Apprendiamo dai giornali che è morto il primo detenuto nel carcere di Bologna.
https://www.direttasicilia.it/2020/04/02/covid-19-il-boss-di-misulmeri-muore-a-bologna-a-rischio-rivolte-nelle-carceri/
Apprendiamo dai giornali che è morto il primo detenuto nel carcere di Bologna.
https://www.direttasicilia.it/2020/04/02/covid-19-il-boss-di-misulmeri-muore-a-bologna-a-rischio-rivolte-nelle-carceri/
Ho deciso di scrivere queste righe per provare a immaginare alcuni scenari futuri nell’attuale crisi
perché credo che questa, se non sarà la più grande crisi dell’attuale sistema di dominio, sarà di sicuro un evento che cambierà completamente il mondo per come lo abbiamo conosciuto finora, aprendo la strada a ristrutturazioni e avvenimenti fino a questo momento giudicati impossibili, nei cui interstizi l’azione anarchica che mira alla distruzione di ogni forma di oppressione potrà trovare occasione di esprimersi e, forse, rivelarsi appropriata alla realizzazione dei nostri sogni più reconditi e inconfessati.
Cominciamo con l’ammettere che questa crisi ha colto tuttx di sorpresa, nonostante numerose previsioni avessero da tempo annunciato possibilità del genere per il futuro prossimo dell’umanità (NATO URBAN OPERATION 2020, vi dice qualcosa?), possibilità a cui gli stati le loro istituzioni si preparano da tempo, ma che per fortuna, ancora sembrano incapaci di rispondere adeguatamente. Questo dovrebbe suggerirci una prima riflessione: a scapito delle analisi che vedono il potere come un organico e perfettamente oliato sistema di amministrazione, in cui tutte le parti concorrono adeguatamente portando il proprio contributo in maniera perfettamente sincronizzata, dobbiamo riconoscere che questa pandemia ha invece colto impreparati i governanti del pianeta quasi su tutti i livelli. Questo ci dovrebbe suggerire che per quanto si sforzino i nostri nemici, diverse e perfino opposte forze si accalcano sugli scranni del potere, a scapito di un’omogenea e puntuale gestione delle cose.
Immaginare scenari futuri non è un semplice esercizio della fantasia senza scopo, né un’attività volta allo stuzzicare piacevolmente i nostri propositi di distruzione. Né tanto meno dovrebbe essere un pretesto per continuare a ripeterci gongolanti l’estenuante litania del “noi l’avevamo previsto”. Dovrebbe servire piuttosto per aiutare a sviluppare seriamente delle progettualità di intervento nell’immediato futuro. Negli ultimi giorni continuano senza posa a uscire su siti d’area contributi che non aggiungono nulla a quanto già sapevamo, una sfilza di testi che sembra mirino più a dare ragione alle analisi stilate negli ultimi anni che a costituire degli utili strumenti per orientarci nella situazione attuale. Contributi impregnati da quell’ideologia dell’insurrezione che cerca ovunque le possibilità di una rivolta, senza mai osare immaginare di provocarla, o alla ricerca delle condizioni oggettive di una crisi del capitalismo, mancando dell’immaginazione necessaria per ipotizzare un intervento autonomo che metta finalmente e per davvero in crisi l’esistente, e ancora una volta dimostrano solo quanto le ragnatele teoriche del passato ricoprano ancora le analisi che fuoriescono dal cosiddetto milieu anarchico.
L’intensa quantità di scritti che stanno circolando ultimamente si limitano infatti per la loro maggior parte a descrivere con toni allarmistici le derive securitarie e paranoiche degli ultimi tempi, cosa che non aiuta molto a immaginare una via d’uscita da questa situazione che puzza di totalitarismo. Anzi! Fiacca il morale aumentando la mole di dati negativi con i quali fare i conti, ricalcando sostanzialmente l’atmosfera di paura che si respira ovunque, e dando sostanzialmente risonanza alle peggiori notizie in circolazione. Andiamo gente! Credete davvero che ci sia bisogno di continuare a descrivere l’evoluzione autoritaria dell’attuale sistema di dominio? Sono anni che lo si fa e questo a contribuito solo a sviluppare atteggiamenti pessimistici circa le possibilità di sovvertimento del sistema, oscurando il nostro immaginario con nuvole nere di negatività, frustrazione e sconforto. A mio modesto parere credo invece che ci sia bisogno di uno spiraglio di luce alla fine del tunnel, dello scorgere reali possibilità d’intervento nel presente da poter cogliere e trovare così di nuovo lo slancio all’agire. Altrimenti tanto vale rinunciare ora, darsi alle droghe (tecnologiche o chimiche che siano) o ad altro genere di distrazioni per godersi comodamente questo lento annichilimento, nostro e del pianeta, senza continuare ad auto-flagellarsi.
Questa considerazione mi porta a suggerire che c’è un urgente necessità di una narrazione degli eventi che sfugga da quella imposta dal dominio. È da tempo che si ripete come un mantra che ci manca il polso della situazione (sociale soprattutto) perché viviamo in ghetti antagonisti auto-costruiti, e ora che più che mai non si è nelle strade, che non si prende l’autobus, insomma ora che si è tagliati fuori dal mondo, è difficile farsi un’idea di che aria tira, e bisognerebbe prendere con le pinze ciò che passa sui vari tipi di schermi che affollano il nostro spazio domestico. In questo momento la maggior parte delle informazioni che abbiamo a disposizione sono fornite dagli organi di informazione mass-mediatici e quelle che rimbalzano senza controllo sui social, il che aumenta la dipendenza intellettuale da questo sistema e restringendo le nostre capacità di un pensiero autonomo, contagiato com’è dall’isterismo e dalla paura in circolazione. L’immaginario, anche nei cosiddetti “ambienti sovversivi”, è di fatto colonizzato da dati insignificanti e informazioni spazzatura, che distorcono la percezione della realtà e di fatto impediscono lo sviluppo di progettualità che travalichino gli argini del pensiero comune. Si sta pagando la mancanza negli ultimi anni di una critica dei media e dei mezzi di informazione, così come dei social. O diciamo meglio che la si è data per scontata, mentre sempre più compagne e compagni si adeguavano alle tendenze comunicative della massa mettendosi uno smartphone in tasca, raccontandosi (e raccontando in giro) che l’avrebbero usato “coscientemente”. Un fatto a dir poco sconcertante. Nonostante tutti sapessero le conseguenze che l’utilizzo di certi apparecchi ha sulla socialità e le indiscutibili ricadute a livello di controllo, ci si è semplicemente conformati, forse per paura di restare isolati, forse con la sincera intenzione di utilizzarli al meglio. Fatto sta che con pericolosa superficialità i nostri ambienti e spazi vitali sono stati riempiti ancora di più orecchi e occhi utili al potere, regalando migliaia di informazioni a chi si occupa di sorvegliarli, per esempio su chi visita determinati profili o pagine web, con chi si comunica, le reti di contatti, etc. Ed ora il governo discute se sospendere i diritti di privacy usando delle app al fine di controllare i nostri spostamenti. È triste riconoscere ancora una volta la tendenza contemporanea che vede una partecipazione dal basso nel costruire le proprie stesse gabbie.
Senza considerare le conseguenze che l’uso dei social sta avendo sulla capacità delle persone di sopportare questa condizione imposta di isolamento. Chissà quantx in questi giorni staranno ringraziando i mostri sacri del dominio tecnologico per avergli dato la possibilità di comunicare con i propri cari. Senza di essi magari sarebbero già scesi in strada, avrebbero escogitato mille e uno piani per evadere i divieti incontrandosi di persona, non potendo rinunciare oltre a quel contatto umano tanto importante per il proprio benessere psicofisico. E questo vale anche per rivoluzionari o i militanti di ogni sorta.
Proteste e rivolte potrebbero avvenire anche nei prossimi brevi periodi; sono molte infatti le persone che presto avranno difficoltà a sostenersi. Nei giorni scorsi il Ministro per il Sud è intervenuto per mettere in guardia il governo sulle possibilità di un’esplosione sociale. Anche i servizi di intelligence si sono detti preoccupati. Si cominciano ad aver notizie di tensioni legate al soddisfacimento del fabbisogno alimentare, chi si occupa normalmente di assistenza sociale non è in grado di affrontare la grande quantità di richieste di aiuto che li sta sommergendo, e il governo sta correndo ai ripari distribuendo in tutta fretta alcune briciole, cercando goffamente di gettare acqua sul fuoco. Nel frattempo si sta, letteralmente, pregando l’UE di aiutare a sostenere l’economia e i bisogni della popolazione di fronte a questa crisi. Di oggi la notizia della creazione di un fondo di 100 miliardi di euro a questo scopo. È sicuro che di chi siede ai piani alti comincia ad essere preoccupato delle possibilità provocate dal prolungamento delle misure di contenimento del contagio, e che per prevenirle comincerà a dare fondo alle proprie riserve. Ma dobbiamo considerare come dicevo sopra che il potere non è un organismo perfettamente sincronizzato, e l’Europa ne è un perfetto esempio. Anche i potenti possono commettere errori di valutazione. Quindi potrebbe anche essere che queste misure non saranno sufficienti a calmierare la situazione. Basti pensare al gran numero di migranti irregolari che non avranno diritto a niente, o ai lavoratori in nero o a chi si guadagna il pane alla giornata; è probabile che ben presto cominceranno ad esserci dei conflitti tra poveri per l’accesso agli aiuti degli enti di carità e di assistenza. Il Italia esiste un’intera fetta della popolazione (soprattutto al Sud) che fa riferimento ad un’economia “sommersa”, che sembra il governo, e più in generale i tecnocrati vari, non stiano tenendo in considerazione, talmente hanno la mente offuscata da cifre e statistiche sull’economia “ufficiale”.
In altri paesi governanti con un po’ più di senno (o di istinto di autoconservazione?) hanno fin da subito bloccato il pagamento di mutui e bollette, fissato i costi del cibo, in alcuni casi tassato i più ricchi (come nel caso del Salvador). Certo laggiù le possibilità di sollevanti sociali sono certamente più concrete, ma resta il fatto che anche da queste parti si stanno creando le condizioni per una vera e propria bomba sociale. Se saranno in grado di acquietare le coscienze riempendo le pance e le bocche di carote, o se dovranno ricorrere presto al bastone per tenere sotto controllo la situazione, lo vedremo di qui a poco, visto che la fine della reclusione non sembra prossima.
A breve termine è anche probabile che le carceri esploderanno di nuovo, poiché le risposte alle rivendicazioni e alle esigenze dei detenuti messe in atto da Dap e governo non credo saranno in grado di calmierare la situazione per molto. Ci sono notizie di un aumento di contagi all’interno delle carceri, sia tra detenuti, sia nel personale medico, persino di morti. Non farsi cogliere impreparati di fronte a questa probabilità, ma cominciare già da ora a riflettere su come intervenire (essere presenti in zona per aiutare in caso di evasione a far perdere le tracce ax evasx? Bloccare le strade per le quali giungeranno i rinforzi sbirreschi? Colpire altrove?) mi sembra più che mai auspicabile.
Una volta usciti dalla crisi attuale possiamo poi dare quasi per certo il fatto che si aprirà un periodo di riassestamento, sia dal punto di vista economico-politico, sia dal punto di vista sociale.
L’economia sta avendo già da ora i suoi problemi, e i vari governi stanno mettendo in circolo gradi quantità di capitali per correre ai ripari. Una volta usciti dalla crisi tenteranno in tutti i modi di risollevare i consumi e le economie nazionali per favorire una nuova crescita. Nuovi progetti e devastazioni verranno messe i opera a questo scopo in tutto il mondo, peggiorando ulteriormente la situazione ambientale. Rilanciare la crescita, costi quel che costi, sarà il diktat attuato un po’ ovunque e appoggiato da tutte le forze politiche.
La UE potrebbe, nell’affrontare questo e altri problematiche, realmente e finalmente entrare in crisi. L’incapacità di quest’organismo sovrastatale di adottare delle misure necessarie per superare la crisi sta essendo dimostrata anche in questi ultimi giorni nelle discussioni tra il governo e i poter forti dell’Unione. Il divario tra Europa del nord e paesi del sud si accentuerà, aumentando i contrasti e la lontananza tra gli stati. Pensiamo per esempio al fatto che per aiutare i paesi in difficoltà come l’Italia (un paese con uno dei debiti pubblici più grandi del mondo e tenuto a galla solo dalla constante immissione di capitali da parte degli altri stati dell’Unione) i tecnocrati europei hanno avuto il coraggio di proporre come soluzione l’utilizzo del MES, ovvero quel fondo “salva-stati” che potremo definire senza remore un sistema di strozzinaggio istituzionalizzato. Basti guardare in che condizioni ha ridotto la Grecia con il suo intervento.
Questo scenario potrebbe rivelarsi sicuramente interessante, perché aprirebbe le porte ad un periodo di grande instabilità economica per i paesi periferici della zona euro, così come per l’Italia, che rischierebbe sicuramente il default se non trovasse velocemente un nuovo alleato in grado di sostenerne il debito. E qui potrebbero entrare in gioco la Russia, o più probabilmente la Cina, gli unici paesi in grado di comprarne il debito. Non mi spingo oltre nelle previsioni perché non sono un economista, ma penso che possiamo immaginarci facilmente cosa possa succedere nel diventare dei vassalli di potenze economiche che hanno tutto l’interesse nel crearsi una testa di ponte in Europa e conquistarne sempre più i mercati, potenze che di certo non sono in prima fila nella difesa delle “libertà democratiche” o dei cosiddetti “diritti dell’uomo” (concetti completamente svuotati di senso all’oggi, certo, ma ci siamo capiti).
È probabile che contemporaneamente e contestualmente a questo ci saranno delle proteste legate alle conseguenze che le odierne misure avranno comportato: proteste del comparto produttivo, industriale e agricolo in primis, ma anche delle piccole imprese; proteste degli operatori dei servizi come il turismo o dei trasporti che usciranno da questo momento di blocco totale in grande difficoltà; proteste dei precari, di chi ha visto in queste settimane sfumare i pochi risparmi messi da parte nel tempo con grande difficoltà. Proteste nella e per la sanità, per denunciare anni di tagli che hanno inevitabilmente contribuito ad aggravare e ad accelerare il collasso delle strutture sanitarie durante le fasi peggiori della pandemia. Proteste nel mondo dell’istruzione, per la mancanza di fondi e di mezzi con cui si è dovuta affrontare la chiusura di scuole e università e lo spostamento completo della didattica sul piano telematico e multimediale.
Accanto a questo potrebbe succedere che molta gente cominci davvero a mettere questo sistema in discussione. Oltre a quelli che lotteranno solo per ripristinare le condizioni di vita precedenti alla pandemia, o per veder cambiare un paio di volti nelle sfere del potere, o per un welfare migliore e migliori servizi al cittadino, ci sarà forse anche chi comincerà a pretendere cambiamenti più strutturali nel sistema di produzione e di consumo. Le cause di questa crisi sono sotto gli occhi di tuttx (altrx le hanno indicate e descritte lungamente in questi ultimi tempi, quindi eviterò di ripeterle), e nonostante moltx continueranno a tenere la testa sotto la sabbia, reputando troppo complicato e faticoso immaginare una maniera diversa di abitare il pianeta, altrx stanno già cominciando a porsi interrogativi a cui la politica, o i vari movimenti riformisti, non saranno in grado di dare la una risposta. Una parte di queste persone sono già attive in organizzazioni o associazioni ambientaliste, o in movimenti ecologisti come Fridays for Future, o Extincion Rebellion. Molte di esse potrebbero rapidamente radicalizzarsi ed essere disponibili a forme di lotta più conflittuali.
A quel punto si potrebbe creare una spaccatura sociale tra chi chiederà a gran voce un ritorno alla normalità, il salvataggio l’economia e il mantenimento di uno stile di vita consumistico, e chi invece vorrebbe mettere tutto in discussione. Le differenze di prospettiva accentuerebbero le già evidenti divisioni sociali, portando così ad uno scenario da guerra civile. Vorrei che si tenesse presente la reale possibilità che quest’eventualità si manifesti, presto o tardi, perché ci si cominci a riflettere seriamente. Immaginare di lottare, anche all’ultimo sangue, con le forze della repressione, polizia, esercito, o militanti di estrema destra che siano, contro le quali si è allenato l’odio e il disprezzo, è sicuramente più facile che pensare a combattimenti fratricidi, in cui il nemico potrebbe essere x vicinx di casa, x parenti o x vecchix amicizie. Quando una situazione si radicalizza all’estremo, ovvero quando i termini dello scontro in atto sono inconciliabili, si arriva ad uno scontro che può risolversi figurativamente solo con l’espressione, semplicistica ma realistica, del “o te o me”. Quando la posta in gioco sarà il futuro di questo pianeta e le forme di sopravvivenza che si dovranno adottare per sopravvivere (per esempio stato totalitario o rivoluzione) fino a che punto sarà opportuno essere pronti ad affrontare questo scenario fino alle sie estreme conseguenze.
Comunque, un’altra conseguenza del possibile eclissarsi dell’UE dal panorama geopolitico e di cui già di parla anche a livello istituzionale è certamente quella di un possibile rafforzamento dei nazionalismi, e più in generale dell’estrema destra. Stiamo già assistendo da alcuni anni al lento e inesorabile spostamento a destra dei governi di molte nazioni, causato sia dall’incapacità dell’UE di essere altro che un organismo a tutela degli interessi dei paesi economicamente più forti attraverso quello che è stato definito “un nuovo colonialismo economico” attuato ai danni dei paesi “deboli” dell’Unione, sia dalle conseguenze della “crisi dei migranti”. Spariti ormai dalla coscienza del cittadino medio i concetti di ottocentesca memoria come “solidarietà”, “uguaglianza”, “fratellanza umana”, o i più religiosi “pietà o carità cristiana”, le popolazioni europee si stanno abbandonando alle loro più meschine paure, foraggiate da leader e destrorsi vari, con l’aiuto terroristico di media e social. Gruppi di estrema destra già pattugliano i confini balcanici dell’Europa, addestrandosi nelle tecniche di sopravvivenza e guerriglia. In questo momento di paranoia pandemia, essi stanno già gongolando all’idea delle possibili conseguenze socio-politiche, allertando i propri membri a tenersi pronti. È abbastanza certo infatti che la colpa di questa crisi sarà affibbiata da molti agli spostamenti incontrollati di persone e popolazioni, con un conseguente aumento xenofobico. Le frontiere della già soprannominata Fortress Europe diverranno con ogni probabilità ancora più sorvegliate e impenetrabili per le masse di disperati che da anni spingono al loro esterno per accedere ad aspettative di vita migliori (e forse anche quelle al suo interno non saranno più attraversabili come siamo stati abituati con Schengen).
Sappiamo che questi gruppi di destra sono più preparati ed equipaggiati di noi ad affrontare uno scenario in cui lo stato non dovesse essere più in grado di reggere le redini della situazione. Ma questo non è una sorpresa, giusto? Sono anni che da più parti giungono allarmi circa il mobilitarsi dell’estrema destra in tutto il continente. A questo proposito sarebbe il caso di incominciare un serio lavoro di ricerca e di mappatura che permetta di intervenire in tempo per disinnescare questo pericolo quando esso cercherà di mettere fuori la testa dal buco. In Germania si lavora da anni in questo senso, con l’aiuto fondamentale di nerd da tastiera che pubblicano continuamente indirizzi, targhe, proprietà degli appartenenti ai movimenti di destra. Un serio lavoro in tal senso sarebbe di certo utile anche da queste parti. Comunque, anche in questo caso lo scontro potrebbe rapidamente volgere verso livelli di violenza a cui non si è generalmente abituati.
Infine (almeno per quanto riguarda le mie capacità immaginative), la normalizzazione dello stato di emergenza, il rafforzamento e il consolidamento degli strumenti di controllo, e la fine delle pseudo-libertà democratiche è un’altra possibilità su cui scommettere senza rischio di essere tacciati per pessimisti. In questo caso i processi in atto di digitalizzazione e di ipertecnologizzazione della produzione e della vita avrebbero di certo un’enorme accelerazione. Il potenziamento della connettività balzerebbe immediatamente al primo posto dell’agenda dei potenti e la rete 5G sarebbe attuata in tutta fretta per permettere i necessari ammodernamenti logistici e produttivi. La quarta rivoluzione industriale ci piomberebbe addosso senza neanche il tempo di rendercene conto, e l’agricoltura di precisione con i suoi droni, sensori e piante modificate sarebbero l’unica possibilità per sostenere il fabbisogno alimentare in un mondo svuotato dagli umani.
Vivere in casa diverrebbe la normalità, si lavorerà e si socializzerà attraverso il computer, si faranno acquisti in rete, robot di ogni tipo circoleranno per le strade e le abitazioni al posto nostro per compiere qualsiasi genere di mansione fondamentale, dalle riparazioni alla consegna del cibo.
Per chi è cresciuto a pane e distopie, non è difficile immaginarsi un futuro così. In realtà, è la direzione verso la quale le cose si stavano muovendo anche prima di quest’emergenza, solo che si realizzerebbe prima e con meno ostacoli dal punto di vista dell’opposizione umana. Se venisse presentata come l’unica possibilità di salvezza per il genere umano e per il suo moderno stile di vita, a chi verrebbe in mente di protestare? Sono decenni che il nostro immaginario è bombardato da centinaia di film, libri, fumetti, serie televisive che descrivono futuri catastrofici, crisi ambientali, e società futuristiche tecnocratiche e autoritarie, quindi il loro avverarsi potrebbe non generare nessuno shock, e quindi nessuna reazione abbastanza disperata da impedirlo.
In tutti questi scenari le possibilità di intervento sono molteplici, a seconda della fantasia e delle modalità d’azione scelte sulla base dell’approccio di ciascuno alla lotta e all’esistenza. Come si dice, a ciascuno il suo. Una cosa però vorrei che fosse chiara: non ho descritto questi possibili prossimi scenari per suggerire di attendere fino alla loro apparizione per passare all’azione. Motivi e pretesti per agire sono presenti numerosi anche in questo momento di clausura forzata, come lo erano prima. Anzi, le condizioni potrebbero essere persino più favorevoli ora che in futuro visto che le strade sono vuote e le forze dell’ordine stanche e impegnate su molti fronti. Ogni giorno che passa si aggiungono all’elenco degli impedimenti da superare nuove misure restrittive, così come nuovi strumenti di controllo. Oggi i droni pattugliano i parchi pubblici manovrati da Municipale e Polizia Locale, domani chissà…
La domanda che sorge spontanea è se anche i cosiddetti rivoluzioni o sovversivi che dir si voglia stiano aspettando un ritorno alla “normalità” del dominio di cui si aveva esperienza prima della crisi pandemica che stiamo vivendo per riprendere le conflittualità con l’esistente. Perché come qualcunx ha già ben messo in chiaro, questo non ci sarà, o almeno, non sarà più la normalità a cui eravamo abituati (e che si dichiarava di voler sabotare). Ed è bene cominciare a prepararsi anche a questo. Le condizioni e i parametri con cui eravamo abituati ad analizzare la realtà per pianificare il più semplice intervento potrebbero semplicemente non esserci più. Per fare un paio di esempi banali quanto emblematici, a chi dare un volantino quando le strade sono vuote e in coda al supermercato si deve tenere una distanza di un metro tra persona e persona, considerando che forse quel supermercato sarà oltretutto presidiato dalla celere (come già succede in alcune località del sud Italia)? Chi leggerà una scritta su un muro o uno striscione appeso su un cavalcavia? E i droni che pattugliano il cielo spariranno alla fine dell’emergenza? I movimenti continueranno a venire tracciati con le app del controllo? E che obiettivi praticare, quando un sabotaggio ferroviario o l’incendio di un traliccio verranno additati dai più come opera di sciacalli che vogliono trascinare il mondo nel caos? Si avrà il coraggio di perseguire i nostri sogni di distruzione fregandocene di consenso e comprensione, quando forse basterà una piccola spintarella per gettare ciò che resta di questo sistema nel baratro? A queste domande è quanto mai urgente che ognuno si dia al più presto delle risposte, anche a partire dalle ipotesi e dagli scenari sopra ipotizzati (e dai tanti altri immaginabili). Che questo mondo sia destinato a crollare è la speranza della nostra generazione in questo nuovo millennio di scompensi climatici e ristrutturazioni del dominio. Che questo avvenga a causa delle conseguenze di questa pandemia o piuttosto per un’altra più terribile e spaventosa catastrofe, sarà anche per merito di individui coscienti che, armata la propria volontà, faranno in modo che da questo crollo fiorisca la possibilità di un altro modo di vivere in società e di abitare questo pianeta. Perché se ammettiamo che oggi più che mai il futuro non è scritto, allora oggi più che mai è il momento di agire, lasciandosi alle spalle tentennamenti e dubbi, per dare forma e sostanza a decenni di speculazioni teoriche, e lanciarsi finalmente verso l’ignoto di un mondo miracolosamente sconosciuto.
https://roundrobin.info/2020/04/il-futuro-non-e-scritto-un-contributo-sui-possibili-sviluppi-della-situazione-attuale/
Secondo qunto riportato da ambigui media, a Varese sarebbero stati diffusi volantini contro la polizia e le ordinanze restrittive
Apprendiamo dai giornali locali che in due quartieri di Napoli e Cagliari e vicino all’aeroporto di Fiumicino a Roma sono avvenuti dei blackout.
Come al solito il piagnisteo dei media si basa sui soliti problemi tecnici…
https://www.napolitoday.it/cronaca/rione-alto-black-out-31-marzo-2020.html>
http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-3b2d4593-650e-4de0-82a2-cca6d13b3e36-tg1.html
https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/cagliari/2020/04/01/interruzione-dell-energia-elettrica-a-mulinu-becciu-136-1003956.html
E nel caso in cui qualcuno avesse ancora dei dubbi su di chi è la festa
e a chi la stan facendo
“In Spagna la situazione legata all’emergenza coronavirus è sempre più pesante. Così un gruppo di poliziotti, in servizio nelle strade di Andorra, ha pensato di allegerire un po’ il clima di preoccupazione dedicando ai bambini un insolito balletto. Sulle note del brano ‘Baby shark’, gli agenti hanno improvvisato un abreve coreografia. Il video, postato sui social qualche giorno fa, ha migliaia di visualizzazioni.”
Pola Roupa è stata trasferita perché ha partecipato, dal carcere di Korydallos (ad Atene), a una mobilitazione contro il sovraffollamento nelle carceri e per l’adozione di misure contro la diffusione dell’epidemia nelle carceri in Grecia. Esiste la possibilità che anche Nikos Maziotis possa essere trasferito nel carcere di alta sicurezza di Domokos, dove è già stato recluso in passato. Infatti venne trasferito a Korydallos nel 2015 per poter essere presente alle numerose udienze dei processi contro Lotta Rivoluzionaria (Επαναστατικού Αγώνα, “Epanastatikòs Agonas”), udienze che si sono susseguite per cinque anni. La sua detenzione a Korydallos si concluderà con la fine del quarto processo contro Lotta Rivoluzionaria. Il verdetto di questo processo (relativo ad alcune rapine in banca che sono state attribuite al gruppo) sarà emesso il 28 aprile 2020, sempre se non verrà rinviato a causa dell’epidemia in corso. Quando la sentenza sarà pronunciata, Nikos sarà probabilmente trasferito a Domokos. Presumibilmente potrebbe tornare nel carcere ateniese nel 2021, in occasione della corte d’appello del quinto processo contro Lotta Rivoluzionaria (riguardante il tentativo di evasione in elicottero da Korydallos, organizzato nel 2015 da Pola Roupa in clandestinità, e altre due rapine in banca). Dopo la sentenza di aprile, i 155 anni di condanne accumulate da Nikos saranno fusi in 20 anni secondo le disposizioni del nuovo codice penale greco.
Gli indirizzi sono i seguenti:
Pola Roupa (Πόλα Ρούπα)
Dikastiki Fylaki Eleonas – Gynaikeies Fylakes
T. K. 32200, Thebes, Greece
Nikos Maziotis
Dikastiki Fylaki Korydallou – Eidiki Pteryga
T. K. 18110, Korydallos, Athens, Greece
Seguono due brevi testi di Pola Roupa e Nikos Maziotis sul traferimento e sulla mobilitazione in corso nelle carceri.
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Messaggio di Pola Roupa:
23 marzo 2020
Venerdì 20 marzo, poco dopo la chiusura del carcere, membri delle forze speciali della polizia hanno fatto irruzione nella mia sezione per condurmi fuori da Korydallos. Il ministero aveva impartito un ordine per il mio trasferimento in modo da bloccare la mobilitazione nel carcere femminile di Korydallos, al fine di ridurre le sezioni dove lo stesso giorno si erano iniziate a tenere aperte le porte delle celle a mezzogiorno. È la prima volta che un simile ordine viene dato per spezzare una mobilitazione, e ciò mostra l’estremo autoritarismo del governo, la percezione che quest’ultimo ha dei detenuti e come intende affrontare la minaccia di un virus letale. Hanno portato con me un prigioniero di 65 anni, detenuto per problemi finanziari, disabile al 67%, che è in attesa di scarcerazione. Il suo trasferimento è stato una decisione di vendetta da parte del servizio penitenziario. Nel carcere di Eleonas, a Tebe, siamo tenuti in quarantena per il coronavirus, e vi resteremo per diversi giorni.
Con i nostri testi e la nostra mobilitazione, le detenute nelle sezioni femminili di Korydallos hanno voluto lanciare un avvertimento per evitare una propagazione devastante e mortale del virus nelle carceri del paese. Il loro decongestionamento generalizzato è l’unica soluzione per salvare vite umane. Tuttavia, il governo ritiene meno importante occuparsi della vita dei detenuti, rispetto al salvare il proprio prestigio e non minare la disciplina nelle carceri del paese. La sua «sincera» preoccupazione per la vita degli abitanti di questo paese si manifesta anche nel rifiuto di prendere sotto tutela gli ospedali privati, dimostrando così che non voler entrare in conflitto con il grandi imprese nel mezzo della maggiore crisi sociale e umanitaria in atto. Il governo non smette di decimare medici e infermieri negli ospedali pubblici infettati dal coronavirus, costretti a battersi privi di fondi, personale, forniture. In tutto il paese le prigioniere e i prigionieri sono in balia dell’indifferenza criminale. Il mio brutale trasferimento dall’inizio della mobilitazione conferma che la strategia dell’ordine pubblico ha la precedenza sulla sicurezza sociale e sulla stessa vita umana.
Pola Roupa, membro di Lotta Rivoluzionaria
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Messaggio di Nikos Maziotis:
21 marzo 2020
Questa mattina le forze speciali della polizia sono entrate nel carcere femminile di Korydallos e hanno prelevato Pola Roupa per trasferirla nel carcere femminile di Eleonas, a Tebe. Ovviamente, questo trasferimento avviene a seguito della mobilitazione e della richiesta di ridurre le pene detentive a causa del rischio di diffusione del coronavirus nelle carceri. Ieri le detenute hanno iniziato a mobilitarsi tenendo aperte le celle all’ora di pranzo.
Il trasferimento della compagna Roupa nel carcere di Eleonas è apparentemente la risposta del Ministero per la protezione dei cittadini [che si occupa della gestione dell’ordine pubblico ed è responsabile delle forze di polizia dello Stato greco] alle richieste e alle mobilitazioni dei detenuti. Non c’è stata risposta alla richiesta di ridurre il sovraffollamento delle carceri in modo legale, come indicato nelle richieste dei detenuti, che è il modo più elementare per prevenire una massiccia diffusione del virus nelle carceri stesse. È certo che dopo la cessazione delle visite di parenti e avvocati, il prossimo passo del ministero sarà quello di incarcerare i prigionieri nelle loro celle per 24 ore al giorno con il pretesto di «proteggerli», dato che il virus sarà entrato nelle carceri, se non lo ha già fatto. La misura delle 24 ore di reclusione in cella è completamente fascista, né risolve il problema. È illegale e non è prevista da nessuna legge o codice penale ed è in linea con l’approccio più generale per un divieto di circolazione già in vigore in tutta Europa. Fascismo nella società, fascismo nelle carceri!
Pola Roupa è sempre stata in prima linea nelle mobilitazioni e nelle proteste nel carcere femminile di Korydallos. E naturalmente la reazione del ministero e del governo è «comprensibile». Facciamo sapere loro che questo non ci spezzerà e che non ci piegheremo a nessun governo, né di destra né di sinistra.
Nikos Maziotis, membro di Lotta Rivoluzionaria
Nota: Nel testo scritto da P. Roupa viene indicato che il trasferimento è avvenuto il 20 marzo.
La retorica patriottica, il “siamo tutti sulla stessa barca” e gli “andrà tutto bene” servono solo a far dimenticare che le condizioni materiali di vita sono tutt’altro che uguali per tutti, a maggior ragione in questa situazione. Per molti, a casa senza stipendio e in parecchi casi senza prospettive di accesso alle elemosine istituzionali, pagare l’affitto e fare la spesa è già un problema.
C’è chi una casa dove restare semplicemente non ce l’ha. Chi è recluso in galere sovraffollate, praticamente senza assistenza sanitaria, e ora senza colloqui, mentre il virus viene portato dentro dai secondini. Per molte donne la prospettiva di stare in casa è tutt’altro che rassicurante. E anche, banalmente, i metri quadri a disposizione non sono certo gli stessi per tutti.
Mentre si riempiono le città di sbirri e militari e si incoraggia una massa di delatori a denunciare i “furbetti” che fanno una passeggiata come se fossero loro la causa del diffondersi del virus – e si sperimentano nuovi strumenti tecnologici di controllo sociale –, i padroni con l’avallo dei sindacati costringono a lavorare ammassati senza alcuna sicurezza anche in attività tutt’altro che indispensabili. All’Iveco di Bolzano – dove ora c’è la notizia di una positività al virus – si è continuato a lavorare per produrre blindati per i marines USA e per l’esercito brasiliano…
Nessuno può dire quanto questa situazione durerà e se avrà una fine, o se la prospettiva sarà quella di uno stato d’emergenza a tempo indeterminato. In ogni caso, siamo sicuri di voler tornare alla normalità di una società che ha sempre anteposto il profitto anche alla salute e che farà pagare sempre ai più poveri, con nuovi sacrifici imposti con le minacce, anche la crisi economica che si profila?
Sapranno deviare la rabbia di chi si trova senza un soldo nella solita guerra tra poveri, solo più feroce che in passato, o sapremo individuare il nemico?
Autorganizzarsi per far fronte ai propri bisogni senza aspettare le elemosine dello stato e il controllo che comportano, tutelare la propria salute estendendo gli scioperi che ci sono già stati nei giorni scorsi a tutte le attività non veramente necessarie, organizzarsi per non pagare affitto, bollette, spesa – come qualcuno ha già provato a fare, tanto che in alcune zone reparti antisommossa sono stati schierati preventivamente davanti ai supermercati…
Il coprifuoco porta all’estremo la tendenza all’isolamento. Se vuoi condividere – ovviamente anche in forma anonima – la tua rabbia nei confronti di padroni, sbirri e spie, carcere e altre istituzioni, episodi che ti sono accaduti o dei quali sei stato/a testimone o semplicemente la tua sofferenza in questa situazione, puoi scrivere all’indirizzo e-mail bolzanocontro@canaglie.org o alla pagina facebook Bolzano Contro. Nessuno può promettere nulla, ma rompere l’isolamento è l’inizio di una riscossa possibile.
Pubblichiamo qui di seguito alcuni articoli usciti negli ultimi giorni riguardo alla situazione negli stabilimenti industriali a Cameri (NO) della Leonardo, riguardo alla continuazione della produzione degli inutili, per noi, F-35 e sul pericolo per gli operai. Proprio pochi giorni fa, il 31 marzo, dopo un breve blocco la Leonardo ha fatto ripartire la produzione con la scusa delle commesse e della possibile perdita dei posti lavoro.
Non occorrono ulteriori nostri commenti rispetto alla decisione presa dai dirigenti. Assassini all’estero, assassini in Italia, produttori di morte come mestiere.
F-35, una produzione “essenziale”?
Mentre si spargono lacrime ipocrite sui morti da covid-19, a Cameri (NO) si mette a repentaglio la vita dei lavoratori e si continuano a sprecare soldi per produrre i caccia F-35, strumenti di morte.
E’ notizia di queste ore che a Cameri (NO) la Leonardo, industria che assembla la parte finale degli aerei da guerra F-35, nonostante il contagio Covid-19 sia arrivato a colpire i lavoratori della fabbrica, continuerà a produrre come se niente fosse !!!
E questo in barba alle ripetute e ipocrite apparizioni televisive del governo centrale e di quelli locali: i quali da un lato danno la caccia agli “untori” che corrono nei parchi pubblici; dall’altro, da oltre un mese, lasciano tranquillamente in funzione fabbriche ed imprese, veicoli primari di trasmissione del virus e quindi di morte.
Il profitto prima di tutto! A partire da settori che hanno un mercato che non va mai in crisi com’è appunto quello degli armamenti. Cameri è anche “polo europeo” per la manutenzione degli F-35, e l’”immagine”, oltre che il portafoglio, dei “nostri” capitalisti non deve essere intaccata! Nonostante il contagio -o forse anche grazie a quello- l’imperialismo italiano non rinuncia a fare affari in giro per il mondo producendo-vendendo-impiegando strumenti di morte contro lavoratori e masse oppresse, dalla Libia all’Afghanistan.
Ed i nostri governanti, così preoccupati per la “salute pubblica” di fronte al Covid-19, si guardano bene dal dirci quanto costa un solo F-35! Nel novembre scorso il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini (PD) ha annunciato l’acquisto per il triennio 2020-2022 di ben ventisette aerei F-35. Tutti i partiti di governo e di “opposizione” hanno votato a favore! Ora che anche nelle case e negli ospedali si muore per mancanza di apparecchi di respirazione, è doveroso sapere che il costo di ventisette F-35 corrisponde all’acquisto (mancato) di 189.000 apparecchi! Quante vite potevano essere salvate?
Lo stesso Guerini e gli ambienti governativi ritengono “strategica”, dunque essenziale, la fabbrica di Cameri. Ma da quando in qua’ si combatte un virus con gli aerei da guerra? Quale futuro ci stanno preparando? Un futuro di distruzione continua? In cui morte si aggiunge alla morte? La distruzione alla distruzione? Lo sfuttamento allo sfruttamento?
Lavoratori: non siamo carne da macello!
Contro le spese militari, il militarismo, la militarizzazione di tutta la società che la crisi del capitalismo ci impone, riprendiamoci le nostre vite! Via gli arsenali militari! No alle spese di guerra!
Per l’annullamento totale dell’acquisto dei caccia F-35.
Per l’uso degli ospedali, spazi e posti letto ad uso militare e di tutti i medici militari al servizio e alla cura dei pazienti ammalati.
Lettera di Ezio Locatelli, segreteria regionale PRC
Non prendeteci per i fondelli” – dichiara Ezio Locatelli della direzione nazionale e segretario provinciale Prc di Torino – “a proposito della decisione del governo di dare continuità alle attività
di produzioni di sistemi di guerra che nulla hanno a che vedere con le attività essenziali legate alla sussistenza delle persone e alla lotta contro il coronavirus. È inammissibile – dice ancora Locatelli – che a Cameri, in provincia di Novara, si continui a lavorare per la produzione dei caccia F35. Vien detto che le produzioni andranno avanti a ranghi ridotti, impiegando 80 tecnici e lavoratori su un
organico di mille, impegnandosi al tempo stesso a garantire l’applicazione del protocollo di sicurezza per il personale. Di fatto nei giorni scorsi, nello stabilimento di Cameri, due lavoratori sono stati contagiati. Lasciare aperto qui e altrove attività per la produzioni di armi e costosissimi sistemi di guerra – attività che nulla hanno a che vedere con le attività produttive indispensabili –
nel momento in cui c’è da combattere una battaglia per la salute pubblica è una cosa vergognosa. Si sono chiuse le scuole, le università, i parchi e tante altre attività ma non l’industria bellica.
Inammissibile. Tanto più a fronte della necessità di dotarsi di mezzi e risorse adeguate per il servizio sanitario nazionale. Meno spese militari, più spese per la sanità pubblica. Riconvertiamo l’industria
bellica in industria di pace per la produzione di beni di pubblica utilità”.
Aggiornamenti del 31 marzo 2020:
https://www.globalist.it/news/2020/03/31/la-vergogna-f-35-ai-tempi-del-coronavirus-una-storia-italiana-2055323.html
Riparte la produzione degli F-35: decisione inaccettabile sulla pelle dei lavoratori di Cameri
Assassini all’estero, assassini in Italia, produttori di morte come mestiere
Am Freitag 27. März 2020, hat das Hochsicherheitsgefängnis Besuche und Lebensmittelpakete auf unbestimmte Zeit ausgesetzt, wodurch die entführten Gefangenen des Staates völlig isoliert sind. Wir können diese Maßnahmen nicht anders als eine repressive Aktion lesen, die weit davon entfernt ist “Quarantäne” oder sanitäre Maßnahmen zu fordern, und die unsere eingesperrte Gefährten der Willkür ihrer Schließer überlässt, ohne die Möglichkeit der Kommunikation und der Versorgung mit grundlegenden Gegenständen für die Hygiene und das Überleben.
Wir erinnern, dass Juan Aliste, Marcelo Villarroel, Juan Flores, Joaquín García, Mauricio Hernández Norambuena und andere Gefangene der Revolte in diesem Gefängnis entführt sind.
Heute erhalten die Bürger “Transitgenehmigungen”, um sich in Supermärkten zu versammeln und zu produzieren, selbst in Gemeinden, die unter vollständiger Quarantäne stehen.
Wir akzeptieren diese totale Isolation nicht, die als Gesundheitsmaßnahme getarnt ist!
Wir werden nicht zulassen, dass sie unser* Gefährt* im Gefängnis begraben!