Tra gli interventi di strada proposti dalle brigate di solidarietà popolare che si stanno moltiplicando ultimamente da Milano a Parigi, passando per Ginevra, Lione, Nantes o Marsiglia, c’è innanzitutto la distribuzione di materiale di protezione ai lavoratori della loro zona.
Il fatto che i brigatisti della miseria parigina non possano impedirsi di mettere in scena la loro buona azione con foto e social network è dopotutto sintomo di un tempo dove esiste solo ciò che dà spettacolo.
Mischiano allegramente le nozioni di assistenza, aiuto reciproco o sostegno con quella di solidarietà, facendo passare quest’ultima per la distribuzione di pacchi di cibo ai poveri o per degli striscioni appesi ai balconi dei confinati. In qualche modo le riguardano, anche se ciò semina più confusione che altro.
Così eravamo noi ad essere troppo ingenui per continuare a pensare, come nel ventesimo secolo, che la solidarietà è l’attacco, che il sostegno materiale è il sostegno materiale, che l’aiuto reciproco è una forma di reciprocità e che l’aiuto umanitario è una forma di carità laica che mantiene dipendenza e miseria portando comunque consensi alla loro causa. Ma va beh..
D’altra parte, al momento, in molti si trovano privati degli stipendi provenienti dall’economia informale, o facevano fatica già da tempo, e, logicamente, più di una persona comincia a preoccuparsi di sapere come mangiare o pagare le bollette nelle prossime settimane, visto che il confinamento rischia di durare ancora due mesi e che certe scelte non soffrono di alcuna mezza misura. Oh, non c’è bisogno di andare a Palermo o in Cile per capire che una tale privazione, passando il tempo rischia di far rima con la moltiplicazione dei tentativi di esproprio: del resto, i militari francesi dell’operazione résillence sono ufficialmente incaricati di proteggere supermercati e zone commerciali negli angoli sensibili e hanno cominciato a pattugliare in numerose città da lunedì.
Ogni poliziotto, guardia carceraria o vigilante contagiato dal Coronavirus e rimandato a casa non è in questo caso una buona notizia che porta un po’ di aria fresca a ogni ladro o rivoltoso? Non esiste una differenza fondamentale tra l’aiuto umanitario e l’auto-organizzazione di una parte della popolazione per andare a rubare nei depositi di merci? Tra l’impedire ai vigilanti di nuocere e l’aiutarli a tenere il loro posto di lavoro? Beh si, questo formidabile lavoro consiste solamente nel proteggere quotidianamente la vile merce da coloro che passano alla cassa senza pagare o con le tasche troppo gonfie.
È anche ciò che ovviamente pensano i brigatisti di parigi, ma forse non come crediamo, poiché il 20 marzo scorso durante un turno di distribuzione di 150 mascherine ai ladri dei supermercati per proteggerli dalle telecamere… eeeh… ai lavoratori dei supermercati per proteggerli dai clienti, non hanno esitato a sacrificarne per preservare la buona salute dei guardiani del riso e della pasta. Coscienti dell’importanza della loro missione in un periodo di tensione sociale, i nostri ‘moschettieri’ hanno in seguito deciso di sceglierne uno per esibirlo in foto nella loro vetrina virtuale – un vigilante fiero sia della mascherina “popolare e solidale” appiccicata alla sua bocca che del badge “sicurezza” penzolante sul suo petto. Una mascherina che potrà aiutarlo a cacciare gli affamati più a lungo, possibilmente per consegnarli alla polizia, azione per lo meno irresponsabile in piena crescita del picco dell’epidemia.
Nessun dubbio che la brigata nord-est di solidarietà popolare per un’auto-difesa dei proletari che riempiono il loro frigo impedendo ai loro simili di farlo gratis, non mancherà di rinnovare l’operazione se le si presenteranno dei nuovi carichi di mascherine.
Resta in ogni caso un piccolo interrogativo, che spaventa più del Coronavirus: com’è possibile che degli individui siano potuti passare in così poco tempo dal ruolo di animazione dei cortei di testa a quello di forza motrice dello stato per accompagnare e ammortizzare gli effetti del grande confinamento che quest’ultimo tenta di imporre ad ogni prezzo? “È tutto il problema dei ruoli, della politica e degli autoritari” mi sussurra all’orecchio un saggio anarchista. “ è anche il problema dell’assenza di prospettive in generale che, in un periodo di epidemia dove la paura, la morte e l’urgenza, che gli sono legate, hanno velocemente preso piede su ogni considerazione offensiva”, non posso che sospirare.
Con, dietro o a fianco dello stato, ma sicuramente non contro di lui- lo vedremo poi- sembra essere diventata l’antifona più prevalente tra i radicali di servizio.
Pertanto, è proprio qui e ora che succede, nella nostra stessa vita, e nessun nemico sincero dell’autorità può collaborare con il più freddo dei mostri freddi, nemmeno nel nome dell’urgenza o del meno peggio. Non è proprio lo stato ad amministrare militarmente e tecnologicamente l’epidemia? Colui che decide ogni giorno negli ospedali chi può sperare di vivere o morire? Chi, allo stesso tempo, sceglie coloro che possono essere contagiati (nelle industrie e in prigione) e coloro che devono stringere la cinghia, privarsi d’orizzonti per provare a scappare (in confinamento di massa con tutto ciò che comporta)? Chi continua senza tregua a portare avanti le sue sporche guerre oltrefrontiera?
Andiamo, la paura non può aver cancellato ogni riferimento fino a questo punto, qualche base deve pur essere rimasta. Guardate, una guardia è una guardia, un ladro è un ladro. E non chiedete ad un fautore del caos quale dei due bisogna mettere fuori gioco per frenare la propagazione del virus dell’autorità o per aprire la via ai saccheggi.