Assassini all’estero, assassini in Italia, produttori di morte come mestiere

Pubblichiamo qui di seguito alcuni articoli usciti negli ultimi giorni riguardo alla situazione negli stabilimenti industriali a Cameri (NO) della Leonardo, riguardo alla continuazione della produzione degli inutili, per noi, F-35 e sul pericolo per gli operai. Proprio pochi giorni fa, il 31 marzo, dopo un breve blocco la Leonardo ha fatto ripartire la produzione con la scusa delle commesse e della possibile perdita dei posti lavoro.
Non occorrono ulteriori nostri commenti rispetto alla decisione presa dai dirigenti. Assassini all’estero, assassini in Italia, produttori di morte come mestiere.


F-35, una produzione “essenziale”?

da Il Cuneo rosso, Gcr, Pagine marxiste, Tendenza internazionalista rivoluzionaria
22 marzo 2020

Mentre si spargono lacrime ipocrite sui morti da covid-19, a Cameri (NO) si mette a repentaglio la vita dei lavoratori e si continuano a sprecare soldi per produrre i caccia F-35, strumenti di morte.

E’ notizia di queste ore che a Cameri (NO) la Leonardo, industria che assembla la parte finale degli aerei da guerra F-35, nonostante il contagio Covid-19 sia arrivato a colpire i lavoratori della fabbrica, continuerà a produrre come se niente fosse !!!
E questo in barba alle ripetute e ipocrite apparizioni televisive del governo centrale e di quelli locali: i quali da un lato danno la caccia agli “untori” che corrono nei parchi pubblici; dall’altro, da oltre un mese, lasciano tranquillamente in funzione fabbriche ed imprese, veicoli primari di trasmissione del virus e quindi di morte.
Il profitto prima di tutto! A partire da settori che hanno un mercato che non va mai in crisi com’è appunto quello degli armamenti. Cameri è anche “polo europeo” per la manutenzione degli F-35, e l’”immagine”, oltre che il portafoglio, dei “nostri” capitalisti non deve essere intaccata! Nonostante il contagio -o forse anche grazie a quello- l’imperialismo italiano non rinuncia a fare affari in giro per il mondo producendo-vendendo-impiegando strumenti di morte contro lavoratori e masse oppresse, dalla Libia all’Afghanistan.
Ed i nostri governanti, così preoccupati per la “salute pubblica” di fronte al Covid-19, si guardano bene dal dirci quanto costa un solo F-35! Nel novembre scorso il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini (PD) ha annunciato l’acquisto per il triennio 2020-2022 di ben ventisette aerei F-35. Tutti i partiti di governo e di “opposizione” hanno votato a favore! Ora che anche nelle case e negli ospedali si muore per mancanza di apparecchi di respirazione, è doveroso sapere che il costo di ventisette F-35 corrisponde all’acquisto (mancato) di 189.000 apparecchi! Quante vite potevano essere salvate?
Lo stesso Guerini e gli ambienti governativi ritengono “strategica”, dunque essenziale, la fabbrica di Cameri. Ma da quando in qua’ si combatte un virus con gli aerei da guerra? Quale futuro ci stanno preparando? Un futuro di distruzione continua? In cui morte si aggiunge alla morte? La distruzione alla distruzione? Lo sfuttamento allo sfruttamento?
Lavoratori: non siamo carne da macello!
Contro le spese militari, il militarismo, la militarizzazione di tutta la società che la crisi del capitalismo ci impone, riprendiamoci le nostre vite! Via gli arsenali militari! No alle spese di guerra!
Per l’annullamento totale dell’acquisto dei caccia F-35.
Per l’uso degli ospedali, spazi e posti letto ad uso militare e di tutti i medici militari al servizio e alla cura dei pazienti ammalati.

 

Lettera di Ezio Locatelli, segreteria regionale PRC

da Novaratoday, 27 marzo 2020

Non prendeteci per i fondelli” – dichiara Ezio Locatelli della direzione nazionale e segretario provinciale Prc di Torino – “a proposito della decisione del governo di dare continuità alle attività
di produzioni di sistemi di guerra che nulla hanno a che vedere con le attività essenziali legate alla sussistenza delle persone e alla lotta contro il coronavirus. È inammissibile – dice ancora Locatelli – che a Cameri, in provincia di Novara, si continui a lavorare per la produzione dei caccia F35. Vien detto che le produzioni andranno avanti a ranghi ridotti, impiegando 80 tecnici e lavoratori su un
organico di mille, impegnandosi al tempo stesso a garantire l’applicazione del protocollo di sicurezza per il personale. Di fatto nei giorni scorsi, nello stabilimento di Cameri, due lavoratori sono stati contagiati. Lasciare aperto qui e altrove attività per la produzioni di armi e costosissimi sistemi di guerra – attività che nulla hanno a che vedere con le attività produttive indispensabili –
nel momento in cui c’è da combattere una battaglia per la salute pubblica è una cosa vergognosa. Si sono chiuse le scuole, le università, i parchi e tante altre attività ma non l’industria bellica.
Inammissibile. Tanto più a fronte della necessità di dotarsi di mezzi e risorse adeguate per il servizio sanitario nazionale. Meno spese militari, più spese per la sanità pubblica. Riconvertiamo l’industria
bellica in industria di pace per la produzione di beni di pubblica utilità”.

Aggiornamenti del 31 marzo 2020:

https://www.globalist.it/news/2020/03/31/la-vergogna-f-35-ai-tempi-del-coronavirus-una-storia-italiana-2055323.html

Riparte la produzione degli F-35: decisione inaccettabile sulla pelle dei lavoratori di Cameri

Assassini all’estero, assassini in Italia, produttori di morte come mestiere

Nel sud italia supermercati sotto scorta, gli 007 temono le rivolte organizzate…

Assalti ai supermercati a Palermo, ma anche scippi di spesa in Campania, furti dagli scaffali, rapine alle farmacie, sempre nelle regioni del Sud.

Sui social si organizzano le razzie ai supermercati e il sindaco di palermo chiede ai cittadini di infamare chiunque promuova le rivolte.

Al Sud supermercati sotto scorta. Gli 007 temono proteste sociali 

Udine – Ennesima morte di carcere a Udine

DOMENICA 15 MARZO ABBIAMO APPRESO CHE NELLA GALERA DI VIA SPALATO A UDINE
È MORTO UN RAGAZZO DI 22 ANNI.

DELLA NOTIZIA NON C’È TRACCIA NEI MASS MEDIA, NÉ È EMERSO NULLA DAGLI ORGANI ISTITUZIONALI.

SOLO OGGI ABBIAMO RICEVUTO UNA LETTERA, INVIATA DA VIA SPALATO IL 15 MARZO, CHE AGGIUNGE ULTERIORI  PARTICOLARI A QUESTA ENNESIMA MORTE DI CARCERE, DI SEGUITO UNO STRALCIO. IL MITTENTE VUOLE CHE VENGA DIFFUSO QUANTO CI HA RACCONTATO.

ASSEMBLEA PERMANENTE CONTRO IL CARCERE E LA REPRESSIONE

UDINE-TRIESTE, 27 MARZO 2020

«…    quel ragazzo aveva 22 anni ed è morto, era da tempo che stava male, che non veniva preso in considerazione. Si era ripetutamente lesionato, tagliato con lamette. In questi ultimi giorni lamentava febbre e che stava male, ma l’unica cosa che hanno fatto è stato di aumentargli la terapia di metadone a dosi spropositate, subutex a quantità spropositate e psicofarmaci. Infatti il tutto ha causato la morte, per lo più. Il defibrillatore era già rotto da mesi e mesi. La cella l’hanno aperta dopo 20 minuti quindi alle 7.20 della mattina e l’unico soccorso che ha avuto è stato solo un assistente che ha provato a rianimarlo ma con le mani perché l’apparecchio è rotto.
Poi hanno aspettato ore prima che arrivasse un dottore e il magistrato con tutta calma. Il corpo è restato ad aspettare qua dentro fino poco più tardi delle 13.00. Vergognoso poi che il ragazzo avesse problemi di tossicodipendenza e lo tenessero al terzo piano, e neanche lo ascoltavano e controllavano.
Voglio che queste cose siano riferite così da mettere tutti a conoscenza delle cose vergognose e orribili che succedono nel carcere di Udine. Lo hanno ammazzato. La responsabile dell’area sanitaria non c’era, manca da 15 giorni. È tutto vero.»

 

https://roundrobin.info/2020/03/ennesima-morte-di-carcere-a-udine/

Cosa non è cambiato dopo le rivolte: intervista con Avv. Caterina Calia

Sedate le rivolte, i carcerieri istituzionali e quelli in divisa tornano ad assumere il monopolio della violenza e della sopraffazione, in un clima di paura e abbandono. Raccogliamo un commento dell’avvocata Caterina Calia riguardo ai provvedimenti attivati dal ministro Bonafede per la gestione dell’emergenza coronavirus in carcere: una riduzione ridicola della popolazione detenuta, criteri stringenti e il ricorrente cavillo del braccialetto elettronico come vincolo per l’accesso a misure alternative.

Nel frattempo, esacerbate dal contesto emergenziale e dall’estendersi dei contagi, permangono le condizioni invivibili e terrificanti del sovraffollamento, della privazione degli affetti, dell’impossibilità di colloqui con gli avvocati.

Segnali che restituiscono come l’unica parentesi in cui il carcere abbia assunto una dimensione politica sia stata posta dai moti di rabbia e autodifesa di detenuti e familiari.

Carcere – Cosa non è cambiato dopo le rivolte: intervista con Avv. Caterina Calia

 

https://ilrovescio.info/2020/03/30/cosa-non-e-cambiato-dopo-le-rivolte-intervista-con-avv-caterina-calia/

 

Foggia – Testimonianze dei pestaggi dopo la rivolta

«A Foggia mio figlio e gli altri detenuti picchiati e trasferiti dopo la rivolta»

È il racconto drammatico di episodi che sarebbero accaduti nell’istituto pugliese nei giorni successivi ai disordini

Tutti abbiamo ancora impresse le immagini della rivolta avvenuta al carcere di Foggia e la conseguente evasione di massa. Una evasione, tra l’altro, che tuttora lascia dei punti interrogativi. Dopo quell’evento qualcosa sarebbe accaduto. Tante, troppe, testimonianze si sono accavallate di presunti pestaggi che diversi reclusi avrebbero ricevuto come atto di ritorsione. La rete emergenza carcere composta dalle associazioni Yairaiha Onlus, Bianca Guidetti Serra, Legal Team, Osservatorio Repressione e LasciateCIEntrare, ha raccolto diverse testimonianze e ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Si tratta di testimonianze dei familiari di alcuni detenuti presso la Casa circondariale di Foggia prima dell’intervenuto trasferimento in seguito alla rivolta. Sono ben sette le testimonianze e vale la pena riportarle tutte.

« In data 8/ 03/ 2020 mio figlio, detenuto fino al 12/ 03 presso la Casa circondariale di Foggia durante la chiamata, mi ha riferito quanto segue: a seguito delle manifestazioni di protesta messe in atto da parte di numerosi detenuti impauriti a causa dell’allarme Coronavirus, il giorno della rivolta sono entrati in 5 o 6, incappucciati e con manganelli. I detenuti sono stati massacrati di botte, trasferiti solo con ciabatte e pigiama e tenuti in isolamento per i successivi 6/ 7 giorni. Solo dopo una settimana i detenuti hanno ricevuto i loro oggetti personali », riferisce la madre del detenuto, trasferito al carcere di Viterbo.

Poi c’è la moglie di un altro recluso. Una testimonianza che combacia con quella precedente, ma con l’aggiunta che la presunta azione violenta sarebbe addirittura continuata nel carcere viterbese: « Il giorno del trasferimento, il 12/ 03/ 2020, durante la notte, mentre si trovava presso la Casa circondariale di Foggia, le guardie esterne sono entrate in cella e hanno pestato i detenuti. Successivamente al trasferimento non ho più ricevuto notizie. Dopo dieci giorni, durante una chiamata, mio marito mi ha riferito che ci sono state altre violenze all’interno del carcere di Viterbo ».

Nell’esposto viene riportata la testimonianza della sorella di un altro detenuto, trasferito in seguito alla rivolta al carcere di Vibo Valentia. « In data 9 marzo mio fratello, durante la telefonata, mi ha riferito quanto segue: in piena notte è stato picchiato a manganellate e portato via in pigiama e ciabatte per essere trasferito in un’altra struttura, dopo la rivolta fatta alcuni giorni prima ». Sempre la sorella del detenuto ha proseguito con una riflessione accorata: «Premetto che i detenuti sono esseri umani e non meritano trattamenti disumani, come quelli subiti. Se hanno sbagliato è per un motivo valido. La paura per il C orona virus e la sospensione dei colloqui con i parenti hanno generato il panico. Hanno percepito il pericolo mortale del virus e non potendo avere più notizie si sono allarmati ed è subentrato il caos ».

Nell’esposto in Procura si aggiunge anche la testimonianza di un’altra madre di un detenuto, ora recluso nel carcere di Catanzaro: « In data 9 marzo mio figlio, durante la telefonata, mi ha riferito quanto segue: di essere stato picchiato a manganellate su tutto il corpo, specialmente sulle gambe e portato al carcere di Catanzaro senza avere la possibilità di prendere il vestiario o il minimo indispensabile ». C’è poi un’altra testimonianza, questa volta della moglie di un detenuto che addirittura sarebbe un invalido. « ll 20/ 03/ 2020 durante la telefonata con mio marito – testimonia la donna – ho avvertito la sua sofferenza, accusava dolori alle costole e mi ha riferito di aver sbattuto da qualche parte. Lui è invalido al 100% e non potrebbe mai muoversi con violenza dal momento che è in carrozzina. Sono certa che lui non può parlare liberamente. Infatti, successivamente mi ha riferito che la prima lettera che avrebbe voluto inviarmi dopo il massacro successo a Foggia gli è stata strappata. Gli ho detto di farsi portare al pronto soccorso ma non lo fanno perché altrimenti andrebbe in quarantena. Io voglio vederci chiaro! ». Il padre di un detenuto ha riferito ancora che il figlio gli avrebbe detto di essere stato trasferito, in piena notte, senza alcun vestito, aggiungendo che sarebbe stato picchiato.

L’ultima testimonianza è davvero emblematica. In questo caso, il detenuto, vittima di un presunto pestaggio, non avrebbe nemmeno partecipato alla rivolta del carcere di Foggia. Infatti non è tra coloro che ha subito un trasferimento. Alla sorella avrebbe raccontato, con una telefonata e una lettera, l’accaduto: « Oltre allo spavento anche le mazzate mi sono preso dalla polizia, in questi giorni ho avuto un attacco di ansia, la notte non dormo più, ho tanta paura, io che non ho fatto niente le ho prese. Ci hanno sequestrato tutti i viveri, siamo stati giorni senza caffè, sigarette, detersivi, cibo. Ci hanno levato tutto! ».

Sono tutte testimonianze, molto drammatiche, che rimangono tali. Sarà la Procura ad accertare quanto sia effettivamente avvenuto e, nel caso, ad esercitare un’azione penale nei confronti dei responsabili di eventuali reati. Rimangono sullo sfondo le diverse testimonianze che coincidono perfettamente.

Foggia: Testimonianze dei pestaggi dopo la rivolta

Cile – isolamento completo nel Carcere di Alta Sicurezza

Venerdì 27 marzo 2020 il Carcere di Alta Sicurezza, ha sospeso a tempo indeterminato le visite e la corrispondenza, lasciando praticamente completamente isolati i diversi prigionierx che si trovano ostaggi dello Stato.
Non possiamo comprendere queste misure in modo diverso da un’azione repressiva, che lungi dal cercare una “quarantena” o misure sanitarie, lasciando i nostrx compagnx prigionierx in balia dei loro carcerieri senza la possibilità di comunicazione e ricevere elementi di base per igiene e sussistenza.
Ricordiamo che in questa prigione ci sono prigionieri rapiti e sequestrati, scontanodo sentenze come Juan Aliste, Marcelo Villarroel, Juan Flores, Joaquín García, Mauricio Hernandez Norambuena e alcuni prigionieri della rivolta.
Oggi i cittadini ottengono “permessi di transito” per fare il pieno nei supermercati e andare a produrre, anche nei comuni con quarantena totale.
Non accettiamo questo isolamento totale travestito da misura sanitaria!

Non permetteremo ai nostri compagni di essere sepolti in prigione!