Rezza: “Privacy? Sono cazzate. Adottare metodo coreano”

Per il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità bisogna “rintracciare e isolare i positivi. Anche mappando gli spostamenti con il Gps dei cellulari”

“Va bene aver chiuso fabbriche e uffici ma bisogna adottare il metodo coreano per rintracciare e isolare i positivi. Anche mappando gli spostamenti con il Gps dei cellulari”: lo sostiene il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza, in una intervista a La Stampa. E la privacy? “Lo scriva per favore, sono c…, siamo in guerra e bisogna rispondere con tutte le armi che abbiamo”.

I test a tappeto sembravano aver limitato la diffusione dell’epidemia. Ma alla base delle misure di Seul c’è anche un’app che sta spopolando e un utilizzo intelligente dei big data

Secondo Rezza, bisognerebbe seguire il modello coreano e fare più test per accertare la positività al coronavirus: “Sì. Loro hanno effettuato test rapidi ed estesi ma mirati, utilizzando la mappa degli spostamenti di ciascun positivo accertato, ottenuta utilizzando il Gps dei cellulari. Così sono riusciti a individuare e a isolare i soggetti a rischio. Poi hanno utilizzato le informazioni per creare App che hanno consentito ai cittadini di individuare le aree di maggior transito di potenziali contagiati, così da evitarle o adottare il massimo delle precauzioni. Una strategia efficace che ha consentito di ridurre molto la crescita della curva epidemica. Anche se manca ancora un tassello”.

Quale? “Quello della trasmissione intra-familiare. Abbiamo centinaia di migliaia di persone in quarantena perché positive – spiega Rezza – o a rischio di esserlo che in casa non riescono a garantire il distanziamento necessario. Se c’è un positivo, questo dovrebbe dormire in una stanza separata, non mangiare con gli altri, usare un suo bagno e i suoi asciugamani. Difficile per una larga parte degli italiani. Se non teniamo conto di questo il fermo delle attività produttive non basterà”.

Rezza pertanto si spinge ancora più in là e promuove il modello cinese. Sì: “Seguire l’esempio cinese e isolare le persone che non sono nelle condizioni di fare la quarantena in casa. Magari requisendo alberghi e caserme”.

FONTE AGI

Nizza – Droni fanno rispettare le misure

A nizza, prove di tecnototalitarismo: droni con degli altoparlanti invitano le persone a rientrare nelle proprie abitazioni di reclusione. Al momento vengono manovrati in remoto, ma a breve voleranno in autonomia riconoscendo, tramite software, comportamenti sospetti e fuorilegge.
Assieme a questi possiamo immaginare a breve i droni armati, di taser o, meglio pistola. Così se ai nostri sceriffi volanti dovesse partire un colpo nessuno ci potrà più annoiare con i soliti discorsi sulla violenza degli sbirri e le morti di stato.
Si tratterà di un errore software..

Italia – Nuovi divieti allo spostamento delle persone

Di seguito il testo:

Da oggi, su tutto il territorio nazionale, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano. Uniche eccezioni: comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

Sono le prescrizioni contenute nell’ordinanza adottata congiuntamente dai ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Luciana Lamorgese che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, sarà efficace fino all’entrata in vigore di un nuovo decreto del Presidente del consiglio dei ministri, di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n.6.

https://www.interno.gov.it/it/notizie/oggi-divieto-persone-fisiche-spostamenti-comuni

C’entra lo smog con il picco di morti e contagi da coronavirus in Lombardia?

Antonietta Gatti: “In un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”. Cosa c’è scritto su un ‘paper’ della Società italiana di medicina ambientale

Dottoressa Gatti, la Lombardia è l’epicentro di questa emergenza sanitaria perché più esposta di altre aree del Paese all’inquinamento atmosferico dell’aria prodotto dalle industrie, dai riscaldamenti e dal traffico delle auto. È plausibile?
“Si, è plausibile. È stato detto che molte persone per lo più anziane (la media è 80 anni) sono morte non di coronavirus ma con il virus. Persone già debilitate, cioè con patologie anche innescate da inquinamento ambientale, non disponevano più di un sistema immunitario efficiente. Ricordo che al momento non ci sono medici capaci di diagnosticare una patologia da polveri. In un progetto Europeo (DIPNA) di nanotossicologia, noi abbiamo già dimostrato che cellule attaccate da nanopolveri non hanno più un sistema di difesa capace di reagire”.

Antonietta Gatti è una fisica, tra i maggiori esperti di tossicità delle nanoparticelle a livello internazionale. Ha guidato il laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze all’università di Modena e Reggio Emilia, ed è stata consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. È a lei che si devono gli studi decisivi sulle morti (di tumore) dei militari italiani tornati dai Balcani, fu  lei – nel 2004 – a trovare le nanoparticelle nei tessuti degli agnelli malformati nati in Sardegna vicino al Poligono Interforze di Salto di Quirra. Nanoparticelle prodotte dall’esplosione di proiettili e granate. Ha firmato decine di pubblicazioni e articoli scientifici.

Dottoressa Gatti, le polveri sottili presenti nell’aria possono compromettere le difese dell’organismo umano ‘attaccato’ dal coronavirus?
“È già stato dimostrato dalla Scuola di Leuven (Belgio) che polveri nanometriche (0.1micron), se arrivano agli alveoli, passano la barriera polmonare in 60 secondi e in un’ora possono arrivare a fegato e reni e da lì raggiungere tutti i siti del corpo, nessuno escluso. Questo fatto è noto dagli scienziati, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stimato in 7.000.000 ogni anno le morti per patologie polmonari, cardiovascolari e cerebrali dovute all’inquinamento. E’ ovvio che, in un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”.

Questa relazione tra ‘efficacia’ del virus e smog non è stata ancora scientificamente dimostrata, ma se esistesse questa relazione, perché città inquinate come New Delhi è stata colpita finora solo marginalmente dal Covid-19
“Per prima cosa, c’è da chiedersi quali valutazioni siano state fatte sulla popolazione. C’è da considerare che la massima parte dei portatori del virus è perfettamente asintomatica e, dunque, sfugge alla rilevazione. Poi, non sappiamo se in un futuro vicino possa scatenarsi anche là un’epidemia. Ci può essere, però, anche un’alta, spiegazione. Il virus non resiste a temperature superiori a meno di una trentina di gradi, cioè è sensibile al calore e si denatura, non si replica e muore”.

Il tema della relazione tra virus e inquinamento atmosferico sta guadagnando attenzione da parte dei media e della comunità scientifica in questi giorni di emergenza sanitaria.  La Società italiana di medicina ambientale, l’Università Aldo Moro di Bari e l’Alma Mater di Bologna hanno appena pubblicato un ‘position paper’ su questo tema. “Riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione – si legge – vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (es. PM10 e PM2,5) (1, 2). Nel caso di precedenti casi di contagi virali, le ricerche scientifiche hanno evidenziato alcune caratteristiche della diffusione dei virus in relazione alle concentrazioni di particolato atmosferico”.

I dodici ricercatori che hanno firmato il paper ricordano alcuni precedenti:

(2010) l’influenza aviaria può essere veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste asiatiche di polveri che trasportano il virus. I ricercatori hanno dimostrato che vi è una correlazione di tipo esponenziale tra le quantità di casi di infezione (Overall Cumulative Relative Risk RR) e le concentrazioni di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (4)

(2016) esiste una relazione tra la diffusione del virus respiratorio sinciziale umano (RSV) nei bambini e le concentrazioni di particolato. Questo virus causa polmoniti in bambini e viene veicolato attraverso il particolato in profondità nei polmoni. La velocità di diffusione del contagio (Average RSV positive rate %) è correlata alla concentrazione di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (5).

(2017) il numero di casi di morbillo su 21 città cinesi nel periodo 2013-2014 varia in relazione alle concentrazioni di PM2.5. I ricercatori dimostrano che un aumento delle concentrazioni di PM2.5 pari a 10 μg/m3 incide significativamente sull’incremento del numero di casi di virus del morbillo (6). I ricercatori suggeriscono di ridurre le concentrazioni di PM2,5 per ridurre la diffusione dell’infezione.

(2020) uno dei maggiori fattori di diffusione giornaliera del virus del morbillo in Lanzhou (Cina) sono i livelli di inquinamento di particolato atmosferico (7). In relazione all’evidenza che l’incidenza del morbillo sia associata all’esposizione a PM2.5 ambientale in Cina, i ricercatori suggeriscono che politiche efficaci di riduzione dell’inquinamento atmosferico possono ridurre l’incidenza del morbillo.

Il grafico evidenzia una relazione lineare (R2=0,98), raggruppando le Province in 5 classi sulla base del numero di casi infetti (in scala logaritmica: log contagiati), in relazione ai superamenti del limite delle concentrazioni di PM10 per ognuna delle 5 classi di Province (media per classe: media n° superamenti lim PM10/n° centraline Prov.)  Tale analisi sembra indicare una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori, coerentemente con quanto ormai ben descritto dalla più recente letteratura scientifica per altre infezioni virali. (Fonte: Sima)

La relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia. (Fonte: Sima)

Dottoressa, l’inquinamento dell’aria è un vettore di trasmissione che può favorire la diffusione di un virus?
“L’aria è piena di polveri come ben sappiamo dai valori delle centraline dell’ARPA e i limiti di legge sono ripetutamente superati anche molto abbondantemente. Quelle controllate sono polveri di dimensione 10-2,5 micron, ma ci sono anche polveri ben sotto il micron: Polveri che hanno dimensioni comparabili con quelle di un virus. Una interazione non è solo possibile, ma è probabile. La creazione di un’entità organica-inorganica, una volta nel corpo umano, non è facilmente debellabile. Questa interazione può capitare anche dentro gli alveoli già pieni di polveri. Su questi substrati il virus può replicarsi facilmente”.

Che idea si è fatta di questo virus sotto il profilo molecolare? Perché è così letale rispetto ad altri coronavirus?
“La creazione di un’entità organico-inorganico non è debellabile con i normali farmaci. Da anni noi stiamo studiando questa nano-bio-interazione di nanoparticelle con proteine del corpo umano e abbiamo identificato queste nuove entità organiche-inorganiche nel sangue di pazienti con patologie come, ad esempio, la leucemia. Questo virus attacca i polmoni, e quelli degli anziani, dei fumatori e di chi ha altre patologie come, ad esempio, il diabete, che hanno capacità di difesa che, in alcuni casi, possono rivelarsi insufficienti”.

Il contrasto al contagio attraverso l’isolamento delle persone ha prodotto effetti in Cina, non ancora in Italia. È così che si ‘spegne’ un virus, impedendogli di diffondersi? È giusta questa strategia sostenuta dalla totalità dei virologi?
“Ogni epidemia ha una fase ascendente che può essere anche rapida ed una fase discendente. Si può cercare di arginare l’infezione isolando la gente sana da quella malata, così si evita il contagio. Purtroppo, non abbiamo altre armi di difesa. In questo mondo così globalmente interagente un battere d’ali in un punto si ripercuote anche a grandi distanze, tanto da diventare un temporale in un punto lontano. Il problema è che anche l’economia seguirà questo andamento”.

La comune influenza contagia e uccide migliaia di persone ogni anno ed è in piedi la discussione su quanto questa infezione sia peggiore di altre. Lo è?
“Influenze che esitavano in polmoniti erano già presente da ottobre scorso in Italia. Basta chiedere ai medici di famiglia e agli ospedali. Ogni anno l’influenza fa parecchie migliaia di morti, stimate in 20.000 /anno. Basta controllare le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità”.

Il paper curato dalla Sima e dalle università di Bologna e Bari è una base di lavoro che andrà sviluppata. Sebbene, leggiamo ancora, “tali analisi sembrano dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così virulento. Oltre alle concentrazioni di particolato atmosferico, come fattore veicolante del virus, in alcune zone territoriali possono inoltre aver influito condizioni ambientali sfavorevoli al tasso di inattivazione virale. Il gruppo di lavoro sta approfondendo tali aspetti per contribuire ad una comprensione del fenomeno più approfondita”.

FONTE AGI

Coronavirus: nuova stretta di Conte. Chiuse tutte le aziende non strategiche

Le parole durante una diretta Facebook. Restano aperti i supermercati, i negozi di generi alimentari e di prima necessita’, le farmacie, i servizi bancari, i trasporti. “Invito tutti a mantenere la massima calma, non c’è ragione di fare una corsa agli acquisti”

Il premier Giuseppe Conte ha illustrato i contenuti dell nuovo Dpcm in una dichiarazione nella tarda serata di sabato 21 marzo. Contro il diffondersi del contagio da coronavirus è arrivata un’ulteriore stretta dopo il pressing dei sindacati, delle regioni, dei sindaci dei comuni più colpite, dell’opposizione e anche della maggioranza.

Le resistenze legate soprattutto alla necessità di assicurare al Paese continuità economica vengono meno dopo un altro bollettino di guerra in cui si annovera un altro record di vittime. Ed ecco prima l’ordinanza di Lombardia e Piemonte e poi la decisione del presidente del Consiglio, “una decisione non facile” presa insieme ai ministri e ai capi delegazione della maggioranza dopo l’incontro con le parti sociali.

“Chiuderemo sull’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia essenziale”, l’annuncio. “Lasciamo acceso il motore del Paese, ma lo rallentiamo”, la premessa. “Mai come ora – la conclusione – la nostra comunità deve stringersi più forte, come una catena, a protezione del bene più importante, la salute. Se dovesse cedere anche un solo anello di questa catena la barriera di protezione verrebbe meno”.

Le nuove “strette” sono state comunicate durante una diretta Facebook: “Continueranno a rimanere aperti farmacie e parafarmacie. Assicureremo i servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari, assicureremo tutti i servizi pubblici essenziali, ad esempio i trasporti”.

“Resteranno aperte tutte le attività funzionali”, assicura il premier che invita soprattutto alla calma rispetto alle corse agli acquisti. Ovvero niente file ai supermercati, “non sarebbero giustificate”. E ancora: “Continueranno a rimanere aperti tutti i negozi di generi alimentari e di prima necessità. Non abbiamo previsto nessuna restrizione sugli orari di apertura”. Riguardo alle altre attività non essenziali “consentiremo solo lo svolgimento di lavoro in modalità smart working“.

Le parole utilizzate dal premier sono il segno della preoccupazione dell’esecutivo. “È la crisi piu’ difficile che il Paese sta vivendo dal dopoguerra. Lascerà un segno indelebile in noi anche quando tutto questo sarà finito. Quelle che piangiamo sono persone. Le misure fin qui adottate richiedono tempo prima che possano dispiegare i loro effetti. Ma dobbiamo continuare a rispettare le regole. Non abbiamo alternative”.

E quindi “in questo momento dobbiamo resistere, perché solo in questo modo potremo tutelare le persone che amiamo”. Uno sguardo avanti (“Non rinunciamo alla speranza e al futuro. Uniti ce la faremo”) ma per ora si fa “un altro passo indietro”, “stiamo rinunciando alle abitudini più care, lo facciamo perché amiamo l’Italia”.

Pesa “la morte di tanti concittadini”, si tratta di “un dolore che ogni giorno che si rinnova. Questi decessi – ripete Conte – per noi non sono semplici numeri ma sono storie di persone e famiglie che perdono gli affetti piu’ cari”. La consapevolezza e’ che “l’emergenza sanitaria sta tramutando in emergenza economica”, ma – assicura il premier – “lo Stato c’è ed e’ qui, interverrà con misure straordinarie per ripartire quanto prima”.

AGI

Milano – 14-18 marzo, dal carcere dalla città

14 marzo 2020

Questa mattina a Milano un gruppo di solidali ha scansato i controlli polizieschi per arrivare in bicicletta sotto il carcere di San Vittore. Mentre un gruppo chiedeva a gran voce notizie ai reclusi da Piazza Aquileia, un altro passava di fronte alla sezione femminile e al quinto raggio per gridare la propria solidarietà, raccontare le rivolte che si sono sovrapposte ad Opera, in tutto il resto d’ Italia e di come siano state represse. È stata resa nota anche la situazione qui fuori in questo stato d’emergenza.

Purtroppo nessuna risposta da dentro, al contrario dei giorni passati in cui quest’ultima è stata fondamentale e ci ha scaldato il cuore.

Sarà stato davvero reso inagibile l’intero braccio e quindi eseguiti dei trasferimenti? Una dura repressione avrà scoraggiato e reso ancora più difficile la comunicazione tra interno ed esterno?

La presenza solidale in questi giorni è e sarà necessaria, nostra volontà esserci sfidando le ordinanze nell’ottica di essere noi stessi i primi a responsabilizzarci sulla nostra sicurezza e quella di chi ci sta intorno.

Un gruppo di solidali ha anche raggiunto le mura del carcere di Opera. Dopo alcuni fuochi d’artificio si è riusciti a scambiare qualche parola con i detenuti che urlavano chiedendo aiuto, dicendo di avere fame e paura. Inoltre hanno ribadito di non avere televisione, doccia, cibo, di non ricevere i pacchi, la posta, le telefonate, sostitutive dei colloqui, di avere solo mezz’ora d’aria e di essere stati massacrati di botte.

La volante della penitenziaria che si trovava davanti al carcere ha azionato la sirena per bloccare la conversazione.

Abbiamo anche saputo che uno dei ragazzi identificato come uno dei responsabili della rivolta verrà trasferito.

14 marzo 2020 – Testimonianza dai familiari dei detenuti nel carcere di Opera:

«Buongiorno. Scrivo da Milano riguardo il carcere di Opera e da domenica che non ho più notizie di mio fratello detenuto a Opera .

Lunedì 9 è scoppiato un incendio. Ci siamo recati al carcere dove abbiamo travato un muro di polizia penitenziaria, carabinieri, polizia che non ci facevano passare, alle nostre richieste di sapere cosa fosse successo alzavano fucili e bastoni. Siamo disperati per favore aiutateci.

Sono arrivate poche chiamate e quelle arrivate parlano di botte in testa ai detenuti, mani rotte.

Entravano in tre nelle celle e picchiavano, abbiamo foto di una tuta ritirata da una ragazza nel pacco dove si vedono impronte di stivale e poco dopo ha ricevuto la chiamata del compagno dove spiega che lo hanno buttato a terra e gli hanno messo piedi sulla schiena e picchiato in testa con manganello. Ed è dovuto rimanere a letto perché aveva svenimenti e con la mano che molto probabilmente ha una frattura al mignolo.

Aiutateci dai campi dietro si vede la parte bruciata. Ad oggi non hanno neanche il vitto.

Vi scrivo tutto ciò che abbiamo appreso».

Familiare di un detenuto del secondo reparto: «Mi ha appena chiamato mio marito e mi ha detto che lui non è stato picchiato ma sono stati picchiati tutti i detenuti dove c’è stato casino nel padiglione di fronte a lui, che è vero che lì sono entrati gli antisommossa che hanno spento le luci e li hanno picchiati tutti quanti, ma non mi ha saputo dire altro, ma è vero che alcuni detenuti sono finiti al pronto soccorso».

«Ho appena sentito un familiare che non riesce nemmeno a parlare, è stata chiamata dalla cognata che le ha detto che i suoi nipoti sono stati picchiati a Opera e che certi ragazzi avevano addirittura gli occhi di fuori dalle botte che hanno preso».

Familiare di un detenuto del primo reparto: «Mi ha appena chiamato, mi ha raccontato tutto, che lo hanno picchiato in tre e lo hanno spaccato, che ha le mani rotte ma sta bene, che hanno picchiato tutti perché nella confusione non hanno guardato chi c’era e chi non c’era, hanno spento le luci e hanno picchiato tutti. Lo hanno tenuto a terra coi piedi e lo hanno picchiato con i manganelli. Dopo che lo hanno picchiato per riportarlo nella cella lo hanno dovuto trascinare perché non stava in piedi e per due giorni non riusciva ad alzarsi perché si sentiva svenire. Dopo, quando hanno capito che non c’entrava gli hanno chiesto scusa. Ha detto di portare da mangiare perché sono tutti alla fame».

Familiare di un detenuto del primo reparto: «Ha detto che sono in una situazione di merda. Passano solo acqua e sigarette. Hanno tolto i fornelli. Oggi doveva arrivare la spesa ma non è arrivata. Oggi sono andati all’aria un’ora, meno male. Gli ho detto “Finalmente hai chiamato, è una settimana che non dormo” e lui mi fa “Tu non dormi? Io ancora oggi dove guardo trovo lividi nuovi”.

Mi ha detto che c’è un ragazzo con i segni delle manganellate sulla schiena e li ha fatti vedere al direttore che gli ha risposto “quelle manganellate che tu hai sulla schiena io le ho nel cuore per tutto quello che vi è successo”».

17 marzo 2020

Con mascherine e biciclette un gruppo di solidali ha voluto andare a far sentire la propria vicinanza alle persone recluse a S.Vittore a Milano. Dentro hanno sicuramente sentito il nostro baccano ma non hanno risposto ai nostri messaggi, immaginiamo che dopo la rivolta di lunedì 9 marzo abbiano ricevuto intimidazioni e false promesse per ristabilire l’ordine interno.

Tuttavia apprendiamo dai media che un detenuto è risultato positivo al Covid-19 e dunque deduciamo che la calma sia solo apparente.

Da oggi, infatti, sono saltati fuori i primi casi all’interno delle strutture carcerarie oltre a San Vittore il virus è entrato anche a Pavia, Voghera e Brescia.

Nel tardo pomeriggio altre persone sono andate al carcere di Opera dove già dalla settimana scorsa i detenuti lamentano un peggioramento delle condizioni detentive.

I contatti con l’esterno sono stati sospesi (colloqui, pacchi, chiamate, radio, tv, posta), il vitto non passa a tutti, le persone ferite o malate non sono state portate in ospedale e ci dicono che non gli sono state neanche fornite delle mascherine di protezione. Il saluto è stato accolto con calorose battiture, cori e messaggi da recapitare ai parenti. Ci comunicano anche che ci sono delle persone malate in isolamento e che oggi gli sono state notificate le denunce per le rivolte di settimana scorsa. I capi d’imputazione sono: oltraggio a pubblico ufficiale, procurato allarme, istigazione a delinquere, resistenza, danneggiamento a mezzo incendio, travisamento, lesioni personali aggravate.

Nonostante i detenuti abbiano fatto sentire la loro voce in modo fragoroso, ci sembra chiara la volontà dello stato di girarsi dall’altra parte, prima oscurando qualsiasi notizia a riguardo poi emanando un decreto inutile, di facciata e facendo arrivare con triste puntualità le proprie intenzioni repressive. Di fronte al disinteresse nel tutelare le persone recluse che continuano a viversi questo momento di preoccupazione e incertezze, isolati e senza risposte, noi ribadiamo la determinazione a non volerli lasciare da soli.

https://roundrobin.info/2020/03/milano-14-18-marzo-dal-carcere-dalla-citta/

Modena – Alcuni aggiornamenti sulla rivolta e repressione

Dall’entrata in vigore del decreto emergenziale per arginare i contagi del Virus la rabbia nelle carceri non ha tardato ad esplodere.
A tutti i luoghi di detenzione sono infatti stati estesi il divieto di colloquio, in alcune carceri già in vigore.
Sarebbe lungo elencare tutte le 27 carceri dove sono scoppiate le rivolte.
Rivolte che hanno portato a più o meno temporanei stravolgimenti della realtà carceraria (che non mira ad altro che l’annullamento, la depersonalizzazione dell’individuo): prigioni e mezzi delle guardie in fiamme, strutture occupate, reclusi sui tetti, sconvolgimento dei ruoli guardia-ladro col sequestro dei secondini, documenti inceneriti, evasioni tentate e riuscite.
Dal carcere Sant’ Anna di Modena l’8 Marzo 2020 si elevavano dense colonne di fumo che non hanno tardato a essere viste da chiunque, facendo accorrere amici, cari e solidali ai reclusi, che assistevano al viavai di ogni tipo di corpo di polizia impiegato per sedare la rivolta: Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, GOM; oltre che un elicottero a pattugliare l’ area e la Polizia Municipale che provava a mandar via le persone accorse fuori, senza riuscirci (il ruolo più viscido per chi passa la vita cercando il pelo nell’ uovo).
Da fuori si sono sentiti distintamente alcuni spari.
Dall’interno alcuni ragazzi urlavano: “Ci stanno massacrando”.
Secondo la ricostruzione ufficiale i detenuti e le detenute avrebbero preso il controllo della struttura che avrebbero poi devastato; qualcunx ha provato ad evadere ma è statx subito ripresx.
Tra i danni spicca l’ incendio dell’ ufficio matricole contenente le copie dei documenti cartacei.
Mentre x detenutx venivano scortati e picchiati con manette ai polsi sotto gli occhi di solidali e carx fuori, già qualcunx scorgeva una sacca contenente un corpo morto.
Una volta sedata la sommossa è iniziato un trasferimento di massa de* circa 500 reclus*(verso le
strutture di Porto Azzurro,Cagliari, Sassari, Cuneo, Trento, Vercelli, Belluno, Perugia, Rovigo, Sanremo, Genova, Ascoli,Terni, Parma, Reggio Emilia), in quanto il carcere risulta ad ora inagibile.
Poi l’ agghiacciante notizia:dapprima un morto, poi due, tre, sei. E nei giorni a venire la conta è salita a nove, nove morti annunciate dai carri funebri che uscivano dal carcere.
Ma ciò che può risultare ulteriormente sconcertante è la versione dei giornali, dapprima locali poi nazionali: le morti sarebbero state causate da overdose di metadone e farmaci a seguito della presa dell’infermeria da parte dei detenuti in rivolta.
La stessa versione è stata divulgata con l’ aumentare del tragico conteggio dei morti, quattro decessi a Rieti e altri due a Bologna.
Per ora è uscita solo la versione di chi ha tutti i motivi per oscurare e mentire, cioè il resoconto della penitenziaria: due sarebbero morti per overdose da metadone, uno per overdose da benzodiazepine.
Altri quattro decessi sarebbero avvenuti in seguito ai trasferimenti nelle carceri di Parma, Alessandria, Marino del Tronto e uno durante il viaggio per il carcere di Trento, morto a Verona.
Anche questi decessi addebitati al metadone, nonostante fosse stata eseguita una visita medica pre-trasferimento.
Pestaggi si sono susseguiti dal momento dell’evacuazione del carcere Sant’Anna, all’arrivo dei detenuti nelle carceri predisposte per rivoltosi, arrivano testimonianze di rappresaglie delle guardie su detenuti inermi, sbattuti poi in celle d’isolamento senza cure mediche.
Altri due sarebbero stati trovati morti due giorni dopo in sezione.
Ci sbilanciamo a dire che questa versione non è credibile e nel caso dei trasferiti, poi deceduti, è
confutabile già per come sono stati riportati i fatti.
Sosteniamo che ogni morte IN carcere sia una morte DI carcere, legata alla sua stessa esistenza e all’ annullamento forzato dell’ individuo.
Detto ciò non crediamo alla drammatica coincidenza che porta a morire quindici persone tutte per overdose durante tre diverse rivolte.
Sappiamo bene che nei momenti più emergenziali lo Stato cambia faccia, abbandona le apparenze e si mostra apertamente, difendendo l’ ordine delle cose con i metodi più totalitari, espliciti e violenti, accantonando la buona parvenza democratica.
Conosciamo le menzogne diffuse sistematicamente dallo Stato per coprire i suoi omicidi e le sue stragi.
E questo a maggior ragione dentro ad un’ istituzione totale come il carcere, lontano dagli occhi e dal cuore, dove ogni giorno avvengono soprusi; la stessa esistenza del carcere lo è.
Quando la tensione sale lo Stato uccide.
Oggi, come un secolo fa esatto, nel 1920, quando l’Italia si preparava al totalitarismo, a Modena si sparava sulla folla in sciopero in Piazza Grande, uccidendo sette operai ad un comizio.
Poi, nel 1950, a dimostrazione che una Liberazione non è mai avvenuta, i carabinieri uccidevano sei operai in lotta, dando luogo al massacro delle Ex Fonderie.
Oggi, mentre impazza il Virus, le forze dell’ Ordine isolano e controllano persone e territori, massacrando chi si rivolta nelle carceri perchè non pronto a perdere quel poco che gli rimane, come poter riabbracciare unx carx ogni tanto o per un desiderio di riaffermazione e di rivalsa nei confronti dex lorx aguzzinx di tutti i giorni: le guardie e la
quotidianità carceraria.
In questo ci sono anche persone che pur di portare solidarietà, sostegno e calore fuori da quelle mura non hanno badato ad alcuna imposizione, uscendo in una città cieca e deserta.
Ad oggi sembra che il carcere sia stato svuotato, perchè inagibile,o almeno in parte, per i danni causati dalla rivolta. Il carcere di Sant’Anna di Modena è stato chiuso col fuoco!
Notizia che ruba una smorfia di compiacimento, in una bocca contorta e serrata dalla rabbia per le morti e per il crescere di misure restrittive dentro come fuori. La voglia di urlare è tanta, ma anche il vento sembra esser rimasto a casa.
Controlli, posti di blocco, giustificativi per uscire di casa e divieto di assembramento altro non sono che l’estensione del sistema carcere al di là delle sue mura. Se da dentro è già stato lanciato un segnale, ovvero che rivoltarsi è più che mai urgente e l’unica risposta al delirio lucido della sicurezza, da fuori l’appello al buon senso e allo stare chiusi in casa, servendosi dei propri privilegi da liberi, rispecchia un’assopimento delle coscienze ed un’obbedienza cieca al dogma della sicurezza.
Sembra che si attendano tempi più bui per agire, ma non ci si accorge che il tempo scorre e siamo già in ritardo, colti impreparati nella pratica, già sconfitti nella teoria.
TUTT* LIBER*

https://roundrobin.info/2020/03/14646/

Torino – La quarantena manda in tilt la gente, aumentano i casi di Tso

Mole24.it

A Torino sono in aumento i casi di Tso (trattamento sanitario obbligatorio), il comandante dei vigili Bezzon lancia l’allarme. Una decina di interventi solo ieri

Iniziano a palesarsi le conseguenze della quarantena forzata determinata dall’emergenza Coronavirus. Giorno dopo giorno si inaspriscono le misure di contenimento del virus e il contagio non accenna a rallentare. L’ultimo provvedimento riguarda la chiusura di parchi e giardini e il divieto di fare jogging (se non per sgranchirsi le gambe da soli rigorosamente sotto casa). Una misura ampiamente voluta dal presidente della Regione Alberto Cirio, che anzi non si accontenta e chiede di più.

Sul versante opposto si schiera Chiara Appendino, che avrebbe preferito meno divieti e più controlli. La Sindaca di Torino, infatti, si dice timorosa di ulteriori ripercussioni psicologiche su una popolazione già molto provata. “Bisogna pensare a tutta quelle persone che stanno vivendo momenti di solitudine e costrizioni impattanti per la gestione dei nuclei familiari, – afferma Appendino – come quelle famiglie di quattro o cinque persone che vivono in 30 metri quadri”.

A Torino aumentano i casi di aggressività e scattano i Tso

Timori confermati da un evidente aumento dei casi di Tso (trattamento sanitario obbligatorio) effettuati dai vigili di Torino. Parliamo di tutti quei ricoveri forzati di pazienti che riscontrano problemi psichiatrici e che sono potenzialmente pericolosi per se stessi e per la comunità.

Di solito, nel capoluogo piemontese si effettuano dai 180 ai 200 trattamenti all’anno (meno di uno al giorno). Ultimamente, invece, le chiamate di intervento “sono in preoccupante aumento”, come conferma Emiliano Bezzon, comandante della polizia municipale. Solo ieri sono stati eseguiti nove Tso a Torino.

Una squadra speciale dei vigili, insieme al personale medico specializzato, si occupa di questi interventi. Da una settimana a questa parte hanno ricevuto numerose segnalazioni: soggetti aggressivi o mentalmente fragili.

“C’è un tema di tenuta psicosociale che dobbiamo tenere in considerazione – spiega Bezzon – qualche valvola di sfogo va tenuta”. Sulle ultime manovre il comandante non si sbilancia, ma vuole comunque mantenere alta l’attenzione. C’è il rischio che la pressione continui a salire e, non trovando valvole di sfogo, potrebbe scoppiare da un momento all’altro.


Per chi ne avesse necessità, ricordiamo che esiste un numero apposito per consulenze psicologiche durante l’emergenza sanitaria.

Associazione Psicologi per i popoli: 011 01137782

Attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

 

https://mole24.it/2020/03/21/torino-la-quarantena-manda-in-tilt-la-gente-aumentano-i-casi-di-tso/?fbclid=IwAR1Dugv5gME7TEtw6apWx8pAKyy_sNDSQPZ1knmaUo3xc6D2-GRiGLvFkng