Un morto e una quarantina di arresti, è il primo bilancio di una notte di scontri a Detroit per il caso George Floyd, l’afroamericano morto lunedì scorso a 46 anni sotto il ginocchio dell’agente Derek Chavin. Il capo della polizia, James Craig, ha confermato al Detroit News l’uccisione di un ragazzo di 19 anni ucciso vicino a un grande raduno di manifestanti a Cadillac Square.
Le proteste negli Stati Uniti contro la morte di George Floyd, ucciso durante l’arresto a Minneapolis, sono divampate come un violento incendio contro ogni istituzione.
Qualcuno in una Dodge Durango grigia ha sparato in mezzo alla folla, colpendo il diciannovenne, secondo la polizia. L’assassino è fuggito dalla scena del crimine; la vittima è stata trasportata all’ospedale, dove è stata dichiarata morta. La polizia ha detto che le circostanze della sparatoria sono sotto inchiesta. La sparatoria è avvenuta mentre un reporter di Detroit News stava facendo un video della protesta in diretta su Facebook. Nel video si sentono gli spari, che spingono le persone a scappare dalla zona, mentre altri chiamano la polizia per chiedere aiuto.
“E’ iniziata in modo pacifico e la stragrande maggioranza dei manifestanti è venuta qui con le migliori intenzioni e li applaudo per aver voluto farsi sentire”, ha detto Craig in un’intervista telefonica al Detroit News. “Ma la situazione è stata aggravata da un piccolo gruppo”.
La situazione si è fatta tesa quando gli agenti vicino a Randolph e al Congresso si sono messi in fila mentre i manifestanti si avvicinavano, a braccia alzate, gridando “mani in alto, non sparate”. Gli agenti durante quello che sembrava essere un faccia a faccia hanno fatto indietreggiare la fila. I manifestanti hanno lanciato bottiglie mentre altri si sporgevano dai piani superiori di un parcheggio. La polizia ha lanciato i gas lacrimogeni sui manifestanti.
Il Pentagono allerta la polizia militare
L’arresto del poliziotto che soffocò Floyd durante l’arresto, non ha, dunque, placato le tensioni. E il Pentagono, con un raro passo, mette in allerta la polizia militare per andare a Minneapolis. I soldati di Fort Bragg in North Carolina e Fort Drum a New York, due delle basi più importanti del corpo della Polizia Militare dell’esercito americano, hanno ricevuto l’ordine di essere pronti a partire entro quattro ore, se chiamati. Ai soldati di Fort Carson, in Colorado, e di Fort Riley, in Kansas, è stato detto di essere pronti entro 24 ore. Lo hanno rivelato ad Ap fonti protette dall’anonimato.
I precedenti
Si chiama Insurrection Act la legge, del 1807, che consente di impiegare l’esercito sul suolo americano per motivi di ordine pubblico. Un passo raro ma non inedito. L’ultima volta che i militari furono schierati per sedare le proteste fu nel 1992, in California, contro i manifestanti per il caso Rodney King.
King era un tassista nero di 27 anni, picchiato dalla polizia di Los Angeles nel 1991. Quattro agenti finirono sotto processo e furono assolti il 29 aprile 1992. La sentenza innescò la “rivolta di Los Angeles”: cinque giornate di scontri che si conclusero il 3 maggio. Rodney King è morto 20 anni dopo, a 47 anni, nel 2012: fu trovato annegato sul fondo di una piscina. La morte fu archiviata come fatto accidentale.
Spari contro le forze dell’ordine a Minneapolis
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Minnesota scrive su Twitter che sono stati sparati dei colpi contro le forze dell’ordine vicino al 5 distretto di Minneapolis. Nel post, la polizia precisa che nessun agente e’ stato ferito. “Lasciate la zona o sarete arrestati”, ha detto il tweet.
Gli altri tre poliziotti coinvolti nella vicenda di Floyd non sono stati ancora arrestati ma sono sotto indagine. Dalle testimonianze locali, in particolare quella del vice presidente del consiglio comunale, Andrea Jenkins, è emerso che Floyd e Chauvin, si conoscevano molto bene perché avevano lavorato insieme per diversi anni nella sicurezza di un night club.
Il governatore del Minnesota: “Situazione incredibilmente pericolosa”
La situazione a Minneapolis rimane “incredibilmente pericolosa”, mentre le proteste continuano in città, ha detto il governatore del Minnesota Tim Walz in una conferenza stampa poco dopo le 1 di notte ora locale. Varie polizie stanno rispondendo ai disordini in tutta la città, dopo che un certo numero di manifestanti ha ignorato il coprifuoco fissato dal governo dello stato alle 20.00.
“Questo è il più grande dispiegamento civile nella storia del Minnesota”, ha detto Walz. Secondo il governatore, gli agenti non possono arrestare le persone solo perche’ sono in strada. “Questa è un’operazione che non è mai stata fatta in Minnesota”, ha aggiunto Walz.
Poi, l’appello su Twitter: “Cittadini del Minnesota, vi prego tornate a casa”. “È il momento di riportare la pace nelle nostre strade e nei nostri quartieri. La situazione è diventata pericolosa per i cittadini e per le forze di primo intervento”.
Cosa dice l’autopsia su Floyd
L’autopsia su George Floyd ha accertato che “non ci sono elementi fisici che supportano una diagnosi di asfissia traumatica o di strangolamento”. Secondo il referto, riportato dai media americani, “gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia, delle sue patologie pregresse e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo hanno probabilmente contribuito alla sua morte”.
Ma la famiglia di Floyd, morto dopo che un agente bianco gli ha tenuto un ginocchio sul collo per 8 minuti e 53 secondi mentre era a terra, vuole una autopsia indipendente, spiega l’avvocato dei Floyd, secondo il quale i familiari della vittima non si fidano delle autorità di Minneapolis.
Le parole di Trump
L’attenzione resta alle stelle anche a causa di alcuni precedenti tweet del presidente, Donald Trump, che dopo aver promesso giustizia per la vittima, ha usato parole di fuoco contro quelli che ha definito i “criminali” che hanno commesso atti vandalici e saccheggi e ha minacciato l’uso della forza.
Casa Bianca in lockdown
Intanto le agitazioni hanno costretto la Casa Bianca al lockdown. I servizi segreti, per sicurezza, hanno deciso di chiudere la residenza presidenziale Usa anche alla stampa dotata di ‘hard pass’.
Stato d’emergenza in Georgia, mentre in tre città del Minnesota è stato imposto il coprifuoco. Bloccata dai manifestanti la Freeway 101 di Los Angeles, una delle principali arterie della città. La polizia di Los Angeles ha invitato, anche vi Twitter, i residenti e chi lavora in zona ad andarsene: “Abbiamo dichiarato illegale il raduno in tutto il centro di Los Angeles. Dala Freeway 10 alla 101 e dalla 110 fino ad Alameda.
Nella capitale americana i manifestanti hanno sfilato pacificamente sulla 14esima strada, vicino alla Casa Bianca, mentre a New York si sono radunati davanti al Barclays Center di Brooklyn.
Casa Bianca vs Minneapolis
Poche ore dopo la notizia che il commissariato numero tre a Minneapolis era stato dato alle fiamme ed evacuato “per la sicurezza del personale”, Trump se l’era presa con il sindaco “di estrema sinistra”, Frey, accusandolo di “debolezza” e avvertendolo di “riportare la situazione sotto controllo” altrimenti invierà la Guardia nazionale.
A stretto giro è arrivata la risposta del primo cittadino, che in precedenza aveva definito a sfondo razziale l’omicidio Floyd. Ribadendo di essere deciso a “non tollerare” il proseguimento di atti vandalici, Frey ha respinto al mittente le accuse di carenza di leadership: “Debolezza è puntare il dito contro qualcun altro in un momento di crisi. Donald Trump non sa nulla della forza di Minneapolis, supereremo questo momento difficile”.
Ma a scatenare la polemica e anche la decisa reazione di Twitter sono state altre affermazioni contenute nel cinguettio di Trump. “Questi criminali stanno disonorando la memoria di George Floyd”, ha scritto il capo della Casa Bianca, esprimendo anche il pieno appoggio dell’esercito al governatore del Minnesota, Tim Walz, il quale ha firmato l’ordine con cui attiva l’intervento della Guardia nazionale. “Quando iniziano i saccheggi, si inizia anche a sparare”, ha concluso Trump, di fatto ventilando l’uso della forza contro i manifestanti responsabili degli atti vandalici.
Questa sua ultima esternazione gli è costata una nuova ‘segnalazione’ da parte di Twitter. Il social network guidato da Jack Dorsey ha marcato il post del presidente, oscurandolo parzialmente, perché ritenuto contrario alle regole di utilizzo del social network e un’incitazione alla violenza.
Il tweet non è stato oscurato del tutto, “poiché potrebbe essere di pubblico interesse”, ma la mossa di Twitter è destinata a rinfocolare lo scontro già acceso con la Casa Bianca. Trump ha poi precisato, sempre su Twitter, che ha parlato di un fatto, non di un’affermazione con il desiderio che accada.
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