Perché La Zattera?
Comunicare in questi giorni infiniti di emergenza Coronavirus è difficile, quasi impossibile. Però proprio in questo momento c’è bisogno di discutere, di ragionare con lucidità, di trovare modi per uscire assieme da questa situazione, in cui il primo contagio a dilagare è quello della paura e dell’egoismo.
Troppe persone si stanno chiudendo prima ancora che nelle mura di casa nella convinzione che chiunque ne sia al di fuori rappresenti una minaccia e non meriti alcuna solidarietà.
Intanto la logica dell’emergenza che tutto giustifica e tutto consente ha portato a un’innegabile svolta autoritaria, a uno stato d’eccezione e a uno Stato di polizia in cui tutto sembra possibile: dal tracciamento dei dati informatici all’impiego dei droni per sorvegliarci, dallo schieramento dei militari alle denunce di massa. “Questa limitazione della libertà è necessaria per la salute di tutti”, dicono.
Ma ancora adesso la maggior parte delle attività produttive viene tenuta aperta nonostante sia chiaro che proprio i luoghi di lavoro sono i potenziali focolai del contagio.
Ci hanno dovuto pensare i lavoratori a tutelare la propria salute con scioperi, osteggiati dal governo, da Confindustria e pure dai sindacati confederali.
Dai piani alti dicono “siamo tutti sulla stessa barca”.
Conviene allora chiederci quale sia stata la rotta che ci ha portato in questa situazione, come le evidenti responsabilità di un’intera classe politica nello smantellamento della sanità pubblica.
E conviene ricordarci che come nei peggiori film al cinema quando la nave affonda a salire sulle scialuppe di salvataggio sono solamente quelli che hanno pagato il biglietto di prima classe.
Solo attraverso una zattera di pensiero critico potremmo restare a galla, affrontare la tempesta e andare verso migliori approdi.
Qui per scaricare i numeri:
https://lazattera.tracciabi.li/
Editoriale del primo numero di “Scirocco”
È passato più di un mese da quando è stato approvato il decreto “io resto a casa”, un periodo abbastanza lungo per trarre un bilancio. Non ci stiamo riferendo qui alla triste conta dei morti, degli infetti e dei guariti che i telegiornali quotidianamente ci propinano con effetto terrorizzante. Quello che ci auguriamo è il ri-sorgere di uno sguardo autonomo sulle vicende eccezionali che stiamo vivendo: è la presa di parola dal basso. Un processo che non è iniziato con l’emergenza, ma che ha subìto un’accelerazione con essa, è la definitiva soppressione della voce di tutto ciò che è considerato marginale, come il nostro territorio e le persone che lo abitano. A trionfare è la voce arrogante di chi comanda, sempre pronto a fomentare odio e guerra tra poveri, mai a riconoscere le proprie responsabilità.
Cominciamo quindi a rompere il silenzio, e a porci qualche domanda.
Come mai tutti i territori (compreso il nostro) hanno subìto lo stesso livello di repressione, controllo e confinamento a casa, a prescindere dai livelli di contagio registrati?
Quanto potrà reggere la situazione economica di chi “lavora a nero” e quindi non può uscire di casa per comprovate esigenze lavorative?
Quanto ci fa ammalare l’essere costretti a rimanere a casa, uscire solo per fare la spesa, non vedere gli amici?
Quali saranno le conseguenze, sul piano della solidarietà, di questo clima forcaiolo in cui tutti siamo chiamati a denunciare il passante o il vicino?
Rispondere ad alcune di queste domande è semplice. Il livello di sofferenza psicologica di molte persone è al limite del sopportabile. Così pure sul piano economico: molte persone si trovano senza reddito e nella difficoltà di pagare affitto, bollette ecc.
Un’altra domanda che ci si potrebbe fare è questa: quanto durerà l’elemosina di Stato per farci mangiare? A cos’altro siamo disposti a rinunciare?
Le questioni in ballo in questo momento sono tante, su tutte è quella della sopravvivenza a pesare di più. Continueremo a delegare tutte le decisioni a chi non ha pensato ad altro che a peggiorare le condizioni del lavoro, a costruire discariche e inceneritori? A chi oggi, senza vergogna, si spaccia per salvatore della salute pubblica?Oppure sceglieremo di auto-organizzarci per fare fronte in maniera solidale alle sfide che questo futuro incerto ci riserva? Questo giornalino vuole essere un piccolo contributo in questo senso.
Al suo interno troverete tanto interventi critici sulla società quanto consigli, prospettive e visioni dalla e della vita per cui vogliamo lottare. L’emergenza ci mette di fronte ad una scelta. Il potere ci dice che “nulla sarà come prima” che si traduce, per chi sta peggio, nella necessità di sgobbare ancora di più per tirare a campare. Perché allora non pensare insieme ad un modo di uscire dal mondo delle emergenze e dei divieti, della fame e dell’isolamento? Perché non tornare a pensare che la vita vada vissuta e non temuta?
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