Porto (Portogallo) – Uno scritto di Gabriel Pombo Da Silva (marzo-aprile)

Visto che fino ad oggi il nostro compagno Gabriel non ha scritto comunicati ufficiali, queste parole vogliono essere precisamente un comunicato/diario, oltre che un modo per condividere con quelle persone e compagnx più affini quello che pensa in merito a diverse tematiche.

Lo stesso Gabriel ha chiesto esplicitamente alla sua compagna di selezionare quei frammenti (delle lettere a lei inviate) dove riflette/analizza e o specula su questioni interessanti relative all’attuale situazione: il «coronavirus» in carcere, la situazione giudiziaria o le circostanze della sua prigionia.

Gabriel sta bene di salute e di spirito ed è pronto per la guerra che lo aspetta nelle galere dello Stato spagnolo. Nonostante la sentenza definitiva del Tribunale Supremo di Lisbona che conferma la sua consegna allo Stato spagnolo, non sappiamo ancora se le «autorità» lo consegnerebbero senza considerare lo «stato di emergenza» dichiarato in funzione della «pandemia» da «Covid-19». Di fatto questo stesso «stato di emergenza» impedisce (teoricamente) la consegna di prigionierx ad altri paesi durante tutta la sua durata.

Seguiranno maggiori informazioni.
Gabriel libero!
Tuttx liberx!
Viva l’anarchia!

8 marzo 2020

Ieri, ascoltando (vedendo) la TV avevo già indovinato che questi miserabili ci avrebbero lasciato senza colloqui e oggi… beh, oggi è stato un giorno di merda…

Tutto il mondo era (naturalmente) alterato… discussioni con x secondinx, conversazioni frenetiche tra tutti e… la sintesi è molto semplice: gli stessi secondini hanno detto ai prigionieri (più alterati) di fare quello che volevano, sapendo che tanto si sarebbero assunti loro la responsabilità… si parlava di dar fuoco ad alcuni materassi (figurati, in un posto dove non circola l’aria!), di… che ne so! Ovviamente ho fatto loro capire quale fosse la vera strategia dei carcerieri (togliersi qualsiasi responsabilità e avere un pretesto per aggravare ancora di più la nostra situazione) e quale sarebbe dovuta essere la nostra. E la nostra, ovviamente, non passa di lì. Ho detto che sarebbe stato meglio aspettare che i nostri familiari si incontrassero fuori, si riunissero e decidere la tattica migliore da seguire.

Nel momento in cui si avvicinava l’ora di mangiare, si è deciso di non entrare in mensa e rimandare il pranzo. Alcuni (credo due o tre) sono entrati… atto che ha generato una grande tensione. Ovviamente (con gli animi accesi) quelli che avevano deciso di entrare in mensa, quando sono usciti «le hanno prese»… si è montato un casino che non puoi nemmeno immaginare.

Insomma… hanno portato in isolamento sei o sette ragazzi… a noi altri ci hanno lasciati rinchiusi in cella… siamo comunque in isolamento ma nelle «nostre» celle.

E’ l’ora della cena… solo tre o quattro miserabili hanno bussato alla porta per mangiare; il resto continua in isolamento. Ignoro per quanto tempo ci terranno in questo stato. Suppongo che vogliano obbligarci (con la fame) a uscire uno a uno tutti obbedienti. Non ci informano di niente. Siamo come in una dittatura. Non so quando arriverà questa lettera (e se te la daranno). Ad ogni modo tranquilla… abbiamo passato cose peggiori: la dignità non ha prezzo!

Il peso di questa questione può avere una soluzione solo lì fuori. Noi (niente di più vero), siamo ostaggi assoluti di queste canaglie.

Avendo esperienza con queste controversie, mi risulta che mano a mano che la gente avrà fame (non tutti hanno cibo in cella), o abbia «astinenza» da tabacco o voglia di respirare un po’ d’aria, si arrenderà. Così è la vita. Io sono forte, ho vari pacchetti di biscotti e qualche frutto. Come diceva quell’adesivo: «scusate il disturbo ma ci stanno torturando».

Fai in modo che si sappia tutto questo. Non so se mi lasceranno chiamare per telefono. Se non chiamo è perché non ci lasciano. (…).

9 marzo di mattina

La situazione, in questo preciso momento (tutto è «preventivo»: il regime ordinario che abbiamo, i colloqui, ecc.) è la seguente: hanno creato due turni separati (divide et impera) per le uscite all’esterno della cella (…), ovviamente turni separati anche per la mensa e la doccia (…).

Il peggio non è questo (questo non è nient’altro che la conseguenza della protesta che si pretendeva organizzare per la questione dei colloqui), ma il fatto che ora la cosa più importante sia passata in secondo piano. Ovviamente, il fatto che ci sia stata una protesta qui non si è sentito in nessun «mass-merda»… il peggio è che, poiché si è montato un casino con quelli che hanno optato per andare a mangiare, tutto è degenerato. E’ chiaro che in una protesta di questo tipo (che dovrebbe essere di lunga durata, organizzata – dentro come fuori – per noi come per i nostri familiari), non può succedere che si «picchino» coloro che non assecondano la maggioranza. Se meritano o no il disprezzo è un’altra questione. La questione fondamentale è che non tutti hanno i mezzi economici (e senza il vitto carcerario sono obbligati a soffrire la fame) e, ancora meno, coscienza di classe (o come la vogliono chiamare). Quindi è complicato. Ora hanno isolato tre ragazzi (che sono stati picchiati) e concluso qualsiasi possibilità di organizzare qualcosa di collettivo, di senso comune e pratico. Affanculo!

Questa storia dei colloqui si dovrebbe organizzare da fuori con una proposta di senso comune. I visitatori potrebbero entrare con guanti e mascherine e la questione (secondo la loro logica stupida) sarebbe risolta. Il senso «provvisorio» di queste misure può trasformarsi in «permanente» e così stare senza colloqui per mesi… questo è il fulcro della questione. E’ assurdo che applichino queste misure ai nostri familiari quando secondinx, infermierx, educatorx, ecc., entrano ed escono dal recinto «senza controllo», siamo matti? (…).

Penso che una lotta per ridare il senso logico ax responsabilx di questa situazione debba passare attraverso una strategia collettiva organizzata da fuori. Come già mi hai anticipato, non si può nemmeno contare su uno spazio dove potrebbero incontrarsi i familiari… figurati! Noi anarchicx «sempre» spartanx e precarx in tutti gli aspetti.

10 marzo

E’ una fortuna, come mi hai detto oggi, che sia uscita in internet la mia versione dei fatti di ciò che è successo qui l’8 marzo… in caso contrario (e senza altre fonti da confrontare) sarebbe esisitita solo la versione di ‘sti porci. Ora capisco perché oggi avevano (e hanno ancora) queste facce così… così afflitte, oltre a questi sguardi di odio che mi scivolano addosso. Non hanno neanche idea che, rispetto a quello che ho vissuto-passato, questo (per me) è da ridere (…). Immagino che questi imbecilli non sappiano nemmeno chi sono e le esperienze che ho accumulato in «guerricciole» carcerarie.

Qui non si è fatto quello che alcune guardie avrebbero voluto in complicità con i loro prigionieri leccaculo. Purtroppo alcuni di quelli che si sono ribellati (giustamente) non hanno capito ciò che stavo loro spiegando in merito a strategia e tattica… non hanno nemmeno capito la giocata macchiavellica che le guardie stavano cospirando con i loro lacché. Niente di meno che bruciare dei materassi! Qui! In un posto dove non si aprono le finestre!

La mia esperienza-pratica (ossia la mia strategia) non avrebbe voluto essere disattesa. Rifiuto del vitto carcerario (gesto minimo), aspettare il giorno dopo per dire ai familiari che si riunissero in qualche posto «collettivamente» con x compagnx. Una proposta ragionevole era che i colloqui si sarebbero potuti fare con mascherine e guanti, evitando il contatto diretto. Pulizia con disinfettante (candeggina) della sala colloqui dopo ogni visita (che per questo hanno schiavi a asufficienza)…

Infine… aver spaccato la testa ai non scioperanti è stato ciò che ha reso più facile alle guardie per applicare questo regime che abbiamo adesso. Però sono sicuro che se avessi lasciato bruciare i materassi a ‘sti matti, adesso saremmo messi molto peggio… però sono fottuti i tre ragazzini che sono stati incolpati di tutto il tumulto: conosceranno il F.I.E.S. portoghese nel carcere di Monsanto (sud del Portogallo). Sono solo caduti nella trappola di questi provocatori professionisti. Il loro unico «reato»: essere giovani e «stupidi». I provocatori rimarranno impuniti e latenti per le prossime cospirazioni. La storia della vita (…), solo x disgraziatx si pigliano le botte…

(…) Il virus può aiutare la Natura affinché si riducano le emissioni inquinanti… forse se ne va affanculo il sistema economico e schiattano le società, chissà? Ad ogni modo è molto interessante osservare tutto ciò che può provocare una «bestiolina»… di questo stanno già prendendo nota i governi.

16 marzo

Con il fatto che oggi il responsabile delle guardie carcerarie ci ha vietato i pesi (scusa: il virus) e ci rinchiude in cella per mangiare, non ho molto di più da dire/raccontare sulla mia realtà attuale. Uno schifo!

17 marzo

Sono appena salito dopo le «mie» due ore d’aria (pomeridiane) che ho usato per fare flessioni e altri esercizi (visto che il responsabile delle guardie ci ha ritirato i pesi con la scusa del «coronavirus»).

(…) Infine, nulla di nuovo… ora tutto sta passando, quindi non ha più molto senso la fretta perché lo Stato (gli Stati) hanno altre priorità, come quella di garantire che circolino le merci (pura logistica) e garantire i lavori fondamentali per il «buon funzionamento» della macchina statale: poliziottx, carcerierx, militari, medici, equipe di pulizia, banchierx e poco altro… il resto dex «cittadinx» può morire tranquillamente incarcerato «volontariamente» nei propri appartamenti/galere. Il panico è così grande che le masse si sottomettono volontariamente a tutto ciò che gli viene detto dalla Direzione Generale di Salute… è come nei film catastrofisti che piacciono tanto a me, e sta succedendo davvero! Allucinante!

Moltx si immaginerebbero un panorama accompagnato da rivolte, fuoco e saccheggi a profusione… ebbene no. Le strade le hanno conquistate chi è più preparatx per questi tipi di scenari: sbirri e militari. I «ribelli» (cittadini progressisti) rimangono a casa appiccicatx a internet e tanto impotenti quanto il resto della cittadinanza. Lo diceva già mio nonno: «chi ha il culo ha paura»… e ognunx guarda il proprio (quest’ultimo lo aggiungo io).

Tornando al mio qui e ora, oggi il capo dei secondini ha isolato «provvisoriamente» un’altra volta un prigioniero per aver protestato (per le varie questioni che gli succedono) a «voce alta»… e, siccome ha la mano molto lunga, lo ha anche picchiato. La notte scorsa i secondini stavano cantando ubriachi. Gli unici detenuti che adesso mangiano in mensa (devono essere immuni al «coronavirus» come le guardie) sono i prigionieri leccaculo. Come vedi, qui come in libertà, l’unica legge che impera è la Legge del più forte. Selezionare x fedeli del regime e il resto a obbedire pena essere pestatx o rinchiusx. Il capetto può agire in totale impunità (e ancor di più adesso con lo stato di emergenza) perché nessun familiare potrà vedere e comunicare con chi è stato picchiato.

Fai circolare in internet i frammenti di ciò che ti sto raccontando su quello che stanno facendo qui ‘ste canaglie… magari oggi godono di impunità ma esiste sempre un domani e, in più, oggi lo voglio documentare affinché rimanga (…).

Suppongo che tentare di organizzare una risposta a ciò che sta succedendo adesso nelle carceri sarebbe quasi una missione impossibile… ed è impossibile perché la maggioranza della stessa società (dalla quale provengono x detenutx) è prigioniera dei governi e dei suoi militari. La propaganda dello Stato e dei suoi vari «esperti» (medici, giornalistx, ecc.) è estremamente potente: agli occhi di tuttx le conseguenze. Solo il sabotaggio minoritario è in grado di provocare effetti e risposte a tanto bio-fascismo capitalista… non si deve aspettare «la massa» perché questa si comporta sempre come la detta lo Stato-capitale. Vedremo (man mano che questo si dilunga nel tempo), quanto impiegheranno a scendere in piazza quando i loro frigoriferi saranno vuoti e quando le scarse risorse (economiche) risparmiate non saranno più sufficienti per i bisogni elementari; quando non potranno più abbracciare i loro familiari, amicx, amanti, prigionierx o lontanx geograficamente: si accontenteranno di riciclare? Si accontenteranno di internet e del cellulare? Sono domande retoriche, lo so… io stesso leggerò tra le righe ciò che avverrà. Tutto ha un limite; la paura passerà… e con un po’ di «fortuna» i governi cadranno.

19 marzo

In certi casi la soluzione a un conflitto può passare attraverso il «dialogo»… qualcosa a cui non sono abituato perché normalmente non sono io quello che cerca problemi ma, man mano che si presentano, tento di risolverli. Il dialogo è qualcosa che non mi riesce poi così bene con chi mi «violenta»… nella pratica capisco che alla violenza si deve rispondere con una violenza maggiore: più intelligente e incisiva… come diceva Sun Tzu ne “L’arte della guerra”: «quando decidi di combattere sii tu a scegliere il terreno e il momento più propizio». E’ ovvio che gli enunciati di Sun Tzu in galera non abbiano troppa validità.

Il tecno-fascismo panottico trascorre nel qui e ora… devi contare su un materiale umano abbastanza precario (quando non deteriorato) che non si intende né di strategia né di tattica… se a questo ci aggiungi che il «terreno» (ossia lo spazio) è completamente in loro potere (è il dominio del carceriere), ti rimane solo l’improvvisazione e l´intelligenza per resistere (…).

Secondini e prigionieri leccaculo si sono alleati per discriminarci dal loro «regime di vita» esterno alle celle. Il cervello è il muscolo del saggio… e questo è il muscolo che utilizzo di più (ovviamente il loro muscolo preferito è la lingua…).

22 marzo

(…) In TV esiste solo il «virus» (…) se fossi credente sarei convinto che si tratta di un segnale “divino”… un castigo dello stesso Dio! Questo succede per essersi messi con l’Arcangelo Gabriele, favorito dell’«Altissimo», je je je! Ejem…

Ora manca «solamente» che il Tribunale Supremo portoghese consulti la Legge e lasci da parte i telefoni… ho letto decine di volte lo scritto degli avvocati: è fatto benissimo! Solo un atto di mala fede o di esplicita corruzione potrebbe dare ragione a quella stronza corrotta di Girona…

24 marzo

Sulla questione «Covid-19» e su come i diversi governi si stanno comportando (e la mancanza di risposta sociale), lo vedi: la Francia è riuscita ad applicare la riforma alle pensioni in un colpo solo; l’Italia sta nazionalizzando le imprese a tutta velocità; Israele, con il fatto dell’«emergenza nazionale», continuerà con «Netanyahu» al fronte (proprio adesso che c’era già un patto multilaterale per cacciarlo) e la “giustizia” si ferma (ovviamente anche i suoi processi per corruzione)… se c’era già una precarizzazione totale nel mercato del lavoro, ora rimangono direttamente escluse ampie maggioranze di lavoratori. Se si manterrà l’Euro come moneta unica si vedrà. Le città hanno dimostrato di essere (ciò che sono) veri e propri veleni, carceri proletarie che servono solo per amministrare miseria e morte. Per quanto riguarda le istituzioni totali di ogni tipo – carceri, manicomi, C.I.E., ospizi, ecc. -, sono campi di sterminio selettivo. Questo virus ha messo le relazioni di potere in evidenza. Chi si sentiva “privilegiatx” nel vecchio ordine sociale ha scoperto di essere tanto contingente come lx altrx che guardava con disprezzo. Comandano l’economia e il potere, e a queste latitudini saranno sempre selettivi e ci saranno «tagli». Seguendo la logica dei film catastrofisti: quando la Terra già non sarà più abitabile, nelle «navi spaziali» ci sarà posto esclusivamente per x «più qualificatx»: il Re e il suo seguito (il resto può morire).

Mi richiama l’attenzione come gli organi di propaganda mediatica (TV e stampa) stanno esercitando il loro potere… o come i laboratori ci stanno vendendo la «speranza» sotto forma di vaccino miracoloso. I cinesi stanno già iniettando (cavie umane non mancano) la loro formula; la Germania «pare» esserne vicina… sembra una competizione farmacologica per ridurre gli effetti virali… mentre «sogniamo» con la medicina miracolosa che ci libera dalla morte, ci abituiamo alla morte lenta del sistema capitalista. Fra poco ci faranno credere che il «razionamento» di manuali di alimentazione sarà il modello più razionale per la sopravvivenza della specie umana. Il capitalismo ci dirà che il «comunismo» sarà l’unica alternativa possibile: compagno cittadino io in alto e tu in basso!

Sono tempi molto interessanti (politicamente parlando), pieni di possibilità (inizio a simpatizzare con questa «bestiolina»): continueranno a ignorare il Re nudo? Più «bambinx» vedranno il potere nudo? Continueranno ad essere servx volontarx e ipocritx? Lo so… sono un’altra volta domande retoriche… l’unica cosa che so è che quanto peggio (l’economia) tanto meglio (per le alternative). Moltx hanno dimenticato che «x meno» sono/siamo «x più» nel mondo e che l’unico virus nocivo che dobbiamo sterminare è il capitalismo e la sua violenza autoritaria che ci debilita inesorabilmente…

(…) Mi «diverte» osservare quanto siano ridicoli i potenti quando annunciano che «le forze di sicurezza» stanno facendo tutto il possibile per «il bene comune»… nemmeno loro sono «sicurx» del virus (infatti in Portogallo ci sono già squadre di sbirrx infettatx, medici, infermierx, politicx, ecc.) e la battaglia tra «il bene e il male» la lasciamo a Nietzche che sapeva quello che scriveva.

(…) Vabbeh, se sarò estradato o liberato si deve ancora decidere presso il Tribunale Supremo di questo paese e ciò, per il momento (e per qualche mese), non lo vedo… voglio dire che i Tribunali sono quasi congelati e poi (quando cominceranno a funzionare), dobbiamo considerare più o meno due mesi al Supremo e un po’ di più al Costituzionale (…).

La verità è che preferisco concentrarmi (e non «angosciarmi») nelle cose più immediate come avere cura della mia salute, fare sport, leggere (…). Non sono condannato a morte né ho una malattia mortale… ciò che stiamo vivendo è una situazione di evidente persecuzione politica dove usano qualsiasi cosa per fottermi… ma questo non può prolungarsi ancora per molto (…) devo solo concentrarmi nel resistere (come ho sempre fatto) e riprendermi una volta per tutte la mia libertà.

26 marzo

Certo è che non succede nulla di nuovo… da quando si è reciso il legame con l’esterno, le uniche cose che son cambiate sono state il regime carcerario e il comportamento delle guardie e dei prigionieri: le guardie si credono «dio-in-terra» e i prigionieri strisciano come vermi per «godere» delle briciole alle spalle di altri prigionieri… l’osservazione della condotta degli uni e degli altri è interessante per coloro ai quali piace la psicologia e addirittura l’antropologia…

(…) Sto aspettando che finisca il periodo del bio-fascismo e rispettive dittatura e reclusione totalitaria… in questo preciso istante sto vedendo in TV un «professore» che dice che dobbiamo abituarci a non baciarci e abbracciarci a breve e a lungo termine… sono malati! E’ un conforto saperci individui e non parte di una massa uniforme che si muove verso l’abisso.

27 marzo

(…) Mi sono fatto già l’idea di poter stare in queste condizioni fino a minimo fine aprile/primi di maggio… per fortuna che ho già delle esperienze (e senza «virus» minaccioso nel mezzo) di situazioni «profilattiche» e di «quarantene» varie… così che mi «adatto» (psicologicamente) senza difficoltà a queste situazioni di «emergenza»…

Per quanto riguarda il «virus» non saprei dirti se l’ho già fatto in maniera asintomatica o se, al contrario, qui non è nemmeno entrato… dei poco più di venti che siamo, dal momento che tra l’altro siamo separati (all’aria usciamo in otto persone) e personalmente mi relaziono solo con un altro, lo vedo abbastanza difficile che io possa entrare in contatto con il collega-nocivo «coronavirus»… ma… non penso troppo a questo, preferisco fare flessioni, sedie, addominali, e questo tipo di cose. Sono molto forte e grande. Ovviamente essere forti non è che sia una garanzia di nulla visto che la «bestiolina» attacca i polmoni e che questi sono proprio il mio tallone d’Achille fisico (…). Qui è da settimane che ci misurano la temperatura… l’unico rischio reale sono le guardie che vengono dall’«esterno»: sono l’unico «agente di rischio»… da quello che sto vedendo (in TV), x vecchiettx che stanno morendo negli ospizi sono stati infettatx dai loro «assistenti» (visto che anche loro sono rimastx senza visite più o meno nello stesso periodo dex detenutx) ax qualx non hanno mai fatto il «test» e ciò considerato che ‘sto teatro di isolamento-sociale lo hanno organizzato teoricamente per «proteggere» i «gruppi a rischio». Ovviamente nemmeno le guardie carcerarie vengono «testate»… «testano» solo le persone «sintomatiche»… infine… la questione del «prevenire» e del «razionalismo» del piano strategico di sanità è ridicola e assurda. Per non parlare del fatto che il rischio maggiore di essere infettato è rappresentato dagli ospedali e dal «servizio medico». Tutto è demenziale… spero solo che finisca al più presto questa isteria collettiva perché niente e nessuno può «proteggerci» o «aver cura di noi»: tutto il contrario…

(…) Merda! Respinto il ricorso al Supremo! Arrivare in Spagna proprio in questo momento! E’ da «paura»… spero ritardino un po’ più di tempo, ma non mi faccio illusioni… arrivare giusto nel pieno di questa pandemia virale e caos totalitario nelle carceri… e io asmatico. Non hanno mai avuto un situazione tanto favorevole per togliermi di mezzo senza nemmeno sporcarsi le mani… cazzo!

30 marzo

Qui ho già visto nella TV portoghese un video che i prigionieri di Custoias (Oporto) si sono fatti con un cellulare… mi ha fatto sorridere vedere questi incappucciati minacciare con una «revolução» di bruciare le carceri… visto che i mass-media hanno parlato di tre carcerieri infetti a Custoias, i prigionieri cominciano a imparanoiarsi con il «morire contagiati» e la TV parla già di una situazione insostenibile (promettendo indulti e altre cose del genere), nelle carceri del nord. Da quello che so e conosco delle prigioni più grandi di Oporto, è possibile che già questa settimana scoppi qualche rivolta… io direi che Custoias e Pasos de Ferreira saranno tra le prime. Sono galere sovraffollate (più di mille prigionieri cada una) dove le guardie non hanno il controllo… non è come ‘sta merda dove degli appena trenta prigionieri si salvano due o tre e il resto non vale nemmeno per concimare un campo di patate.

Il fatto che credo che scoppieranno delle rivolte non è tanto per questo video (opportunamente filtrato dai mass-media) di incappucciati e quello che dicono (minacciano) succederà… ma perché conosco cióò che la paura e la sensazione di «ingiustizia» genera nex disperatx… d’altro canto (come noi) sono da un mese senza colloqui, senza cibo e senza droghe… e questa, aggiungendo il bombardamento mediatico sul virus, è la combinazione perfetta per una bufera (…).

(…) Hanno già iniziato a liberare prigionierx con pene (o residui di pene) inferiori a due anni… chi ha i permessi d’uscita (in Portogallo 1000 prigionierx su una popolazione totale di 12000) e anzianx-malatx… se consideriamo che la popolazione detenuta portoghese è la più vecchia d’Europa (il 30% supera i 60 anni), ciò suppone un gran numero di liberazioni… l’illusione come la disperazione sono i fattori di «controllo o caos»… visto che x tedeschx (e credo che Spagna e Italia abbiano fatto lo stesso) hanno già messo in pratica le raccomandazioni dell’O.N.U. liberando prigionierx, x portoghesx seguiranno questo «diktat»…

Che coincidenza! Giusto nel telegiornale di mezzogiorno (in questo momento) danno ancora la notizia dei prigionieri… dicono che hanno raddoppiato la quantità di ansiolitici (lo hanno detto proprio chiaramente); lo giustificano dicendo che la maggior parte sono tossicodipendenti e che, inoltre, in questa situzione di prigionia e ammucchiamento l’ansia e la paura si moltiplicano e bla bla bla… ecco…

1 aprile

La sentenza del Tribunale Supremo non perdo nemmeno tempo a leggerla… se avevo qualche «speranza» (per chiamarla così) nell’autonomia decisionale del Portogallo si è rivelata solo una illusione che non avrei mai dovuto nutrire, sapendo come so, che coloro che realmente comandano (prima nell’ombra e ora alla luce del sole) sono i servizi di «intelligence» e i loro sbirri nella «società civile»: poliziottx, giudici, giornalistx, ecc…

Il «virus» ha messo in evidenza quello che noi stavamo annunciando e sospettando da molto tempo: il capitale e lo Stato sono il Moloch da distruggere… l’«Era» dex tecnocratx e dei «social-democraticx» ha già esaurito la propria «carta storica» davanti agli occhi di tutto il mondo. Chi da questo momento (e dopo «l’ultimo tocco» bio-fascista) continua a credere nei «Diritti» è direttamente un imbecille patentatx…

In relazione alle misure di «prevenzione coronavirus» in prigione si è visto chiaramente dal primo momento chi sono statx x primx ax quali hanno iniziato a «ridurre» i propri «diritti» dall’inizio: tuttx coloro che hanno immagazzinatx come carne umana nelle loro istituzioni. A cosa è servito tagliare i colloqui se le guardie e x tecnicx della prigionia erano nelle istituzioni senza guanti né mascherina? La domanda è retorica perché la risposta sta mettendo in risalto, attraverso i fatti, chi è statx realmente a contagiare x vecchx negli ospizi… ora sta uscendo allo scoperto tutta la questione degli ospizi infetti in Portogallo… lo sono quasi tutti!

La direttrice del servizio sanitario Graça Freitas è la responsabile diretta delle decine di mortx e centinaia di contagiatx negli ospizi… e non solo! Non sarebbe stato «logico», visto che ha dato un taglio a una possibile via di trasmissione (i colloqui con i familiari), che concludesse il circolo profilattico facendo analisi del Covid-19 ai badanti e distribuendo guanti e mascherine agli stessi? Ovviamente! Però questa signora ha fatto la stessa cosa nelle galere! Solo adesso (dal 30 marzo) le guardie carcerarie entrano con guanti e mascherina…e, teoricamente, solo adesso faranno loro il «test»… e perché? Perché solo adesso é emerso pubblicamente che gli ospizi sono quasi tutti contaminati. E solo adesso (dal 28 marzo) hanno individuato tre guardie contagiate nel carcere di Custoias (Oporto)… oggi (1 aprile) si è saputo dalla TV che 25 «recluse» sono isolate nella prigione di Santa Cruz Do Bispo e almeno una ha dato positivo al Covid-19… forse lx impiegatx istituzionali sono immuni al Covid-19? Ovviamente no. Una lettura dei fatti ci dimostra che non c’è stata nemmeno una strategia pianificata né si sono adottate delle misure profilattiche adeguate. Semplicemente [la direttrice del servizio sanitario, Graça Freitas] ha esercitato il proprio potere in quelle istituzioni, a) perché «pazienti» e «prigionieri» non si possono difendere e b) perché guardie e badanti non mettono in dubbio il suo potere.

Un’altra questione è: come è stato possibile che x familiarx, amicx, ecc., di prigionierx e pazienti abbiano permesso tutto ciò? Io ti rispondo: la fede cieca nelle autorità e nei tecnici; la stessa paura e la mancanza di risposte di fronte all’ignoto… è triste però questo mette in evidenza come le illusioni e la fiducia che x «cittadinx» depositano nelle «autorità» permettano che queste le investano proprio affinché x loro stessx familiari si trasformino in prigionierx o pazienti, «muoiano» di negligenza autoritaria…

Isolatx, senza colloqui (in alcuni posti senza nemmeno posta né telefonate), un segmento della società rimane alla mercé del Moloch bio-fascista… e la «società» rimane rinchiusa nelle proprie case senza diritto a scioperi, manifestazioni, lavoro, ecc., e i senza-tetto possono morire liberamente per strada o in padiglioni sportivi… abbiamo qui un ritratto della società capitalista! (…). Se sono stati capaci di rinchiudere tutta la società in quasi tutto il mondo, immaginati cosa possono fare con prigionierx, immigratx, anzianx e tuttx coloro che hanno nelle loro galere, questx assassinx, genocidx!

Tutto questo che ti sto scrivendo puoi (e devi) pubblicarlo. Ovviamente ci potrebbero essere alternative per poter conciliare «quarantena» e «comunicazione esterna» ma non tuttx siamo uguali…

Nelle prossime settimane comincerà il dramma della comparsa del Covid-19 in Portogallo… osservando la banda di incompetenti del ministero di Salute e Giustizia vedremo di quanti «camion frigorifero» per x mortx avranno bisogno nelle carceri e negli altri centri chiusi.

3 aprile

(…) Poco importa se è stato un laboratorio o è la Natura ad aver creato questo virus… era necessario. E non ha nemmeno molta importanza che infetti me o mia madre. La Natura è implacabile e l’umanità deve imparare a rispettarla e a temerla. Non esiste una Natura «su misura» dell’essere umano, non è una «risorsa umana». Tutta la superbia e l’arroganza scientifica umana deve sentirne il terrore. Questa volta il virus è stato benevolo, colpisce solo il 2% dell’umanità e ha rispattato x bambinx. E’ stato meno letale, classista, razzista e sessista del capitalismo. E’ curioso come si abbia più paura di un virus di questo tipo che non del capitalismo tecno-industriale… sono convinto che, se il capitalismo sarà distrutto, possiamo creare qualcosa di meglio… peggio del capitalismo (e rispettive varianti) non possiamo fare: questo è sicuro. Quindi spero che non si contenga, che sia naturalmente brutale… non mi piacerebbe che, se si limitasse ad uno «spavento», si vedessero dex coglionx indossare magliette con su scritto: «Sono sopravvissutx al Covid-19». Il cinismo cittadinista deve rimanere sepolto. Questo non è l’11 settembre con «eroi» e «villani» che dopo lo «spavento» continuano a maledire qualsiasi cosa (…).

L’altro giorno ho visto una storia allucinante (o forse no) in TV: c’era una catena di televisione portoghese (TVI) diffondendo la «notizia» di un ospizio… all’improvviso questo «team» di cameramen si rendono conto che una vechietta stava tentando di scappare dal retro rimuovendo una recinzione… che hanno fatto i «giornalisti» che «informavano» (con tono allarmista) del dramma che si stava consumando lì dentro? Chiamare i badanti affinché rinchiudessero la vecchietta! La morale è molto semplice: non c’è empatia e/o simpatia per l’anziana che cerca la libertà, la possibilità di una opportunità di vita, no. Il dramma è per chi rimane incollato al televisore, è l’obiettività e il rigore dell’informazione… dopo tira fuori il telefono e fa la spia affinché catturino la presunta «vecchia-infetta» che minaccia la «nostra» sicurezza: la vittima è un criminale! Quindi… ho simpattizzato con la vecchietta e ho augurato la peggiore delle morti a questi infami.

(…) Sono molto curioso di vedere come reagirà tutta la gente dopo questa prigionia forzata, come rimarrà l’economia, come si relazionerà la gente, appunto. Sopravviverà l’invenzione europea? Si apriranno le frontiere? Torneranno gli aerei a solcare i cieli da un posto all’altro? Se la disoccupazione sarà talmente massiva come è già previsto, che farà la gente? Quali saranno gli «effetti» della convivenza forzata alla quale tuttx sono stati sottomessx? Sono domande che suscitano realmente il mio interesse e la mia curiosità. Mi chiedo anche fino a quando e quanto x «cittadinx» sarebbero dispostx a stare in «quarantena» obbligatoria.

4 aprile

(…) Sto vedendo (e analizzando) le «notizie» di regime sulle analisi sierologiche che si stanno proponendo di fare (o che si stanno direttamente facendo) a paesi come Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Stati Uniti e Cina per vedere quali persone sono immuni al virus. Tutto questo ci sta indicando che il nuovo mercato liberale sta già selezionando la mano d’opera «più adatta»… questa «emergenza» mondiale ha fornito gli Stati e il capitale di una ingente quantità di dati di carattere «privato» sui suoi «cittadini» e clienti… ora quindi proveranno sulla propria pelle quello che significa stare in F.I.E.S, in primo grado, in secondo grado e/o regime aperto. A tempo pieno sempre chi ha la divisa: poliziottx, militari e carcerierx; controllori e banchierx… (…) e comunque l’esperienza della «quarantena» lx ha già preparatx per il loro ingresso nella «prigione-live»: rinchiusx e senza diritti; vigilatx e senza «controllo» delle loro esistenze.

Ora che siamo tutti prigionieri

Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa avere nostalgia, odiare e amare…
Avere nostalgia di passeggiare sotto il cielo mentre il mare si infrange sulle rocce.
Avere nostalgia di incontrarsi con lx amicx e poterlx abbracciare.
Avere nostalgia degli amori che adoriamo baciare.
Avere nostalgia di tutto ciò che oggi non ci permettono di godere.
Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa odiare…
Odiare la monotonia e le conversazioni noiose dalle quali non possiamo fuggire.
Odiare la prigionia infetta che limita e soffoca tutta la nostra libertà.
Odiare i giorni e le notti che si susseguono così, senza nulla di più.
Odiare i comportamenti egoisti dex altrx e che da solx non possiamo evitare.
Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa amare…
Amare la natura che ci permette di respirare.
Amare l’intelligenza che ci invita a sognare.
Amare la sensibilità che ci fa godere.
Amare la libertà di poter essere e stare.
Ora che siamo tuttx prigionierx: è tempo di riflettere…

Gabriel Pombo Da Silva
Oporto – 29 marzo 2020

attaque.noblogs.org

Un contributo antipsichiatrico sull’impatto del COVID-19

La situazione che stiamo vivendo costituisce un attacco frontale alla nostra esistenza su più fronti e ci spinge individualmente e, talvolta, collettivamente a riflettere sui meccanismi di controllo messi in atto, sull’effetto della repressione sulla nostra quotidianità e sull’impatto a breve e lungo termine che tutto questo avrà sulle nostre reti.
Sin dall’inizio dell’emergenza, si sono moltiplicati i contributi, le riflessioni e le analisi sul tema COVID-19, e come collettivo antipsichiatrico abbiamo sentito l’esigenza di confrontarci, interrogandoci sul contributo che ci interessava apportare alla discussione in corso. Ci siamo resx conto che, come spesso accade, anche nelle analisi che reputiamo più valide e condivisibili, manca un pezzo importante di ragionamento (fatte alcune eccezioni, vedi https://educattivi.noblogs.org/post/2020/04/02/corona-virus-ordinanze-e-marginalita/; https://artaudpisa.noblogs.org/post/2020/04/01/link-a-intervista-su-radio-blackout-la-psichiatria-ai-tempi-del-covid-19/):

Come stanno e dove sono le persone psichiatrizzate?

Rispondere a questa domanda non è importante solo per capire materialmente le condizioni di vita di queste persone in una fase di impoverimento del contatto e delle relazioni, ma anche per aggiungere un elemento di analisi dei dispositivi di repressione e controllo che si stanno articolando in questo periodo.

Eppure, di salute mentale si sta parlando, anche più del solito, nei mezzi di informazione. Ma la salute di chi? A che fine? Da un lato c’è la psicologia prêt-à-porter, che si sostanzia di articoli, post, decaloghi su come prevenire l’ansia o la depressione, dispensando consigli e strategie per affrontare nel migliore dei modi la quarantena e l’isolamento sociale imposti. In pratica un modo per addolcire la pillola, cullandoci nell’illusione di un bene superiore che ci unisce come comunità: la salute pubblica. I servizi di supporto psicologico, nati anche comprensibilmente in questa fase, rischiano di alimentare questo meccanismo, perché finalizzati a contenere le diverse forme di disagio derivanti dalla situazione e a favorire l’accettazione dello stato di cose.

Dall’altro lato, si insiste spesso sulla pressione a cui è sottoposto il personale medico-sanitario che sta gestendo l’emergenza, che costituisce un importante fattore di rischio per il burnout e sembra aver portato in alcuni casi al suicidio. Anche in questo caso, forme di disagio che generalmente vengono invisibilizzate o contrastate perché disfunzionali alla macchina produttiva della società capitalista, trovano uno spazio nella narrazione perché strumentali ad alimentare una retorica di unità popolare.

Allo stesso modo, l’ipocondria e l’alienazione sociale, che generalmente vengono stigmatizzate, ridicolizzate e sminuite, sono ora incoraggiate perché funzionali a sostenere i meccanismi di sospetto, distanza e delazione verso chi “infrange le regole”. Ecco che la malattia mentale, quando serve, non è più un problema.

Ma torniamo alla domanda iniziale: che ne è di tutte quelle forme di disagio psichico che comunque è impossibile far rientrare in questa narrazione dominante? Ci sembra che i meccanismi di stigma e invisibilizzazione non siano affatto cambiati. Cosa sta succedendo realmente non lo sappiamo: le informazioni sono indirette, spesso giornalistiche e non c’è alcun dato ufficiale. Possiamo presupporre che i Trattamenti Sanitari Obbligatori (T.S.O.) stiano continuando come d’abitudine: il decreto-legge dell’8 marzo 2020 – che ha rinviato la maggior parte delle udienze nei procedimenti civili e penali – include le udienze di convalida dei T.S.O. da parte dei giudici tutelari tra i procedimenti che non vengono invece sospesi. Inoltre, alcuni articoli di giornale (https://www.nursetimes.org/quarantena-e-isolamento-mandano-in-tilt-gli-italiani-numero-di-tso-in-costante-aumento/83466/amp) parlano di un aumento dei T.S.O. in alcune città, come Torino.
È facile immaginare che il dispositivo del T.S.O., da sempre al servizio del mantenimento dell’ordine sociale, sia in questa fase complice del controllo capillare che si intende esercitare sui corpi che resistono: il 10 marzo è uscita la notizia di una donna di 78 anni che, col sostegno dei familiari, intendeva opporsi al ricovero presso il policlinico di Monza disposto per alcuni sintomi da lei presentati, che facevano pensare al contagio da COVID-19; le forze dell’ordine sono a quel punto intervenute e hanno effettuato un T.S.O. in attesa dell’esito del tampone (https://www.ilmessaggero.it/salute/storie/coronavirus_rifiuta_ricovero_ospedale_monza_tso_ultime_notizie-5102818.html).

Le telecamere dei telegiornali ci portano ogni giorno nei reparti di terapia intensiva, scavando nel vissuto dei pazienti per allertare la popolazione. Nelle ultime settimane si è iniziato a dare attenzione anche alla situazione critica delle Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.) che all’inizio dell’emergenza sono state trattate come depositi di vite di scarto (le persone anziane) dove scaricare parte dei pazienti che le terapie intensive non riuscivano più a ospitare. Sui reparti psichiatrici invece continua a regnare il silenzio: come vengono tutelati i pazienti? E il personale che ci entra in contatto? Le persone esterne hanno diritto di visita? Parte del personale medico sta iniziando a chiedere l’adozione di linee guida nazionali in merito per evitare un “nuovo caso R.S.A.” (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=83473).

Ci preme infine sottolineare che la retorica del #iorestoacasa, che esalta gli aspetti romantici e privilegiati dell’isolamento, non tiene conto delle oppressioni di genere, classe e salute. Chi vive situazioni di violenza domestica, non può restare a casa serenamente. Chi non può permettersi il lusso di godersi il tempo libero della quarantena, non può restare a casa perché deve uscire a lavorare. Chi vive una situazione di disagio psichico non può essere costretto a fare affidamento solo sulla famiglia / conviventi e privarsi totalmente delle reti di supporto, cura e condivisione, che sono spesso l’unica strategia di resistenza in un mondo stigmatizzante e mattofobico.

Ci raccontano che facciamo tuttx parte di una grande comunità che lotta insieme contro un nemico, il virus. Noi vogliamo invece ricordare che, al di là di ogni retorica, ci sono vite che continuano a non valere, vite che continuano a essere di scarto, invisibili, ribelli, che non si identificano in questa comunità nazionalpopolare. Noi ci sentiamo di farne parte.

SENZANUMERO – Collettivo Antipsichiatrico

Un contributo antipsichiatrico sull’impatto del COVID-19

(Portogallo) Scritto di Gabriel Pombo Da Silva

Visto che fino ad oggi il nostro compagno Gabriel non ha scritto comunicati ufficiali, queste parole vogliono essere precisamente un comunicato/diario, oltre che un modo per condividere con quelle persone e compagnx piú affini quello che pensa in merito a diverse tematiche.

Lo stesso Gabriel ha chiesto esplicitamente alla sua compagna di selezionare quei frammenti (delle lettere a lei inviate) dove riflette-analizza e o specula su questioni interessanti relative all’attuale situazione: il “coronavirus” in carcere, la situazione giudiziaria o le circostanze della sua prigionia.

Gabriel sta bene di salute e di spirito ed é pronto per la guerra che lo aspetta nelle galere dello Stato Spagnolo. Nonostante la sentenza definitiva del Tribunale Supremo di Lisbona che conferma la sua consegna allo Stato Spagnolo, non sappiamo ancora se le “autoritá” lo consegnerebbero senza considerare lo “stato di emergenza” dichiarato in funzione della “pandemia” da “covid-19”. Di fatto questo stesso “stato di emergenza” impedisce (teoricamente) la consegna di prigionierx ad altri paesi durante tutta la sua durata.

Seguiranno maggiori informazioni.

Gabriel libero!

Tuttx liberx!

Viva l´Anarquia!

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8 marzo 2020

Ieri, ascoltando (vedendo) la TV avevo già indovinato che questi miserabili ci avrebbero lasciato senza colloqui e oggi… beh, oggi è stato un giorno di merda…

Tutto il mondo era (naturalmente) alterato… discussioni con x secondinx, conversazioni frenetiche tra tutti e… la sintesi è molto semplice: gli stessi secondini hanno detto ai prigionieri (più alterati) di fare quello che volevano, sapendo che tanto si sarebbero assunti loro la responsabilità… si parlava di dar fuoco ad alcuni materassi (figurati, in un posto dove non circola l´aria!), di… che ne so! Ovviamente ho fatto loro capire quale fosse la vera strategia dei carcerieri (togliersi qualsiasi responsabilitá e avere un pretesto per aggravare ancora di più la nostra situazione) e quale sarebbe dovuta essere la nostra. E la nostra, ovviamente, non passa di lí. Ho detto che sarebbe stato meglio aspettare che i nostri familiari si incontrassero fuori, si riunissero e decidessero la tattica migliore da seguire.

Nel momento in cui si avvicinava l’ora di mangiare, si è deciso di non entrare in mensa e rimandare il pranzo. Alcuni (credo due o tre) sono entrati… atto che ha generato una grande tensione. Ovviamente (con gli animi accesi) quelli che avevano deciso di entrare in mensa, quando sono usciti “le hanno prese”… si è montato un casino che non puoi nemmeno immaginare.

Insomma… hanno portato in isolamento sei o sette ragazzi… a noi altri ci hanno lasciati rinchiusi in cella… siamo comunque in isolamento ma nelle “nostre” celle.

È l’ora della cena… solo tre o quattro miserabili hanno bussato alla porta per mangiare; il resto continua in isolamento. Ignoro per quanto tempo ci terranno in questo stato. Suppongo che vogliano obbligarci (con la fame) a uscire uno a uno tutti obbedienti. Non ci informano di niente. Siamo come in una dittatura. Non so quando arriverà questa lettera (e se te la daranno). Ad ogni modo tranquilla… abbiamo passato cose peggiori: la dignità non ha prezzo!

Il peso di questa questione può avere una soluzione solo lì fuori. Noi (niente di più vero), siamo ostaggi assoluti di queste canaglie.

Avendo esperienza con queste controversie, mi risulta che mano a mano che la gente avrà fame (non tutti hanno cibo in cella), o abbia “astinenza” da tabacco o voglia di respirare un po d’aria, si arrenderà. Così è la vita. Io sono forte, ho vari pacchetti di biscotti e qualche frutto. Come diceva quell’adesivo: “scusate il disturbo ma ci stanno torturando”.

Fai in modo che si sappia tutto questo. Non so se mi lasceranno chiamare per telefono. Se non chiamo è perché non ci lasciano. (…)

9 marzo di mattina

La situazione, in questo preciso momento, (tutto è “preventivo”: il regime ordinario che abbiamo, i colloqui, ecc) è la seguente: hanno creato due turni separati (divide et impera) per le uscite all’esterno della cella (…), ovviamente turni separati anche per la mensa e la doccia (…).

Il peggio non è questo (questo non è nient’altro che la conseguenza della protesta che si pretendeva organizzare per la questione dei colloqui), ma il fatto che ora la cosa più importante sia passata in secondo piano. Ovviamente il fatto che ci sia stata una protesta qui non si è sentito in nessun “mass-merda”… il peggio è che, poiché si è montato un casino con quelli che hanno optato per andare a mangiare, tutto è degenerato. È chiaro che in una protesta di questo tipo (che dovrebbe essere di lunga durata, organizzata – dentro come fuori – per noi come per i nostri familiari), non può succedere che si “picchino” coloro che non assecondano la maggioranza. Se meritano o no il disprezzo è un’altra questione. La questione fondamentale è che non tutti hanno i mezzi economici (e senza il vitto carcerario sono obbligati a soffrir la fame) e, ancora meno, coscienza di classe (o come la vogliono chiamare). Quindi è complicato. Ora hanno isolato tre ragazzi (che sono stati picchiati) e concluso qualsiasi possibilità di organizzare qualcosa di collettivo, di senso comune e pratico. Affanculo!

Questa storia dei colloqui si dovrebbe organizzare da fuori con una proposta di senso comune. I visitatori potrebbero entrare con guanti e mascherine e la questione (secondo la loro logica stupida) sarebbe risolta. Il senso “provvisorio” di queste misure può trasformarsi in “permanente” e così stare senza colloqui per mesi… questa è il fulcro della questione. È assurdo che applichino queste misure ai nostri familiari quando secondinx, infermierx, educatorx, ecc entrano ed escono dal recinto “senza controllo”, siamo matti? (…)

Penso che una lotta per ridare il senso logico ax responsabilx di questa situazione debba passare attraverso una strategia collettiva organizzata da fuori. Como già mi hai anticipato, non si può nemmeno contare su uno spazio dove potrebbero incontrarsi i familiari… figurati! Noi anarchicx “sempre” spartanx e precarx in tutti gli aspetti.

10 marzo

È una fortuna, come mi hai detto oggi, che sia uscita in internet la mia versione dei fatti di ciò che è successo qui l’8 marzo… in caso contrario (e senza altre fonti da confrontare) sarebbe esistiita solo la versione di ‘sti porci. Ora capisco perché oggi avevano (e hanno ancora) queste facce così… così afflitte, oltre a questi sguardi di odio che mi scivolano addosso. Non hanno neanche idea che, rispetto a quello che ho vissuto-passato, questo (per me) è da ridere (…). Immagino che questi imbecilli non sappiano nemmeno chi sono e le esperienze che accumulo in “guerricciole” carcerarie.

Qui non si è fatto quello che alcune guardie avrebbero voluto in complicità con i loro prigionieri leccaculo. Purtroppo alcuni di quelli che si sono ribellati (giustamente) non hanno capito ciò che stavo loro spiegando in merito a strategia e tattica… non hanno nemmeno capito la giocata macchiavellica che le guardie stavano cospirando con i loro lacchè. Niente di meno che bruciare dei materassi! Qui! In un posto dove non si aprono le finestre!

La mia esperienza-pratica (ossia la mia strategia) non avrebbe voluto essere disattesa. Rifiuto del vitto carcerario (gesto minimo), aspettare il giorno dopo per dire ai familiari che si riunissero in qualche posto “collettivamente” con x compagnx. Una proposta ragionevole era che i colloqui si sarebbero potuti fare con mascherine e guanti, evitando il contatto diretto. Pulizia con disinfettante (candeggina) della sala colloqui dopo ogni visita (che per questo hanno schiavi a sufficienza)…

Infine… aver spaccato la testa ai non scioperanti è stato ciò che ha reso più facile alle guardie applicare questo regime che abbiamo adesso. Però sono sicuro che se avessi lasciato bruciare i materassi a ‘sti matti, adesso saremmo messi molto peggio… però sono fottuti i tre ragazzini che sono stati incolpati di tutto il tumulto: conosceranno il F.I.E.S. portoghese nel carcere di Monsanto (sud del Portogallo). Sono solo caduti nella trappola di questi provocatori professionisti. Il loro unico “reato”: essere giovani e “stupidi”. I provocatori rimarranno impuniti e latenti per le prossime cospirazioni. La storia della vita (…), solo x disgraziatx si pigliano le botte…

(…) Il virus può aiutare la Natura affinché si riducano le emissioni inquinanti… forse se ne va affanculo il sistema economico e schiattano le società, chissà? Ad ogni modo è molto interessante osservare tutto ciò che può provocare una “bestiolina”… di questo stanno già prendendo nota i governi.

16 marzo

Con il fatto che oggi il responsabile delle guardie carcerarie ci ha vietato i pesi (scusa: il virus) e ci rinchiude in cella per mangiare, non ho molto di più da dire/raccontare sulla mia realtà attuale. Uno schifo!

17 marzo

Sono appena salito dopo le “mie” due ore d’aria (pomeridiane) che ho usato per fare flessioni e altri esercizi (visto che il responsabile delle guardie ci ha ritirato i pesi con la scusa del “coronavirus”).

(…) Infine, nulla di nuovo… ora tutto sta passando, quindi non ha più molto senso la fretta perché lo Stato (gli Stati) hanno altre priorità, come quella di garantire che circolino le merci (pura logistica) e garantire i lavori fondamentali per il “buon funzionamento” della macchina statale: poliziottx, carcerierx, militari, medici, equipe di pulizia, banchierx e poco altro…. il resto dex “cittadinx” può morire tranquillamente incarcerato “volontariamente” nei propri appartamenti/galere. Il panico è così grande che le masse si sottomettono volontariamente a tutto ciò che gli viene detto dalla Direzione Generale di Salute… è come nei film catastrofisti che piacciono tanto a me, e sta succedendo davvero! Allucinante!

Moltx si immaginerebbero un panorama accompagnato da rivolte, fuoco e saccheggi a profusione… ebbene no. Le strade le hanno conquistate chi è più preparatx per questi tipi di scenari: sbirri e militari. X “ribelli” (cittadini progre) rimangono a casa appiccicatx a internet e tanto impotenti quanto il resto della cittadinanza. Lo diceva già mio nonno: “chi ha il culo ha paura”… e ognunx guarda il proprio (quest’ultimo lo aggiungo io).

Tornando al mio qui e ora, oggi il capo dei secondini ha isolato “provvisoriamente” un´altra volta un prigioniero per aver protestato (per le varie questioni che gli succedono) a “voce alta”… e, siccome ha la mano molto lunga, lo ha anche picchiato. La notte scorsa i secondini stavano cantando ubriachi. Gli unici detenuti che adesso mangiano in mensa (devono essere immuni al “coronavirus” come le guardie) sono i prigionieri leccaculo. Come vedi, qui come in libertà, l’unica legge che impera è la Legge del più forte. Selezionare x fedeli del regime e il resto a obbedire pena essere pestatx o rinchiusx. Il capetto può agire in totale impunità (e ancor di più adesso con lo stato di emergenza) perché nessun familiare potrà vedere e comunicare con chi è stato picchiato.

Fai circolare in internet i frammenti di ciò che ti sto raccontando su quello che stanno facendo qui ‘ste canaglie… magari oggi godono di impunità ma esiste sempre un domani e, in più, oggi lo voglio documentare affinché rimanga (…).

Suppongo che tentare di organizzare una risposta a ciò che sta succedendo adesso nelle carceri sarebbe quasi una missione impossibile… ed è impossibile perché la maggioranza della stessa società (dalla quale provengono x detenutx) è prigioniera dei governi e dei suoi militari. La propaganda dello Stato e dei suoi vari “esperti” (medici, giornalistx, ecc) è estremamente potente: agli occhi di tuttx le conseguenze. Solo il sabotaggio minoritario è in grado di provocare effetti e risposte a tanto bio-fascismo capitalista… non si deve aspettare “la massa” perché questa si comporta sempre come le detta lo stato-capitale. Vedremo (man mano che questo si dilunga nel tempo), quanto impiegheranno a scendere in piazza quando i loro frigoriferi saranno vuoti e quando le scarse risorse (economiche) risparmiate non saranno più sufficienti per i bisogni elementari; quando non potranno più abbracciare i loro familiari, amicx, amanti, prigionierx o lontanx geograficamente: si accontenteranno di riciclare? Si accontenteranno di internet e del cellulare? Sono domande retoriche, lo so… io stesso leggerò tra le righe ciò che avverrà. Tutto ha un limite; la paura passerà… e con un po´ di “fortuna” i governi cadranno.

19 marzo

In certi casi la soluzione a un conflitto può passare attraverso il “dialogo”… qualcosa a cui non sono abituato perché normalmente non sono io quello che cerca problemi ma, man mano che si presentano, tento di risolverli. Il dialogo è qualcosa che non mi riesce poi così bene con chi mi “violenta”… nella pratica capisco che alla violenza si deve rispondere con una violenza maggiore: più intelligente e incisiva… come diceva Sung Tzu ne “L’arte della guerra”: “quando decidi di combattere sii tu a scegliere il terreno e il momento più propizio”. È ovvio che gli enunciati di Sung Tzu in galera non abbiano troppa validità.

Il tecno-fascismo panottico trascorre nel qui e ora… devi contare su un materiale umano abbastanza precario (quando non deteriorato) che non si intende né di strategia né di tattica… se a questo ci aggiungi che il “terreno” (ossia lo spazio) è completamente in loro potere (è il dominio del carceriere), ti rimane solo l’improvvisazione e l’intelligenza per resistere (…).

Secondini e prigionieri leccaculo si sono alleati per discriminarci dal loro “regime di vita” esterno alle celle. Il cervello è il muscolo del saggio… e questo è il muscolo che utilizzo di più (ovviamente il loro muscolo preferito è la lingua…).

22 marzo

(…) In TV esiste solo il “virus” (…) se fossi credente sarei convinto che si tratta di un segnale “divino”… un castigo dello stesso Dio! Questo succede per essersi messi con l’Arcangelo Gabriele, favorito dell’”Altissimo”, je je je! Ejem…

Ora manca “solamente” che il Tribunale Supremo portoghese consulti la Legge e lasci da parte i telefoni… ho letto decine di volte lo scritto degli avvocati: è fatto benissimo! Solo un atto di mala fede o di esplicita corruzione potrebbe dare ragione a quella stronza corrotta di Girona…

24 marzo

Sulla questione “covid-19″ e su come i diversi governi si stanno comportando (e la mancanza di risposta sociale), lo vedi: Francia è riuscita ad applicare la riforma alle pensioni di un colpo solo; Italia sta nazionalizzando le imprese a tutta velocità; Israele, con il fatto dell’”emergenza nazionale”, continuerà con “Netanyahu” al fronte (proprio adesso che c’era già un patto multilaterale per cacciarlo) e la “giustizia” si ferma (ovviamente anche i suoi processi per corruzione)… se c’era già una precarizzazione totale nel mercato del lavoro, ora rimangono direttamente escluse ampie maggioranze di lavoratori. Se si manterrà l’Euro come moneta unica si vedrà. Le città hanno dimostrato di essere (ciò che sono) veri e propri veleni, carceri proletarie che servono solo per amministrare miseria e morte. Per quanto riguarda le istituzioni totali di ogni tipo – carceri, manicomi, C.I.E.S., ospizi, ecc… – campi di sterminio selettivo. Questo virus ha messo le relazioni di potere in evidenza. Chi si sentiva “privilegiatx” nel vecchio ordine sociale ha scoperto di essere tanto contingente come lx altrx che guardava con disprezzo. Comandano l’economia e il potere, e a queste latitudini saranno sempre selettivi e ci saranno “tagli”. Seguendo la logica dei film catastrofisti: quando la Terra già non sarà più abitabile, nelle “navi spaziali” ci sarà posto esclusivamente per x “piú qualificatx”: il Re e il suo seguito (il resto può morire).

Mi richiama l’attenzione come gli organi di propaganda mediatica (TV e stampa) stanno esercitando il loro potere… o come i laboratori ci stanno vendendo la “speranza” sotto forma di vaccino miracoloso. I cinesi stanno già iniettando (cavie umane non mancano) la loro formula; la Germania “pare” esserne vicina… sembra una competizione farmacologica per ridurre gli effetti virali… mentre “sogniamo” con la medicina miracolosa che ci libera dalla morte, ci abituiamo alla morte lenta del sistema capitalista. Fra poco ci faranno credere che il “razionamento” di manuali di alimentazione sarà il modello più razionale per la sopravvivenza della specie umana. Il capitalismo ci dirà che il “comunismo” sarà l’unica alternativa possibile: compagno cittadino io in alto e tu in basso!

Sono tempi molto interessanti (politicamente parlando), pieni di possibilità (inizio a simpatizzare con questa “bestiolina”): continueranno a ignorare il Re nudo? Piú “bambinx” vedranno il potere nudo? Continueranno ad essere servx volontarx e ipocritx? Lo so… sono un’altra volta domande retoriche… l’unica cosa che so è che quanto peggio (l’economia) tanto meglio (per le alternative). Moltx hanno dimenticato che “x meno” sono/siamo “x più” nel mondo e che l’unico virus nocivo che dobbiamo sterminare è il capitalismo e la sua violenza autoritaria che ci debilita inesorabilmente…

(…) Mi “diverte” osservare quanto siano ridicoli i potenti quando annunciano che “le forze di sicurezza” stanno facendo tutto il possibile per “il bene comune”… nemmeno loro sono “sicurx” del virus (infatti in Portogallo ci sono già squadre di sbirrx infettatx, medici, infermierx, politicx, ecc…) e la battaglia tra “il bene e il male” la lasciamo a Nietzche che sapeva quello che scriveva.

(…) Vabbeh, se sarò estradato o liberato si deve ancora decidere presso il Tribunale Supremo di questo paese e ciò, per il momento (e per qualche mese), non lo vedo… voglio dire che i Tribunali sono quasi congelati e poi (quando cominceranno a funzionare), dobbiamo considerare più o meno due mesi al Supremo e un po’ di più al Costituzionale (…).

La verità è che preferisco concentrarmi (e non “angosciarmi”) nelle cose più immediate come avere cura della mia salute, fare sport, leggere (…). Non sono condannato a morte né ho una malattia mortale… ciò che stiamo vivendo è una situazione di evidente persecuzione politica dove usano qualsiasi cosa per fottermi… ma questo non può prolungarsi ancora per molto (…) devo solo concentrarmi nel resistere (come ho sempre fatto) e riprendermi una volta per tutte la mia libertà.

26 marzo

Certo è che non succede nulla di nuovo… da quando si è reciso il legame con l’esterno, le uniche cose che son cambiate sono state il regime carcerario e il comportamento delle guardie e dei prigionieri: le guardie si credono “dio-in-terra” e i prigionieri strisciano come vermi per “godere” delle briciole alle spalle di altri prigionieri… l’osservazione della condotta degli uni e degli altri è interessante per coloro ai quali piace la psicologia e addirittura l’antropologia…

(…) Sto aspettando che finisca il periodo del bio-fascismo e rispettive dittatura e reclusione totalitaria… in questo preciso istante sto vedendo in TV un “professore” che dice che dobbiamo abituarci a non baciarci e abbracciarci a breve e a lungo termine… sono malati! È un conforto saperci individui e non parte di una massa uniforme che si muove verso l’abisso.

27 marzo

(…) Mi sono fatto già l’idea di poter stare in queste condizioni fino a minimo fine aprile/primi di maggio… per fortuna che ho già delle esperienze (e senza “virus” minaccioso nel mezzo) di situazioni “profilattiche” e di “quarantene” varie… così che mi “adatto” (psicologicamente) senza difficoltà a queste situazioni di “emergenza”…

Per quanto riguarda il “virus” non saprei dirti se l’ho già fatto in maniera asintomatica o se, al contrario, qui non è nemmeno entrato… dei poco più di venti che siamo, dal momento che tra l’altro siamo separati (all’aria usciamo in otto persone) e personalmente mi relaziono solo con un altro, lo vedo abbastanza difficile che io possa entrare in contatto con il collega-nocivo “coronavirus”… ma… non penso troppo a questo, preferisco fare flessioni, sedie, addominali, e questo tipo di cose. Sono molto forte e grande. Ovviamente essere forti non è che sia una garanzia di nulla visto che la “bestiolina” attacca i polmoni e che questi sono proprio il mio tallone d´Achille fisico (…). Qui è da settimane che ci misurano la temperatura… l’unico rischio reale sono le guardie che vengono dall’”esterno”: sono l’unico “agente di rischio”… da quello che sto vedendo (in TV), x vecchiettx che stanno morendo negli ospizi sono stati infettatx dai loro “assistenti” (visto che anche loro sono rimastx senza visite più o meno nello stesso periodo dex detenutx) ax qualx non hanno mai fatto il “test”… e ciò considerato che ‘sto teatro di isolamento-sociale lo hanno organizzato teoricamente per “proteggere” i “gruppi a rischio”. Ovviamente nemmeno le guardie carcerarie vengono “testate”… solo “testano” le persone “sintomatiche”… infine… la questione del “prevenire” e del “razionalismo” del piano strategico di sanità è ridicola e assurda. Per non parlare del fatto che il rischio maggiore di essere infettato è rappresentato dagli ospedali e dal “servizio medico”. Tutto è demenziale… spero solo che finisca al più presto questa isteria collettiva perché niente e nessuno può “proteggerci” o “aver cura di noi”: tutto il contrario…

(…) Merda! Respinto il ricorso al Supremo! Arrivare in Spagna proprio in questo momento! È da “paura”… spero ritardino un po’ più di tempo, ma non mi faccio illusioni… arrivare giusto nel pieno di questa pandemia virale e caos totalitario nelle carceri… e io asmatico. Non hanno mai avuto un situazione tanto favorevole per togliermi di mezzo senza nemmeno sporcarsi le mani… cazzo!

30 marzo

Qui ho già visto nella TV portoghese un video che i prigionieri di Custoias (Oporto) si sono fatti con un cellulare…. mi ha fatto sorridere vedere questi incappucciati minacciare con una “Revolução” di bruciare le carceri… visto che i mass-media hanno parlato di tre carcerieri infetti a Custoias, i prigionieri cominciano a imparanoiarsi con il “morire contagiati” e la TV parla già di una situazione insostenibile (promettendo indulti e altre cose del genere), nelle carceri del nord. Da quello che so e conosco delle prigioni più grandi di Oporto, è possibile che già questa settimana scoppi qualche rivolta… io direi che Custoias e Pasos de Ferreira saranno tra le prime. Sono galere sovraffollate (più di mille prigionieri cada una) dove le guardie non hanno il controllo… non è come ‘sta merda dove degli appena trenta prigionieri si salvano due o tre e il resto non vale nemmeno per concimare un campo di patate.

Il fatto che creda che scoppieranno delle rivolte non è tanto per questo video (opportunamente filtrato dai mass-media) di incappucciati e quello che dicono (minacciano) succederà… ma perché conosco ciò che la paura e la sensazione di “ingiustizia” genera nex disperatx… d´altro canto (come noi) sono da un mese senza colloqui, senza cibo e senza droghe… e questa, aggiungendo il bombardamento mediatico sul virus, è la combinazione perfetta per una bufera (…).

(…) Hanno già iniziato a liberare prigionierx con pene (o residui di pene) inferiori a due anni… chi ha i permessi d´uscita (in Portogallo 1000 prigionierx su una popolazione totale di 12000) e anzianx-malatx… se consideriamo che la popolazione detenuta portoghese è la più vecchia d’Europa (il 30% supera i 60 anni), ciò suppone un gran numero di liberazioni… l’illusione come la disperazione sono i fattori di “controllo o caos”… visto che x tedeschx (e credo che Spagna e Italia abbiano fatto lo stesso) hanno già messo in pratica le raccomandazioni dell’O.N.U. liberando prigionierx, x portoghesx seguiranno questo “dictat”…

Che coincidenza! Giusto nel telegiornale di mezzogiorno (in questo momento) danno ancora la notizia dei prigionieri… dicono che hanno raddoppiato la quantità di ansiolitici (lo hanno detto proprio chiaramente); lo giustificano dicendo che la maggior parte sono tossicodipendenti e che, inoltre, in questa situazione di prigionia e ammucchiamento l’ansia e la paura si moltiplicano e bla bla bla… ecco…

1 aprile

La sentenza del Tribunale Supremo non perdo nemmeno tempo a leggerla… se avevo qualche “speranza” (per chiamarla così) nell’autonomia decisionale del Portogallo si è rivelata solo una illusione che non avrei mai dovuto nutrire, sapendo come so, che coloro che realmente comandano (prima nell’ombra e ora alla luce del sole) sono i servizi di “intelligence” e i loro sbirri nella “società civile”: poliziottx, giudici, giornalistx, ecc…

Il “virus” ha messo in evidenza quello che noi stavamo annunciando e sospettando da molto tempo: il capitale e lo Stato sono il Moloch da distruggere… l’”Era” dex tecnocratx e dei “social-democraticx” ha già esaurito la propria “carta storica” davanti agli occhi di tutto il mondo. Chi da questo momento (e dopo “l´ultimo tocco” bio-fascista) continua a credere nei “Diritti” è direttamente un´imbecille patentatx…

In relazione alle misure di “prevenzione coronavirus” in prigione si è visto chiaramente dal primo momento chi sono statx x primx ax quali hanno iniziato a “ridurre” i propri “diritti” dall’inizio: tuttx coloro che hanno immagazzinatx come carne umana nelle loro istituzioni. A cosa è servito tagliare i colloqui se le guardie e x tecnicx della prigionia erano nelle istituzioni senza guanti né mascherina? La domanda è retorica perché la risposta sta mettendo in risalto, attraverso i fatti, chi è statx realmente a contagiare x vecchx negli ospizi… ora sta uscendo allo scoperto tutta la questione degli ospizi infetti in Portogallo… lo sono quasi tutti!

La direttrice del servizio sanitario Graça Freitas è la responsabile diretta delle decine di mortx e centinaia di contagiatx negli ospizi… e non solo! Non sarebbe stato “logico”, visto che ha dato un taglio a una possibile via di trasmissione (i colloqui con i familiari), che concludesse il circolo profilattico facendo analisi del covid-19 ai badanti e distribuendo guanti e mascherine agli stessi? Ovviamente! Però questa signora ha fatto la stessa cosa nelle galere! Solo adesso (dal 30 marzo) le guardie carcerarie entrano con guanti e mascherina…e, teoricamente, solo adesso faranno loro il “test”… e perché? Perché solo adesso è emerso pubblicamente che gli ospizi sono quasi tutti contaminati. E solo adesso (dal 28 marzo) hanno individuato tre guardie contagiate nel carcere di Custoias (Oporto)… oggi (1 aprile) si è saputo dalla TV che 25 “recluse” sono isolate nella prigione di Santa Cruz Do Bispo e almeno una ha dato positivo al covid-19… forse lx impiegatx istituzionali sono immuni al covid-19? Ovviamente no. Una lettura dei fatti ci dimostra che non c’è stata nemmeno una strategia pianificata né si sono adottate delle misure profilattiche adeguate. Semplicemente (la direttrice del servizio sanitario Graça Freitas, ndt) ha esercitato il proprio potere in quelle istituzioni a) perché “pazienti” e “prigionieri” non si possono difendere e b) perché guardie e badanti non mettono in dubbio il suo potere.

Un’altra questione è: come è stato possibile che x familiarx-amicx-ecc di prigionierx e pazienti abbiano permesso tutto ciò? Io ti rispondo: la fede cieca nelle autorità e nei tecnici; la stessa paura e la mancanza di risposte di fronte all’ignoto… è triste però questo mette in evidenza come le illusioni e la fiducia che x “cittadinx” depositano nelle “autoritá” permettano che queste le investano proprio affinché x loro stessx familiari si trasformino in prigionierx o pazienti, “muoiano” di negligenza autoritaria…

Isolatx, senza colloqui (in alcuni posti senza nemmeno posta né telefonate), un segmento della società rimane alla mercé del Moloch bio-fascista… e la “società” rimane rinchiusa nelle proprie case senza diritto a scioperi, manifestazioni, lavoro, ecc… e i senza-tetto possono morire liberamente per strada o in padiglioni sportivi… abbiamo qui un ritratto della società capitalista! (…) Se sono stati capaci di rinchiudere tutta la società in quasi tutto il mondo, immaginati cosa possono fare con prigionierx, immigratx, anzianx e tuttx coloro che hanno nelle loro galere questx assassinx, genocidx!

Tutto questo che ti sto scrivendo puoi (e devi) pubblicarlo. Ovviamente ci potrebbero essere alternative per poter conciliare “quarantena” e “comunicazione esterna” ma non tuttx siamo uguali…

Nelle prossime settimane comincerà il dramma della comparsa del covid-19 in Portogallo… osservando la banda di incompetenti del ministero di Salute e Giustizia vedremo di quanti “camion frigorifero” per x mortx avranno bisogno nelle carceri e negli altri centri chiusi.

3 aprile

(…) Poco importa se è stato un laboratorio o la Natura ad aver creato questo virus… era necessario. E non ha nemmeno molta importanza che infetti me o mia madre. La Natura è implacabile e l’umanità deve imparare a rispettarla e a temerla. Non esiste una Natura “su misura” dell’essere umano, non è una “risorsa umana”. Tutta la superbia e l’arroganza scientifica umana deve sentirne il terrore. Questa volta il virus è stato benevolo, colpisce solo il 2% dell’umanitá e ha rispettato x bambinx. È stato meno letale, classista, razzista e sexista del capitalismo. È curioso come si abbia più paura di un virus di questo tipo che non del capitalismo tecno-industriale… sono convinto che, se il capitalismo sarà distrutto, possiamo creare qualcosa di meglio… peggio del capitalismo (e rispettive varianti) non possiamo fare: questo è sicuro. Quindi spero che non si contenga, che sia naturalmente brutale… non mi piacerebbe che, se si limitasse ad uno “spavento”, si vedessero dex coglionx indossare magliette con su scritto: “Sono sopravvissutx al covid-19”. Il cinismo cittadinista deve rimanere sepolto. Questo non è l´11 settembre con “eroi” e “villani” che dopo lo “spavento” continuano a maledire qualsiasi cosa (…).

L’altro giorno ho visto una storia allucinante (o forse no) in TV: c’era una catena di televisione portoghese (TVI) diffondendo la “notizia” di un ospizio… all’improvviso questo “team” di cameramen si rendono conto che una vecchietta stava tentando di scappare dal retro rimuovendo una recinzione… che hanno fatto i “giornalisti” che “informavano” (con tono allarmista) del dramma che si stava consumando lì dentro? Chiamare i badanti affinché rinchiudessero la vecchietta! La morale è molto semplice: no c’è empatia e/o simpatia per l’anziana che cerca la libertà, la possibilità di una opportunità di vita, no. Il dramma è per chi rimane incollato al televisore, è l´obiettività e il rigore dell’informazione… dopo tira fuori il telefono e fa la spia affinché catturino la presunta “vecchia-infetta” che minaccia la “nostra” sicurezza: la vittima è un criminale! Quindi… ho simpatizzato con la vecchietta e ho augurato la peggiore delle morti a questi infami.

(…) Sono molto curioso di vedere come reagirà tutta la gente dopo questa prigionia forzata, come rimarrà l’economia, come si relazionerà la gente, appunto. Sopravviverà l’invenzione europea? Si apriranno le frontiere? Torneranno gli aerei a solcare i cieli da un posto all’altro? Se la disoccupazione sarà talmente massiva come è già previsto, che farà la gente? Quali saranno gli “effetti” della convivenza forzata alla quale tuttx sono stati sottomessx? Sono domande che suscitano realmente il mio interesse e la mia curiosità. Mi chiedo anche fino a quando e quanto x “cittadinx” sarebbero dispostx a stare in “quarantena” obbligatoria.

4 aprile

(…) Sto vedendo (e analizzando) le “notizie” di regime sulle analisi sierologiche che si stanno proponendo di fare (o che si stanno direttamente facendo) a paesi come Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Stati Uniti e Cina per vedere quali persone sono immuni al virus. Tutto questo ci sta indicando che il nuovo mercato liberale sta già selezionando la mano d’opera “più adatta”… questa “emergenza” mondiale ha fornito gli Stati e il Capitale di una ingente quantità di dati di carattere “privato” sui suoi “cittadini” e clienti… ora quindi proveranno sulla propria pelle quello che significa stare in F.I.E.S, in primo grado, in secondo grado e/o regime aperto. A tempo pieno sempre chi ha la divisa: poliziottx, militari e carcerierx; controllori e banchierx… (…) e comunque l’esperienza della “quarantena” lx ha già preparatx per il loro ingresso nella “prigione-live”: rinchiusx e senza diritti; vigilatx e senza “controllo” delle loro esistenze.

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ORA CHE SIAMO TUTTX PRIGIONIERX

Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa avere nostalgia, odiare e amare…

Avere nostalgia di passeggiare sotto il cielo mentre il mare si infrange sulle rocce.

Avere nostalgia di incontrarsi con lx amicx e poterlx abbracciare.

Avere nostalgia degli amori che adoriamo baciare.

Avere nostalgia di tutto ciò che oggi non ci permettono di godere.

Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa odiare…

Odiare la monotonia e le conversazioni noiose dalle quali non possiamo fuggire.

Odiare la prigionia infetta che limita e soffoca tutta la nostra libertà.

Odiare i giorni e le notti che si susseguono così, senza nulla di più.

Odiare i comportamenti egoisti dex altrx e che da solx non possiamo evitare.

Ora che siamo tuttx prigionierx sappiamo cosa significa amare…

Amare la natura che ci permette di respirare.

Amare l´intelligenza che ci invita a sognare.

Amare la sensibilità che ci fa godere.

Amare la libertà di poter essere e stare.

Ora che siamo tuttx prigionierx: è tempo di riflettere…

Gabriel Pombo Da Silva

Oporto – 29 marzo 2020

 [https://ilrovescio.info/2020/04/20/scritto-di-gabriel-pombo-da-silva-sulle-carceri-in-portogallo/]

Non li ucciderà il virus

Questo scritto approfondisce quanto pubblicato nel documento “Tutto va estremamente bene”.  Si avvale, inoltre, di considerazioni formulate in precedenti nostre pubblicazioni.

Il vuoto della tecnica

Il continuo adattamento delle progettualità politiche degli stati moderni alla presunta infallibilità della tecnica, pare aver posto in secondo piano quegli stessi governi che delegano ad essa le proprie scelte. Lo Stato continua, in realtà,  a svolgere un ruolo repressivo ed avalla, attraverso i suoi rappresentanti, l’innesco di protocolli economici, sanitari, amministrativi, già definiti. Nello specifico, se tali protocolli sono efficaci o perniciosi è un dato di secondo piano. Per i fantocci di turno, l’applicazione dei protocolli in questione deve risultare un fattore di accrescimento della propria popolarità e, al contempo, deve fornire una giustificazione scientifica delle scelte effettuate . Come rendere tutto ciò propaganda di governo è compito dei media e di ciò che ruota intorno alla politica. Se le cose dovessero andare male, ci si atterrà alla dicitura sempre efficace: ”Sono state eseguite tutte le procedure che il caso richiedeva”.
E’ chiaro, che tale procedura di comodo, non ridimensiona le responsabilità di nessun padrone, di nessun politicante, di nessun tutore dell’ordine, di nessun accademico compiacente, di nessun giornalista. Sebbene sia mutato l’aspetto del contenitore, sono persone in carne ed ossa a svolgere i ruoli di oppressori ed aguzzini.
Tuttavia, il tentativo di rendere efficiente l’azione di governo attraverso l’ausilio delle tecnica e delle scienze valutative ed economiche, ha spostato l’attenzione dal protagonismo reale dei governanti ad un mero raggiungimento di obiettivi; di tali obiettivi, però, non se ne discutono i contenuti, così da dare l’impressione che promotori ed esecutori si trovino ai margini delle scelte effettuate.  Ma è solo l’effetto spettrale del tentativo di distruzione della realtà di cui hanno bisogno gli artefici del sopruso.
Eppure, per le democrazie, l’idea di permettere al “popolo”, termine che riconosciamo esclusivamente come entità astratta, di decidere delle proprie sorti deve restare in piedi, anche quando le libertà concesse devono essere soppresse per lavori in corso. Ribadendo che non rimpiangiamo nulla delle libertà elargite dalle democrazie, crediamo che indignarsi ora per la stretta repressiva ulteriore equivarrebbe a riconoscere che nel recente passato vi siano state situazioni favorevoli. Lo Stato fa il suo lavoro, sta a noi anarchici rivoluzionari farlo stancare, esaurire, azzopparlo in qualunque veste esso ci si presenti. Riteniamo fondamentale quindi, evidenziatene le falle ed i punti scoperti, attaccarli in modo concreto. E state pur certi, ce lo insegnano la storia ed il buon senso, non vi sarà mai alcun Decreto o “ritorno alla normalità” che ci consentiranno di farlo senza conseguenze.
La democrazia non è l’eredità di una libertà concreta, ma un binomio costituito da una libertà astratta coesistente con svariate forme di servitù, dipendenza oppressione. Come far fruttare al meglio questo binomio se non attraverso il connubbio tra potere tecnico e sovranità politica? Un processo che potremmo considerare un “laboratorio” tendente ad autoimmunizzarsi procedendo per crisi interne. L’intensificazione della risposta autoimmunitaria del capitalismo ha luogo, da sempre, nelle sue aree periferiche o in via di marginalizzazione rispetto ai centri del sistema.  Di conseguenza, una transizione da un contenitore democratico-autoritario ad un contenitore tecno-autoritario non è che un gradiente con cui è modificato lo status di sistema in senso più conservativo. Il capitalismo, tanto amante della scienza a tutti i costi, si è creato la sua bella disciplina scientifica, ovvero quella economica, con la quale si incensa continuamente e si dota di una gloria immediata, nonché postula quel suo  dogmatismo che oggi giustifica come “vera” ogni affermazione che proviene dalla sacra bocca dei moderni vate, ovvero i cosiddetti scienziati. Ebbene, se noi avessimo la pazienza di addentrarci nello studio dell’economia potremmo vedere come questa risponda, perfettamente, all’immagine della società che il capitale, appunto, desidera forgiare per ottenere maggiori profitti, guadagni e controllo sociale. Tuttavia, non è il capitalismo ad essere in crisi. Possono essere in crisi alcune sue aree territoriali, poiché nuove emergono agli occhi della storia presente. Il capitalismo è sopravvissuto ad epidemie più distruttive, a due guerre mondiali, a svariate rivoluzioni comuniste riconvertitesi in capitalismo di stato. E’ in crisi il suo contenitore strategico attuale, ma non lo ucciderà il virus. Lo sfruttamento è messo in atto da persone reali e queste sono già in moto per reinventarsi o conservare un ruolo al vertice della piramide.

Non affidiamo ai padroni e ai politicanti la nostra vita

Se volessimo ripercorrere cronologicamente le dichiarazioni dei ministri, le uscite propagandistiche e i decreti legge del consiglio dei ministri, non potremmo non evidenziarne la contraddittorietà e l’approssimazione. E quando il nemico è confuso, va attaccato. Visto che lo Stato ha la memoria lunga, dimostriamo, anche noi sfruttati, di averla ben salda e funzionante.
Attenzione, però, nell’affermare che il nemico è confuso, non intendiamo dire che è debole, piuttosto ha evidenziato, palesemente, contraddizioni specifiche in tutto ciò che gli si muove intorno. Ha mostrato il fianco proprio nel momento in cui ci ha chiamati ad aiutarlo per difendere “la nostra economia”, le “nostre aziende”. Come un feudatario medievale, come un barone post-unitario, come un qualsiasi padrone lo Stato vorrebbe condividere le perdite e in prospettiva accaparrarsi gli utili; si affida al lavoro volontario, sottopagato e  oscura gli scioperi. Le persone chiedono inutilmente aiuto ai servizi sanitari che, se contattati, rispondono talvolta di “stare a casa” poiché non ci sono i presidi adatti a prestare soccorso. Mentre padroni e governanti spettacolarizzano la loro malattia, la pubblicizzano, la rendono un fatto condiviso, i ricchi vengono ben curati e hanno maggiori probabilità di  sopravvivere,  i poveri crepano e vanno a finire, spesso, in fosse comuni. Per attenuare le possibili conseguenze di una rivolta sociale davanti alla mancanza dei beni di prima necessità, all’aumento dei prezzi, alla perdita di salari, lo Stato delega ad associazioni di volontari la rappresentazione del proprio lato umano. Nel contempo , come detto in precedenza , continua a svolgere il suo mestiere di aguzzino.
Chi fa appelli all’unità ed alla condivisione è chi ci uccide ogni giorno.

La discarica dell’informazione locale, nazionale, globale

Siamo abituati al falso ed abbiamo imparato da tempo a non temerlo. La veicolazione del falso ha contraddistinto la storia di questa terra che oggi esige a gran voce di farsi chiamare “patria”. Si tratta di una prassi istituzionale rafforzatasi e perfezionatasi nel tempo: con le stragi di stato, con l’assassinio premeditato dei rivoluzionari in strada o durante un arresto, nell’ecocidio quotidiano dei luoghi che abitiamo. Ebbene, riguardo a tutto ciò, la versione ufficiale dei fatti, da parte dell’informazione “attendibile” qual è stata fino ad ora?
Far diventare, col tempo, la realtà “narrazione” con grande compiacimento di tanti mediattivisti.
Tra loro, infatti,  c’è chi vede nell’attuale dimensione, l’opportunità per spostare la cosiddetta “narrazione” dal profitto dei padroni sui valori umani.  Ci sembra alquanto ingenuo vedere nei decreti legge il mutamento dei principi capitalistici in senso accettabile, eppure c’è chi cerca di cavalcare l’onda coronavirus, proprio come chi governa l’economia e gli stati, per rientrare a dire la propria nel consueto processo democratico: dirette facebook, skype segnano il nuovo terreno di battaglia delle lotte di coloro i quali già ne portavano avanti un contenuto esclusivamente simbolico. Tali parti politiche che hanno tratteggiato la linea di intervento del nuovo capitalismo, ora lo sostengono nella fase di riavvio della macchina. Nel contempo ci si affida all’intrattenimento collettivo. Non è importante ciò che è giusto o sbagliato, tanto meno chi lo decide , l’importante è dire qualcosa, confessare uno stato d’animo, una sensazione, un disagio, renderlo tracciabile, classificabile, inglobarlo nella drammaturgia del potere.
Tutto si gioca sulla quantità di informazioni che consentono di prevedere l’andamento delle attese.
Il governo si arrabatta a fornire informazioni, notizie utili, comportamenti responsabili.  I Decreti sono prima alimentati dall’informazione e poi ratificati come qualcosa di già atteso, di già digerito. Tuttavia, la narrazione quotidiana delle quarantene, il diario di bordo delle proprie vite spettacolarizzano ed edulcorano la crudezza  degli eventi, nascondendoli o marginalizzandoli. Da una parte, la situazione è grave, a causa di chi esce di casa, non di chi ha speculato e continua a speculare sulle nostre vite; dall’altra, andrà tutto bene, ce la faremo, siamo un grande paese. Nel primo caso si è spinti ad identificarsi con un  comportamento conformista, timoroso, appiattito sulle leggi e sull’attendismo; nel secondo, si chiede uno scatto d’orgoglio, di coraggio, di ottimismo. Pur partendo da punti vista opposti, ci troviamo davanti allo stesso meccanismo di suggestione e arriviamo alla stessa conclusione: l’importante è obbedire senza protestare!
La riproduzione del meccanismo capitalistico di propaganda si connatura alla dimensione quotidiana così come sentenziano i marchi aziendali della pubblicità: “sii anticonformista nelle tue scelte!”; “uniformati agli altri per non essere isolato!”. L’importante è comprare!
Ma chi vende, ha già comprato gli slogan “sostenibili” e sostenuti “dal basso”. Insomma le parole d’ordine e gli slogan che prima si potevano leggere sui muri di qualche centro sociale okkupato, oggi li troviamo sulla bocca degli economisti più gettonati! L’impoverimento delle proposte, delle idee ravvisatosi negli ultimi anni nell’area riformista ed antagonista è passato dalla ideologia del fare a quella del dover essere scordando definitivamente l’agire.  Un bel progresso, non c’è che dire. Questo capitalismo dal basso, condiviso, sarà un capitalismo che individuerà le procedure da seguire in ogni momento della nostra vita, che normerà i nostri sentimenti e non lascerà nulla al caso e alla spontaneità ma al contempo ci dirà che siamo liberi. Questo concetto di capitalismo autogestito, probabilmente, nasce anche perché molte pratiche, come l’autogestione, nel corso del tempo hanno smesso di essere conflittuali e sono rimaste mero strumento di sopravvivenza, ecco perché ormai è facile far recuperare al capitale, all’economia, alcuni concetti.

Contro lo stato, senza eccezioni

In questo periodo risulta tristemente interessante osservare i linguaggi e i modi di comunicare i messaggi. In realtà trovarvi una apparente coerenza è difficoltoso, in effetti basta confrontare le varie dichiarazioni di ogni singolo esperto o politico, per rendersi conto che sono, a distanza di pochi giorni  del tutto contraddittorie.
Come funziona l’apparato strategico del nemico quando percepisce condizioni pericolose e dichiara uno stato di emergenza? Dimostra efficacia, prontezza di interventi? Premesso che lo stato di emergenza è pressoché permanente nella rappresentazione del potere e che i momenti di eccezionalità e di crisi sono costantemente mantenuti in auge, ciò a cui assistiamo oggi riveste un profondo aspetto di indeterminatezza e di imprevedibilità ed in tutto questo è percepibile fortemente una grande difficoltà da parte dei governi.  Un affanno più che evidente. Al momento,  il primo ministro Conte, espressione dell’unico organo statale attivo, il Consiglio dei Ministri, viene spinto davanti alle telecamere per fare dichiarazioni e leggere decreti . Il più delle volte si tratta di risoluzioni già venute alla luce attraverso svariati mezzi stampa, già masticate dall’informazione e da chi vi dà credito, in modo da ottenere un effetto di impatto minimo.
Facciamo alcuni esempi: la confusione sui protocolli sanitari, la contraddittorietà delle risoluzioni a livello territoriale, le concessioni e i divieti intercambiabili di giorno in giorno.
Altro aspetto fumoso, l’utilizzo dell’esercito. La presenza dei militari in luoghi considerati sensibili dallo Stato è ormai da tempo consuetudine e vederli affiancare polizia o carabinieri nelle stazioni o altre zone delle città non è un fatto inusuale. Tra l’altro la storia recente ci rimanda alla memoria momenti in cui ciò è avvenuto in alcuni territori considerati fuori dal controllo statale diretto. Ci riferiamo alle operazioni Vespri siciliani, Riace e Forza Paris svoltesi rispettivamente in Sicilia, Calabria e Sardegna tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.  A conti fatti, l’occupazione militare di queste terre portò esclusivamente ad aumento del controllo quantitativo del territorio, poiché le forze impiegate in aggiunta a quelle già presenti non ottennero un reale mutamento delle dinamiche illegali. Se lo Stato ha ottenuto risultati in questi territori, ciò si è verificato soprattutto grazie al pentitismo, non ad un’azione investigativa o ad un controllo capillare di città, paesi e montagne. Lo Stato, però, poté dimostrare, attraverso i criteri della scienza valutativa a cui il capitalismo fa riferimento, che il suo impegno si moltiplicò.
Come già detto, anche in questa occasione, l’unica soluzione formulata dai governanti è la raccolta di dati: un tot numero di denunce, di fermi, di posti di blocco, di sbirri dislocati nelle regioni; ciò nasconde, in parte, la richiesta di ventilatori, di supporti sanitari e strutture d’accoglienza per i malati.
Ma se si dispone di grandi numeri per il controllo, perché si chiede l’ausilio dei volontari per il soccorso minimo?
Quanti sbirri, militari e secondini che effettuano controlli o pestano i detenuti sono contagiati? Quanti di questi eroi diffondono il virus? Quanto costa l’indennità di missione dei militari impiegati? A chi viene affidato il comando dei presidi ospedalieri in emergenza? A quegli stessi angeli che insieme ai politici locali hanno riformulato i presidi sanitari sul territorio fino a poco tempo fa ridimensionandone la qualità e dislocandone le strutture?
La risposta è sempre afferente alla dimensione protocollare: si creano, quindi, task force che delegano alla tecnologia altre acquisizioni di dati.
Si propaganda il tracciamento degli spostamenti a fronte della richiesta di presidi sanitari per intervenire, fornire assistenza a chi dovrebbe recarsi in ospedale. Ma è evidente che si tratta di un’ennesima mossa per dimostrare che si è fatto il possibile.
Non riteniamo giusto soffermarci sulla portata dell’attuale ondata repressiva, né esaltare, oltremodo, dettagli e minuzie delle tecnologie militari in uso; tanto meno evidenziare restrizioni, limitazioni e disumanità dei decreti governativi. Non intendiamo certo passare per ingenui o superficiali, anzi riteniamo opportuno e sensato documentarsi e aggiornarsi sul funzionamento della macchina nemica; tuttavia nessuna trasformazione o aggiornamento dell’ordine democratico ci fa rimpiangere ciò che esso si lascia alle spalle.

Noi vogliamo distruggere la società, non migliorarla

I governi, come anticipato, sono in  confusione. Si affidano alla tecnoscienza che stenta a tenere testa ai mutamenti del virus. Si affidano ai calcoli logaritmici delle previsioni di mercato e di indagine economica. In poche parole demandano alla continua riformulazione dei parametri scientifici l’inconsistenza della loro azione.
Il metodo scientifico contempla l’errore, dice che si può sbagliare, anzi da un errore si  possono dedurre delle osservazioni che saranno utili per altre ricerche, ebbene cosi facendo, ecco dunque il  perfetto strumento di lettura del reale. I sostenitori della tecnoscienza affermano che mai si  smette di approfondire e ricercare, e sostengono che non è vero che ciò che non può essere misurato dal metodo scientifico viene semplicemente ignorato, essi sostengono che nulla viene ignorato ogni cosa viene ricercata.  Ricercando ogni cosa dunque la scienza ha la capacità di rispondere, prima o poi, ad ogni domanda? Se così è allora è in potenza, onnisciente, proprio come dio. Allora chi sostiene che oggi alla religione si è sostituito il dogma scientifico ha perfettamente ragione.  La scienza non è interpretazione del mondo? Non ha un suo progetto? La domanda appare retorica, alla luce di queste brevi considerazioni, e  questi sono i caratteri propri di ogni ideologia, ecco perché pare corretto, oltremodo corretto, parlare di ideologia della scienza. Come anarchici non crediamo possibile indicare, o peggio ancora credere, che esistano reali strumenti conoscitivi della realtà, ogni mezzo simile si configura come ideologia, ideologia è la scienza, ideologia può essere una forma di “credo politico” ideologia può anche essere lo stesso anarchismo. Crediamo che non esistano alcuna verità e certezze, chi le ricerca produce in noi molti dubbi e, soprattutto, un forte senso di repulsione.
Sappiamo bene però, che l’apparato tecno scientifico e militare si muove dietro alcuni pionieri che incarnano ancora il volto primordiale del capitalismo: i padroni. Essi sono da sempre il vero motore dello sfruttamento. Scienze economiche, teorie di mercato, previsioni di investimento costituiscono il fantasma dietro cui correre per perdere di vista l’effettiva realtà delle cose.
Sono i padroni, in carne ed ossa, gli artefici delle presenti e delle future forme di oppressione. Ad essi scienziati e sbirraglia si accodano.
In effetti, nella odierna situazione chi non pare avere le idee confuse è proprio il padrone,  l’imprenditore che, ammantatosi col mantello della filantropia, riconverte le sue aziende, produce quello che il mercato richiede e aumenta i suoi profitti. In realtà un numero elevato di fabbriche non ha mai smesso di produrre e molte spingono per riaprire al più presto. In entrambi i casi procedure di sicurezza fittizie giustificano il fatto che venga messa a repentaglio la vita dei lavoratori.   Le grandi corporazioni farmaceutiche oggi cercano di gareggiare le une contro le altre, nella corsa al vaccino, alcune di esse hanno già avviato la sperimentazione umana e mentre tutto il mondo guarda col fiato sospeso e cerca affannosamente notizie riguardanti i progressi scientifici che porteranno alla salvezza dell’umanità, le corporazioni farmaceutiche rivolgono il loro sguardo ai profitti.
Nel frattempo le aziende che lavorano da sempre alla tracciabilità dei movimenti si danno da fare per  progettare le nuove app che permetteranno di classificare l’umanità in varie porzioni: malati, sani, immunizzati. Una app potrebbe quindi permettere la gestione della circolazione umana e tutto questo per quale motivo?
Nel frattempo i prezzi dei generi di prima necessità aumentano e probabilmente, sono destinati a lievitare ulteriormente.
La verità appare ben chiara, a chi vuole leggerla, oggi soprattutto in previsione della fase due, c’è chi si è già preparato.
Ebbene su questo disastro, che sta costando un enorme numero di vite umane, si è già pensato a ricostruire , ricostruire mantenendo ferme le stesse regole: pochi devono poter speculare senza alcun vincolo al proprio sopruso, molti devono soccombere in condizioni di schiavitù. Lo strumento d’oppressione che sarà utilizzato è in via di costruzione. Università, governi, psicologi ne stanno calibrando e dosando gli effetti sotto il peso della sconfitta inflitta loro dal virus, rifacendosi a modalità operative già in corso. Non vi è quindi alcuna rivoluzione tecnologica imminente, solo un potenziamento di ciò che già esiste e che, dovremmo considerare con più attenzione nelle sfaccettature presenti, piuttosto che con  quelle di là da venire.
Nel mondo de-realizzato dalla produzione tecnologica, la mediazione tra l’individuo e la democrazia, tra le sacche, apparentemente, non pacificate e la società è sempre pronto a bussare alla porta, forse, è già dentro le nostre dimensioni di lotta quando stiamo cercando di sfuggirgli.
Ebbene, liberiamoci dai sedimenti e dalle incrostazioni che vorrebbero farci assumere comportamenti esemplari e porre in essere pratiche virtuose da immettere a pieno titolo nella democrazia in affanno. Noi vogliamo distruggerla questa società, non migliorarla. Non sentiamo ridimensionata quindi la nostra forza propulsiva e distruttiva, in questa attuale temperie. Anzi, ci sentiamo stimolati e curiosi di scoprire nuove forme di sopravvivenza ai margini della società “malata”; non ci siamo mai aspettati momenti facili e siamo consapevoli che le strade da percorrere sono costellate di luci ed ombre, di menzogne da dire all’autorità e verità taciute, di illegalismo e attacchi imprevedibili al nemico. Così come sono costellate da lunghi silenzi, attese, sconfitte. La nostra lotta non coincide con le lotte di chi aiuta lo Stato nella sua campagna propagandistica, ma tiene ben presente qual è il campo d’azione su cui innescare la battaglia.

Anarchici a Cosenza
20/04/2020

Cronache dallo stato d’emergenza (Numero5)

Che scoperta, la società!

Di fronte al rischio di morire per contagio, milioni di esseri umani stanno scoprendo che le azioni proprie e altrui hanno un effetto concreto sulla società, cioè su se stessi e sui propri simili. Dopo decenni di ideologia liberale secondo la quale la “società” era una sorta di buco nero in cui si poteva buttare qualsiasi cosa, ora si riscopre in fretta e furia il principio di responsabilità. Si scopre che i lavoratori sono carne da macello; che i profitti vengono prima della salute; che a decidere, dietro il fumoso “interesse pubblico”, c’è lo Stato con la sua polizia. Visto che i virus provocano degli effetti anche se non si vedono, scopriamo che esiste una “materialità dell’invisibile”. Le tecnologie digitali – a cui scienziati e governi affidano le nostre sorti – sono tutt’altro che immateriali. Perché milioni di persone stiano connesse mentre sono chiuse in casa, ci vogliono server, energia, cavi, antenne e, soprattutto, metalli e terre rari, il cui accaparramento significa guerre, saccheggio della crosta terrestre, radiazioni nucleari, semi-schiavi (spesso bambini) costretti a lavorare nelle miniere, intere zone del mondo trasformate in discariche, cioè condizioni per nuove epidemie. Può esistere un principio di responsabilità a comando, sotto l’imperio della paura?

Cosa significa “non si può uscire”?

L’aspetto forse più pericoloso di questo periodo è proprio il tentativo statale di far coincidere responsabilità e obbedienza. Se pensiamo alle tragedie che l’obbedienza ha prodotto nel Novecento («Ho eseguito solo gli ordini» è stata, non a caso, la frase più ripetuta dai nazisti a Norimberga), una tale sovrapposizione dovrebbe farci tremare i polsi. Perché, allora, stiamo in casa? Per senso di responsabilità? Perché lo dice il governo? Per paura delle multe? Milioni di persone risponderebbero senz’altro in modi molto diversi. Quello che è eticamente e socialmente inaccettabile è confondere obbedienza e responsabilità. Facciamo un esempio. Se si leggessero davvero i decreti del governo – senza farsi terrorizzare dagli annunci degli altoparlanti – e li si seguisse alla lettera, cosa succederebbe? Se migliaia di persone uscissero contemporaneamente a fare “attività motoria in prossimità della propria abitazione”, che assembramenti si creerebbero? Se invece le stesse persone vanno a passeggiare in zone isolate, violando di fatto il decreto, mettono forse a rischio la salute di qualcuno? La sanzione non è mai stata un argomento.

Obblighi e divieti

Mentre in alcuni “Paesi non democratici” la normalità sta diventando quella del tracciamento di ogni dato sull’identità, i luoghi frequentati, gli incontri, anche nell’“Occidente liberale” si guarda alle linee guida per la ristrutturazione 4.0 della vita sociale. In diverse zone della Cina (in cui i casi di contagio sono prossimi allo zero) non si entra in alcun luogo pubblico senza uno smartphone in mano a “garantire” il proprio status. Non possedere certi strumenti inizia a somigliare sempre di più all’essere dei clandestini, o come minimo persone sospette. Per capire l’antifona, basta guardare chi sono i 17 specialisti scelti dal governo Conte per programmare la “Fase 2” (cioè «ripensare l’organizzazione della nostra vita e preparare il graduale ritorno alla normalità») . A guidare la task force (con tanto di riferimenti al comitato interministeriale del ’45) sarà l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, che verrà fiancheggiato da numerosi tecnici ed esperti tra cui Roberto Cingolani, l’attuale responsabile dell’innovazione tecnologia di Leonardo (il più grande produttore italiano di armi) e direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Intanto il 5G inizia ad essere una realtà. «Ogni tecnologia porta con sé obblighi e divieti segreti», scriveva Günther Anders. E cosa c’è di più segreto e invisibile di una tecnologia che si confonde con la nostra stessa quotidianità?

Finché siamo in tempo

Si accumulano annunci e programmi di trasformare il “distanziamento sociale” in qualcosa di semi-permanente (dal momento che le pandemie sono già integrate come “effetto collaterale” della produzione tecno-industriale). In tal modo saremmo distanziati non solo dai nostri simili, ma dalla possibilità individuale e collettiva di difenderci dagli amministratori della coercizione. Senza poterci incontrare e organizzare, come reagire a misure di sorveglianza sempre più totalitarie, oppure, più banalmente, a dei licenziamenti? Se si affida il “problema contagi” a un apparato tecnologico-burocratico, la soluzione più efficace – l’unica che non mette in discussione l’apparato stesso – è il controllo totale. Non perché i tecno-burocrati siano malvagi o perché siano parte di chissà quale complotto mondiale, ma perché le soluzioni tecniche devono strutturalmente prescindere da considerazioni etico-sociali. Soprattutto in nome dell’emergenza. La libertà, proprio perché imprevedibile, costituisce un fattore di disturbo per gli algoritmi; il giudizio di valore è sempre umano, troppo umano, mentre il calcolo si presenta come oggettivo. Qual è la soluzione più efficace se un bambino fa troppo chiasso? Legarlo, oppure somministrargli degli psicofarmaci. Se i genitori non lo fanno, non è perché non lo trovano efficace (calcolo costi-benefici), ma perché lo considerano sbagliato (giudizio etico-pedagogico). Togliamocelo dalla testa: quella di non ammalarsi non sarà mai una certezza. La domanda , cui nessuna intelligenza artificiale potrà rispondere al posto nostro, è sempre la stessa: a cosa siamo disposti a rinunciare della vita per continuare a vivere?

Pensavano che chiamandoli “eroi”…

Mentre il personale sanitario di Piacenza si dichiara pronto a scendere in sciopero se vengono riaperte le fabbriche, duecento medici e infermieri greci sottoscrivono un documento con il quale rivolgono sette domande al “Comitato di esperti” del Ministero della Salute. Eccone un paio: «Quale approccio scientifico impone la circolazione dei nostri concittadini con guanti e mascherine all’aperto e al contrario tratta con ironia e “non importa” la questione della garanzia assolutamente necessaria dal punto di vista igienico e sociale di tutti i mezzi di protezione individuale degli operatori negli ospedali e nelle cliniche?»; «quale approccio scientifico impone il divieto di incontro all’aperto di più di due persone, ma NON denuncia il funzionamento di imprese e industrie che producono beni non essenziali con dozzine di lavoratori assembrati in spazi chiusi e senza i necessari mezzi di protezione?». Assunzione di altro personale sanitario; fornitura di mezzi di protezione a tutti gli operatori; requisizione immediata e senza condizioni di letti normali e di terapia intensiva, di attrezzature di laboratorio e di cliniche dal settore dell’assistenza privata: con queste rivendicazioni sono stati organizzati presìdi davanti a 25 ospedali in 20 Province della Grecia. Alle iniziative hanno partecipato lavoratori di tanti altri settori, pensionati e studenti. Durante uno dei presìdi, l’intervento della polizia è stato respinto in modo collettivo e solidale. Tra gli slogan: «Siamo schiavi solo della nostra coscienza» e «il divieto di circolazione non fermerà le lotte».

Resistere all’emergenza, sfidare i divieti

31 marzo, Milano. Picchetto dei lavoratori (quelli non ancora ammalati) del magazzino Fruttital a rischio licenziamento. In piena emergenza l’azienda aveva annunciato la chiusura e il trasferimento. Inoltre, nei giorni precedenti non era stato fornito agli operai alcun dispositivo di protezione dal contagio.

1° aprile, Calliano (TN). Per questa giornata, alcuni parenti dei detenuti avevano invitato a far sì che le battiture risuonassero anche fuori delle carceri. Così, un gruppetto di anarchici, per spiegare il senso della battitura che ci sarebbe stata la sera, ha pensato di rovesciare la pratica istituzionale di diffondere sinistri moniti e avvisi dagli altoparlanti, girando per il paese con l’impianto audio e facendo diversi interventi a sostegno delle lotte carcerarie. Nel giro di poco tempo, giungono sul posto otto pattuglie dei carabinieri, più altre auto della polizia locale e della Digos.

8 aprile, Torino. Il “food delivery” viene considerato un’attività essenziale ma le ciclofficine sono chiuse; aziende come Glovo o Deliveroo non hanno mai provveduto alla manutenzione dei mezzi di chi fa le consegne: i riders si ritrovano in piazza, con biciclette e attrezzi, per una “ciclofficina itinerante” che permetta di aggiustare i propri mezzi a chi, nonostante il “lockdown”, continua a lavorare.

14 aprile, Roma. Rivolta nel Centro profughi di Torre Maura. Gli operatori vietano di uscire dal centro, gli internati rispondono con incendi e danneggiamenti. Nei giorni precedenti si erano verificati proteste, atti di autolesionismo, incendi, tentativi di evasione, scioperi della fame e della sete in vari Centri Per il Rimpatrio.

15 aprile, Carmagnola (TO). Picchetto degli operatori sanitari di una casa di riposo in cui si erano registrati  46 contagiati su 50 ospiti. Le richieste: mascherine e tamponi per i dipendenti. Le risposte: arrivano polizia e carabinieri, la cooperativa Socialcoop dichiara di aver “effettuato assunzioni per ovviare alle assenze di personale”… contagiato.

15 aprile, Torino. Scendono in piazza (mantenendo le distanze di sicurezza) gli ambulanti del mercato di Porta Palazzo, l’unico ancora non riaperto in città, forse perché si trova in una zona oggetto di intensa “riqualificazione” (sempre più investimenti per i ricchi, sempre meno spazi per i poveri).

16 aprile, Massalengo (LO). Sciopero di 250 operai nel magazzino centrale di Carrefour Lombardia contro il subappalto ad una cooperativa che paga la manodopera il 20% in meno. Viene firmato un accordo che cancella il subappalto. Nel frattempo si apprende della chiusura della Fruttital di Milano, trasferita a Verona. Dal momento che Fruttital è uno dei fornitori di Carrefour, gli operai decidono che i suoi camion non verranno più scaricati, come forma di solidarietà verso i lavoratori appena licenziati.

16 aprile. Parenti e solidali dei detenuti protestano fuori dalle carceri di varie città (Roma, Bologna, Torino, Bolzano…). A Roma la polizia li circonda e spintona, fregandosene delle tanto invocate distanze di sicurezza, e porta 8 persone in questura. Nei giorni precedenti i parenti protestano fuori dalle carceri di Secondigliano, Poggioreale, Santa Maria Capua Vetere. Nelle carceri di Ariano Irpino, Palermo, Crotone, Bologna, Alessandria, Santa Maria C.V., Rebibbia, Secondigliano si verificano rivolte, battiture, scioperi della fame e della sete.

17 aprile, Torrazza Piemonte (TO). Sciopero di tutto il personale dello stabilimento Amazon: l’azienda non fornisce informazioni sui casi di contagio all’interno della sede, nascondendosi dietro il paravento della “tutela della privacy”.

Il 25 aprile

Mentre governo e Regioni stanno riaprendo i luoghi della produzione e del commercio, il divieto di uscire all’aria aperta perdurerà almeno fino a maggio. Questa palese discrepanza non risponde ad alcuna “evidenza scientifica” (a meno di non confermare quello che un filosofo scriveva più di trent’anni fa, e cioè che lo Stato ha «abbattuto il gigantesco albero della scienza all’unico scopo di farne un manganello»). Da un lato si deve produrre e consumare; dall’altro, prima che la gente possa uscire si vuole aver già programmato come controllarla. Ecco. Dobbiamo anticiparli, se non vogliamo subire, oltre alla “crisi sanitaria”, anche la ristrutturazione economica che l’accompagnerà. E quale data più evocativa per resistere del 25 aprile? Lanciamo un appello a violare le misure. Seguendo il principio di cautela per l’altrui e la nostra salute. E ognuno secondo le sua disponibilità. Non si tratta solo di affermare la responsabilità contro l’obbedienza, ma di dire chiaro e tondo che non accettiamo la divisone tra sacrificabili e salvabili; che le nostre vite non sono “dati da estrarre e da analizzare”; che non c’è salute senza relazioni di mutuo appoggio con gli altri e con la natura da cui dipendiamo.

Non vogliamo “convivere con le pandemie”, ma farla finita con l’organizzazione sociale che le crea.

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Cronache dallo stato d’emergenza (Numero5)

Ad alta voce

Alternativa. Detto semplicemente: di fronte ad un virus o a qualsiasi disastro, non esiste gestione di massa che possa essere anti-autoritaria. Quali che siano le buone intenzioni di chiunque intenda occuparsi di tutti e di ciascuno, resterà un pastore che trasforma gli altri volenti o nolenti in greggi. In un rapporto anarchico in cui prevalgano la libertà, la reciprocità e l’unicità, l’auto-organizzazione generalizzata degli individui non sopporta nessuna uniformità, nessuna gestione, nessuna separazione delegata a specialisti, nessuna soluzione (ancor meno tecnica o medica) valida per tutti, e diciamolo un po’ crudelmente: nessuna efficacia quantitativa. Ciò che conta non è la certezza o la sicurezza, non è la data di una morte inevitabile da quando siamo nati, ma la qualità individuale, piena ed intera, della vita così come ognuno intende esplorarla. Di fronte al Covid-19 come ad ogni cosa, la prospettiva anarchica è quella di auto-organizzarsi in completa autonomia dalle istituzioni per prendersi cura gli uni degli altri a livello individuale e di coordinamento, e di continuare a minare le fondamenta del dominio.
Reclamare di fatto un confinamento (e domani un deconfinamento) diverso — quando non addirittura lo stesso dello Stato —, reclamare uno sfruttamento e un’istruzione po’ più o un po’ meno a distanza, ovvero sbirri più disarmati e prigioni più vuote, non significa battersi per la libertà. Significa promuovere un’autorità alternativa, una mera riconfigurazione dello stesso anziché la sua spietata distruzione. Non è altro che un miserabile realismo senza mezzi che non spinge fino in fondo il suo spaventoso ragionamento. In alto i cuori! Elencate in maniera un po’ dettagliata le aziende non essenziali che lo Stato dovrebbe ancora chiudere, secondo voi. Per parte nostra, è l’intera economia che vogliamo rovinare. Continuate a stabilire chi deve uscire immediatamente dal carcere, e di conseguenza chi deve rimanerci. Per parte nostra, lo vogliamo raso al suolo con tutti fuori. Spiegateci infine quali misure di polizia militante sarebbero previste contro tutti i refrattari a un confinamento alternativo o ad un tracciamento bio (nessuna gestione di massa senza monitoraggio, giusto?, altrimenti è l’anarchia).
Quando non ci si limita a parlare, essere favorevoli a misure di confinamento di massa, a queste o ad altre più indolori, cioè a misure di reclusione collettiva, non può che significare disciplina, controllo e amministrazione degli individui, oppressione delle loro varie possibilità di auto-organizzazione autonoma, e repressione dei refrattari. Il tutto nel nome dell’emergenza e del bene comune, ovviamente.
Altrove. Pandemia globale e accettazione sociale. Nessun Gran Confinamento nei Paesi Bassi, in Svezia e in Germania. Autodisciplina? Scienziati lunatici? Chiari interessi economici di fronte alla Cina o agli Stati Uniti che non si sono affatto fermati? Tanto meno un Gran Confinamento prolungato in altri continenti, dove la sopravvivenza nell’economia informale non è sufficientemente garantita dalle briciole statali. Là c’è il coprifuoco di notte o dal pomeriggio ma si lascia sopravvivere di giorno, là si cerca di confinare alternando, una settimana su due, uomini o donne, prima una zona poi un’altra… Là come dappertutto lo Stato improvvisa senza dirlo, militarizza per mantenere il potere, scientifizza come gli viene, propaganda per indorare la pillola. Spettri di moti per fame. Spettri di guerre civili. Gestione autoritaria pragmatica che si adatta in base alla resistenza che pensa di trovarsi davanti. Là come qui, d’altronde.
Attaccare. In un periodo come questo, in cui lo Stato e il capitalismo si ristrutturano piuttosto rapidamente, ma non sono pertanto garantiti della stessa stabilità per affrontare le nuove turbolenze sociali che potrebbero sorgere, non restare confinati e attaccare è più che mai importante. Oltre ai loro dispositivi di controllo e sorveglianza, gli snodi di circolazione di energia e di dati rimangono un obiettivo fondamentale in un momento in cui la pandemia tecnologica è parte integrante di tale ristrutturazione.
Detenzione. Tutte e tutti reclusi nella grande prigione sociale. Il tipo, la dimensione e il colore delle gabbie possono variare ed accavallarsi come tante bamboline russe. Ospedali psichiatrici, campi di lavoro, centri per stranieri, caserme di addomesticamento, campi profughi, templi della sottomissione, laboratori del consenso, celle familiari o galere. È da queste ultime, dove le condizioni sono più drammatiche, che continuano a partire segnali di fumo in tutto il mondo. Contro il confinamento dapprima per la fine dei colloqui, poi per il timore di venire contaminati e quindi di morire tra quattro mura sovraffollate, infine per esigere la libertà, come campeggiava su uno striscione degli ammutinati della prigione di San Juan de Pasto (Colombia). E noi, qui fuori, che pensiamo che la libertà consista nell’auto-recluderci e nell’obbedire agli ordini del potere, noi che non abbiamo né sbarre che offuscano l’orizzonte, né filo spinato che lacera la nostra carne, né garitte di sentinelle che ci sparano a vista, non abbiamo proprio nessuna struttura da devastare, nessuna gabbia da incendiare?
Domani. Il deconfinamento sarà sicuramente solo un altro momento del confinamento e durerà per molti lunghi mesi. Sarà forse un po’ meno duro per i cittadini più lavoratori e più esemplari, ma certamente più duro per tutti gli altri, tracciando nuove linee di demarcazione tra i due. Permessi di circolazione interna differenziati, esami obbligatori del sangue o della temperatura, tracciamento digitale incrociato, quarantene obbligatorie, controlli di identità abbinati a una schedatura sanitaria, limitazione degli assembramenti, mascherine nei trasporti, lavoro forzato per rilanciare l’economia, incremento della caccia ai potenziali ri-contaminatori. E frontiere sempre sbarrate al di là dei soli indesiderabili, come con la Spagna che intende farlo per tutta l’estate allo scopo di prevenire una seconda ondata di epidemia in autunno.
Gregge. In fin dei conti, alcuni ritengono che la maggioranza degli individui saranno colpiti da questo nuovo virus. I giochi di confinamento e di deconfinamento non servono quindi ad evitare una contaminazione generale (ci vorrebbe una gestione alla cinese per questo, come minimo) ma sono piuttosto misure di massa destinate a rallentarne la progressione, stabilizzando i picchi ospedalieri pur mantenendo l’economia a galla. Più ci sono persone che restano a casa, meglio lo Stato può gestire la disorganizzazione temporanea nell’industria e i servizi che ritiene importanti grazie ai suoi indispensabili scagnozzi armati. Il confinamento/deconfinamento è anzitutto una questione di continuità e di mantenimento dell’ordine, non di protezione di una popolazione da cui si prepara a difendersi in caso di crisi sociale derivante da una crisi sanitaria. Quanto al virus, gestisce il gregge sperando che una parte sufficiente della popolazione (60%) finisca, certo il più lentamente possibile, per essere definitivamente immunizzata in modo che cessi di diffondersi non trovando più ospiti (il che è una ipotesi molto relativa, dato che la durata di vita degli anticorpi contro il Covid-19 pare sia breve, portando piuttosto a prevedere una serie di ondate infettive). E qualora ciò non accada, lo Stato intende gestire il suo gregge con lo stesso genere di misure drastiche fino all’arrivo promesso per il 2021 di un futuro eventuale vaccino (il che, tra l’altro, significa inoculare artificialmente parte del virus, senza alcuna garanzia che gli anticorpi perdurino abbastanza a lungo o che l’originale non muti).
Dal primo confinamento iniziale per la paura e la servitù volontaria fino ai deconfinamenti mediante algoritmi in camice bianco, con svariate spole di andata-e-ritorno, siamo molto lontani dall’uscire dal rifugio. Per sfuggire alla statistica dei grandi numeri, forse bisognerebbe cominciare a ribaltare il tavolo senza attendere nulla dal potere, e non comportarsi più come un gregge che si considera vivo solo perché non è morto.
Guanti. Per proteggersi dalla porta che si spacca. Dalla rete metallica che si trancia. Dalla merce che cambia rapidamente di mano. Dalla vetrina che si sfonda. Dall’obiettivo che si incendia. Guanti e mascherine per proteggersi dalle impronte digitali e dal DNA, per mantenere una distanza vitale dai laboratori scientifici del virus poliziesco.
Pompieri. Qua una parte della testa del corteo parigino distribuisce mascherine protettive ai vigili, in Cile una parte della Primera Linea pulisce la metropolitana. Supermercati da espropriare? Metropolitane da incendiare? Dopo, sì dopo, i domani canteranno. Forse. O per niente. Quando il governo concederà più permessi di uscita. Nell’attesa si autogestisce il confinamento. Si umanizzano le carenze dello Stato. Auto-organizzarsi per attaccare gli sbirri, saccheggiare i magazzini alimentari o sabotare le arterie tecnologiche della prigione sociale sarebbe troppo rischioso. La rivolta potrebbe essere più contagiosa del virus, chi lo sa? Pianificatori del male minore. Contro-potere tutto contro il potere.
Primavera. Il meteorologo che ti insulta tutti i giorni prevedendo un tempo radioso prima di intimarti a restare in casa. Le nuvole al cesio della foresta di Chernobyl, in fiamme da una settimana, sarebbero forse più convincenti. Ma, come è noto, si fermano alle frontiere.
Responsabilità. Non si può essere responsabili del passato che esisteva prima di noi, né di tutti gli esseri umani che popolano la terra, il continente, il paese, la regione, la città, il villaggio, il quartiere, il vicinato. Per contro, nonostante l’oceano di dominio in cui ci bagniamo — un oceano imposto dalla servitù di molti e la repressione degli altri — si può essere responsabili delle proprie azioni per combatterlo. Laddove ogni vita è sacrificata sull’altare del profitto e dell’autorità, la sola responsabilità individuale possibile in rapporto a ciò che ci circonda è la coerenza tra l’idea anarchica che ci muove e i nostri atti che la rendono viva. Nessun piccolo gesto salverà il pianeta, nessun auto-confinamento impedirà la propagazione del virus. Identificare il nemico nel progresso industriale, la tecnoscienza o lo Stato colpendo le loro strutture senza riprodurre i loro meccanismi di dominio, sarebbe viceversa già più salutare. Sempre che si intenda salvare qualcosa, ovviamente.
Ritorno alla normalità. Non ci sarà questo genere di ritorno all’indietro. Perché noi non lo vogliamo (la normalità che c’era prima era già il problema). Perché neanche loro lo vogliono (ah, era ancora pieno di rigidità troppo umane e di piccoli formalismi, questo prima). Perché la normalità è il gigantesco laboratorio del presente, con i suoi droni e la sua sopravvivenza digitale, con i suoi militari e il suo forsennato produttivismo. Perché come è stato detto che il XX secolo in realtà è iniziato nel 1914 con la Prima grande macelleria industriale mondiale, il XXI secolo ha appena realizzato una svolta definitiva nell’attuale anno 2020, con conseguenze ancora incerte per tutti. Sta a noi fare in modo che tutti i loro calcoli e previsioni del nuovo ordine tecnologico deraglino per sempre.
Stato. Ad eccezione di noti imbecilli i quali ritengono che incoraggiare a spezzare il confinamento equivalga a negare la contagiosità del Covid-19 o ad assumere un gesto infantile di sfida, è ovvio che nessuna azione o auto-organizzazione (in diversi ambiti) possa realizzarsi virtualmente. Per di più, il confinamento di massa è strutturalmente una misura resa possibile da una gigantesca concentrazione autoritaria di forza e mezzi che rimanda direttamente allo Stato. Di fronte a una minaccia così generalizzata contro cui si atteggia a sovrano protettore dei piccoli come dei grandi, si può persino immaginare che risulterà quello che ha fatto, malgrado gli errori, il minimo necessario, o ancor peggio, l’inevitabile, preservando e organizzando la sopravvivenza della maggior parte delle persone pur sospendendo alcuni diritti di base. Quest’ultimo terreno non è certo quello dei nemici dell’autorità, da tempo avvezzi a questi giochi d’equilibrio sospesi tra emergenze decretate dall’alto e intensità della guerra sociale. Se si desidera ardentemente distruggere lo Stato, attaccare la sua onnipotenza confinante che esacerba e rafforza i rapporti di servitù come di cittadinismo, una prospettiva anarchica non può che lottare per una libertà smisurata.
Vivere. Tutto c’era già e tutto accelera. Il che significa respirare in un mondo costruito su fiumi di sangue, di sofferenza, di miseria, di guerre e di avvelenamento generalizzato del vivente. Morte lenta o morte rapida. Vita sospesa e insulsa sopravvivenza dappertutto. «Non potete ucciderci, perché siamo già morti». Rivolta cabila, davanti ai militari, 2001, all’inizio del millennio. «Ci hanno tolto così tanto che ci hanno rubato persino la paura». Sollevamento cileno, davanti ai militari, 2019, venti anni dopo. Era prima. Quando eravamo di fronte a qualcosa di visibile, di palpabile e di attaccabile. Non una dose radioattiva o un microrganismo. Eppure, i rapporti sociali sarebbero magicamente scomparsi con questo Covid-19 che non è una catastrofe naturale? Si muore globalmente di questo nuovo virus oppure del mondo che lo genera consentendo la sua rapida proliferazione in tutto il pianeta: massiccia deforestazione, metropolizzazione e concentrazione urbana, cibo industriale standardizzato, ingestione ad alte dosi di chimica farmaceutica, avvelenamento senza precedenti della terra, dell’acqua e dell’aria, ipermobilità, ecc.? Uscire per fermare tutto piuttosto che contemplare il disastro dietro uno schermo è allora proprio il minimo se si desidera un mondo totalmente diverso. Meglio vivere in libertà che morire confinati. La rivolta è la vita.

[Avis de tempêtes, n.28, 15 aprile 2020]

Riflessioni sull’anarchismo e la questione organizzativa in epoca d’epidemia – e non solo

Nota redazionale – Per motivi di spazio abbiamo caricato solo l’introduzione del testo. Il testo completo è scaricabile in pdf a fondo pagina.

Per contatti: editricecirtide@autistici.org

«Dovrebbe servire piuttosto per aiutare a sviluppare seriamente delle progettualità di intervento nell’immediato futuro. Negli ultimi giorni continuano senza posa a uscire su siti d’area contributi che non aggiungono nulla a quanto già sapevamo, una sfilza di testi che sembra mirino più a dare ragione alle analisi stilate negli ultimi anni che a costituire degli utili strumenti per orientarci nella situazione attuale. Contributi impregnati da quell’ideologia dell’insurrezione che cerca ovunque le possibilità di una rivolta, senza mai osare immaginare di provocarla, o alla ricerca delle condizioni oggettive di una crisi del capitalismo, mancando dell’immaginazione necessaria per ipotizzare un intervento autonomo che metta finalmente e per davvero in crisi l’esistente, e ancora una volta dimostrano solo quanto le ragnatele teoriche del passato ricoprano ancora le analisi che fuoriescono dal cosiddetto milieu anarchico.»
Il futuro non è scritto – un contributo sui possibili sviluppi della situazione attuale

Riflessioni valide, quelle riportate in questo approfondimento. Valide e che quindi devono essere proseguite dall’apporto di diverse sensibilità. Il problema non è un problema attuale, è un problema che ha covato sotto le ceneri per diversi anni. Tra buchi nell’acqua e treni persi, i momenti di verifica delle teorie non sono mancati. È mancata forse la lucidità di trarne conseguenze, consigli, indicazioni.

Veniamo da un’epoca di pacificazione, da questo non si può purtroppo prescindere. Se negli anni ‘80 l’anarchismo si confrontava con il bisogno di ripensare l’agire in funzione di ciò che era avvenuto negli anni ‘60 e ‘70, se negli anni ‘90 dei tentativi sono stati fatti, come quello di trasformare in realtà le riflessioni sul tema dell’organizzazione e si sono sviluppate delle tematiche, come quella degli spazi occupati, il G8 di Genova del 2001 tramortisce un movimento, costruisce un cordone sanitario di sangue e tute bianche intorno alle idee radicali. Le torri gemelle fanno da prodromo a quella che sarà l’affermazione di un nuovo ordine mondiale militar-politico quanto culturale, con la chiusura dell’orizzonte sovversivo all’interno della sopravvivenza emergenziale nel migliore dei mondi possibili.

Come aveva fatto l’eroina in passato, la possibilità di costruire parvenze di legami, rapporti e conversazioni virtuali svuota le piazze e cambia i modi di pensare la possibilità di comunicare idee, lottare ed incontrare persone. Il tramortimento collettivo, tra tentativi sporadici di lotta che non riescono ad essere metabolizzati a dovere ed il rifiuto di partecipare alla socialità virtuale ci lascia sbigottiti davanti alle innumerevoli questioni che la contemporaneità apre di fronte a noi.

Per questo voglio provare a sviluppare una riflessione propositiva sulla questione organizzativa, su più livelli, che possa ricollegarsi al passato, ben oltre a quello prossimo, nel tentativo di far ripartire – non tanto un dibattito, necessario ma che rischia di restare sul piano della filosofia – la riflessione progettuale dei singoli, anche in direzioni diverse rispetto a quanto qui ipotizzato. La ragione non esiste e non mi interessa. Come scriveva qualcuno in un vecchio numero di Anarchismo: “Rivendichiamo le nostre lotte di anarchici… i nostri errori, in essi non c’era l’asfissia della certezza”.

Nota editoriale

Le citazioni non vengono proposte in quanto esaustive o ancora completamente valide ma come elemento di confronto con un certo modo di approcciare i problemi o come esempio di riflessioni su cui vale ancora la pena “perdere” tempo a riflettere. Più che esempi sono da intendersi come suggestioni e pungoli.
Molte persone hanno sconsigliato di inserirne tante ed in maniera così invadente. Hanno ragione. Ma il punto non è rendere appetibile la questione, snellire, riassumere. D’altronde, se annoiano, possono sempre essere saltate.
La questione è chiarire che si tratta sì di inventare tutto, ma ancor prima di riscoprire, rilanciare, ripercorrere i passi. Certo, si sarebbe potuto scrivere in altri modi e con altre forme. Ma per chi? Per chi non ha orecchie per ascoltare? Per chi non ha tempo di fermarsi a riflettere su diverse questioni? Si sarebbe potuto fare meglio, ma era quello lo scopo? Quei testi, inoltre, sono il frutto di confronti a caldo tra diverse persone, sono riflessioni che poi sono state messe alla prova nella realtà, mentre le mie sono poco più che disquisizioni sul nulla. Che abbiano un peso minore, quindi.
Preferisco inoltre l’incomunicabilità della complessità piuttosto che lo svilimento della semplificazione. Nessuno ha nulla da insegnare, dobbiamo tutti imparare dal mondo che ci sta intorno.
L’unica cosa che possiamo fare è condividere dubbi e perplessità, (es)porci con le questioni che ci attanagliano, illuminarle.
La follia del pensiero è anche quella del salto temporale tra la più stringente contemporaneità e la polvere dei vecchi libri dimenticati sullo scaffale.
Il mistero della quarantena, la scoperta di un tempo elastico del pensiero.

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La Nave dei Folli – Episodio 3

La genesi della cibernetica risale alla seconda guerra mondiale.

Come Claude Shannon, che nel 1948 scriverà “Teoria matematica della comunicazione”, e Alain Turing, uno dei fondatori dell’informatica, molti padri della cibernetica hanno partorito le loro idee nel contesto bellico. Arruolato dal governo USA nel progetto AA Predictor, lo scienziato americano Norbert Wiener ha l’incarico di sviluppare con alcuni colleghi un dispositivo servomeccanico di contraerea in grado di prevedere su base probabilistica i movimenti del nemico.

Wiener non partecipò al Progetto Manhattan, il gigantesco programma statunitense per produrre l’arma nucleare che ha mobilitato circa centomila tra scienziati e tecnici, ma nel dopoguerra collaborerà strettamente con alcuni dei suoi più convinti sostenitori e artefici, in primis John Von Neumann, uno dei padri dell’imminente computer, che calcolò a quale altitudine dovesse scoppiare l’ordigno su Hiroshima e Nagasaki in modo da provocare il maggior numero di vittime.

In uno scritto di quegli anni, Wiener paragonava il comportamento umano alla retroazione, ovvero a un dispositivo servomeccanico, unificando nello stesso sistema basato sull’informazione uomo e macchina, in questo caso il pilota e il suo velivolo. Sottoposto alle condizioni fisiche e psicologiche più estreme, dunque, il soldato rappresenta un oggetto di studio privilegiato sul funzionamento della macchina umana ed è a tutti gli effetti il primo modello di cyborg.

Riferimenti Episodio 3

  • How to Destroy Angels, Parasite (Welcome Oblivion, 2013)
  • Stanley Kubrick, Full Metal Jacket (1987)
  • Naief Yehya, Homo cyborg (2001)
  • Tuxedomoon, Crash! (Half Mute, 1980)
  • Michael Radford, Orwell 1984 (1984)
  • The Doors, The End (The Doors, 1967)
  • Francis Ford Coppola, Apocalypse Now (1979)
  • Transglobal Underground, Radio Unfree Europe (Impossible Broadcasting, 2004)
  • Didier Dulieux et Eric Boccalini, Le chant des baleines (Ho Ho)
  • Can, Quantum physics (Sun over Babaluma, 1974)
  • Werner Herzog, Dove sognano le formiche verdi (1984)
  • Kalashnikov Collective, Una guerra senza fine (L’Algebra Morente Del Cielo, 2015)

Bologna – Oltre la pandemia, lo stato di polizia

Si percepiva sin dall’inizio di questo stato d’emergenza che la tutela della salute poco c’entrasse con il dispiegamento di controlli messo in campo nelle strade di tutta Italia. Si è insistito con una delirante narrazione supportata dalla complicità di tutti gli organi d’informazione, che spostasse sui comportamenti dei singoli le responsabilità delle migliaia di morti del profitto, via via legittimando una violenza e una brutalità che molte di noi conoscono bene sulla propria pelle da ben prima che fosse dichiarata l’emergenza. Chi invoca l’esercito e la militarizzazione dei territori è stato accontentato: non c’è angolo delle città che non sia inmano all’arroganza delle divise di ogni ordine e grado.A farne le spese sono gli stessi che chi comanda ritiene sacrificabile: i nemici interni, gli indesiderabili, gli ultimi, i carcerati fino agli anziani nelle case di riposo. Forse dalle finestre della reclusione forzata, a forza di avere sotto gli occhi quotidianamente la violenza dello Stato, in molti si stanno accorgendo del suo verovolto.

A Torino qualcuno ha detto BASTA e, di fronte all’ennesimo brutale fermo della polizia con pestaggi violentissimi nei confronti di due uomini in Corso Giulio Cesare, ha deciso di scendere in strada. Tante persone sono uscite di casa e presto 4 di loro sono state violentemente spintonate dalla polizia, buttate a terra, ammanettate e portate via. Sono state poi dichiarate in arresto per resistenza, lesioni e favoreggiamento. La reazione di chi stava intorno è stata decisa: la strada è stata occupata, per rendere palese che questo uso della paura in chiave sempre più repressiva ha da tempo valicato il limite della sopportazione,tanto più che connotato da un senso di impunità e di onnipotenza della sbirraglia tutta. E proprio mentre in carcere i contagi dilagano, lo Stato continua a riempirle.

LA SALUTE DI TUTTI E TUTTE NOI NON PUO’ ESSERE UNO STATO DI POLIZIA!

Su alcuni media si inizia timidamente a riportare di abusi di potere da parte di chi porta la divisa, riportando però che si trattadi “qualche esponente delle forze dell’ordine che ha dato sfogo ad un eccesso di zelo”. Come se fossero poche “mele marce”. Come possiamo pensare che esista una differenza tra i torturatori della caserma di Bolzanetoal G8 di Genova nel 2001 e quelli che spaccano di botte e umiliano i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che chiedono la tutela della propria salute nel periodo di emergenza COVID? O tra i carnefici di Cucchi, Aldrovandi, Lonzi e i 13 poliziotti che pochi giorni fa a Catania hanno preso a manganellate e sedato col taser un uomo sul bus perché privo di biglietto? O tra gli infiniti esempi di violenza da partedi sbirri in questura, negli uffici della polfer, per strada e la violenza silenziosa ma legalizzata che in questo periodo di emergenza in ogni città si respira?

Lo stiamo vedendo anche a Bologna, dove le intimidazioni da parte di sbirraglia varia nei confronti dei malcapitati di turno non si stanno certo facendo attendere. Sulla nostra pelle viviamo tutti i giorni fermi e controlli al limite dello stalking: c’è chiviene fermato e accompagnato nei suoi vari tragitti da auto di polizia in borghese, chi viene intimidita e videoripresa dalla penitenziaria di controllo nei parchi, chi viene multato in casa propria per assembramenti con persone non residenti mai identificate, chi è minacciato di avere perquisizioni domestiche con 41tulps per ricerche di armi ed esplosivi (“tanto coi precedenti che avete otteniamo subito un mandato” cit.), chi viene fermato e ammanettato a terra.

C’è chi aveva ben chiaro già prima di quest’emergenza che la polizia non svolgesse nessun altro ruolo che la tutela degli interessi di chi detiene il potere e che non è certo in strada per la nostra sicurezza. Per questo non ci sorprende il trattamento vessatorio che mettono in campo sulla nostra o altrui pelle in un momento particolare come questo. Bensì ci chiediamo: quando ci renderemo tutti e tutte conto che la misura è colma? Quando ci sarà una presa di consapevolezza diffusa della violenza legalizzata che svolgono di mestiere questi individui? E quando avverrà, come sapremo reagire e riprenderci ciò che ci stanno togliendo se cisiamo abituati a tenere la testa china?

È arrivato il momento di alzare la testa, di non accettare la violenza che qualcun altro subisce per strada girandosi dall’altra parte, di aprire gli occhi tutti e tutte sul fatto che militari, polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria nelle strade, nei parchi, sotto casa, non siano affatto lì per la tutela della salute di qualcuno, ma per la protezione dell’ordine e degli interessi di pochi.

NON ABBIAMO MAI INTESO LA LIBERTA’ COME UNA CONCESSIONE ED È IL MOMENTO DI RIPRENDERSELA

LIBERTA’ PER GIORDANA, MARIFRA, DANIELE E SAMU!

Anarchici e anarchiche

 

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Sguardo obliquo

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Guarda a tutt’occhi, guarda.”
Jules Verne

La prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti.”
Hannah Arendt

La disinformazione giornalistica scomposta ed emergenziale sta facendo da narratrice unidirezionale alla situazione complessa in cui siamo immersi da un mese a questa parte. Improbabile trovare un’unica lente di osservazione ed analisi per affrontarla. Molti piani, prospettive e dinamiche si mescolano e intrecciano richiamando relativi interessi e protagonisti di processi già in corso.
C’è da dire che, come spesso accade nella storia, avvenimenti emergenziali accelerano determinati processi e in questo caso affiorano chiaramente quelli che sono gli obiettivi che, grazie a questa pandemia, si vorrebbe raggiungere.
L’eccezionalità permette di spostare il confine dell’accettabile in modo poco rumoroso e senza preavviso, attuando delle “trasformazioni silenziose” irreversibili.
È importante che gli scenari non siano previsioni. Piuttosto, sono ipotesi ponderate che ci permettono di immaginare, e poi di provare, diverse strategie per essere più preparati per il futuro – o più ambiziosi, come aiutare a plasmare un futuro migliore… gli scenari sono un mezzo attraverso il quale è possibile non solo immaginare ma anche attualizzare un grande cambiamento” (Rockfeller Foundation).
E’ stata imposta la frammentazione sociale con la retorica del “distanziamento come nuova forma di solidarietà” mentre in alcune fabbriche il frastuono dei macchinari continua incessante per non interrompere il flusso di capitale.
Lampante è l’esempio di alcune aziende della bergamasca, la Tenaris Dalmine, del gruppo Techint, tra tutte. Specializzata nella fornitura di tubature per il settore petrolifero, non ha mai smesso la sua produzione spalleggiata dall’amicizia “disinteressata” con i sindaci dei comuni bergamaschi.
Una fabbrica che se anche avesse chiuso non avrebbe perso i propri profitti dal momento in cui gli stessi proprietari possiedono anche l’ospedale polispecialistico privato Humanitas Gavazzeni.
Da una parte o dall’altra il guadagno sulla pandemia era assicurato.
Un sinistro teatrino per far sì che “le bugie sembrino sincere e l’omicidio rispettabile” (G. Orwell).
Un’emergenza che mette ancora più in luce quelli che sono i meccanismi della vita sociale, tracciando ancora più profondamente i confini tra la classe dominante e quella degli sfruttati, appiattendo le soggettività a favore dell’utilitarismo in cui l’operaio è ridotto a mero strumento e l’anziano deceduto a numero statistico con cui concorrere con le percentuali di mortalità degli altri paesi.

Il quotidiano bollettino giornalistico della conta statistica dei morti scandisce questi giorni di quarantena. L’amministrazione della morte, come della vita, diventa materia prima per calcoli matematici trasformando la quotidianità in un vetrino da microscopio.
Non bastano più i dati digitali raccolti da una mano che tocca un touchscreen, servono i dati biometrici di quella mano.
I corpi diventano luogo dell’estrazione, mezzo, fonte e spazio della sorveglianza.

L’efficacia dei governi si misura in base alla loro capacità di cambiare il comportamento quotidiano delle persone”.
Fin dall’inizio dell’emergenza è apparsa scontata l’attivazione di piattaforme di smart working (utilizzata da più del 70% e che con le ultime disposizioni per la fase 2 si appresta a diventare obbligatorio in alcuni settori) e didattica online (utilizzata dal 98% del settore) mettendo in luce che dal momento in cui queste sono immediatamente operative significa che un’infrastruttura in grado di sostenere miliardi di interazioni in rete con un sovraccarico extra che in questo momento ha toccato punte del +90%, già esisteva.
Il contesto emergenziale sta creando così la condizione ferace per l’avanzamento dei processi tecno-scientifici, alcuni dei quali sono avvalsi proprio dall’accettazione sociale creata dalla produzione della paura e nella visione salvifica della tecnologia.
Si parla di semplificare le lungaggini burocratiche per l’amplificazione della rete proprio nelle zone più piegate dal virus, Lombardia in primis.
Da un punto di vista tecnologico un piano di emergenza a breve termine per dotare un’area limitata come la regione Lombardia di una rete 5G immediatamente operativa è perfettamente realizzabile” dice l’amministratore delegato di ZTE Italia.

Gestire la crisi mentre si costruisce il futuro” ha un’accezione assolutamentenegativa dal momento in cui il futuro che viene costruito è il loro, in cui noi e le nostre interazioni diventiamo pellet di dati per saziare gli algoritmi.
Stiamo assistendo ad un’equiparazione tra il nostro mondo e il funzionamento di una macchina in cui ogni movimento è perfettamente regolato, monitorato e oleato.
Basta guardare i 17 specialisti scelti dal governo Conte che faranno parte della Task Force che si occuperà “Fase 2” per la ripartenza del paese. Significativo che a guidarla sarà proprio l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, che verrà fiancheggiato da numerosi tecnici ed esperti tra cui Roberto Cingolani, l’attuale responsabile dell’innovazione tecnologia di Leonardo e direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Ad essi è affidato il compito di “ripensare l’organizzazione della nostra vita e preparare il graduale ritorno alla normalità”.
Una ri-organizzazione commissionata a tecnici, accomodati dallo Stato e i suoi amministratori,che ci porterà in una direzione tutt’altro che misteriosa.
Sul suolo italiano, Vodafone, è stata la prima compagnia telefonica – una delle più grosse al mondo – ad aver investito nell’infrastruttura del 5G. Nei primi mesi dell’anno scorso era l’unica compagnia ad offrire una copertura 5G nelle cinque città pilota italiane (Milano, Bologna, Torino, Napoli e Roma).
La scelta di creare una task force con a capo proprio l’ex amministratore delegato è una scelta ben precisa mirata a sostenere lo spirito tecnologico dominante mettendo in luce le “affinità elettive” tra sistema tecnico e potere statale.
Proprio qualche giorno fa l’attuale CEO di Vodafone, durante un’audizione presso Montecitorio ha preso voce rispetto alle prospettive future del paese dichiarando che “So bene quanto l’importanza della tecnologia e delle reti fosse già nota […]. Vi segnalo che abbiamo deciso di focalizzare parte dell’attenzione e dell’impegno che stiamo mettendo in campo sulle esigenze sanitarie che possono essere sviluppati grazie alla diffusione del 5G e delle sue applicazioni.
Vodafone sta rafforzando la collaborazione con ospedali e istituti di cura per mettere a disposizione della salute degli italiani le tecnologie più avanzate e per aiutare i nostri
medici e infermieri nel loro prezioso lavoro a favore della comunità. […].”
Dopo una serie di premesse per mettere in luce la ramificazione del potere dell’azienda in questa situazione emergenziale, si passa al reale interesse di tale dichiarazione chiedendo “un immediato adeguamento dei limiti di campo elettro-magnetico al livello degli altri principali Paesi europei (in Italia abbiamo i limiti più restrittivi dell’intera Unione Europea) e sono necessarie misure di semplificazione, avvalendosi degli istituti già noti al nostro ordinamento dell’auto-certificazione e del silenzio-assenso.”
Quale momento più ideale per uscire allo scoperto? Soprattutto dal momento in cui i lavori per la nuova infrastruttura 5G sono già in corso da diverso tempo (le pubblicità e i documenti ufficiali parlano piuttosto chiaramente a riguardo) centinaia antenne già installate, quindi di fatto lo spostamento dell’asticella dei limiti di tollerabilità è già in atto e questa pantomima col governo probabilmente rappresenta unicamente una formalizzazione necessaria per l’istituzionalizzazione della rete 5G.
La stessa Vodafone la ritroviamo nel servizio di messaggistica gratuita correlato alle applicazioni per il monitoraggio e la mappatura delle persone in fase di progettazione e attuazione su tutto il territorio.

Vodafone insieme a Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e altri nel settore hanno potuto così proporsi per collaborare alla gestione dell’emergenza sfruttando un momento di vulnerabilità per applicare delle condizioni altrimenti premature. Condivisione di dati e mappature digitali, creazione di applicazioni ad hoc e “solidarietà digitale” sono alcuni esempi di come, sottochiave umanitaria, le grandi multinazionali della sorveglianza hanno potuto ulteriormente ingrassare i loro server di dati e scavalcare alcuni scalini per l’accettazione di innovazioni tecnologiche.
In un futuro non troppo lontano sarà proprio in nome della sicurezza sanitaria “digitale”, della comodità del lavoro “flessibile” e della formazione scolastica che le infrastrutture per le città intelligenti verranno implementate barattando l’illusione di una libertà nelle comunicazioni illimitate con controllo e sorveglianza totali.
Un processo alla quale siamo indotti a partecipare, arruolati nel progresso tecnico, e nel quale ci confesseremo quotidianamente – tramite i dispositivi tecnologici – per un bisogno interiore sapientemente manipolato da un nuovo potere totalizzante, fluido, consensuale, a “misura d’uomo”.
La parvente “benevolenza” di un potere è ciò che lo rende così efficace.

In Cina, a emergenza finita – almeno per il Coronavirus – ogni spostamento ed interazione sono registrati, analizzati tramite DataMining e classificate tramite smartphone. Se si sale su un pullman, su un treno, si entra in stazione o in una determinata zona della città, c’è un QRcode da scansire in modo che il sistema registri il passaggio. Un’amministrazione automatizzata delle condotte che tramite incroci di dati, alcuni dei quali neanche ci immaginiamo, analizza ogni aspetto della vita in un processo prescrittivo dal quale siamo esclusi.
Una nuova implementazione al Sistema di Credito Sociale¹ che il governo cinese si era prefissato di rendere completamente operativo proprio quest’anno dopo una fase “sperimentale” di 6 anni alla quale sarebbe seguita l’adesione obbligatoria per tutti i cittadini. Ora, quindi, alle quattro macroaree scansionate da questo sistema (onestà negli affari di governo, integrità commerciale, integrità sociale e credibilità finanziaria) si aggiunge l’area riguardante i dati sanitari delle persone completando il profilo bio-sociale.
Il contesto cinese, insieme a ciò che sta avvenendo in Corea del Sud, Singapore ed Israele seppur con considerevoli differenze, è sicuramente importante ma basta dare un’occhiata a tutto ciò che sta avvenendo sul suolo italiano per accorgersi che il controllo e la gestione sociale di Xi Jinping non è poi così lontano come sembra.
L’emergenza Coronavirus, quindi, è la tempesta perfetta che ha permesso al governo cinese il rafforzamento e l’implementazione di quei sistemi già inaccettabili ma attivi da diversi anni, alzando ulteriormente la soglia dell’accettazione sociale.
Quel che viene presentato come un sistema extra-ordinario per mappare il contagio serve unicamente a renderci partecipi al nostro profilamento e alla nostra sorveglianza.
Le tecnologie più profonde sono quelle che scompaiono. Si legano al tessuto della vita quotidiana fino a diventare indistinguibili da esso” S. Zuboff.
Con App che ti dicono se puoi essere contagiato da Coronavirus, da puntatori biometrici che controllano la tua temperatura, droni che sorvegliano città come sentieri di montagna per la tua sicurezza, velocemente si concretizza un mondo nuovo in cui la realtà viene scomposta, riassemblata e ripropostaci da compagnie e governi.
Per riprendere D. Lyon “diventiamo la sintesi delle nostre transazioni, meccanismi di classificazione” in cui è l’algoritmo di un telefono a intimarci in quale modo possiamo agire all’interno di uno spazio determinato.
La quotidianità che conoscevamo viene macinata per costruire un nuovo futuro con una velocità tale da paralizzare la consapevolezza e creare enormi vuoti.
Ancora una volta l’inevitabilità della soluzione tecnologica ci viene riproposta.
Una ideologia pericolosa, contagiosa.
Ancora una volta si confonde una strategia calcolata nel dettaglio in una precisa contingenza storica come un avvenimento assolutamente emergenziale, extraordinario che si propone di gestire una situazione difficile nel modo meno impattante possibile.
Ci abitueremo così alla “Calm Technology” e senza accorgercene saremo immersi nel tecnomondo che scompare negli ambienti della nostra quotidianità facendoci perdere di vista il confine tra reale e artificiale.

Numerose sono le metafore alla guerra riferendosi a questa pandemia. Ma se una guerra è in corso, è quella contro la natura, la natura umana, la sua socialità e la sua volontà di pensare e agire. Una guerra lampo, che colpisce con velocità e che tenta di lasciare intorno a sé solo soggetti inermi, confusi, soffocati. A differenza però della guerra, fatta di ”menzogne unificanti”, a cui fanno riferimento giornalisti e amministratori statali di vario genere che spingono al nazionalismo verso un nemico esterno – ed interno -, questa offensiva deve creare consapevolezza della realtà che prende forma intorno a noi, veloce, e spingerci ad avere “sangue freddo per pensare l’impensabile”.
Una narrativa frammentaria e funzionale ha dirottato i sentimenti e i pensieri verso la piena fiducia nei leader statali e del settore delle telecomunicazioni, tecnocrati e ricercatori di varia fattura. C’è spazio per ogni esperimento se può aiutare a salvarci dalla pandemia. Dalle manipolazioni genetiche con CRISP-Cas9, agli esperimenti sulle scimmie, ai progetti di vaccini sintetici in giro per il mondo, ai chip impiantati sottopelle, l’ignoranza e la paura spalancano le porte al sistema tecno-scientifico.
Negli USA e in Cina si parla già di una corsa geostrategica delle biotecnologie.
Le potenze mondiali si spintonano per accaparrarsi i laboratori migliori ed assicurarsi un posto in prima fila nella gara al vaccino e alle sperimentazioni sulle persone.

Tra i più colpiti da questa pandemia sono sicuramente gli anziani.
Dopo il 1985, anno riconosciuto come quello della prima generazione di quelli che Mark Prensky ha battezzato nativi digitali, e nei decenni successivi ancora di più, la realtà che oggi viviamo è percepita come l’unica vivibile, impensabile un passato diverso privo di comodità digitali e tecnologie suadenti.
Corriamo verso un mondo, come immaginava J.Verne ne La Parigi del XX secolo, dominato dalla tecnica e i suoi ingegneri in cui l’arte, la letteratura, l’umanità diventavano prendi-polvere ammassati in biblioteche abbandonate, dimenticate da tutti.
Questo virus colpisce principalmente le ultime generazioni di “affezionati” all’epoca pre-digitale della storia umana, i meno adattabili a questo nuovo sistema algoritmico, innervato da reti, sensori e chip. Con essi se ne vanno i racconti che descrivono l’oggi come un incubo di fantascienza assolutamente inimmaginabile qualche decennio fa.
Come scrive H. Keyeserling “dovunque penetri la tecnica, non resiste alla lunga alcuna forma di vita pre-tecnica”.
Anche se le nuove avanguardie tecnologiche sono pensate per inglobare tutte le fasce d’età con i nuovi progetti di Active and Assisted Living perchè “non può esistere una smart city senza cittadini smart e soprattutto anziani smart!”.
La memoria è indispensabile anche perché ci rammenta mondi altri, possibili, esistiti e che possono esistere sotto altre forme.
La memoria ci salva dall’inevitabilità del presente che sembra schiacciarci fino a soffocare ogni volontà ed è indispensabile, ma non può essere la chiave di lettura di questo presente.
Le nuove forme di potere che agiscono sull’oggi non hanno antecedenti storici ed analizzarli sotto la lente di modelli passati sarebbe un errore che non ci permetterebbe di coglierne in pieno le peculiarità e di conseguenza di trovare le strategie per opporvisi.

I giornali di sinistro gusto vendono migliaia di copie per i continui articoli sulla sterile conta statistica dei morti, in strada tra il vicinato non si parla d’altro.
Nelle ultime settimane in città il lutto fa da metronomo a queste giornate silenziose.
Ma se c’è un senso di lutto che sicuramente dobbiamo avere è quello per tutto ciò che ci stanno togliendo. Per tutta la libertà individuale che si stanno accaparrando e per tutta la distruzione che inesorabilmente sferzano contro la Terra e i suoi abitanti.
I tempi in cui non ci sarà più stupore e sgomento saranno i tempi in cui ci saremo normalizzati ad uno stato di cose inaccettabili. Rivendichiamoci il nostro stupore e la nostra meraviglia, fatta di rabbia e angoscia, perché sono quei sentimenti che stimolano alla consapevolezza, all’agire e alla volontà di volere senza aspettare i tempi in cui i sentimenti diventeranno “diritti” che lo stato ci concede.

Quanto prima di dimenticarci chi eravamo quando non eravamo ancora di loro proprietà, chini nella penombra a studiare vecchi libri che parlano di autodeterminazione, con uno scialle a scaldarci, la lente d’ingrandimento in mano, come se stessimo decifrando antichi geroglifici?”
S. Zuboff

 

Nella
Bergamo – 14 Aprile 2020

 

 

¹ Sistema di Credito Sociale cinese: il sistema nazionale per la classificazione dei cittadini funzionante tramite l’incrocio di informazioni riguardanti la condizione sociale, economica e la valutazione comportamentale di ogni individuo. Non si tratta solamente di un sistema di sorveglianza capillare e di massa ma di una precisa architettura tecnica per manovrare i comportamenti verso una direzione programmata.
E’ basato su tecnologie per l’analisi di Big Data che, tramite l’assegnazione di punteggi, crea caratteri di inclusione od esclusione nella società trasformando i punti in “diritti” che, proprio come dei punti, possono essere persi o acquisiti. Il programma prevede la stesura di liste nere esposte pubblicamente. Un sistema che incita alla partecipazione dei propri cittadini secondo un principio di interiorizzazione, affidando a meccanismi automatizzati il mantenimento dell’ordine sociale. E’ in vigore dal 2014, in fase di sperimentazione e adattamento, e da previsioni programmatiche si appresta a diventare obbligatorio per tutti i cittadini proprio quest’anno.

 

[visto su https://www.resistenzealnanomondo.org]