ebbene per noi è una presa in giro bella e buona per non dire peggio.

Se c’è antagonismo tra “tra guardie e ladri”, non è questione di caricatura all’italiana come si vedono in alcuni vecchi film, bensì una questione etica. Non è tempo per la fratellanza per queste parti in causa.

Qui l’articolo de Il Dubbio:

https://www.ildubbio.news/2020/04/22/cosi-detenuti-fanno-ottenere-sussidi-e-riborsi-agli-agenti/

https://evasioni.info/2020/04/23/non-fa-ridere/