Lettera di Elena e Nicole da Piacenza

Lettera pervenuta alla Cassa Antirepressione delle Alpi Occidentali

Carcere di Piacenza, 15 maggio 2020

Grazie a tutti voi!

Grazie per il kit di buste e bolli!

Io (Nicole) ed Elena siamo in AS3. Siamo arrivate alle 11.30 circa del 13 Maggio, dopo un primo passaggio in una tenda posta esternamente per misurare la temperatura corporea alle nuove detenute, siamo state messe in isolamento sanitario per 15 giorni (celle singole ma adiacenti). Non possiamo accedere alla palestra e alla biblioteca, dopo che c’eravamo state per 2 giorni, causa emergenza Covid e nostro isolamento. Dopo tale misura non saremo più potenziali veicoli di infezione… dopo una nostra incazzatura ci hanno dato 4 libri e ci stanno preparando il regolamento interno (è dall’ingresso che lo chiediamo)… vedremo.

Abbiamo 2 ore d’aria al dì, da fare separatamente dalle altre sempre per emergenza Covid e quindi le facciamo assieme (con mascherina) alle 12-13 e 15-16.

Come saprete qui c’è anche Natascia che al momento riusciamo a vedere solo di striscio quando attraversiamo il corridoio, ma i suoi sorrisi sono stati e sono fondamentali. Speriamo di poterla abbracciare presto. Oggi abbiamo avuto l’interrogatorio e ci siamo avvalsi della facoltà di non rispondere. Eravamo in videoconferenza insieme a tutti gli altri.

Lunedì vedremo gli avvocati. Di ieri la notizia che dal 19 c.m. al 30/06 riprenderanno i colloqui visivi e saranno mantenuti i colloqui via Skype. Questa operazione (che ci pare aver capito chiamata “RITROVO”?) ha quali capi di imputazione l’ormai noto 270 bis e 270 bis1 (aggravante) per 11 su 12, istigazione a delinquere tramite articoli, volantini e manifesti con l’aggravante dell’uso di strumenti informatici – Tribolo.noblogs.org e la piattaforma roundrobin.info -; danneggiamento di un Bancomat BPER nel corso di una manifestazione non autorizzata il 13/02/2019; imbrattamento e deturpamento con vernice spray su edifici a Modena e Bologna con scritte comparse dal dicembre 2018 ad oggi per tutti. Incendio, per uno degli imputati più altri allo stato da identificare, ai ponti ripetitori delle reti televisive in via Santa Liberata (Bo) nella notte tra il 15 e il 16/12/2018.

Che dire?… “la commissione dei reati – fine […] non è necessaria” (cit. pag.21 ordinanza)… forse l’ennesimo tentativo dopo Outlaw e Mangiafuoco – finite in una bolla d’aria – di chiudere la bocca a chi “odia gli sfruttatori” (cit. pag.20 ordinanza)? E cosa più importante non ne fa un mistero ma lo urla al mondo. L’ordinanza porte il timbro del 6 marzo. Ci chiediamo se questi miseri esseri senza qualità abbiano deciso di rimandare il nostro arresto al 13 Maggio per risparmiarci l’ingresso in carcere nel pieno dell’emergenza Covid19 o se lo abbiano fatto per evitare in quel periodo ulteriori presenze scomode e ribelli nelle gabbie di Stato. La risposta viene da sé. Medici e guardie, fusi in un corpo unico qui come altrove, si rivendicano la loro «scelta di vita». I medici in particolare, incalzati dalle nostre domande provocatorie sul loro ruolo durante la prima visita, hanno fieramente sostenuto di svolgere il loro lavoro per la tutela della salute delle persone in galera.

A conti fatti, visti i morti e i malati di e in carcere, non possiamo che concludere e urlargli in faccia che il loro lavoro lo fanno decisamente male nonché in completa armonia con le guardie.

Non può esistere in luoghi del genere, la tutela della salute delle persone, per ciò che questi luoghi sono e rappresentano. L’unica sicurezza è la libertà per tutte e tutti.

Volevamo ringraziare tutte quelle persone che ci hanno fatto sentire la loro vicinanza con i telegrammi, tanti; forse dall’esterno sembra una sciocchezza ma qui ci hanno scaldato il cuore e lo spirito. Il nostro pensiero va, in primis, a Stefy poiché è l’unica tra noi sola nel carcere di Vigevano e a tutti i nostri amici e compagni di lotta a Ferrara e Alessandria, a quelli raggiunti da obbligo di dimora nel Comune di Bologna e alle compagne e ai compagni fuori che continuano a lottare insieme a noi.

Nicole e Elena

Lettera di Elena e Nicole da Piacenza

A bassa voce

Arrabbiati. Alle nostre latitudini, gli individui affetti da rabbia venivano sottoposti a severe misure di detenzione fino all’inizio del XIX secolo, poiché si pensava che la malattia di cui soffrivano potesse trasformarli in animali selvatici. Oggi si vogliono rinchiudere gli arrabbiati che non rispettano né i limiti di spostamento né i gesti-barriera quotidiani (tre multe e potenzialmente si è arrestati, grazie allo stato di emergenza prolungato al 23 luglio), giacché si ritiene che il male dell’insubordinazione di cui soffrono necessiti della loro trasformazione in esseri addomesticati. Ma ciò significa dimenticare troppo in fretta che la rivolta può scoppiare anche nel cuore di questi luoghi di infamia, come ad Uzerche (Corrèze) lo scorso marzo, dove duecento prigionieri hanno devastato e poi incendiato circa 300 celle. In questa grande prigione sociale a cielo aperto, l’attuale laboratorio del «deconfinamento» significa null’altro che un tentativo di stringere le sbarre delle gabbie in cui tentiamo di sopravvivere, e di cui la galera sarebbe sia il punto cieco che l’apice (come punizione e come minaccia). Distruggerle tutte non è quindi solo una necessità per avanzare verso l’ignoto di una pratica esagerata di libertà, è anche uno slancio di vita elementare — siano esse di cemento munito di torrette, di cavi interrati o di servitù volontaria.
 
Attaccare. Lo Stato e i suoi alleati occasionali a tratti sconcertanti che raccomandavano di autorecludersi in massa nel nome del bene comune mentre il dominio si dava carta bianca, ci sono rimasti male. Sia in periferia, dove gli scontri con la polizia non si sono fermati — con incendi di telecamere, di volanti e di edifici istituzionali —, che durante le passeggiate al chiaro di luna che hanno provocato un po’ dovunque la distruzione di decine di strutture di telecomunicazione, questi 55 giorni di confinamento nell’esagono sono stati anche contrassegnati da una certa conflittualità. Non quella di manifestanti che rivendicano un cambiamento dall’alto, ma quella di piccoli gruppi mobili che agiscono direttamente senza aspettarsi né chiedere nulla a nessuno, prendendo di mira due pilastri indispensabili a questo mondo: gli sbirri e i gendarmi garanti di un ordine spietato, e le reti di dati che gli consentono di funzionare in ogni circostanza (dal telelavoro alla telescolastica, dall’economia alla telegiustizia). Se già si sapeva che la guerra sociale non conosce tregua, è rimarchevole che alcuni ribelli e rivoluzionari non abbiano ceduto al ricatto volto alla pacificazione della mano del potere che cura a suo piacimento (selezionando, ad esempio, chi deve morire o vivere), mentre lava l’altra che colpisce, mutila, assassina e imprigiona. Ora che queste due mani si congiungono esplicitamente per formare gli sbirri in camice bianco delle Brigate Sanitarie e altri dispositivi di tracciamento; ora che i poteri di polizia si estendono a una miriade di tirapiedi armati della loro buona coscienza sanitaria (seguaci dei braccialetti elettronici, secondini col volto ben mascherato, controllori di temperature troppo alte, guardiani delle distanze di sicurezza); ora che è più che mai evidente che la digitalizzazione della nostra sopravvivenza continuerà ad accelerare… questi differenti attacchi e sabotaggi condotti in condizioni più difficili del solito potrebbero avere qualcosa da dirci: la normalità è la catastrofe che produce tutte le catastrofi. Non si tratta di implorare il suo ritorno urgente o la sua educata revisione a chi sta in alto, ma di impedirne il ritorno, sia teoricamente che praticamente, attraverso l’auto-organizzazione e l’azione diretta.
 
Dati. Dai campi in cui gli input chimici permanenti sono misurati da droni e satelliti, fino agli esseri viventi addomesticati dall’ecologia della catastrofe munendo gli alberi di sensori e gli animali di chip, attraverso città intelligenti che intendono valorizzare il minimo flusso, dobbiamo affrontare continuamente questa economia del dato che quantifica il mondo riducendolo a una serie di cifre ingurgitate dai computer (presto quantistici), ma anche ad astrazioni matematiche che permettono ogni potere. Cosa c’è di più apparentemente oggettivo dei dati, se non fosse che questi sono influenzati dalla scelta arbitraria di ogni loro misura e criterio iniziali la cui domanda contiene già la risposta e che questa elaborazione di modelli è proprio ciò che consente di integrare l’autorità della gestione senza mai mettere in discussione le cause del problema, per concentrarsi sulle sue sole conseguenze previste? Come affermavano qualche anno fa alcuni feroci oppositori del nucleare e del suo mondo, dopo la distruzione volontaria di rilevatori di radioattività nei pressi di centrali nucleari: «Staccata dai suoi usi, la misura è un surrogato di sapere, quale che sia la sofisticazione delle conoscenze che vi sono investite per farla apparire. Essa diventa uno strumento ideologico quando, come il denaro, permette di modulare le effettive disuguaglianze senza rovesciare i rapporti di dominio che ne sono la causa».
La moltiplicazione di rilevatori di calore con droni e termocamere, la modellizzazione epidemiologica mediante algoritmi di comportamenti sociali ed interazioni umane per registrare, sorvegliare e tracciare, alla fine non fanno altro che consacrare una misurazione di tutto ciò che non può essere risolto dagli individui singolari, per farli rientrare nei ranghi o isolarli. Per l’ennesima volta, se l’epidemia di covid-19 non è che il pretesto per accelerare e consolidare una griglia tecnologica e sociobiologica non prevista, costituisce nel contempo il suo schema ideale nel nome di ciò che è in gioco: il pericolo di una morte improvvisa che rinvia alla vita in sé e non alla sua qualità. È così che finiamo per belare «viva la vita» come qualsiasi mistico religioso, piuttosto che cercare di rafforzare ed estendere il legame tra quest’ultima e la rivolta contro l’esistente che le dà un senso.
 
Distanziamento sociale. L’integrazione di distanze di sicurezza asettiche tra gli esseri umani nelle strade, nei trasporti, nelle caserme di addestramento o in quelle di sfruttamento è in linea col progetto di un dominio su corpi-soggetti atomizzati che interagiscano essenzialmente in modo telematico. In un momento in cui ciascuno è chiamato a diventare un imprenditore autonomo che valorizza anche il suo capitale-salute, perché rischiare l’ignoto al di fuori della famosa cerchia familiare che costituisce notoriamente un modello di salubrità fisica e mentale? Il distanziamento fisico permanente tra individui permetterebbe così che il gregge si mantenga in buona salute e produttivo malgrado l’epidemia in corso e quelle a venire, facilitando la sorveglianza, l’identificazione e l’isolamento dei corpi sospetti, indocili o superflui grazie ad una massa circolante meno compatta. Allo stesso modo consentirebbe di accelerare una ristrutturazione del flusso dei contatti e dei rapporti umani ottimizzandoli maggiormente affinché non si perdano più in tutti questi eccessi di vita troppo umani e decisamente improduttivi. Ammettiamo che contestare un tale progetto verso un mondo meglio ordinato e più fluido che arriva fino alla minima nostra interazione fisica sarebbe a dir poco irresponsabile!
Un simile progetto di massa non può beninteso funzionare in modo unilaterale grazie al solo manganello, e cosa c’è di meglio di un’epidemia col suo corteo di morti per poter contare sulla partecipazione di una maggioranza di cittadini impauriti che preferiscono la sicurezza alla libertà, la gerarchia accettata alla reciprocità senza delega, l’autorità rassicurante all’auto-organizzazione incerta? A titolo di esempio, gli occhi del potere che già si esercitavano a individuare ogni assembramento sospetto, a reprimere qualsiasi movimento incontrollato di massa, a regolare i comportamenti imprevedibili al di fuori della circolazione ordinaria non sono più soli: «mantenete la distanza» e che ognuno rimanga chiuso nel suo perimetro invisibile, rischia di diventare una delle ingiunzioni più banali, sia essa sbraitata da un drone poliziesco o borbottata da qualcuno perso nel suo schermo.
Il fatto che le misure di distanziamento sociale siano seguite ben oltre situazioni e relazioni interindividuali particolari, dal senso di colpa o dal riflesso di obbedienza, mantiene soprattutto l’illusione che questa società di concentramento e di flussi non sia la fonte dell’epidemia di covid-19, ma che sia sufficiente gestire bene questo momento adattandosi alle nuove condizioni perché tutto l’orrore di questo mondo possa continuare a propagarsi (quasi) come prima. Il diffuso rispetto per questo distanziamento da sé e dagli altri, insostenibile senza grossolane contraddizioni, è il risultato di un esercizio difensivo di temperanza e autodisciplina — integrato perfino in alcuni incontri o manifestazioni — che non solo non agisce contro l’esistente mortifero, ma per di più rafforza solo l’insieme delle separazioni che già lo attraversano. Separazioni in seno alla pienezza della vita per estrarne la sfera del lavoro che consenta l’economia, o quella del sapere condiviso che permetta l’educazione; completa separazione tra ciò che produciamo e le sue finalità; separazione, inoltre, tra il pensiero e l’azione, che apre la strada alla politica.
Una volta che la vita viene sezionata in pezzi catalogati e staccati gli uni dagli altri, una volta che il mondo interiore, il linguaggio e l’immaginario vengono ridotti a riprodurre un eterno presente col dominio come unico orizzonte, non restava ancora che distanziare radicalmente gli atomi fra di loro e con il loro ambiente immediato all’interno della massa informe: la crescente virtualizzazione dei rapporti vi sta in parte provvedendo, il distanziamento fisico generalizzato potrebbe completare questo lavoro di separazione dal reale, trasformando senza ritorno ciò che resta di direttamente sensibile in ognuno di noi.
 
Virus. Se ciò che preoccupa le belle anime del movimento è frenare la diffusione su scala collettiva del covid-19, si pensa veramente che moltiplicare i piccoli gesti individuali distanziati, mascherinati e di barriera cambierà la situazione, come si autogestisce la propria dose di radioattività in territorio contaminato per continuare a consumare e a produrre? Non è ovvio che gli imperativi economici li rendano altrettanto vani a livello globale quanto il differenziare i rifiuti per salvare il pianeta? Anche a costo di comportarsi da amministratori responsabili del disastro, perché non tentare allora di sradicare i principali focolai di contaminazione che ormai sono noti a tutti, come il trasporto pubblico, i commissariati, le scuole, le fabbriche e i magazzini? Tanto più che si conosce da secoli anche un comprovato rimedio contro i virus: il fuoco. Certo, questo rischierebbe di provocare tutta una serie di altri problemi, come quello di un mondo che ci ha reso completamente dipendenti, ma alla fine bisogna pur sapere cosa si vuole: cercare di frenare il virus chiedendo allo Stato più mezzi per gli ospedali e la ricerca, così come il rigoroso tracciamento delle persone contaminanti, oppure occuparsene direttamente da soli devastando l’organizzazione sociale ed economica che lo favorisce e lo propaga. Sempre che si voglia salvare qualcosa, ovviamente.
 
[Avis de tempêtes, n. 29, 15/5/20]
 

Bathurst (Canada) – Sabotato un parco eolico

Tra domenica 17 e lunedì 18 maggio, a 100 chilometri circa a ovest di Bathurst, New Brunswick, sono state sabotate diverse  del parco eolico Caribou. Queste turbine eoliche sono gestite dalla società francese Engie. 

“Dieci turbine eoliche sono state vandalizzate all’inizio di questa settimana presso il parco eolico di Caribou, vicino alla Highway 180 nel nord del New Brunswick.
La Royal Canadian Mounted Police (RCMP) ritiene che l’azione sia avvenuta tra domenica e lunedì notte.
I macchinari sono stati gravemente danneggiati […]”. Gli investigatori dicono che tre turbine sono rotte e non più funzionanti, e un’altra è stata danneggiata da un incendio.

Il parco eolico Caribou, situato a circa 100 chilometri a ovest della città di Bathurst, è gestito dalla multinazionale francese ENGIE.
Secondo New Brunswick Power, il parco eolico ha 33 turbine e una capacità di 99 megawatt, sufficienti ad alimentare circa 19.000 case nel New Brunswick. »

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13468

Argenteuil (Nord di Parigi) – Seconda notte di scontri dopo la morte di un ragazzo

Seconda notte di scontri tra gli abitanti di Argenteuil, quartiere a nord di Parigi, e la polizia. I rivoltosi hanno bersagliato con fuochi di artificio e numerose molotov gli sbirri che hanno risposto con lacrimogeni. Sono stati incendiati diversi cassonetti e almeno un paio di macchine tra le quali un suv. Gli scontri sono nati in seguito all’uccisione di un ragazzo in sella ad una moto domenica 17. Gli sbirri si dicono, chiaramente, estranei ai fatti.

Quì un bel video.

Grenoble (Francia) – Sabotate tre antenne nella stessa notte

Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2020 abbiamo bruciato l’antenna ripetitore dell’Haute-Jarrie.
Almeno altre due antenne ripetitori sono state attaccate simultaneamente intorno a Grenoble.

Le antenne ripetitori sono tra i tanti intrusi che sfigurano il paesaggio. Vengono utilizzate per la comunicazione di massa, presto portata anche nei luoghi più remoti. Attualmente, le installazioni 5G vengono costruite per questo scopo.
Il chiacchiericcio e le chiacchiere delle masse e le campagne mediatiche rivelano il vero vuoto di comunicazione quanto l’assenza di una vera discussione. Ma non può esserci vera comunicazione senza vere “relazioni sociali”. Le finte relazioni sociali dei social network ne sono una chiara indicazione.
Il vuoto esistenziale di un’epoca può così essere misurato, in particolare, dal vuoto comunicativo incessante che la riempie.
Ma non vogliamo un mondo in cui la garanzia di poter comunicare a distanza, costantemente e ovunque, venga scambiata con la possibilità di essere costantemente monitorati e controllati.
A parte gli imbecilli che si rallegrano di un mondo e di una realtà “aumentata”  e non si rendono conto – o accettano – di scambiare una quantità sempre maggiore di vincoli per una qualità di vita sempre più angosciante. Non è nient’altro che l’esistenza vestita con gli odiosi stracci della sotto-vita.

Nel mondo della sotto-vita, oltre ad essere colonizzato dagli esseri umani, ad essere coperto dalle cicatrici del cemento, oltre alla distruzione di tante forme di vita che ospita, ecc., la terra, attraverso tutte le sue distese, è attrezzata ed imbrigliata (tra le tante altre) da impianti di telecomunicazione. Anche nel cielo, che è solcato da continui trasporti aerei, non si scorgono più solo costellazioni di stelle, ma costellazioni di satelliti che orbitano nello spazio.
Radioattività, onde elettromagnetiche, inquinamento e virus di ogni tipo sono l’ossigeno sempre più inquinato del 21° secolo.
Che, con la consapevolezza di tutto ciò, questo mondo faccia pensare a una “prigione a cielo aperto” non è sorprendente. Tanto più quando l’attuale pandemia ha permesso e continuerà a permettere allo Stato di metterci, attraverso il confinamento, nella reclusione domiciliare, per lo più personalizzata.
Per chi ancora ne dubitava, il sistema carcerario è quindi l’aspetto punitivo di questa organizzazione governativa della vita. Un’organizzazione che porterà presto a una sorveglianza e a un controllo capillare delle masse grazie all’intelligenza artificiale, alle telecamere e agli smartphone con riconoscimento facciale, il tutto attraverso la stretta rete di internet.
Il confinamento ha dimostrato a sufficienza che le telecomunicazioni sono centrali nella vita delle “persone” al punto da farle accettare l’auto-reclusione.
Mentre alcuni, con le loro truffe dalle finestre (“parata”, “manifestazione”…), hanno scelto il suo simulacro, altri hanno deciso di (continuare a) propagare la rivolta vandalizzando, rompendo, attaccando, sabotando, dando fuoco a…
Perché quale scelta è rimasta in questo mondo?
Quella della sotto-vita le cui preoccupazioni sono il nuovo gadget da acquistare, la nuova app da scaricare?
O quella dell’insubordinazione e della rivolta, le cui preoccupazioni sono le esperienze sensibili vissute secondo le sue idee, la realizzazione individuale spogliata del maggior numero possibile di vincoli sociali…?

L’insubordinazione consiste nel sottrarsi a questa sotto-vita.

Pipistrelli che propagano il fuoco

Quì la rivendicazione integrale in francese e la notizia del triplo sabotagio riportata dalla stampa.

 

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13445

(it-fr) Metropoli di Grenoble, Francia: Attacchi coordinati contro antenne-ripetitori per le telecomunicazioni (18/05/2020)

La Nave dei Folli – Episodio 7

Episodio 7

Dal marzo 1946 al 1953 si svolgono dieci conferenze patrocinate dalla Fondazione newyorkese Josiah Macy, nata per sostenere la ricerca medica. Vero e proprio debutto in società della cibernetica, riunisce personalità già affermate nelle rispettive discipline, oltre a Wiener, Shannon e Von Neumann, il neurofisiologo Warren McCulloch, il medico Arturto Rosenblueth, il sociologo Paul Lazarsfeld, lo psicologo Alex Bavelas, lo psichiatra Ross Ashby, il linguista Roman Jakobson o i coniugi Gregory Bateson e Margaret Mead tra gli altri.

Feedback Mechanisms and Circular Causal in Biological and Social Systems, il titolo della prima conferenza, indica come fosse già ben radicata l’idea di riunire in un unico modello esplicativo, basato su retroazione e causalità circolare, organismi viventi, macchine e società. Questi incontri, che dal ’49 adottano ufficialmente il termine cibernetica, hanno il compito di «attraversare il golfo che separa scienze naturali e scienze sociali» per diffondere e applicare i suoi principi nei vari ambiti di ricerca.

Frattanto, quasi in parallelo, nel 1951 il biologo Julian Huxley – primo direttore dell’UNESCO e membro fondatore del WWF – conia un nuovo concetto, transumanesimo, da adoperare al posto di eugenismo diventato tabù dopo il nazismo. Preso atto che la vita umana, nel corso della storia, è stata un «miserabile espediente basato sull’ignoranza», Huxley si fa portavoce di una «missione cosmica»: determinare la futura direzione dell’evoluzione su questo pianeta.

Riferimenti Episodio 7

• Coil, Penetralia (Horse Rotorvator, 1986)
• David Fincher, Fight Club (1999)
• Rob Angus, Hiabla (Ethnoloopography, 1993)
• Giorgio Cesarano, Manuale di sopravvivenza (1973)
• Mamoru Oshii, Ghost in the Shell (1995)
• Giorgio Moroder, I Wanna Funk with You Tonight (Single Version, 1976)
• Rupert Sanders, Ghost in the Shell (2017)
• Abnoba, Tourdion (Vai facile, 2006)
• Ridley Scott, Blade Runner (1982)
• Speed Caravan, Idemo Dalje (Kalashnik Love, 2008)
• Terry Gilliam, L’esercito delle 12 scimmie (1995)
• Casino Royale, Sei in fila (Sempre più vicini, 1995) (testo)

https://lanavedeifolli.noblogs.org/

Berlino – Giornata in piazza in solidarietà agli anarchici e alle anarchiche colpiti/e dall’operazione ritrovo

DA BERLINO SOLIDARIETÁ INCONDIZIONATA E MASSIMO SUPPORTO AGLI ANARCHICI E ALLE ANARCHICHE COLPITI/E DALL’OPERAZIONE RITROVO.

Domenica ci siamo riappropriat* di una piazza nel quartiere di Friedrichshain. Per tutto il pomeriggio abbiamo allestito striscioni e banchetti informativi, mettendo a disposizione indirizzi e materiale per poter scrivere e far sentire la nostra vicinanza e solidarietà ai compagni e alle compagne colpiti/e dall’ operazione Ritrovo. Positiva e numerosa è stata la partecipazione, cosi come sensibile e attento è stato l´interesse dei passanti e degli abitanti del quartiere.

Purtroppo, come da tempo ormai sta accadendo, la repressione della polizia si fa sempre più aspra contro ogni forma di manifestazione di dissenso politico nelle strade. Due ore dopo l’inizio dell’iniziativa, un ingente dispiegamento di polizia ha intimato di togliere tutto il materiale politico (libri, opuscoli, striscioni) e di disperdersi. Con una certa ostilità abbiamo cercato di rimanere più a lungo possibile. E´chiaro che queste sono misure mirate solo a limitare la libertà di espressione e a reprimere ogni tentativo di azione. Non ci lasceremo intimidire e continueremo tutt* insieme ancora più determinati di prima.

L’obiettivo dell’apparato repressivo è la criminalizzazione dei nostri comportamenti. La nostra stessa esistenza sale sul banco degli imputati perché, irriducibili a ogni forma di controllo, ogni nostro respiro si fa tempesta tra le maglie del potere. La nostra vita, le nostre relazioni, i nostri sogni, la dignità con cui pretendiamo di vivere sono fiori in questo deserto di paura, sopraffazione e sfruttamento che il sistema che difendete ha creato. Chi ha conservato la bellezza negli occhi troverà il modo di riprendere in mano il proprio destino. A noi il compito di difendere con dignità questi fiori di resistenza. Caro stato, cari governi, la vostra inettitudine, l’impoverimento causato dalle vostre logiche di profitto, la violenza che impregna le vostre galere e le vostre caserme, l’imprigionamento e lo sfruttamento derivanti dalle vostre politiche migratorie razziste, la distruzione sistematica della natura in nome dei vostri sporchi interessi, sono sotto gli occhi di tutt* e chi é colpito da tutto ciò in prima persona sa bene dove e contro chi sputare il proprio veleno; non ha bisogno delle nostre “istigazioni”, termine che vi diverte usare per definire la nostra solidarietà. Quello che voi chiamate “imbrattamento” per noi é comunicazione diretta. Quello che voi chiamate “istigazione a delinquere” per noi é condivisione. Quello che voi chiamate “progetto criminoso” per noi si chiama lotta.

SOLIDARIETÁ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE COLPITI/E DALL’OPERAZIONE RITROVO. LIBERTA’ x TUTTI E TUTTE!

 

fonte: email

Nasce Scirocco, pubblicazione territoriale e blog dalle Madonie, Sicilia

Car* compagn*,
segnaliamo la nascita di una nuova pubblicazione territoriale e di un blog sulle Madonie, in Sicilia.
Questi fogli vogliono essere strumento per l’emergere di una prospettiva anti-autoritaria (pratica oltre che teorica)  a partire dalle specificità del contesto in cui viviamo, e sulle questioni esacerbate dalla gestione statuale dell’emergenza. I contenuti sono già il riflesso di un embrione di auto-organizzazione: nascono dal confronto tra abitant*, e non semplicemente tra compagn*.

Qui i link per scaricare i due numeri: https://sciroccomadonie.noblogs.org/scirocco/

Qui sotto l’editoriale del secondo numero.

Siamo in piena fase 2, quella in cui Papà Stato ci doveva dare il permesso di uscire e incontrarci e, effettivamente, la vita in questi giorni sembra riprendersi le strade. Una paura però rimane: che il suono della campanella annunci la fine della ricreazione e ci richiami di nuovo nelle case. Non è una paura immotivata: uno sguardo al contenuto dell’ultimo decreto ce lo conferma.
In ogni momento, dicono, si può ripiombare nel lockdown; rimangono, inoltre, le autocertificazioni e viene definito nel dettaglio quello che si può e non si può fare. Incontrare gli altri? “Chi” te lo dice sempre il governo che, per l’occasione, rispolvera il libro del suo catechismo di sempre: Produzione, Patria, Famiglia! Con un tratto di penna si definiscono anormali quelli per cui le amicizie contano più dei figli del cugino.
Con un occhio ben rivolto al futuro, si vietano gli assembramenti, quindi le assemblee e le situazioni di protesta, in qualsiasi forma. La bandiera dell’ “andrà tutto bene” comincia a strapparsi e da dietro emerge la solita realtà  con le sue odiose ingiustizie, le disuguaglianze crescenti tra chi ha soldi e potere e chi non ha nulla.
E, ormai chiaramente, gli analisti economici parlano di “situazione Greca” per descrivere l’Italia dei prossimi anni.
Dal nostro punto di vista quindi sarebbe un errore imperdonabile, che pagheremmo nel futuro prossimo, non capire che una guerra sociale si sta giocando all’ombra della gestione della pandemia. Procediamo quindi con le nostre analisi di questo tempo e tentiamo di fare chiarezza: è proprio quando il paesaggio di fronte a noi è cosparso di nebbie che diventa fondamentale trovare in noi le certezze che ci possono guidare nel cammino. Due, innanzitutto: 1. tra oppressori ed oppressi c’è un conflitto che nessuna situazione eccezionale può abolire; 2. l’illusione, tra gli oppressi, di salvarsi da soli crea le premesse perché le condizioni di tutti e tutte peggiorino.

Questi principi sono per noi validi sempre e quindi ci perdonerete se vi chiediamo di ricordarli nel leggere le pagine che seguono. Anche in questo numero, come nel precedente, tenteremo di tenere una linea doppia . Da un lato riteniamo importante approfondire l’analisi del mondo che gli oppressori stanno costruendo mentre noi siamo (fiduciosi?) a casa o dove ci permettono. Vaccinazioni obbligatorie, app per il nostro tracciamento costante, 5G, sono tutte questioni che avranno un impatto enorme sulle nostra vita e sul pianeta.
Dall’altro, continuiamo a pensare pillole di utopia pratica, ossia dei modi autonomi, solidali e auto-organizzati per affrontare tanto la salute quanto le conseguenze della crisi economica che ci stanno scaricando addosso.
In ordine sparso troverete anche poesie, incursioni del linguaggio dei sogni e degli sguardi bambini. Una cura, questa, per il grande trauma dell’infanzia che si sta consumando in queste settimane e che riguarda tutti: bambini e adulti. Il gioco, la poesia, la lotta: tutte attività che vogliono aria e spazio per poter vivere. E che ci mettono davanti alla necessità, quando saremo pronti, di violare pubblicamente le restrizioni. Da un lato, perché l’amore per la libertà non sopporta campanelle né  catechismi, dall’altro perché è un meditato senso di responsabilità che porta a ribellarci contro un’organizzazione sociale che ci vuole schiavi.

Venerdì 22 maggio – Iniziativa in solidarietà alle/agli arrestate/i di Bologna e a tutte/i le/i prigioniere/i

Venerdì 22 maggio biciclettata in solidarietà alle persone arrestate per l’operazione ‘Ritrovo’ e presidio sotto il carcere della Dozza.

  • Ore 17.00 Concentramento in Piazza dell’Unità
  • Ore 18.00 Presidio sotto il carcere della Dozza

Libertà per Duccio, Elena, Guido, Leo, Nicole, Stefi, Zipeppe!

LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE!

Quì il manifesto della giornata.