Non solo staliniani e «miscredenti» del virus. In Nord Ossezia è rivolta sociale

Articolo del Manifesto

Vladikavkaz, capitale della Ossezia settentrionale, repubblica autonoma della Federazione russa, 350 mila abitanti. Scoppia qui la prima rivolta popolare all’epoca di Covid-19.
Già dalle prime ore del mattino un fiume di povera gente, donne, anziani si era riversata ieri in piazza Shtyba dove ha sede il governo della repubblica. I manifestanti urlavano «fame! fame!» chiedendo la riapertura delle aziende in lockdown e le dimissioni del governo. Una rottura violenta del regime di quarantena esemplificato dal fatto che nessuno in piazza indossava le mascherine e non badava in alcuno modo a tenere distanze di sicurezza.

INIZIAVA A GIRARE LA VOCE, poi risultata fondata, che la ribellione era stata organizzata dal gruppo Cittadini dell’Urss, un’organizzazione informale di nostalgici dell’Urss con tinte vagamente staliniane diretta da Vadim Celdiev, un ex soprano prestatosi alla politica convinto che coronavirus non esista e sia semplicemente un’invenzione dei «poteri forti globali» per asservire i popoli. Con il passare delle ore la tensione cresceva con l’arrivo dei reparti speciali della polizia, gli Omon, mentre i manifestanti iniziavano a installare tende con l’intenzione di presidiare giorno e notte la piazza. Veniva anche invitata per una trattativa nella sede del governo una delegazione di manifestanti, ma l’iniziativa non produceva risultati.

LE RICHIESTE DEI DIMOSTRANTI (liberazione dei leaders della protesta arrestati già in mattinata, aiuto economico alla popolazione e dimissioni del governo) venivano tutte respinte. E così nel giro di pochi minuti iniziavano le cariche della polizia per sgomberare la piazza. Malgrado la resistenza dei manifestanti che rispondevano agli attacchi e ai lacrimogeni con una violenta sassaiola, in serata la piazza veniva infine “ripulita”.

Secondo quanto informa il canale telegram Osetia, gli scontri sono proseguiti in altre zona della città e la polizia ha proceduto a rastrellamenti nei quartieri periferici. Tutti gli accessi stradali alla città sono ora stati sigillati mentre sui tetti delle case continuano a volteggiare gli elicotteri.

PER MOLTE ORE le principali agenzie di notizie russe, non si sa se imbarazzate o rispondendo a qualche direttiva, non hanno informato di quanto stava succedendo. Kommersant il quotidiano di Confindustria, quasi ad esorcizzare quanto stava avvenendo nel Caucaso ha messo in rilievo solo l’elemento caricaturale, sottolineando come la manifestazione fosse stata indetta da un gruppo staliniano e cospirazionista. «La manifestazione di “miscredenti nel coronavirus” non può essere definita spontanea: circa un mese fa, era stata indetta da un ex cantante lirico, Vadim Cheldiev. Dall’introduzione della quarantena, sul suo canale Telegram egli esortava alla ribellione contro la “cospirazione mondiale” e chiedeva “verità”, accusando i medici che lavorano nelle aree “sporche” degli ospedali di cospirare con il governo», chiosava il giornale moscovita.

In serata i politici locali hanno evitato di farsi vedere in tv. Sugli schermi intanto i medici affermavano che «la scelta di scendere in piazza è stata un disastro sanitario e provocherà un focolaio immenso».

ORA IN MOLTI SI CHIEDONO se la scintilla di Vladikazakaz potrebbe estendersi in tutto il paese. Difficile dirlo. La miseria e la disperazione sociale osseta non è generalizzabile a tutta la Russia. Molti commercianti di quella regione hanno attività in nero e quindi né loro né i loro dipendenti possono ricevere gli aiuti finanziari decisi da Putin. Tuttavia più passano i giorni e più i segnali di cedimento della coesione sociale iniziano a manifestarsi in varie provincie e la proverbiale pazienza dei russi potrebbe essere sul punto di finire.