tratto da: Bentruxu
27 Aprile
Fase 2
Il 4 Maggio giorno tanto sospirato da tutti o quasi si avvicina.
E come ci si poteva aspettare è iniziato il balletto mediatico e politico su cosa accadrà, cosa sarà permesso e cosa ci sarà ancora proibito in questa fantomatica Fase 2.
Un’analisi dettagliata è impossibile da fare, in quanto forse per volontà forse per incapacità i vertici politici non sono precisi, ne tanto meno chiari.
A noi non resta che attendere, cosa alla quale ci siamo ormai abituati, e sperare che le concessioni siano più delle restrizioni.
Pare sicuro che rimarrà in vigore l’obbligatorietà dell’autocertificazione, che non è altro che un modo per mantenere la capillare presenza di sbirri sul territorio e per continuare a farci vivere con l’ansia di essere fermati in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.
Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà, ma sembra che la tanto sospirata e ammirata unità nazionale si stia frantumando sotto le pressioni della Confindustria e delle necessità primarie ormai impossibili da procrastinare. I governatori regionali mordono il freno, Conte ha la fronte sudata, l’estate è alle porte. Sarà un Maggio particolare.
28 Aprile
La conclusione di Aprile si porta con se alcune giornate di memoria storica, ormai completamente assorbite dalle istituzioni e svuotate del carattere conflittuale che hanno contraddistinto i momenti che ricordano. È stato così per il 25 Aprile, cavallo di battaglia persino del PD, e sarà così per il primo Maggio, celebrato da quello stesso Stato che va a braccetto con Confindustria, responsabile delle migliaia di contagi nelle fabbriche del Nord Italia.
Anche oggi, 28 Aprile, è una giornata particolare per chi vive in Sardegna. Nel lontano 1794 a Cagliari, un moto insurrezionale scacciò momentaneamente i piemontesi e il loro viceré, dando dimostrazione della forza del popolo.
Per noi che viviamo nel nuovo millennio, non ci sono più tiranni piemontesi ne viceré, la democrazia, vera protettrice della libertà individuale, ha scalzato il vecchio mondo, facendosi portatrice di un sistema più giusto ed egualitario.
Qui in Sardegna non subiamo più i soprusi dei conquistadores d’oltremare, godiamo addirittura di una specie di autonomia governativa! Ad amministrare l’isola ci pensano dei veri difensori della terra e della cultura locale, possiamo star tranquilli che finché ci sono loro nessuno arriverà a depredare terre e comunità, la Sardegna ha finalmente la dignità che si merita!
La cosa peggiore non è tanto il contenuto di queste menzogne, bensì che la gente ci crede.
La realtà è veramente molto lontana, e ci parla di tutt’altro. Ci parla di un partito che si spaccia come difensore dell’interesse dei sardi ma preferisce allearsi con chi ha sempre denigrato l’isola e le sue genti. Un partito capeggiato da un fantoccio, Solinas, che in questi giorni sta dimostrando quanto poco vale la sua parola e l’autonomia che vanta. Di un partito che continua ad agevolare chi sfrutta la gente e devasta il territorio.
Ma che cerca di redimersi parlando in limba oggi, come se questo bastasse a cancellare la vergognosa condotta italianista e servile con cui si contraddistingue.
Autonomia, dicono. Non ci sembra proprio che questa ci abbia resi liberi di scegliere per noi.
L’esperienza di questi mesi ci ha costretto ad affrontare difficoltà, rinunce, sacrifici e in alcuni casi anche grandi sofferenze. Ha però avuto anche il merito di mostrarci alcuni aspetti che la politica istituzionale tende a nasconderci, come la fragilità e la dipendenza della magra economia di sfruttamento con cui a fatica sopravviviamo. Per noi quindi la vera sfida sarà provare a creare una nostra fase 2 e poi 3 e 4 e così via, cercando e proponendo spiragli di autogestione all’interno dei territori che viviamo, smascherando gli ascari che fanno gli interessi dei padroni e sperimentando nuove forme di convivenza fra noi e la nostra terra, più equilibrate e rispettose dell’ecologia e della libertà.
29 – 30 Aprile
Pubblichiamo una riflessione extraredazionale:
Le relazioni pericolose
Mai quanto questi due lunghi mesi potrebbero rivelarsi un esame collettivo sulla tenuta e sullo spessore delle relazioni che ci scegliamo e di cui ci circondiamo.
Anche i giornali da qualche settimana hanno iniziato a pubblicare articoli di psicologi, sessuologi, terapeuti di coppia, per parlare delle possibili conseguenze che l’arrivo imprevisto di questa forzata clausura potrebbe causare nelle relazioni. Alcuni nei loro articoli si sono sentiti anche di dedicare un paragrafo al che fare, per prevenire malumori o crepe difficili da riparare. Devo dire che leggendoli li ho trovati tristi e noiosi, e non perché non mi ci ritrovassi o perché i suggerimenti fossero inutili o inadatti, ma perché l’approccio era tristemente superficiale e banale.
Ad esempio solo raramente è stata considerata con uguale importanza la possibile crisi di coppia con la crisi del single, che chiuso in casa da mesi sta impazzendo dalla voglia di un contatto fisico intimo, oppure la mancanza di un amico.
Non che io mi voglia sostituire a questi illustri scienziati, ma mi piacerebbe piuttosto provare a raccogliere nelle ultime – speriamo – pagine di questo diario dell’epidemia, delle considerazioni sui vissuti.
Dopo le impressioni e le preoccupazioni dei primi giorni, le analisi della fase centrale credo che sarebbe interessante condividere i pensieri di questa parziale fase finale.
Visto che – come ampiamente prevedibile – le istituzioni si stanno prendendo gioco di noi con numeri e numeretti, fasi e mascherine, tanto vale che parliamo di noi. O almeno ci proviamo. Io ci provo.
Credo che la scelta presa all’inizio di non sottostare all’imposizione domestica si sia rivelata giusta, uscire almeno una volta al giorno mi ha insegnato poco per volta a prendere le giuste precauzioni per stare in giro, provare ad adattare le mie abitudini diurne e notturne al lockdown è stata un’esperienza che mi porterò dietro, molto formativa e stimolante. Frequentare delle persone mi ha messo nella condizione di scoprire i miei limiti, le mie paure, ma anche quelle altrui.
Non è un giudizio verso altri, ma un’impressione raccolta, mi è parso che chi si sia imposto autoquarantene o varie altre misure di sicurezza sanitaria l’abbia fatto più per serenità psicologica che per ricerca di sicurezze scientifiche o reale pericolo di contagio, tant’è che conosco solo due persone o tre che hanno passato le fatidiche due settimane da sole in casa, senza contatti se non con l’unica persona che è necessaria alla sopravvivenza.
Cioè mi sembra che i rischi li abbiamo corsi tutti o quasi, che però si sia diffusa la scelta che per essere più sereni ci si autodichiarava comunque in quarantena, quasi per imbrogliare il virus che viene a suonare il campanello. Ma nella realtà quella campanello è stato negato agli amici in carne e ossa, e si è scelto quindi di affrontare i problemi da soli o quasi.
Scelta che può essere non condivisibile ma che va assolutamente rispettata.
In generale ho percepito una scarsa attenzione verso le necessità altrui, da questo punto di vista mi sembra che purtroppo l’egoismo abbia permeato le nostre vite più di quanto vogliamo ammetterci e di quanto ci rendiamo conto.
Alcuni racconti (di scelte prese in questi mesi) che mi sono arrivati sforano nell’assurdo, assunto acriticamente come se oggi non fosse attaccato a ieri e domani, comportamenti che collocati nelle nostre abitudini ci avrebbero lasciato a bocca aperta e lingua asciutta.
La cosa triste, dal mio punto di vista, di questo egoismo sta nel fatto che non prendersi cura degli altri vuol dire anche non prendersi cura di se stessi, perché reiterare in questo atteggiamento alla lunga porta a creare delle distanze faticose da ricucire e quindi al logoramento dei rapporti.
Penso a chi ha patito in questo periodo sofferenze completamente esterne all’epidemia, per le quali – per abitudine ma anche convenzione sociale – siamo abituati a starci vicini e darci manforte, in alcuni casi forse non è stato neanche possibile condividere l’accaduto, perché con molti amici i rapporti si sono ibernati (come Han Solo), in attesa che Conte li scongelasse.
Ma non solo, anche chi invece ha patito proprio i mali causati da questa situazione, le coppie che sono esplose perché non abituate a convivere h24, chi ha sofferto di solitudine nel vuoto del suo monolocale, chi del sovraffollamento famigliare in una casa di 50mq, chi ha finito i soldi e li ha dovuti chiedere in famiglia, chi ha patito della distanza dalla persona amata rimasta oltremare e via dicendo.
Quanto ci siamo presi cura di questi casi? Quanto ci siamo presi cura anche solo di scoprire se queste cosa avvenivano?
E’ triste, sempre a mio modo di vedere, che quindi abbiamo pensato che di fronte alle imposizioni dello stato fossimo tutti uguali. Ve lo ricordo, non è così.
Una cara amica qualche settimana fa riconosceva la sua fortuna nell’avere una casa grande, accogliente, ben attrezzata tecnologicamente e capiva quanto grande fosse il suo privilegio. Capire questo vuol dire capire meglio chi reagisce in modo diverso.
Come chi lavorava in nero. Ci abbiamo pensato, abbiamo fatto qualcosa per aiutarli?
Come ho scritto all’inizio, quest’esperienza potrebbe essere un’esame – non voluto e non cercato – sulla tenuta delle relazioni di cui ci circondiamo. L’esame andrà avanti a lungo, perché il ritorno alla normalità non sarà veloce, per ora se posso esprimere un parere critico – ma che vorrebbe essere stimolante – direi che siamo rimandati a settembre.
Il mio immaginario idilliaco e sempre fervido come quello di Pumba (per chi sa cogliere la citazione) sogna che in una situazione nuova e grave come questa ci si avvicini – non per forza fisicamente, ma nemmeno solo con le videochiamate – per darsi manforte, per offrire sostegno, ognuno come può. Per quello che ha o sa fare.
Altrimenti le istituzioni – stato e famiglia in primis – prenderanno il sopravvento nelle nostre vite e nella società, come se ce ne fosse bisogno.
Ammettere le proprie difficoltà è tanto difficile quanto dimostrarsi in grado di accogliere quelle degli altri. Però questa è l’amicizia e la complicità.
Vogliono fare App per tutto, per sostituire anche i nostri rapporti di amicizia, sembra un’esagerazione distopica? Esistono già da molto le App per conoscere le persone, per innamorarsi, per tenere il conto dei cicli mestruali, usiamo la tecnologia ma non perdiamo l’umanità.
Appena possiamo usciamo di casa, andiamo a suonare senza preavviso il citofono di un caro amico o una cara amica e godiamo del sorriso che ci farà, e subito dopo azzardiamo un abbraccio forte, che le emozioni fanno bene.
Bentruxu ha ospitato in questi mesi svariate riflessioni personali che non sono per forza condivise integralmente dai redattori, ma che a vario titolo sono state considerate interessanti all’approfondimento e all’allargamento dell’analisi sullo smottamento sociale, economico e intimo causato dall’epidemia. Per questo continuiamo a caldeggiare nuovi contributi, sotto ogni forma, lunghi, corti, audio, anonimi, in prosa o in altre lingue.
1 Maggio
Il futuro è già qui
Come abbiamo scritto nelle pagine precedenti, e come viene confermato dagli avvenimenti, stiamo assistendo ad una ristrutturazione tecnologica delle nostre vite. Avevamo iniziato con la diffusione dello smart-working e la scuola digitale, per arrivare adesso alle proposte di app come Immuni e a tutto ciò che è necessario perché essa possa funzionare.
In Cina vantano di aver sconfitto il contagio proprio con l’aiuto della tecnologia: per circolare è necessario essere dotati di smarthphone e ogni ingresso-uscita dal proprio distretto, così come dai negozi o mezzi pubblici, è vagliato tramite QR code, che ormai è diventato onnipresente nella vita dei cinesi. In parole povere vengono registrati tutti gli utenti che frequentano lo stesso luogo nello stesso momento in modo tale da venire avvisati se si viene in contatto con persone che hanno rischiato il contagio. Il proprio profilo viene riconosciuto tramite un codice: verde se si sta bene, giallo se si presentano sintomi sospetti e rosso se si viene contagiati. Tutto ciò è accompagnato da check-point che misurano la temperatura e si assicurano che i cittadini non stiano in giro più del concesso (inizialmente si aveva il permesso di stare in giro esclusivamente 2 ore al giorno).
In Italia per adesso il dibattito verte sull’utilizzo dell’applicazione Immuni e sulla sua funzionalità e soprattutto sulla questione della volontarietà e della privacy. È come se lo Stato stesse facendo un doppio gioco: da una parte sostiene l’adesione volontaria all’applicazione, come per mostrare il proprio spirito profondamente democratico a differenza dei paesi come la Cina, dall’altra ne promuove massicciamente il suo utilizzo, facendo leva sulla paura del contagio. Se ci dovesse essere un utilizzo ampio dell’applicazione non sarà difficile prevedere come verranno trattati tutti coloro che, per scelta o necessità, non aderiranno.
Ma il problema non è solo questo. Nello stivale non è ancora presente una rete di infrastrutture 5G capillare, anche se le prime antenne sono già state installate, perciò adesso si fa leva su questa fantomatica arretratezza del sistema tecnologico per nascondere l’arretratezza dal punto di vista sanitario.
Giuseppe Pignari, cyber security officer di Huawei Italia (una delle aziende che si occupa di infrastrutture 5G), sostiene che l’Italia è molto più arretrata della Cina perciò avrà una difficoltà maggiore ad affrontare il pericolo del contagio e ciò che ne comporta. Per esempio in Cina molte visite mediche avvengono virtualmente, oppure la consegna del cibo è in molti casi robotizzata, così come la rete 5G è già ampiamente diffusa perciò le applicazioni sulla prevenzione del contagio possono permettersi un circolo di dati molto maggiore.
In poche parole farci sostituire dalle macchine così evitiamo di essere contagiati…
Ma non c’è da sorprendersi, il progresso tecnologico è ormai diventato uno dei capisaldi di ogni Stato, e le telecomunicazioni ne costituiscono la sua ossatura principale, basta vedere da chi è composta la task force per la fase 2 nominata dal governo Conte. A capo troviamo l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, accompagnato da gente come Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo (ex Finmeccanica, la principale produttrice di armi in Italia).
Ancora una volta assistiamo ad un meccanismo già visto e rivisto: facendo leva sulla paura vengono presentate delle soluzioni inevitabili…vogliamo rendercene conto troppo tardi pure questa volta?
2 Maggio
riceviamo e pubblichiamo un contributo:
NON DIMENTICHIAMOCI LE NOTTI
SI SGOMBERANO BALCONI, CUCINE, APPARTAMENTI E SI RIOCCUPANO STRADE, PIAZZE E TETTI
ASTENERSI SANTI ED EROI
Siamo statx buonx per ben 45 lunghi giorni e notti prendendoci la nostra responsabilità di cura per le nostre Sfamiglie, cosa che tra l’altro facevamo già.
Stiamo approfittando di questo DSO (Distanziamento Sociale Obbligatorio) per provare a mettere in pratica ciò che abbiamo imparato dai laboratori su consenso e relazioni.
Ci siamo presx cura soprattutto della paura all’interno di queste Sfamiglie.
Paura alimentata dalla mancanza di un’informazione diretta, chiara e corretta e da limitazioni prima penali e poi pecuniarie, reinterpretabili da sbirro a sbirro, da comune a comune, da provincia a provincia, da condominio a condominio, da manganello a manganello, che criminalizzano la nostra sanissima esigenza di perdere tempo e continuare a stringere quelle relazioni umane che escono dal nostro nucleo e si nutrono di spontaneità.
Chiuderci a chiave in casa e controllarci mirava a prendere due piccioni con una scusa, sappiate invece che siamo tantx e stiamo tubando!!!
Aggiravamo mancanze e obiezioni di coscienza già prima della quarantena e da tempo diffidiamo di chi non è in grado di divulgare corrette informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili, figuriamoci per ciò che riguarda un virus che si trasmette per via aerea!!
Sarà stato questo il motivo di tanta confusione per cui in Sardegna si esercita la contraerea?
Non siamo ancora tuttx veganx ma ci fa ribrezzo l’idea di mandare al macello il personale ospedaliero, la carne da macello non ci piace come concetto di base, a fine mese potremmo però riflettere sul mangiarci i ricchi, quasi quanto riflettiamo sulla voglia di festa che abbiamo.
I giorni e le notti sono concetti relativi, questo scritto vale per oggi, per ieri e per domani, la resistenza è uno stato mentale.
Non ci piacciono le cosiddette feste comandate cosi come le imposizioni.
Non vogliamo più giocare, bruciamo il gioco, il comandante, la frontiera, la prigione, la bandiera e saccheggiamo il supermercato!
Farsi dire dai padroni le modalità con cui dissentire pare quanto meno illogico.
Sgomberiamo il nostro balcone e manifestiamo come più ci piace per il bisogno stesso di manifestare.
Non ci accontentiamo della strada, vogliamo i mari, i boschi e tutta la campagna.
ANTIFASCISTX ANARCOTRANSFEMMINISTX ANTIPATICX
D’OGNI GENERE E DEGENERE E PIUMAGGIO
3 Maggio
Regolarizzare lo sfruttamento
Mentre continua imperterrita l’ossessione dell’“iorestoacasa”, persino in vista della fase 2, c’è chi non può prendere alla lettera i decreti governativi perché deve cercare di sopravvivere.
Non ci si pone il problema che quando si va al supermercato e si comprano prodotti agricoli a basso prezzo, anche perché la crisi da Covid ci ha impoveriti, si sta ingrassando la domanda di lavoratori sfruttati nei campi.
Quando si vedono i mezzi pubblici, le strade delle città e delle campagne piene di migranti ad ogni orario e si pensa “ma come, noi chiusi in casa e questi in giro a fare ciò che vogliono? Vergogna! Se ne tornino a casa loro”, non ci si pone il problema che ci sono interi settori che basano il proprio profitto sulla ricattabilità di queste persone, anche in piena emergenza sanitaria.
In questi giorni è piuttosto vivace il dibattito sulla questione degli immigrati.
Quest’anno, in Italia, si sta vivendo un importante diminuzione di lavoratori che accettano di essere sottopagati per le raccolte e le manutenzioni nei campi, circa 200 mila unità in meno, si ipotizza a causa dell’emergenza Covid, dell’erogazione del reddito di cittadinanza e, chi lo sa, forse pure per la chiusura dei porti.
Prontamente risponde la ministra dell’agricoltura Bellanova, proponendo una sanatoria per la regolarizzazione dei 600 mila migranti senza permesso di soggiorno per 6 mesi (mentre la ministra del lavoro rilancia al ribasso per un mese solo) al termine del quale, possono sperare nel rinnovo se hanno trovato un lavoro (certificato), oppure essere certi di essere rimpatriati o spediti in un Cpr.
Ricapitolando, servono persone da sacrificare per salvare l’industria alimentare italiana, perciò si promettono i permessi di soggiorno in cambio di buone braccia per l’agricoltura. Che cosa ne sarà di questa massa di braccianti quando la crisi sarà finita e il permesso scaduto? Verrà regolarizzato anche il contratto di lavoro o continueranno ad essere pagati 3 euro all’ora (se va bene)?
Attendendo la risposta del governo, non mancano certo i commenti fascisti o populisti delle varie figure istituzionali che condiscono la patetica discussione tipica di uno Stato che campa sulla guerra ai poveri come quello Italiano.
In Sardegna è la solita solfa, gli sbarchi continuano e ci si indigna per chi arriva, non per chi non riesce a sopravvivere al mare. In tanti chiedono a Solinas di fare ciò per cui è stato votato, evitare che “questi arrivino a impoverirci”, “dare dignità agli Italiani” e “mandare via chi non rispetta le nostre regole”.
Lui e lo Stato che rappresenta hanno mantenuto la promessa anche in questo periodo di pandemia: porti chiusi per gli immigrati, ma allo stesso tempo si spera di riaprire il prima possibile per i turisti.
Le strutture per la reclusione e l’espulsione, veri e propri lager, sono in piena funzionalità, difatti il nuovissimo CPR di Macomer in questo periodo è stato riempito, nonostante l’opposizione del governatore a ospitare immigrati nell’isola.
E’ di questi giorni la notizia che ha come protagonista il ventottenne del Benin rinchiuso da 3 mesi nella struttura, prelevato per strada senza motivo, e che alla notizia del terzo respingimento alla sua domanda di rilascio è salito su una ringhiera di 5 metri per protesta e ha cercato di togliersi la vita buttandosi giù (il secondo tentato suicidio dall’apertura della struttura a fine Gennaio). Evidentemente non era abbastanza “produttivo” per lo Stato, faceva il muratore e il giardiniere, lavori occasionali e poco redditizi, costretto prima a lasciare i suoi cari in Africa e poi gli amici che gli hanno dato solidarietà in Sardegna. Dopo il ricovero di pochi giorni all’ospedale di Sassari si ritrova di nuovo in quell’inquietante galera, l’incubo che l’ha portato a non voler più vivere.
Per molti di noi un esistenza all’interno di quelle strutture maledette non è nemmeno immaginabile.
Lo si dica a lui di avere pazienza e di restare a casa, nel lager dove sta ora…
4 Maggio
Fase 2
4 Maggio, Cagliari torna a vivere, improvvisamente in un lunedì di mezza primavera una città sul mare, al centro del mediterraneo, sembra stata svegliata da un incantesimo o forse da un brutto sogno.
L’impressione vedendo le persone e parlando con alcune di esse è proprio quella che qualcosa sia finito, passato. Come un brutto temporale, una tempesta o un rigido inverno.
Ma sappiamo bene, pur non essendo illustri dottori, che con un virus le cose non vanno proprio così… non si debella da un giorno all’altro, e non potendolo vedere non possiamo sapere quanto sia presente intorno e in mezzo a noi.
Possiamo sempre e solo fidarci dei soliti numerini che appaiono negli schermi e sui giornali, e che ci dicono che i contagi sono in calo, ma qualcosa non torna, cosa è cambiato tra domenica e lunedì? Sono cambiate solo le regole del gioco a cui ci stanno facendo giocare, da oggi abbiamo delle carte in più da giocarci per la nostra autocertificazione, ci sono i congiunti, gli sport, i parchi il mare (solo se vai a pescare) e via dicendo.
Le mascherine e i guanti sono ancora sui volti e nelle mani di tutti, ma la paura sembra meno forte, audaci individui azzardano un abbraccio all’amico che non vedono da settimane, altri scorrazzano in due in scooter ben stretti fra loro, nel piazze compaiono sparuti palloni.
Sembra quindi che almeno a Cagliari, si temano più le istituzioni che il contagio.
Ci viene da riproporre quanto detto in pagine precedenti e cioè che il grande senso di unità dell’ #iorestoacasa o dell’ #andràtuttobene fosse tenuto insieme solo dalla più che comprensibile – e condivisa – paura delle multe.
Non siamo profeti perciò non sappiamo se questa lenta ricomparsa dell’assembramento ci porterà ad una nuova fase di contagi e lockdown, quello che ci sembra possibile è il rischio che la società si spacchi in due, tra chi rispetta le norme di prevenzione, per timori e maggiori rischi sanitari, e chi sceglie o è costretto a non farlo.
Una sanità indecente come quella offertaci dallo stato italiano ovviamente non ci mette tutti sullo stesso piano, ci costringe a dividerci. Farsi carico delle esigenze di tutti sarebbe la cosa più bella, ma probabilmente impossibile, perché così come non abbiamo tutti le stesse condizioni di salute non abbiamo tutti le stesse condizioni lavorative ed economiche.
Ma non solo, ci divide anche il fatto che non usciamo tutti allo stesso modo da questi due mesi, per alcuni la conta dei danni è salata, sia essa di natura economica o di salute. Le reazioni saranno scomposte e imprevedibili, di sicuro per molti la paura del virus non può continuare ad essere la priorità nella vita di tutti i giorni, ne vedremo delle belle.
Una prima lezione che abbiamo imparato è che lo spirito di adattamento a decreti, sanzioni, virus e distanziamenti la sta facendo da padrona, dimostrando un’altra volta quanto sia veloce la capacità dell’essere umano di adattarsi alle novità, belle o brutte che siano, imposte o no.
5 Maggio
6 Maggio
Per quanto riguarda il diario e il suo scopo iniziale crediamo che sia venuta meno l’esigenza di scrivere ogni giorno. È ora di stare fuori e guardarsi attorno, di capire quali crepe produrrà questa crisi, forse più economica e sociale che sanitaria, e di viverci le contraddizioni. Per quanto ci sia piaciuto ragionare passo per passo su ciò che è accaduto, crediamo che sia fondamentale ri-trovarsi là fuori, superare l’osservazione e sporcarsi le mani, a partire dalle problematiche delle nostre vite e delle nostre condizioni.
Per questo primo periodo proveremo a scrivere settimanalmente, affinché anche i ragionamenti possano essere più ricchi e interessanti, si spera.
A questo proposito vi invitiamo a condividere con noi i vostri pensieri, mandateci contributi vostri o che ritenete a vario titolo interessanti.