Besançon – Incendio pre-isolamento

[Qui in francese dal blog Attaque, che a sua volta cita come fonte Indymedia Nantes]

Nelle prime ore del 11/03/2020 a Besançon, un’utilitaria del municipio è data alla fiamme in un parcheggio delle Vaîtes [ndt: quartiere nord-orientale della città che è stato ristrutturato per diventare un “eco-quartiere”].

Mentre si diffondeva il virus Corona in pieno periodo elettorale, preferiamo appiccare il fuoco ad una macchina dell’autorità della città, piuttosto che far visita uno-a ad un-a, ad ogni candidato-a al posto di sindaco-padrone.

Il fuoco è un mezzo adatto per arginare il virus dello Stato e dei suoi lacché.

AntiCorona

Nel sud italia supermercati sotto scorta, gli 007 temono le rivolte organizzate…

Assalti ai supermercati a Palermo, ma anche scippi di spesa in Campania, furti dagli scaffali, rapine alle farmacie, sempre nelle regioni del Sud.

Sui social si organizzano le razzie ai supermercati e il sindaco di palermo chiede ai cittadini di infamare chiunque promuova le rivolte.

Al Sud supermercati sotto scorta. Gli 007 temono proteste sociali 

Udine – Ennesima morte di carcere a Udine

DOMENICA 15 MARZO ABBIAMO APPRESO CHE NELLA GALERA DI VIA SPALATO A UDINE
È MORTO UN RAGAZZO DI 22 ANNI.

DELLA NOTIZIA NON C’È TRACCIA NEI MASS MEDIA, NÉ È EMERSO NULLA DAGLI ORGANI ISTITUZIONALI.

SOLO OGGI ABBIAMO RICEVUTO UNA LETTERA, INVIATA DA VIA SPALATO IL 15 MARZO, CHE AGGIUNGE ULTERIORI  PARTICOLARI A QUESTA ENNESIMA MORTE DI CARCERE, DI SEGUITO UNO STRALCIO. IL MITTENTE VUOLE CHE VENGA DIFFUSO QUANTO CI HA RACCONTATO.

ASSEMBLEA PERMANENTE CONTRO IL CARCERE E LA REPRESSIONE

UDINE-TRIESTE, 27 MARZO 2020

«…    quel ragazzo aveva 22 anni ed è morto, era da tempo che stava male, che non veniva preso in considerazione. Si era ripetutamente lesionato, tagliato con lamette. In questi ultimi giorni lamentava febbre e che stava male, ma l’unica cosa che hanno fatto è stato di aumentargli la terapia di metadone a dosi spropositate, subutex a quantità spropositate e psicofarmaci. Infatti il tutto ha causato la morte, per lo più. Il defibrillatore era già rotto da mesi e mesi. La cella l’hanno aperta dopo 20 minuti quindi alle 7.20 della mattina e l’unico soccorso che ha avuto è stato solo un assistente che ha provato a rianimarlo ma con le mani perché l’apparecchio è rotto.
Poi hanno aspettato ore prima che arrivasse un dottore e il magistrato con tutta calma. Il corpo è restato ad aspettare qua dentro fino poco più tardi delle 13.00. Vergognoso poi che il ragazzo avesse problemi di tossicodipendenza e lo tenessero al terzo piano, e neanche lo ascoltavano e controllavano.
Voglio che queste cose siano riferite così da mettere tutti a conoscenza delle cose vergognose e orribili che succedono nel carcere di Udine. Lo hanno ammazzato. La responsabile dell’area sanitaria non c’era, manca da 15 giorni. È tutto vero.»

 

https://roundrobin.info/2020/03/ennesima-morte-di-carcere-a-udine/

Cosa non è cambiato dopo le rivolte: intervista con Avv. Caterina Calia

Sedate le rivolte, i carcerieri istituzionali e quelli in divisa tornano ad assumere il monopolio della violenza e della sopraffazione, in un clima di paura e abbandono. Raccogliamo un commento dell’avvocata Caterina Calia riguardo ai provvedimenti attivati dal ministro Bonafede per la gestione dell’emergenza coronavirus in carcere: una riduzione ridicola della popolazione detenuta, criteri stringenti e il ricorrente cavillo del braccialetto elettronico come vincolo per l’accesso a misure alternative.

Nel frattempo, esacerbate dal contesto emergenziale e dall’estendersi dei contagi, permangono le condizioni invivibili e terrificanti del sovraffollamento, della privazione degli affetti, dell’impossibilità di colloqui con gli avvocati.

Segnali che restituiscono come l’unica parentesi in cui il carcere abbia assunto una dimensione politica sia stata posta dai moti di rabbia e autodifesa di detenuti e familiari.

Carcere – Cosa non è cambiato dopo le rivolte: intervista con Avv. Caterina Calia

 

https://ilrovescio.info/2020/03/30/cosa-non-e-cambiato-dopo-le-rivolte-intervista-con-avv-caterina-calia/

 

Foggia – Testimonianze dei pestaggi dopo la rivolta

«A Foggia mio figlio e gli altri detenuti picchiati e trasferiti dopo la rivolta»

È il racconto drammatico di episodi che sarebbero accaduti nell’istituto pugliese nei giorni successivi ai disordini

Tutti abbiamo ancora impresse le immagini della rivolta avvenuta al carcere di Foggia e la conseguente evasione di massa. Una evasione, tra l’altro, che tuttora lascia dei punti interrogativi. Dopo quell’evento qualcosa sarebbe accaduto. Tante, troppe, testimonianze si sono accavallate di presunti pestaggi che diversi reclusi avrebbero ricevuto come atto di ritorsione. La rete emergenza carcere composta dalle associazioni Yairaiha Onlus, Bianca Guidetti Serra, Legal Team, Osservatorio Repressione e LasciateCIEntrare, ha raccolto diverse testimonianze e ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Si tratta di testimonianze dei familiari di alcuni detenuti presso la Casa circondariale di Foggia prima dell’intervenuto trasferimento in seguito alla rivolta. Sono ben sette le testimonianze e vale la pena riportarle tutte.

« In data 8/ 03/ 2020 mio figlio, detenuto fino al 12/ 03 presso la Casa circondariale di Foggia durante la chiamata, mi ha riferito quanto segue: a seguito delle manifestazioni di protesta messe in atto da parte di numerosi detenuti impauriti a causa dell’allarme Coronavirus, il giorno della rivolta sono entrati in 5 o 6, incappucciati e con manganelli. I detenuti sono stati massacrati di botte, trasferiti solo con ciabatte e pigiama e tenuti in isolamento per i successivi 6/ 7 giorni. Solo dopo una settimana i detenuti hanno ricevuto i loro oggetti personali », riferisce la madre del detenuto, trasferito al carcere di Viterbo.

Poi c’è la moglie di un altro recluso. Una testimonianza che combacia con quella precedente, ma con l’aggiunta che la presunta azione violenta sarebbe addirittura continuata nel carcere viterbese: « Il giorno del trasferimento, il 12/ 03/ 2020, durante la notte, mentre si trovava presso la Casa circondariale di Foggia, le guardie esterne sono entrate in cella e hanno pestato i detenuti. Successivamente al trasferimento non ho più ricevuto notizie. Dopo dieci giorni, durante una chiamata, mio marito mi ha riferito che ci sono state altre violenze all’interno del carcere di Viterbo ».

Nell’esposto viene riportata la testimonianza della sorella di un altro detenuto, trasferito in seguito alla rivolta al carcere di Vibo Valentia. « In data 9 marzo mio fratello, durante la telefonata, mi ha riferito quanto segue: in piena notte è stato picchiato a manganellate e portato via in pigiama e ciabatte per essere trasferito in un’altra struttura, dopo la rivolta fatta alcuni giorni prima ». Sempre la sorella del detenuto ha proseguito con una riflessione accorata: «Premetto che i detenuti sono esseri umani e non meritano trattamenti disumani, come quelli subiti. Se hanno sbagliato è per un motivo valido. La paura per il C orona virus e la sospensione dei colloqui con i parenti hanno generato il panico. Hanno percepito il pericolo mortale del virus e non potendo avere più notizie si sono allarmati ed è subentrato il caos ».

Nell’esposto in Procura si aggiunge anche la testimonianza di un’altra madre di un detenuto, ora recluso nel carcere di Catanzaro: « In data 9 marzo mio figlio, durante la telefonata, mi ha riferito quanto segue: di essere stato picchiato a manganellate su tutto il corpo, specialmente sulle gambe e portato al carcere di Catanzaro senza avere la possibilità di prendere il vestiario o il minimo indispensabile ». C’è poi un’altra testimonianza, questa volta della moglie di un detenuto che addirittura sarebbe un invalido. « ll 20/ 03/ 2020 durante la telefonata con mio marito – testimonia la donna – ho avvertito la sua sofferenza, accusava dolori alle costole e mi ha riferito di aver sbattuto da qualche parte. Lui è invalido al 100% e non potrebbe mai muoversi con violenza dal momento che è in carrozzina. Sono certa che lui non può parlare liberamente. Infatti, successivamente mi ha riferito che la prima lettera che avrebbe voluto inviarmi dopo il massacro successo a Foggia gli è stata strappata. Gli ho detto di farsi portare al pronto soccorso ma non lo fanno perché altrimenti andrebbe in quarantena. Io voglio vederci chiaro! ». Il padre di un detenuto ha riferito ancora che il figlio gli avrebbe detto di essere stato trasferito, in piena notte, senza alcun vestito, aggiungendo che sarebbe stato picchiato.

L’ultima testimonianza è davvero emblematica. In questo caso, il detenuto, vittima di un presunto pestaggio, non avrebbe nemmeno partecipato alla rivolta del carcere di Foggia. Infatti non è tra coloro che ha subito un trasferimento. Alla sorella avrebbe raccontato, con una telefonata e una lettera, l’accaduto: « Oltre allo spavento anche le mazzate mi sono preso dalla polizia, in questi giorni ho avuto un attacco di ansia, la notte non dormo più, ho tanta paura, io che non ho fatto niente le ho prese. Ci hanno sequestrato tutti i viveri, siamo stati giorni senza caffè, sigarette, detersivi, cibo. Ci hanno levato tutto! ».

Sono tutte testimonianze, molto drammatiche, che rimangono tali. Sarà la Procura ad accertare quanto sia effettivamente avvenuto e, nel caso, ad esercitare un’azione penale nei confronti dei responsabili di eventuali reati. Rimangono sullo sfondo le diverse testimonianze che coincidono perfettamente.

Foggia: Testimonianze dei pestaggi dopo la rivolta

Cile – Una prospettiva anarchica sulla pandemia da Coronavirus

Nel pomeriggio di un venerdì particolarmente caotico, Piñera inaugura la
pandemia sul canale televisivo nazionale. È dall’inizio di marzo che la
paura del virus è entrata poco a poco nelle conversazioni facendosi
sempre più protagonista tra il turbolento ritorno a scuola che vuole
essere una replica (come in un terremoto) della rivolta di ottobre, le
manifestazioni femministe di massa, la radicalizzazione dei settori
reazionari e l’imminenza del referendum.
La situazione internazionale è altrettanto complessa. L’anno scorso è
iniziata una nuova ondata mondiale di rivolte contro la normalità
capitalista, e la tanto logorata “istituzionalità” sembra star
collassando da dovunque la si guardi, lasciando spazio non solo alla
creatività insurrezionale ma anche a (mai tanto facilmente
differenziabili) populismi e fascismi d’ogni genere.
Da tempo l’economia sta perdendo velocità, però la guerra commerciale
tra due potenze in decadenza, l’aumento manipolato del prezzo del
petrolio, e la paralisi provocata dal coronavirus, hanno costruito la
tempesta perfetta per lasciare in caduta libera la borsa e la sua tela
di finzioni speculative.
È in questo contesto che la malattia arriva nel nostro territorio, con
uno stato d’eccezione ancora fresco nella memoria. Inizia nei quartieri
alti, e quasi ci rallegriamo prima di ricordarci che non saranno loro lx
primx a subirne le conseguenze. Il governo, sempre tardi, annuncia le
sue misure. Chiaramente non sono sufficienti, e il suo unico obiettivo è
assicurare la libera circolazione del capitale. Alcunx (le stessx che
vedono complotti in ogni angolo) sussurrano che è una strategia per
cancellare il referendum, a quanto pare tanto pericoloso. Però a noi è
chiaro che fachx inteligente vota apruebo (1), e che l’incompetenza del
governo non ha bisogno di altre giustificazioni che i propri interessi
di classe.
Tuttavia, abbiamo già visto come si è sviluppata la situazione in altri
paesi in una fase più avanzata dell’infezione. Nelle strade di Cina,
Italia e altre parti del mondo si sono dispiegate simulazioni di
controinsurrezione, di guerra urbana, di stato d’eccezione assoluto, con
diversi livelli di successo. Lo stato cinese, famoso per la sua capacità
repressiva, ha concentrato tutti i suoi sforzi nel contenimento della
zona zero, facendo il giocoliere per mantenere a galla l’economia, e ha
lasciato ai suoi governi regionali la libertà tanto di riprendere la
produzione quanto di promulgare leggi assurde per sostenere la
quarantena. Al di là di questo, in nessun paese la quarantena è stata
efficiente ed effettiva (manco a parlare degli Stati Uniti, la cui
politica pubblica si riduce a tapparsi le orecchie e gridare forte).
Il caso italiano è degno di nota, più che altro, per la resistenza alle
misure di quarantena e di “distanziamento sociale”, eufemismo nefasto
che si riferisce all’autoisolamento, alla precarizzazione forzata
mascherata da “tele-lavoro”, all’accaparramento dei beni essenziali e
alla negazione di qualsiasi forma di comunità. Quando allx prigionierx
(ammassatx e immunocompromessx da sempre) hanno proibito i colloqui, è
iniziata la rivolta carceraria più grande di questo secolo: ventisette
carceri in rivolta, diverse morti, poliziottx e gendarmi sequestratx e
centinaia di prigionierx fuggitx.
Nel territorio cileno, la situazione è incerta. Farmacie e supermercati
che poco tempo fa erano stati saccheggiati, presto saranno svuotati a
causa del panico generalizzato. I trasporti pubblici, campo di battaglia
permanente dall’inizio della rivolta, presto saranno evitati come la
peste. Il governo ha già proibito gli assembramenti di più di 500
persone, però a questo punto chi cazzo ascolta il governo. I militari,
che supponiamo si siano negati ad uscire di nuovo in strada per
conservare la poca legittimità che rimane loro e poter conservare i loro
privilegi in una nuova costituzione, non avranno altrettanto pudore se
possono mascherare da la salute pubblica il loro agire. La salute
pubblica vera, d’altra parte, conta meno di un pacchetto di popcorn. E
non abbiamo idea di che cosa succederà con il referendum.
Se in altri posti la pandemia è stata una prova d’insurrezione, qui
l’insurrezione sembra essere stata la prova di pandemia e crisi
economica. Teniamo viva la fiamma della rivolta, e organizziamoci per
sopravvivere.
Di seguito, appunteremo alcune misure che consideriamo degne di essere
generalizzate, più un’ ispirazione che un programma:
– il saccheggio e la ridistribuzione organizzata dei beni essenziali
– l’uso di occupazioni studentesche come centri di raccolta, case per
chi non ne ha e, chiaramente, focolai di rivolte
– il boicottaggio di qualunque forma di lavoro o studio a distanza: che
la quarantena diventi sciopero generale
– la liberazione dellx prigionierx politicx come punto centrale
– non pagare, in massa, le cliniche private: cure mediche libere per
tuttx
– sciopero dell’affitto, occupazione di case vuote

Il passamontagna è la miglior mascherina!
Evadi l’isolamento del capitale!
Nega l’immunità come dispositivo di polizia!
La crisi è un’opportunità, prenditi cura della tua banda e attacca!

(1) Il plebiscito è un referendum in cui si determinerà se si darà
inizio oppure no a un processo costituente (per sostituire la
Costituzione imposta nel 1980, durante la dittatura) e quali sarebbero i
suoi meccanismi. È il risultato dell’ “accordo di pace” siglato a porte
chiuse da parte della stessa élite politica che ha governato il paese
per decenni, per soffocare l’agitazione sociale cominciata il 18 ottobre
del 2019.’

Cile: una prospettiva anarchica sulla pandemia da Coronavirus

Canarie – Chiamata allo Sciopero dell’Affitto 1 Aprile

Dall’Unione degli inquilini di Gran Canaria chiediamo a tutta la classe lavoratrice e affituaria di sostenere lo Sciopero Generale e Indefinito degli Affitti che dichiariamo a partire da questo 1° aprile 2020.

La situazione attuale non potrebbe essere più allarmante, e non solo a livello sanitario, ma anche economico e sociale. Le misure adottate dall’esecutivo in relazione allo “Stato di Emergenza” decretato a causa del Covid-19, sono misure marcatamente antioperaie* e che toccano soltanto la superficie (con una moratoria limitata sui mutui) ignorando le basi: migliaia di famiglie che vivono alla giornata, che sopravvivono con lavori senza stipendio fisso, che sono state licenziate in maniera fraudolenta e nelle cui case non entra alcun reddito a causa del confinamento, sono esposte all’impossibilità di affrontare il pagamento dell’affitto.

Le fasce più povere della popolazione, come gli inquilini, i migranti, i senzatetto, i lavoratori domestici, i precari, sono stati completamente relegati e ignorati, come sempre.

Per tutti questi motivi, invitiamo tutti i collettivi, le piattaforme e i sindacati a sostenere questo Sciopero dell’affitto, chiamato anche a livello internazionale (dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Regno Unito, dalla Svezia, dal Cile e da quelli che seguiranno).

Le nostre richieste di base sono chiare:

1. Sospensione immediata del pagamento dell’affitto, soprattutto per gli affituari in situazioni di vulnerabilità e per chi affitta da multi-proprietari o entità giuridiche (invitiamo alla minoranza di propietari che non soddisfa questi requisiti a rivendicare un Reddito di base Universale). Non pagheremo fino a quando questo provvedimento non sarà adottato, senza un reddito sufficiente e regolare.

2º Che le case abbandonate in mano a fondi, enti finanziari e bancari (soprattutto quelli che sono stati salvati con denaro pubblico) siano socializzate e messe a disposizione delle migliaia di persone e famiglie che oggi sono senza casa.

Ci sono fin troppi motivi per proclamare lo Sciopero Generale e Indefinito dell’Affitto a partire dal primo aprile!

NON GUADAGNIAMO, NON PAGHIAMO.

* In Spagna il governo ha facilitato alle imprese l’applicazione degli ERTE (Expediente de Regulación de Empleo Temporal), che consentono la sospensione del contratto di lavoro.

Per maggiori informazioni (in spagnolo):

Unione delle inquiline di Gran Canariahttps://sindicatodeinquilinasgc.noblogs.org/

Federazione Anarchica di Gran Canariahttps://anarquistasgc.noblogs.org/

Cile – isolamento completo nel Carcere di Alta Sicurezza

Venerdì 27 marzo 2020 il Carcere di Alta Sicurezza, ha sospeso a tempo indeterminato le visite e la corrispondenza, lasciando praticamente completamente isolati i diversi prigionierx che si trovano ostaggi dello Stato.
Non possiamo comprendere queste misure in modo diverso da un’azione repressiva, che lungi dal cercare una “quarantena” o misure sanitarie, lasciando i nostrx compagnx prigionierx in balia dei loro carcerieri senza la possibilità di comunicazione e ricevere elementi di base per igiene e sussistenza.
Ricordiamo che in questa prigione ci sono prigionieri rapiti e sequestrati, scontanodo sentenze come Juan Aliste, Marcelo Villarroel, Juan Flores, Joaquín García, Mauricio Hernandez Norambuena e alcuni prigionieri della rivolta.
Oggi i cittadini ottengono “permessi di transito” per fare il pieno nei supermercati e andare a produrre, anche nei comuni con quarantena totale.
Non accettiamo questo isolamento totale travestito da misura sanitaria!

Non permetteremo ai nostri compagni di essere sepolti in prigione!

Contributo su repressione e tecnologia

DAL MICROSCOPIO ALLE TELECAMERE:

 lente sul laboratorio repressivo in atto

Da settimane ormai le news che scatenano il panico di un’epidemia mortale, dell’economia al collasso e della sanità che non regge e le immagini sui giornali di piazze vuote, mascherine e posti di blocco dilagano aumentando la tensione e la paura di un nemico sconosciuto. In questo clima emergenziale sorge spontanea la voglia di provare a fornire degli spunti di riflessione sul tenore di controllo attuato, e, partendo dalla realtà attuale, tentare di far luce sulle possibilità che il sistema neoliberale capitalista potrebbe cavalcare per rafforzarsi, proprio nel momento in cui le sue contraddizioni emergono più forti che mai.

Crediamo sia importante condividere riflessioni, analisi e ricerche  in questo momento storico, per cercare di comprendere come muoversi.

Il contesto chiamato “pandemia” apre di fronte a noi scenari del tutto nuovi: da un lato il sistema stato e l’economia capitalista dimostrano di avere un’ossatura più fragile di quanto sembri; dall’altro un contesto come questo può portare ad una maggiore legittimazione di legislazioni speciali e repressione, e le restrizioni imposte possono portare ad uno sgretolamento dei rapporti umani, favorendo l’isolamento e rendendo ancora più difficoltosa la presenza nelle strade.

Non è intenzione di questo scritto concentrarsi sulla questione prettamente sanitaria, quanto più riflettere sulle dinamiche di “contenimento”, che di fatto si traducono in misure di controllo, più fitte e diffuse, ancora più evolute e sulle conseguenze che potrebbero avere.

LA MACCHINA DEL CONTROLLO SI EVOLVE: COME L’EPIDEMIA DIVENTA POSSIBILITA’ DI CRESCITA PER L’INDUSTRIA DELLA SORVEGLIANZA

Innanzitutto è interessante provare ad osservare cosa è accaduto e sta continuando ad accadere in altri paesi per quanto riguarda il controllo attuato durante l’emergenza coronavirus, che sempre di più si concretizza in sorveglianza tecnologica, e chi sta guadagnando dalla situazione attuale.

Da alcuni siti di controinformazione (vedi lundi.am e hurriya.noblogs) giungono testimonianze interessanti circa il contesto repressivo in Cina, dove ora il governo sta avviando una campagna di propaganda per riacquisire credibilità dopo che le prime misure, nonostante la censura, sono state ampiamente criticate su internet.  Dietro l’immagine di uno stato forte che ha saputo contenere l’epidemia, citata e ripresa da politicanti nostrani, si celano le morti degli infermieri che non avevano mezzi per proteggersi dal contagio, si celano i suicidi di persone che per paura di contagiare i propri cari, consapevoli del fatto che in ospedale i rimedi non sarebbero stati sufficienti per tutti, si sono tolte la vita. Si cela la paura nelle strade, dove la polizia minaccia con le armi chi non porta la mascherina. Il paese ha nascosto la notizia della diffusione del coronavirus, che il medico Lin Wenliang aveva già provato a diffondere a fine dicembre. Il medico è morto. Di coronavirus, ovviamente.

In sostegno agli stati in materia di controllo di fronte a “nuove catasrofi”, appare l’ industria della sorveglianza.

Proprio in Cina, paese leader nella sperimentazione di nuove tecnologie, dove negli ultimi anni  si sono sviluppate forme di controllo sociale basate sul riconoscimento facciale, funzionali a stabilire il profilo morale di una persona e constatandone la propria “affidabilità” in quanto cittadino,
l’industria della sorveglianza e delle intelligenze artificiali  applicate al “contenimento del virus” hanno trovato terreno fertile.

Tra i metodi più usati per contenere l’epidemia vige il monitoraggio dei gps dei telefoni cellulari tra i contatti di chi è stato infettato, ma non solo; ad ogni triage allestito i medici sono tenuti a consultare gli smartphone di chi si reca anche solo per farsi misurare la temperatura per controllare gli ultimi spostamenti. Oltre a camionette e blindati della polizia droni e robot sono stati utilizzati per controllare le interazioni sociali e per limitarle, per controllare che le norme venissero rispettate. I robot sono stati utilizzati (oltre che a un ingente dispiegamento di polizia) anche per pattugliare le strade.

Il monitoraggio dei telefoni cellulari (non in forma anonima ma risalendo ai proprietari) è stato ampiamente utilizzato anche in Corea del Sud e in Taiwan. I movimenti dei pazienti, i loro contatti  e  le loro condizioni di salute sono in mano alla polizia. Un’applicazione assegna alle persone il colore verde, giallo o rosso, a seconda che siano autorizzate ad entrare negli spazi pubblici o che debbano entrare in quarantena in casa loro.

In Corea del sud, inoltre,  sono state attentamente attenzionate le farmacie, i cui archivi sono stati consultati dagli sbirri, così come i movimenti delle carte di credito.

La tecnica di controllo della popolazione tramite i big-data per il contenimento del coronavirus è stata messa in atto anche da Israele. Un interessante articolo di Wu-ming riporta che  sul sito dell’expo (iHLS InnoTech Expo) in materia di sorveglianza e intelligenze artificiali che si terrà a Tel Aviv  a novembre 2020 , appare un articolo che recita: “ In una mossa senza precedenti, in Israele sarà implementato il monitoraggio cellulare dei potenziali pazienti affetti da coronavirus, per assicurare che non stiano infrangendo le condizioni di quarantena e per scoprire con chi erano in contatto. Per la prima volta, Israele applicherà un’ampia localizzazione cellulare di cittadini che non rientrano nel contesto di un’indagine terroristica. La mossa riflette le misure adottate da Taiwan, che è riuscita a far fronte alla diffusione del virus.” Inoltre gli organizzatori dell’expo sfruttano l’occasione per invitare caldamente alla partecipazione tutti gli organi interessati ad approfondire le conoscenze in materia di intelligenze artificiali volte a contrastare “disastrosi scenari”…

Il 18 marzo sono apparsi i primi articoli sulle testate giornalistiche italiane circa l’utilizzo dei dati gps per  verificare quanto le misure imposte sulla circolazione vengano rispettate. Il 17 marzo  la regione Lombardia ha dichiarato di aver monitorato gli spostamenti dei cellulari da cella a cella, quindi di aver registrato quanti telefoni si sono collegati ad una determinata antenna “senza essere risaliti ai proprietari”, ma che se sarà necessario verrà applicato il modello della Corea del Sud, ovviamente “garantendo il trattamento dei dati esclusivamente a fini medici”…
(https://www.corriere.it/tecnologia/20_marzo_18/coronavirus-controlli-celle-telefoniche-tracciamento-privacy-223ea2c8-6920-11ea-913c-55c2df06d574.shtml)

Sempre per monitorare le destinazioni delle persone, otto operatori telefonici (tra cui Telecom e Vodafone) il 23 marzo hanno firmato un accordo con la Commissione Europea per condividere i dati relativi alla localizzazione degli utenti. Per difendersi di fronte ad accuse di violazione della privacy, dal Parlamento Europeo hanno affermato che “i dati saranno resi anonimi prima della trasmissione e saranno cancellati una volta finita l’emergenza”…
https://www.punto-informatico.it/covid-19-operatori-tracciano-movimenti/

Sempre il 23 marzo è uscito un articolo su Repubblica che annuncia che le polizie di alcuni comuni hanno usato droni per controllare i movimenti e che ora l’Enac (ente nazionale per l’aviazione civile), ha concesso un’autorizzazione ai comandi di polizia locale fino al 3 aprile per l’utilizzo di droni in questo senso. (https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/23/news/coronavirus_l_enac_da_il_via_libera_all_uso_dei_droni_per_i_controlli-252086528/)

Ma l’industria della sorveglianza non si esaurisce in droni e big data: essa si arricchisce anche attraverso le videocamere smart, le macchine biometriche da usare nei checkpoint e nei termoscan che si sono installati anche negli aereoporti e nelle stazioni italiani.

Insomma, cosa meglio di un’emergenza sanitaria, perfetto pretesto che legittima l’attuazione di un maggiore controllo, può creare grandi opportunità per i nuovi padroni di veder crescere l’ammontare del proprio capitale, proprio in un momento storico in cui l’industria delle intelligenze artificiali muove grandi passi in avanti? Sempre di più l’industria della sorveglianza si evolve e diventerà funzionale alla repressione; essa è già preziosa alleata dei governi, per esempio, nell’ambito del controllo frontaliero, dove macchinari per la raccolta dei dati biometrici saranno sempre più diffusi per lo schedaggio della popolazione.

E così, se da un lato il contesto creatosi con il Coronavirus mette in luce la crisi del sistema capitalista, dall’altro offre nuovi spunti e possibilità allo stesso di riconfigurarsi e ripensarsi.
Sempre di più ci imbatteremo in strade in cui la tecnologia sarà preponderante.

SULLO STATO D’EMERGENZA e il bisogno di securitarismo

Il 31 gennaio il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza per motivi sanitari per sei mesi. Il potere centrale acquisice ancora più forza; alcune funzioni prima gestite da enti locali ora possono essere gestite direttamente dal governo centrale.
Lo stato dispiega ora maggiormente la sua forza militare in nome del’esigenza di contenere il contagio.
Sebbene finora c’è stato chi ancora ha deciso di uscire a piedi, per passeggiare, correre, fare sport, per le strade la presenza dello stato si fa ogni giorno più imponente, e nuove ordinanze sono state emanate per limitare le attività all’aperto.

Le rivolte nelle carceri diffuse e simultanee hanno fatto impallidire i ranghi del potere, che si prepara a calmare la rabbia sociale. Lo stato ha già annunciato che si sta mettendo in moto per preparare piani volti a fermare gli eventuali disordini che si potranno creare come conseguenza al disastro economico a cui questa crisi sanitaria sta portando e che “è necessario prepararsi in tempo, e cominciare a pensare piani d’azione per le forze dell’ordine e, nel caso, l’esercito”.
Le regioni  hanno invocato a gran voce l’intervento dell’esercito per far rispettare le misure, ora i militari pattugliano le strade, insieme a polizia e carabinieri. L’immagine di questi ultimi giorni è uno scenario di guerra.

Lo stato d’emergenza non è una proclamazione dello stato, è una condizione su cui si regge il potere. Quanto sta accadendo non è che il peggioramento di una condizione che è l’essenza dello stato stesso, una condizione di cui ha bisogno per giustificare la sua esistenza, la sua forza, le sue subdole propagande di odio. Diventa però un’occasione per riconfigurare il proprio potere di fronte a quella parte dei cittadini che ancora in esso nutre una speranza; gli sfruttati e le sfruttate, coloro che non hanno i mezzi per potersi curare, o per poter accedere alla sanità privata, visto che quella pubblica è allo sfacelo, potrebbero restare quella parte di popolazione dimenticata, quelli che per primi moriranno di fronte alle nuove epidemie che anche in futuro si potranno verificare e che probabilmente, visto i disastri ecologici di cui il capitalismo è responsabile, sempre più spesso si verificheranno.

La paura è un’arma in pugno a stati e governi, da sempre il potere si nutre del panico collettivo, che sia verso “l’immigrato” o in questo caso la malattia. Cosa di più della paura della morte può essere sfruttata dal potere?
Non è intenzione negare l’epidemia, nè puntare il dito contro chi sceglie di non uscire per timore di contagiare il prossimo; quanto più di porre il dubbio su quanto le misure adottate siano efficienti o siano la soluzione più rapida (e funzionale) per lo stato che si è ritrovato in un caos a cui ora cerca di sopperire. E’ chiaro che per esso sia più importante la propria sopravvivenza che quella delle persone.  E provare a dare una spinta per riflettere noi stess* su quali sono i metodi che possono essere funzionali ad evitare il contagio, in autogestione, senza farsi risucchiare dalla paranoia.  Il pericolo è che tutti gli spazi di confronto anche su quelli che sono i metodi per evitare di contagiarsi sono negati, perchè la verità è in mano allo stato, che diffonde l’idea che non ci sia altra soluzione che quella della repressione.

Le denunce per inottemperanza alle nuovi disposizioni hanno raggiunto numeri stratosferici;
ora sono state sostituite da ammende che arrivano fino a 3000 euro e non cadono nel pensale ma rimangono amministrative. La giustizia non ce l’avrebbe fatta a reggere il numero imponente di processi; per la cassa, comunque, c’è sempre spazio. Tali misure hanno colpito molto e continuano a colpire i senzatetto e chi non ha una possibilità di rientrare in casa, perchè una casa non ce l’ha.
Ascoltando una diretta su Radio Blackout, per esempio, qualcun* spiegava che per i senzatetto a Torino sono molte le denunce arrivate e che in particolare le misure hanno colpito chi è stato trovato in uno stato “alterato”.
Sui giornali si parla ad esempio di quanto nel centro delle città le persone rispettino le misure mentre nelle periferie gli assembramenti sono più problematici. Certo, nelle periferie dove magari non tutti hanno la possibilita di chiudersi in un appartamento. Dove è più possibile che la gente che vive di espedienti e che vive e lavora in strada, per sopravvivere non possa fare a meno di restarci. E anche il contesto dell’epidemia si prefigura come un’occasione per una guerra ai poveri.
Le denunce penali magari mai avranno un seguito, a meno che non verrà scelto di sfruttarle ad hoc, quindi di portare avanti i procendimenti, o aggiungerle come peso giudiziario, per chi ha già precedenti penali, o a chi lotta contro questo sistema.

Lo stato italiano, che si deve ora mantenere forte e mantenere la propria credibilità, dopo aver mostrato le proprie falle per quanto riguarda la gestione del servizio sanitario, ora attua un regime di controllo più serrato, perchè altrimenti non è in grado di contenere un’epidemia. Con la minaccia della pandemia gli stati ora si è guadagnano il consenso di un’intera popolazione di fronte a misure restrittive della libertà, e quando questo finirà la legittimazione al controllo avrà le basi per sussistere.

Le misure speciali adottate nel contesto dell’emergenzialità finiranno una volta contenuta l’epidemia ? Oppure lo stato sfrutterà la situazione di panico diffuso per permettersi di continuare nel tempo ad adottare misure sempre più restrittive, di fronte ad un qualsiasi pericolo minacci la sicurezza nazionale?

Una situazione molto simile a quella creatasi in Francia nel 2015, dove comunque l’agitazione sociale è continuata nel tempo, quando lo stato d’emergenza venne proclamato in seguito agli attentati di Charlie Hebdo e il Bataclan, potrebbe configurarsi; lo stato de’emergenza dura tutt’ora, e anzi, con la nuova legge securitaria del 2017 è diventato “parte integrante dello stato di diritto”, le frontiere sono terreno di inseguimenti da parte di sbirri e militari alla caccia di chi non ha i documenti “ validi”, le stazioni dei treni e le strade sono ipercontrollate, le guardie sempre in caccia dello straniero potenziale terrorista …di fronte a quest’epidemia e a quelle future forse la caccia sarà destinata ai presunti untori e forse, il divieto d’assembramento, che si traduce immediatamente in divieto di manifestare, sarà mantenuto per evidare il diradarsi di ulteriori epidemie, rendendo ancora più semplice per il governo reprimere chi prova a stare in strada, modalità che peraltro negli ultimi anni si sta consolidando sempre di più, coronavirus a parte.

(https://lundi.am/L-art-de-la-repression).

Come al solito, i primi a pagare il prezzo della situazione in cui ci troviamo sono coloro che la società rifiuta. I primi a pagare le conseguenze della gestione dell’epidemia sono i/le detenut*, carne da macello.
La rabbia per le misure adottate è già esplosa in moltissime carceri, dove le persone rimangono stipate nelle celle senza alcuna prevenzione al contagio, dove sbirri e personale girano ed entrano senza mascherina, mentre l’ora d’aria ed i colloqui sono stati vietati.
Una situazione simile è vissuta anche dalle persone riunchiuse dei centri di detenzione.
Dei reclusi nei CPR italiani non si hanno molte notizie, in alcuni centri le comunicazioni con l’esterno sono state interrotte, ma possiamo ben immaginare quali siano le condizioni a cui sottoposti, stipati nelle celle con scarsissime prevenzioni e senza neanche la possibilità di telefonare all’esterno, come accade a Torino. A Roma si apprende che nessun membro di una qualunque associazione entra nel centro, nè avvocati e che alcune detenute si sono chiuse in stanza per timore di essere contagiate, mentre una è stata portata in ospedale dopo aver ingerito della candeggina.
Uno sciopero dello fame invece è in corso al Cpr di Palazzo San Gervasio, dove i detenuti affermano che nessuna protezione contro il coronavirus è adottata dalle guardie, dove non c’è il riscaldamento e nulla viene igienizzato.
Dalla Francia ci giungono le stesse notizie; in molti dei CRA nemmeno il personale di pulizia entra più e le condizioni igieniche si fanno ancora più scarse durante l’epidemia. In molti dei Cra si sono già verificate rivolte e sono in corso scioperi della fame.
(https://hurriya.noblogs.org/post/2020/03/20/la-situazione-in-diversi-cra-in-francia-allepoca-del-coronavirus/)
Proprio dai luoghi di prigionia arriva un barlume di speranza. Le rivolte che si sono verificate mostrano una rabbia che non è relativa solo alla situazione del coronavirus, ma alle condizioni di merda in cui i detenuti si ritrovano a vivere tutti i giorni. Le rivolte mostrano una sete di libertà che è irrefrenabile, mostrano la rabbia verso la gestione di quest’epidemia, che vede ovviamente gli ultimi come prime vittime sacrificali.

LA CRISI COME POSSIBILITA’ D’AZIONE

In questo scenario quasi apocalittico ma tremendamente reale, che sembra cambiar di giorno in giorno spiragli di dissenso andrebbero colti e alimentati.
Quest’epidemia lascerà una crisi economica fortissima e moltissime persone si ritroveranno in condizioni critiche. E forse, chissà che la rabbia che si è manifestata all’interno delle gabbie per un sistema che ci sfrutta e ci uccide, un sistema che è il reale reponsabile delle catasftrofi, riesca ad uscire da quelle mura e scaldare l’aria circostante. Forse le pessime condizioni in cui tant* si ritroveranno chissà se possono portare ad una presa di coscienza più generale del fatto che il problema non è rendere migoliore questo sistema ma che questo sistema non deve più esistere.
Probabilmente la maggior parte delle persone non vede e non vuole vedere le contraddizioni in cui viviamo che emergono ora più forti che mai, anzi, come citato prima, si fa abbindolare dall’azione dello stato che si prefigge come unico dio salvatore, maestro di competenza ed affidabilità.
In tant* ci siamo trovati impreparat* di fronte a questo complesso fenomeno, Non è per nulla semplice fare luce sulle strade che ci si parano davanti e capire quale sia la più opportuna da percorrere, nè quale sia il modo più corretto di comportarsi nella specificità di questa situazione e per questo pensiamo che sia utile sfruttare questo momento per riflettere e cercare di comprendere come portare avanti le lotte, per riflettere su quali sono state le mancanze della passato che ora fanno ‘sì che non riusciamo a reagire prontamente di fronte a quello che ci si para davanti ed uscire da quest’empasse, come lo sono stati la mancanza di riflessioni sulla questione della sanità, su quali metodi alternativi possiamo costruire per delegare totalmente la nostra vita al sistema sanitario e all’industria farmaceutica.

Dobbiamo riflettere, innanzitutto per capire come affrontare questa situazione senza affidare la nostra vita e la nostra salute ad un sistema che cerca di salvare se stesso  e prepararci a quello che lascerà quest’epidemia, a come fare fronte ai nuovi contesti repressivi, riflettere su come agire , in uno scenario che si prefigura ostile e sempre di più governato dalla tecnologia.

 

https://roundrobin.info/2020/03/contributo-su-repressione-e-tecnologia/

Spoleto – …per un vero sciopero generale!

Nel mentre ci impongono di stare tutti a casa, nel mentre mettono i sigilli ai parchi, nel mentre fioccano denunce, ammonimenti e sanzioni, c’è chi è costretto ad andare a lavorare. Se le stesse mappe che diffondono i media mainstream dei focolai di Coronavirus indicano chiaramente come questi si intensifichino presso i principali centri industriali, non possiamo non accusare Stato e padroni di questa situazione. La sedicente scomparsa del mondo del lavoro è giunta a verità: anche in piena emergenza esiste qualcuno che è necessario alla produzione, qualcuno senza il quale tutto verrebbe giù. E allora tiriamolo giù!
In un lontano passato, lo “sciopero generale” aveva un significato catartico. Nelle sue varie tendenze – soreliane, individualiste, utopiste – il sindacalismo rivoluzionario immaginava lo sciopero generale come una battaglia fondamentale del processo rivoluzionario, se non addirittura del momento stesso della rivoluzione. Nello sciopero generale, gli sfruttati avrebbero sciolto le dinamiche capitaliste e avrebbero fondato una nuova società. Per alcuni, questo sarebbe stato un momento sublime e definitivo. Altri, meno utopisti, erano consapevoli di come per vivere durante lo sciopero i proletari avrebbero dovuto appropriarsi di che campare, sarebbero dunque arrivati i soldati e ci sarebbe stata battaglia.
Negli anni, le parole “sciopero generale” hanno perso questa aurea mitica. Lo sciopero generale è diventato il rito d’autunno, poi il rito di un autunno particolarmente caldo. Talvolta usato dalle burocrazie dei grandi sindacati riformisti per indebolire un governo ostile e favorirne uno “amico”. Ancora più imbarazzanti, le posizioni di chi continua a proclamare lo sciopero generale e lo proclama finanche radicale, senza avere la forza né che esso sia davvero generale né che esso sia davvero radicale.
In questo momento la nostra società appare vecchia e malata. Non è questo lo spazio per analisi, che alcuni di noi stanno facendo e faranno altrove. Possiamo però individuare alcune costanti in tutto l’Occidente: sospensione del regime liberale, forti limitazioni alle libertà degli individui, fine sostanziale dell’Unione Europea e delle sue leggi finanziarie, ma continuità delle produzioni che lo Stato ritiene strategiche (e non sono solo quelle sanitarie, ma anche metallurgia, militare, energetica ed estrattivistica). Stato e capitale tornano al centro della scena, chi si ribella è un untore e un traditore. Alcuni paesi, come il Portogallo, hanno sospeso per due settimane il diritto di sciopero.
Ora più che mai sono gli sfruttati che mandano avanti la baracca. Lo fanno al prezzo della loro sicurezza e della loro libertà. Altri sfruttati, invece, si trovano in una condizione di indigenza. I soldi promessi non arrivano, i padroni non pagano nemmeno i vecchi stipendi precedenti all’emergenza e non si attivano perché arrivi loro la cassaintegrazione. Che questa condizione possa essere di incubazione per un percorso di nuova radicalizzazione. Che si diffonda come una pandemia la convinzione che senza di noi tutto può venire giù. Che, come diceva Durruti, sappiamo che alla fine della sua storia la borghesia lascerà solo macerie; ma noi non abbiamo paura delle macerie, perché siamo noi che abbiamo prodotto ogni cosa e che potremmo ricostruire tutto nel mondo nuovo. Quel mondo cresce già ora.
A farci particolarmente schifo è la retorica di guerra. Siamo in guerra e dobbiamo fare sacrifici – ci dicono. Noi invece vi diciamo: fermatevi, non sarete i martiri di nessuno! Quando usciremo da questa emergenza la gente vorrà solo dimenticare, dimenticare in fretta.
Auspichiamo dunque a un vero sciopero generale spontaneo e di nuova forma. Che scavi la fossa al vecchio mondo.

CIRCOLACCIO ANARCHICO – SPOLETO

https://roundrobin.info/2020/03/spoleto-per-un-vero-sciopero-generale/