Berna – Rottura di vetri e vernice presso la Banca cantonale di Berna e il complesso commerciale

La notte del 1° maggio abbiamo spaccato le vetrine della Banca cantonale bernese BEKB a Bümpliz e le abbiamo spruzzate di vernice. Con questa azione vogliamo attirare l’attenzione sullo sfruttamento e la distruzione da parte del sistema capitalistico. Il primo maggio è un giorno di lotta, con questa azione potremmo dimostrare che la polizia non può impedirci di resistere anche nel periodo di Corona.

Le banche sono coinvolte in modo significativo nella fine di questo mondo. Una banca può sopravvivere solo se realizza un profitto. Deve fare più soldi con i soldi, ed è chiaro che qualcuno perde soldi. Così investono in guerre, distruzione ambientale e sfruttamento dei lavoratori.

BEKB non fa eccezione, anche se non è coinvolta in grandi scandali come UBS o CS. È importante attaccare tutte le banche, perché con le banche anche questo sistema andrà in crisi. Organizziamoci contro le banche e bruciamole insieme.

Inoltre, anche le vetrine del complesso commerciale adiacente sono state devetrificate e colorate. Questo complesso è un buon esempio dell’avanzata della gentrificazione di Bümpliz. Gli affitti sono in aumento e le famiglie sociali e le famiglie con un background migratorio vengono sfollate. Con queste azioni vogliamo dimostrare ai proprietari di immobili sporchi* che loro e i loro palazzi non sono tollerati nei nostri quartieri.

Classe contro classe!

Niente pace e tranquillità nell’entroterra!

Il mondo brucia quando le banche bruciano!

 

Berna – Rottura di vetri e vernice presso la Banca cantonale di Berna e il complesso commerciale

Ognuno ha le sue debolezze

In periodo di confinamento, alcuni non hanno più granché da mettere sotto i denti. Questo è dovuto principalmente alla chiusura di molti negozi di alimentari. Ma per soddisfare il loro feroce appetito, i nostri amici roditori, che sono dotati di un olfatto assai sviluppato tra le specie che popolano il pianeta, hanno trovato una prelibatezza altrettanto succulenta e abbondante.

A partire dal XVIII secolo, Rattus norvegicus ha progressivamente sostituito alle nostre latitudini Rattus rattus, più comunemente chiamato «ratto nero». Più grande, più grosso e più goloso del suo predecessore, possiede un gusto assai sviluppato e non esita a scegliere il proprio cibo per trovare gli alimenti che più gli piacciono. D’altra parte, è in grado di registrare il gusto di ciò che mangia e riesce perfino a capire se un alimento che già conosce sia stato modificato.

A Poitiers, nella Vienne, la notte tra l’11 e il 12 aprile i nostri fini buongustai si sono concessi una leccornia situata sotto il cemento tra il municipio e la biblioteca multimediale. Ma cosa ci potrà mai essere a pochi metri sotto i nostri piedi che i roditori sappiano apprezzare adeguatamente? Cavi in fibra ottica le cui guaine sono ricche di amido. Questi potrebbero dunque diventare uno dei loro pranzi preferiti negli anni a venire, considerata la loro diffusione in tutto il territorio.

Il loro pasto non è stato gradito dal dominio, avendo escluso in particolare diversi server installati nei siti annessi del Comune.

Questo piccolo animale molto mobile e con un’alta capacità riproduttiva non ha mai goduto di grande popolarità nel corso della storia, soprattutto perché è considerato responsabile della propagazione della peste oltre che di una moltitudine di malattie. Ma che importa la cattiva reputazione, questa esagerata squisitezza del Poitou può parlare al cuore di coloro che hanno già gioito per i recenti sabotaggi contro la rete…

Da lì a vedervi la zampata di un movimento di ultra-Rattus che, in pieno confinamento, moltiplica i pasti ricchi di fibre e rosicchia le arterie del dominio tecnologico…

11/05/2020, Finimondo

Tradotto da Sans attendre demain

La bell’arte del sabotaggio

Tra gli idioti della rete che vedono il capitalismo e lo Stato unicamente sotto forma di grandi figure mediatiche o di oscuri interessi che governerebbero il mondo, e gli sciocchi felici del movimento rrrivoluzionario incapaci di comprendere che una relazione sociale s’incarna anche negli uomini e nelle strutture del dominio all’angolo della strada, stiamo assistendo a una vera e propria gara a chi la spara più grossa. Alcuni s’inventano dei cattivoni capri espiatori, distanti e caricaturali il più possibile, mentre altri fanno acquisire coscienza dei bisogni primari o documentano i minimi recessi intricati della miseria e dell’oppressione del momento.
Non sorprende quindi che molti di loro non sappiano offrire altro che un imbarazzato silenzio di fronte alla moltiplicazione di attacchi che stanno colpendo alcune strutture del potere, soprattutto di telecomunicazione, in pieno confinamento. Gli uni perché questi attacchi colpiscono necessariamente accanto al club di burattinai che esiste solo nella loro testa, gli altri perché non distruggono collettivamente delle astrazioni. Dato che gli autori di questi attacchi sono spesso abbastanza furbi da non lasciare alcuna indicazione a nessuno, ciò diventa subito il colmo dell’incomprensione per ogni griglia di lettura troppo limitante. Come, individui che si permettono di sabotare le strutture dello Stato e del capitale fuori da un movimento sociale e per ragioni proprie, senza rendere conto a nessuno né trasmettere altri segnali al di là di mucchi di cavi bruciati o tagliati! Come, individui che osano pensare ed agire da soli in ogni angolo del territorio senza rispettare il confinamento del potere né spandere il loro morboso pathos davanti all’orrore del mondo? Sarebbe dunque questo l’autismo degli insorti, l’assenza di rivendicazioni rivolte a chicchessia (allo Stato come al movimento), ma le cui azioni parlano direttamente a tutti coloro che vi si riconoscono, le condividono e possono riprodurle a proprio piacimento? Come si fa ad inserirle nelle nostre piccole caselle, trattandosi di azioni individuali, anonime e diffuse, perfino coordinate, e avendo di fronte lo Stato che ci martella col suo ritornello contro-insurrezionale («cospirazionisti», «ultra-sinistra», ecc…)? È meglio fare i pappagalli poliziotteschi alla «chi è?» o gli struzzi innocentisti alla «guardate altrove»? Rifarsi alle griglie interpretative del potere o riflettere da sé difendendo ciascuno a proprio modo gli atti che ci ispirano?
Ad esempio, traendo la constatazione che il dominio ha più che mai bisogno di cavi in fibra ottica o di antenne-ripetitori per spingere una digitalizzazione applicata a tutti i campi dell’economia e della vita sociale. Non solo in materia di controllo e di sorveglianza (dai droni ai tablet Neo, dal coordinamento di polizia alle telecamere, dai processi in videoconferenza al tracciamento dei potenziali appestati), ma anche per accelerare il telelavoro, la scuola a distanza, la tele-medicina o da un po’ di tempo la circolazione di denaro e di affari. Per non parlare degli aspetti più miserabili della derealizzazione tecnologica in termini di relazioni o di passatempi virtuali, o tutto ciò che questo periodo di ristrutturazione ci assicura ancora come piacere. In questa prigione sociale a cielo aperto, diventa ogni giorno sempre più evidente che il «deconfinamento» è solo un’estensione del «confinamento» accompagnato da condizioni differenziate, così come la nuova normalità non è che un’intensificazione di quella precedente.
Ciò lascerà magari allibito qualche imbrattacarte di prefettura o di redazione, ma tagliare o incendiare cavi di ogni tipo attraverso cui transitano energia e dati, che per di più hanno il vantaggio di trovarsi un po’ dappertutto, ci sembra non solo una proposta di fatto all’altezza della posta in gioco, ma anche un mezzo sicuro di disturbo di questa mortifera normalità. Di quella prima del confinamento (la proliferazione di questo genere di attacchi risale almeno al periodo del movimento dei gilet gialli), come di quella che si profila oggi. E far tacere le poche voci sovversive che difendono apertamente la bell’arte di sabotare gli ingranaggi del dominio, in particolare le sue infrastrutture critiche, non cambierà la situazione: queste azioni diffuse e varie sono ormai promesse di un bell’avvenire distruttivo in questo migliore dei mondi tecnologizzati. Un mondo di autorità in cui la miseria e l’avvelenamento del pianeta nel nome del denaro ci ricordano costantemente che il capitalismo è un sistema mortifero e che lo Stato è un nemico.
[trad. da demesure]

Melilla – Proteste e sciopero della fame

Il 27 aprile nel Centro di permanenza temporanea per immigratx di Melilla* (CETI) circa 600 persone (pare provenienti dalla Tunisia) hanno iniziato uno sciopero della fame, ed una si è cucita le labbra. Chiedono di essere portate nella penisola iberica, e temono per la loro salute.

La protesta è comiciata lunedì mattina con un sit-in all’interno del patio di uno degli edifici della Secretaria de Estado de Migraciones del Ministerio de Trabajo con uno striscione nella quale si leggeva “Abbiamo diritti (CETI)” e occupando l’area e la strada interna.
Il governo ha trasferito alla penisola 51 migrantx dal CETI di Melilla.
Queste persone dichiarano che rimarrano in sciopero della fame fino a che verrà accetta la loro richiesta di trasferimento dato che sono a Melilla da più di un anno.
Il centro attualmente vede 1600 persone presenti ed è un evidente potenziale focolaio di virus.

*enclave spagnola in Marocco

Da:

E brucerà

[MELILLA] Proteste e sciopero della fame

U.S.A. – Dalle galere per migranti

[Georgia] Proteste nel centro di detenzione
9 e il 20 aprile
I detenuti immigrati hanno protestato contro la mancanza di precauzioni in materia di coronavirus – e le guardie carcerarie private di tipo SWAT li hanno spruzzati con il pepe.
Molti stavano male. La tensione cresceva all’interno di Stewart, una delle più grandi carceri per l’immigrazione del Paese, con una capienza di quasi 2.000 detenuti maschi.
I solidali affermano che gli incidenti fanno parte di due problemi più grandi che si verificano contemporaneamente: la minaccia del coronavirus per i detenuti in alloggi angusti e la frequente violenza delle azioni disciplinari nelle strutture di detenzione per immigrati.
(..)
Lo Stewart Detention Center è un carcere per immigrati continuamente sotto esame per i presunti maltrattamenti subiti dai reclusi.
(….)
“La gente chiedeva assistenza medica per alcuni dei malati lì dentro”, ha detto Daniel. “Ma siccome loro” – il personale – “non hanno prestato attenzione, hanno iniziato a protestare. Hanno messo lenzuola alle finestre e alle porte”.
Daniel ha detto che il personale penitenziario ha rilasciato il gas, gettando i detenuti a terra e portandoli in manette in isolamento, o come lo chiamava lui, “il buco”.
Durante un periodo di due settimane in mezzo alla pandemia di Covid-19, gli ufficiali del SORT a Stewart hanno usato la forza sui detenuti immigrati due volte, il 9 aprile e di nuovo il 20 aprile.
(…)
Stewart si trova nel sud-ovest della Georgia, in una zona rurale con un’economia depressa e uno dei punti caldi dello stato per il coronavirus. Per alcuni residenti della zona, Stewart è un’ancora di salvezza. Diventare una guardia è un lavoro fisso in una regione dove la disoccupazione era alta anche prima della crisi del coronavirus. 
Né le guardie di Stewart né i detenuti sono stati risparmiati dal coronavirus. Il primo membro del personale CoreCivic di Stewart è risultato positivo al Covid-19 il 31 marzo; in un mese, il numero di personale CoreCivic infetto è salito a 44, secondo una recente denuncia in tribunale. L’ICE dice che ci sono 12 detenuti di Stewart che attualmente hanno confermato di avere il Covid-19.
Nel mese di aprile, ci sono state cinque chiamate di emergenza al 911 dalla struttura. Sebbene non sia confermato se le chiamate fossero correlate al coronavirus, quattro di queste chiamate erano per problemi respiratori, un sintomo comune di Covid-19.
Con il progressivo aumento dei casi e circa 1.900 persone rinchiuse a Stewart, le tensioni nella struttura avevano cominciato a crescere, ha detto Pedro Ramirez-Briceño, che è stato rilasciato all’inizio di aprile. (…)
Dopo aver sentito che il coronavirus si è diffuso in altre strutture di detenzione per immigrati, lui e altri detenuti hanno partecipato a uno sciopero della fame e del lavoro all’inizio di marzo, chiedendo condizioni migliori e maggiori risorse per prevenire la diffusione del virus. Ma l’azione dello sciopero è svanita nel tempo, ha detto Ramirez-Briceño.
Ci sono circa 30.000 persone attualmente in custodia dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement – Immigrazione e controllo doganale) negli Stati Uniti e, dall’inizio della pandemia, anche i detenuti di altre strutture dell’ICE hanno denunciato l’uso della forza in risposta alle proteste per il coronavirus. Al 4 maggio, l’agenzia dice che 606 detenuti hanno confermato casi di Covid-19 negli Stati Uniti. I test nelle strutture sono stati scarsi e l’ICE non rilascia numeri in tempo reale, quindi il numero potrebbe essere molto più alto. 
Lo Stewart ha un passato abominevole di pratiche di isolamento: Due uomini “con malattie mentali” si sono suicidati nell’arco di 14 mesi nel 2017 e nel 2018.
Con la pandemia in atto, i familiari e gli avvocati hanno avuto difficoltà a contattare le persone in isolamento. 
La struttura funziona normalmente con il lavoro dei detenuti, ma con le unità in quarantena, il personale penitenziario è stato incaricato di preparare i pasti. Secondo Argueta, questo ha fatto sì che i detenuti fossero nutriti con pochissimo cibo in orari irregolari, scatenando la protesta del 20 aprile. I detenuti si sono rifiutati di mangiare il cibo fornito e hanno chiesto provviste migliori. Mentre la protesta continuava, gli ufficiali del SORT hanno risposto con spray al pepe e armi al pepe.
Più tardi quella sera, l’ufficiale SORT Tyriq Key ha scherzato sui social media dicendo che i detenuti erano così affamati che “mangiavano quello spray”.
Sempre dai profili social delle guardie si evince che quando la protesta per il cibo si è intensificata, i detenuti hanno iniziato a lanciare acqua del bagno e cibo alle guardie. Mentre gli agenti cercavano di porre fine alla protesta, uno è scivolato sull’acqua ed è caduto. Lo sbirro  ha poi detto che si è alzato e “è andato a sparare a qualsiasi cosa fosse sulla sua strada” con il fucile a palle di pepe – poi ha fatto il riferimento a “Call of Duty”.
Una recente denuncia presentata dal tribunale nella causa del Southern Poverty Law Center dice che un uomo in sedia a rotelle ha continuato a urinare sangue 10 giorni i pestaggi di quei giorni.
COSA SONO LE SQUADRE SORT:
Gli agenti del SORT alla Stewart sono il personale correzionale CoreCivic, che poi si cambiano in uniformi nere con spessi indumenti protettivi. Le loro uniformi tipo SWAT includono spray al pepe e pistole a pallini al pepe che penzolano dalle loro cinture. I video promozionali, prodotti quando il CoreCivic era ancora conosciuto con il suo precedente nome, Corrections Corporation of America, o CCA, mostrano ufficiali SORT addestrati all’uso di grandi scudi e manganelli.
“Il CoreCivic gestisce le sue strutture di detenzione per l’immigrazione proprio come gestisce le sue prigioni; non c’è davvero alcuna differenza. E molte carceri hanno squadre tattiche, squadre di tipo SWAT all’interno delle loro strutture”, ha detto Dolovich, il professore di diritto dell’UCLA. “In ogni prigione, quando si percepisce un’emergenza che richiede un intervento rapido, c’è un certo numero di funzionari penitenziari addestrati a partecipare a queste squadre SWAT”.
Secondo un manuale del CCA del 2008, questi tipi di unità sono stati creati dopo i disordini nelle prigioni dell’Attica del 1971, “sul modello delle squadre SWAT della polizia e delle unità di commando militari, come le Forze Speciali dei Berretti Verdi dell’Esercito e le Seal Teams della Marina”.
Prima della pandemia, l’unità SORT di Stewart era stata attivata nel 2019. L’11 settembre 2019, un gruppo di circa 60 richiedenti asilo cubani ha organizzato una protesta pacifica nel cortile di Stewart, rifiutandosi di entrare nella struttura fino a quando non hanno ricevuto notizie dall’ICE sulle loro richieste di libertà vigilata.
Alla protesta ha partecipato Reinier Rodriguez Bombino. Ha detto 
“Erano vestiti di nero, con giubbotti, ginocchiere, caschi, armi, con tutto – come se fossero preparati a tutto”, ha detto Rodriguez, “anche se eravamo sempre chiari – sempre chiari – che tutto era tranquillo e non avremmo fatto resistenza”.
Gli ufficiali del SORT hanno iniziato a lanciare gas lacrimogeni e hanno sparato proiettili di gomma o palle di pepe contro i richiedenti asilo. Rodriguez ha detto di essere stato colpito da un proiettile nella parte posteriore della coscia. Giorni dopo la protesta, è stato messo in isolamento, poi trasferito in un’altra struttura in Georgia.
 
[California] Sciopero della fame nel centro di detenzione per migranti Otay Mesa, San Diego
Decine di migranti reclusx nel centro di detenzione privato Otay Mesa, nei pressi della città di San Diego, hanno iniziato uno sciopero della fame a metà aprile a causa della crescente preoccupazione per la propria sicurezza durante la pandemia. Otay Mesa registra il più grande focolaio di virus di qualsiasi carcere per migranti negli Stati Uniti. La settimana precedente era giunta voce che le guardie avessero usato spray al peperoncino su un gruppo di donne di una delle unità del centro per essersi negate a firmare un documento con una clausola per esentare CoreCivic, la compagnia privata che amministra il centro di detenzione, dalle conseguenze legali nel caso in cui le recluse si fossero ammalate. Le recluse dovevano firmare per ricevere le mascherine. Questo è uscito da una chiamata tra un attivista del gruppo Pueblos Sin Fronteras e una donna reclusa a Otay Mesa, detenuta in questa unità.
Donna: “Ci stanno spruzzando spray al peperoncino! non ci rispettano. Siamo umane, non animali. Aiuto! Vogliono obbligarci a firmare per darci le marcherine. Ci vogliono far pagare per le magliette con cui abbiamo fatto le mascherine”.
 Il 7 maggio Carlos detenuto affetto da covid 19 trasferito in ospedale è morto.
 Lo stesso giorno la maggiorparte delle donne in sciopero della fame hanno ottenuto la liberta. Tutte tranndue due donne onduregne a cui viene negato il rilascio.
Il 9 maggio un presidio sotto le mura del centro ricorda Carlos e chiede la libertà di tuttx.
 
[California] Sciopero della fame nel centro di detenzione per migranti Adelanto S. Diego
Il centro rinchide 1300 persone di cui la maggior parte sono richiedenti asilo. Recentemente molti dei reclusi si sono uniti allo sciopero della fame.Per alcuni lo sciopero è comiciato il 23 di Aprile. Le dichiarazioni raccolte degli scioperanti parlano della crudele scelta della compagnia Geo che gestisce quel centro di non distribuire ne alle guardiie ne ai detenuti guanti e mascherine o gel antibattericoe la politica di non rispettare le distanze di sicurezza neppure nelle file per il cibo. Le richieste sono: che vengano adottate le misure minime contro la propagazione del contagio e che vengano fatte uscire le persone in crisi e con patologie pregresse.Oltre alla possibilità di essere visitati da un medico (cosa procedurale per gli scioperi della fame), che gli è stata negato. 
Raccontano che un prigioniero con la febbre è  sparito, e che tutto il reparto è stato posto in quarantena senza spiegazioni.
Le persone in sciopero della fame sono state minacciate dai responsabili di Geo di essere denunciate; sono state forzate a firmare un documento che mente sul giorno di inizio dello sciopero. Difronte alla loro resistenza si è presentato un ufficiale del ICE che ha tento di intimidirli dicendo che nessuno sarebbe stato fatto uscire e che si sarebbe ricorsi all’alimentazione forzata. Questo a sommarsi al bulling degli ufficiali del centro.
Vari degli scioperanti sono affetti da patologie pregresse.
 
[Illinois] Centro per minori migranti Chicago
1’maggio
Decine di persone hanno realizzato un protesta davanti e sul tetto di un carcere per migranti minori a Chicago per esigere la liberazione dex detenutx. Le installazioni, di proprietà del Heartland Alliance, ospitano circa 70 minori separati dai loro genitori nella frontiera tra Stati Uniti e Messico. Nei giorni precedenti era uscita la notizia che circa 37 dei minori li reclusi erano risultati positivi al virus e sono uscite delle immagini che mostrano dei ragazzi li dentro esponendo dalle finestre dei cartelli con scritto “AIUTO”.
secondo altre fonti
l 1 ° maggio un gruppo di vicini oltraggiati, abolizionisti e altri furfanti si sono riuniti per prendere d’assalto le porte e occupare un centro di detenzione per bambini gestito da Heartland Alliance nel quartiere di Rogers Park a Chicago. Il carcere minorile è attualmente in fase di ristrutturazione ed è temporaneamente non occupato. 
 
[Massachusetts] Protesta nel Bristol County Jail
01.05.2020
Una protesta ha procurato più di 25,000$ di danni secondo le guardie.
Tre dei detenuti del  U.S. Immigration and Customs Enforcement nel Bristol County House of Correction sono stati trasferiti in ospedale per le botte delle guardie. In molti stavano resistendo ad un trasferimento fra aree che secondo i reclusi li avrebbe ulteriormente esposti al contagio, dato che nel centro ci sono già molti casi di positività al covid e varie persone che ne mostrano sintomi.

Chicago – Prigione per minori migranti presa d’assalto a Chicago il Primo Maggio

Il 1 ° maggio un gruppo di vicini oltraggiati, abolizionisti e altri furfanti si sono riuniti per prendere d’assalto le porte e occupare un centro di detenzione per bambini gestito da Heartland Alliance nel quartiere di Rogers Park a Chicago. Il carcere minorile è attualmente in fase di ristrutturazione ed è temporaneamente non occupato. Secondo le notizie locali, “Più di tre dozzine di bambini immigrati in un rifugio Heartland Alliance … si sono rivelati positivi per COVID-19”.

Questa camera di tortura situata al 1627 W Morse è stata utilizzata per  isolare e punire i bambini migranti che hanno tentato di fuggire o si sono ribellati contro i loro rapitori in altre strutture. Il seguente comunicato è stato distribuito nelle strade circostanti e lanciato dal tetto della struttura.

Stiamo occupando questo edificio in solidarietà con tutti i bambini ribelli che sono stati detenuti qui in passato, coloro che sono ancora detenuti altrove, persone incarcerate dappertutto e tutti coloro che continuano a subire violenze per mano dello stato. Ogni giorno che passa di questa pandemia, ci rendiamo conto, come alcuni hanno provato da tempo, che il coronavirus non è l’unica cosa che ci uccide: i suoi effetti sono acutizzati da sistemi a cui ci è stato detto di credere e di fare affidamento, ma che ci danneggiano attivamente e che ci eliminano .

Heartland Alliance, un’organizzazione senza no-profit che maschera il suo sinistro programma di controllo sociale come sforzo altruistico, imprigiona i bambini migranti in tutti gli angoli di questa città, incluso proprio qui al 1627 W Morse. Questo centro di detenzione è attualmente vuoto, non perché Heartland abbia iniziato a riconsegnare i bambini alle loro famiglie, ma perché la gabbia di mattoni e malta è stata ristrutturata e rimodernata per continuare a imprigionare e traumatizzare i bambini o per trasformarla in un altro tipo di struttura carceraria per detenere i nostri vicini senza casa mentre migliaia di unità CHA rimangono vuote. Indipendentemente da ciò, lo scopo di questo edificio sarà di sorvegliare, controllare e criminalizzare

Attualmente ci sono 42 casi di COVID-19 presso le strutture di Heartland. Anche prima che questi numeri fossero confermati, le manifestazioni di solidarietà hanno denunciato ciò che è inevitabile nelle gabbie. Per tutta risposta Heartland ha affermato che cantare ai bambini, esigendo la loro libertà e comunicando loro amore, li spaventa e li mette in pericolo.

I responsabili dichiarano: “Stiamo distruggendo l’illusione che l’attività carceraria di Heartland non sia altro che una sovrapposizione insidiosa tra il complesso industriale non-profit e quello carcerario”.

Prigione per minori migranti presa d’assalto a Chicago il Primo Maggio

“Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va”

Tratto da https://evasioni.info/2020/05/06/734/

Pubblichiamo questo estratto sul carcere tratto dall’opuscolo “Krino. Riflessioni sulla pandemia” allegato alla fine del testo.

Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va”

E’ a partire dal 7 marzo che abbiamo assistito a una delle più vaste rivolte delle carceri avvenute nella storia di Italia. È ormai un dato abbastanza accertato che la polizia (vedremo se con la complicità dello Stato), nei giorni successivi ha fatto delle spedizioni punitive dentro le celle, spesso lasciando i detenuti nudi in una pozza di sangue.

I fatti:

Tutto è cominciato a Salerno, dove la sospensione dei colloqui con i parenti, giustificata come misura per proteggere i detenuti, è stata la miccia che ha fatto scattare la rivolta. Sono circa in 200 a devastare un’intera sezione e ad accedere al tetto. Il giorno dopo da Modena, a Milano, a Pavia, a Roma e in moltissime altre carceri italiane, vi saranno incendi, occupazione di padiglioni, ostaggi e tutto ciò che può essere usato da un detenuto per cercare di cambiare la propria condizione. Uno scenario che in Italia non si vedeva da moltissimi anni, e difatti, come accade spesso quando si disabitua la mente, fanno più scalpore le rivolte dei moventi o, ancora peggio, dei morti (ovviamente dipende da che parte sono). Chissà; forse perché in Italia siamo abituati a vedere morire quei disperati che si dividono in due categorie: coloro che annegano e coloro che “se la sono andata a cercare”.

Tornando alle rivolte di quei giorni di marzo (7,8 e 9), il bilancio è pesantissimo: le rivolte si sono estese a quasi tutti i penitenziari del territorio nazionale e il numero dei morti fra i detenuti è di 13 persone, il tutto in 72 ore circa. Un susseguirsi così rapido di eventi probabilmente è stato mosso, se non si vuole credere alla narrazione della destra e di Salvini, da paura e disperazione dovuta a condizioni di vita indecenti: sovraffollamento, ricatti lavorativi e amministrativi, e trattamenti che la maggior parte delle volte non rispettano la dignità umana.

Le richieste dei prigionieri erano l’indulto e/o l’amnistia per coloro che avevano meno di 5 anni da scontare. Ricordiamo che in Iran sono state liberate circa 70.000 persone e anche nella non proprio democratica Turchia vi è stato un importante svuota-carceri.

Alcuni dati

Per capire meglio le carceri e i detenuti riportiamo alcuni numeri: al 30 aprile 2019 l’Italia ha 60.439 persone nei penitenziari, che significa circa 1 detenuto ogni 1000 abitanti.

I posti letto sono ufficialmente disponibili 50.511 (bisognerebbe sottrarre tutti gli eventuali in manutenzione), non andiamo oltre riguardo il sovraffollamento che è abbastanza evidente.

Chi c’è dentro queste strutture?

L’Italia è uno dei paesi in Europa dove si uccide meno, gli omicidi (prendiamo uno dei reati più gravi) sono calati tra il 2015 e il 2016, eppure il nostro paese è il primo dell’UE per aumento della popolazione detenuta tra il 2016 e il 2018.

Nel 2013 i detenuti per rapina erano il 28,9% dei casi, mentre quelli legati alle droghe il 38,8% che poi nel 2018 caleranno al 31,1%. La media europea comunque è del 18%. Anche qui non ci dilunghiamo nel dibattito sul ruolo del carcere e i consumatori di droghe, che forse riguarderebbe più una questione di salute che penitenziaria. Altra riflessione doverosa è notare come nel 2013 quasi il 70% della popolazione carceraria fosse dentro per questioni legate a droga, furti e rapine. Crediamo anche sia importante, anche se forse banale, ricordare che coloro che sono dentro per aver rubato non sono gli stessi che rubano migliaia o milioni di euro alla gente per vivere nel lusso… la maggior parte di questi è fuori. Dentro ci sono i poveri, a mostrare quanto quelle mura siano solo uno strumento di classe volto a contenere quelle “risorse umane” ritenute difettose in quanto non vivono (spesso per necessità) una vita scandita dai ritmi della produzione e del consumo. Non ci rimane che fare un’ultima riflessione a riguardo, e cioè che l’uguaglianza politica e civile non può che essere formale in una società fondata sulle disuguaglianze economiche: la legge criminalizza e punisce le condotte che quella parte di popolazione che vive in uno stato di disagio sociale o di deprivazione economica è costretta ad avere.

Altro e ultimo dato che riteniamo molto interessante, è che coloro che sono dentro senza una condanna definitiva rappresentano il 34,5% circa della popolazione carceraria anche se, stando alla Costituzione, si tratta di persone innocenti. Per trovare altri dati vi rimandiamo alla nota qui sotto.

Alcune riflessioni

Quindi tornando alle persone che chiedevano amnistia e/o indulto per coloro a cui rimaneva da scontare una pena inferiore ai 5 anni, contro di essi si è scagliata gran parte dell’opinione pubblica. Etichettandoli come dei possibili pericoli per la società (e vi rimandiamo ai dati appena mostrati per una riflessione) dimenticandosi, come spesso accade, che se oggi molte persone muoiono perché non hanno un posto in ospedale le responsabilità sono di altre persone. In più forse non si riflette che il vero pericolo per la società è non fare un decreto che svuoti in maniera più consistente le carceri, in quanto ad oggi sono più di 133 i positivi al virus dentro i penitenziari ma se si creano nuovi focolai ne risentiranno anche gli ospedali e le persone fuori.

Abbiamo assistito quindi a un dibattito praticamente unilaterale dove oltre a stigmatizzare queste persone, si giustificava la misura presa dell’interruzione dei colloqui come una misura di tutela nei confronti dei detenuti. Sarebbe buffo, se non fosse ipocrita, notare che è sempre nelle situazioni di emergenza che ci si preoccupa delle condizioni inumane nelle quali si vive o si lavora (dalle carceri agli ospedali o alle fabbriche), quando per tutto il resto del tempo si fanno tagli e ci si preoccupa di altro. Le carceri sono dei luoghi sovraffollati e dove vi sono scarse condizioni igieniche, rendendoli degli ambienti favorevoli per la propagazione dei virus. Si può comprendere una misura del genere solo se è accompagnata da un’amnistia o indulto, cioè un provvedimento che riduca la popolazione carceraria per tutelare la salute delle persone, solo se la si accompagna parallelamente con una informazione costante di quello che accade fuori (non cercando di oscurare le informazioni come invece è avvenuto), se di conseguenza si fossero aumentate subito le telefonate e videochiamate, se si fossero prese anche tutte le altre misure preventive (mascherine per tutti, gel, etc…). Tutto questo o non è stato fatto o solo in piccola parte e male. Infatti chi si trovava in cella, probabilmente si è chiesto come mai il proprio parente fosse più pericoloso per la propria salute del secondino che tutti i giorni ha di fronte (il quale entra ed esce dal carcere) oppure di tutto il resto del personale. Coloro che dovevano essere protetti dalla sospensione dei colloqui con i parenti non ci hanno messo molto a capire sia che questa misura era una presa in giro e che forse Coronavirus sarebbe potuto essere un forte pericolo anche per loro: come la preoccupazione divampa fra i cittadini in stato di libertà, fra i detenuti in poche ore questa paura si è espressa con l’unico mezzo che chi è recluso possiede per farsi sentire da chi sta fuori e cercare di ottenere qualcosa.

Se la paura e il virus sono qualcosa che può colpire tutti gli esseri umani, risulta evidente che il diritto è qualcosa che difende solo alcuni. L’articolo 2 della Costituzione (un testo non male per certi aspetti, peccato che vorrebbe essere la realtà, un testo di diritto e non un libro fantasy) recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In senso generale questo articolo vorrebbe prendere le distanze dalla visione nazionalista di destra, e del fascismo, che lega lo Stato al cittadino. Così la Repubblica riconosce (attenzione al verbo!), in quanto il diritto fa già parte dell’essere umano e non gli è assegnato, una dignità a tutti gli uomini, cittadini e non. Altro verbo importante dell’articolo è: inviolabili. Lo Stato quindi riconosce, garantisce e difende l’essere umano e il suo diritto inviolabile. E’ evidente che in questo caso il carcerato non è riconosciuto come essere umano.

Quando nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (vicino Caserta) il 5 aprile (un mese dopo la sospensione dei colloqui) un detenuto viene trasferito in isolamento in quanto positivo al Coronavirus, succede che 150 dei 400 reclusi, fanno una piccola rivolta (che non è più di una battitura e alcune barricate) che rientra nel giro di poche ore, con la concessione e promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza. Il giorno dopo, una volta andato via il Magistrato, entrano 400 agenti in antisommossa che in gruppi da 7 entrano nelle celle massacrando di botte i detenuti. Non ci dilunghiamo nel racconto dei dettagli di questa mattanza (per chi è interessato alleghiamo l’articolo1), prendiamo solo nota del fatto che questo non è altro che l’ennesimo caso in cui le richieste dei carcerati vengono represse nel sangue.

A seguito delle proteste, oltre a pestaggi in cui sono state spaccate mascelle e setti nasali2 (c’est la démocratie…), trasferimenti che non hanno fatto altro che portare il virus da un carcere all’altro (come avvenuto da Bologna al carcere di Tolmezzo) è seguito un decreto che ha punito chi si è ribellato in quei giorni, incrementato le forze dell’ordine per evitare che la paura si esprimesse di nuovo e che i detenuti si facessero nuovamente sentire. I provvedimenti presi per il sovraffollamento è chiaro che sono ancora troppo timidi, e soprattutto che escludono anche solo chi è sospettato di aver preso parte alle rivolte. Ricordiamo che un terzo dei detenuti sono ancora innocenti in attesa che il giudice si esprima. E’ evidente come la discrepanza fra la Costituzione e la realtà sia ampia e come tutte le volte che ci sbattono in faccia la “bellezza della nostra Costituzione”, ci stanno semplicemente mostrando qualcosa che non esiste. Spesso veniamo anche tacciati di essere utopisti, a questi rispondiamo che siamo utopisti che accusano la realtà di non essere ciò che ci viene mostrato.

Oltre a questo decreto, i detenuti hanno ricevuto anche un’altra cosa “molto importante”: un caloroso saluto dalla persona più importante del nostro Stato, Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che evidentemente oltre a esprimere vicinanza e riconoscere che la situazione all’interno “non sempre rispetta la dignità umana”, non poteva fare di più (ricordiamo che il Presidente della Repubblica ha il potere di dare l’amnistia senza passare per altri organi). Insomma, come spesso accade, le uniche risposte sono state paternalismo e repressione.

Il carcere non agisce solo su chi si trova dentro, ma angoscia anche tutti gli amici e i familiari che sono fuori. Alcuni parenti dei detenuti hanno segnalato che questi ultimi oltre a non avere più i corsi scolastici, gli incontri con i volontari, i colloqui, le attività sportive etc, adesso cominciano anche a rinunciare alla propria ora d’aria per paura del contagio, così da vivere giornate ancora più grigie, monotone e pesanti. Segnaliamo a tal proposito questa testimonianza e domanda fatta alla Associazione Antigone riguardo un detenuto autoimmune: “il ragazzo ormai vive nel terrore di ammalarsi perché sa che non può prendere nessun farmaco. Vive rinchiuso nella sua cella, evita pure di telefonare a casa tutte le volte che vorrebbe perché ha paura pure di prendere il telefono in mano e sta sviluppando attacchi di panico, tanto che è stato visto dallo psicologo. Vi prego, potete fare qualcosa?3

Al netto di ciò, dei decreti e dei 12 morti, l’ultimo effetto delle rivolte che prendiamo in considerazione è che il SAPPE (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) ha fatto sapere che il penitenziario di Modena chiuderà perché inagibile e che in tutta Italia ci sono stati più di 20 milioni di danni nei penitenziari.

A questo punto crediamo sia necessario riflettere su cosa sia più importante, in questo l’opinione pubblica si è divisa (anche se non in egual misura) tra chi ha preferito pesare questi danni e chi ha invece considerato ben più grave la morte di 13 persone e la costante violazione dell’essere umano che avviene nelle carceri.

Lo Stato ha già scelto da che parte stare.

Qui sotto per scaricare l’intero opuscolo:

KRINO

“Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va”

Tolosa (Francia) – Un ripetitore in meno

Per farla semplice: questo nuovo livello di controllo ci ha fatti/e incazzare ancora di più e dato voglia di agire. Non far nulla, ai nostri occhi, equivaleva ad accettarlo.

Come al solito, se il controllo funziona così bene, è anche perché i cittadini lo accettano docilmente, ben installati nella loro bolla virtuale, a continuare a divertirsi e a telelavorare. Ma è più che mai il cordone ombelicale che li lega a questa vita patetica.

Ecco perché abbiamo incendiato un ripetitore di telefonia mobile, nella notte fra il 5 e il 6 maggio, a Tolosa, sul lato est del Pont de l’Embouchure. È stato più semplice di quello che pensassimo.

Si vede che non siamo le sole persone a ribollire di rabbia e ce ne felicitiamo. Ostilità totale contro la civiltà e i mucchi di merda che la compongono.

 

(it-en-fr) Tolosa, Francia: Un ripetitore in meno (06/05/2020)