Sainte-Marie (Francia) – Rogo da un centinaio di vetture

Nella notte tra martedì 11 e mercoledì 12 maggio, un centinaio di automobili sono state date alle fiamme in un parcheggio dell’aeroporto di Gillot a Sainte-Marie. […] Un incendio ha devastato i veicoli a noleggio parcheggiati lì. Tra le 90 e le 100 auto sono state distrutte dalle fiamme.

Diverse società di noleggio sono rimaste coinvolte. L’incendio è stato impressionante, chi l’ha ammirato, descrive fiamme di quasi dieci metri. In totale, in questo parcheggio sono parcheggiate quasi 700 auto.

Sainte-Marie (La Réunion) : Une centaine de voiture de location brulées sur un parking de l’aéroport

Brest (Francia) – Antenna bruciata prima di entrare in funzione

Un “incendio doloso” secondo la polizia: un’antenna telefonica è stata bruciata dalle fiamme a Brest, vicino al porto turistico e a Océanopolis, lo scorso fine settimana. Era ancora in costruzione.

Diversi incendi simili sono stati segnalati negli ultimi mesi in Bretagna. Due settimane fa, un’antenna di telefonia mobile a Plaintel è stata danneggiata da un incendio.

Brest : L’antenne-relais incendiée avant même d’être mise en service

Ermont (Francia) – Barricate di fuoco e tre pali della videosorveglianza tagliati

Nella notte tra il 10 e l’11 maggio nella cittadina di Ermont, nord di Parigi, delle persone hanno dato fuoco a dei cassonetti per chiudere la strada mentre altre tagliavano con una smerigliatrice a disco tre pali sui quali erano installate delle telecamere di videosorveglianza. Appunto erano…

All’arrivo della polizia il gruppo si è disperso..

Pare sia il sesto palo a cadere nel giro di due settimane.

I disordini nel quartiere sono scoppiati in seguito al ferimento di un ragazzo a Villeneuve-la-Garenne da parte di sbirri in borghese.

Quì il testo integrale in francese.

Alcune riflessioni, urgenti e necessarie, riguardo la solidarietà, la condotta e i processi

Provo a scrivere di fretta e furia, perché d’altronde pensarci troppo intorno alle idee quando vengon fuori è deleterio e controproducente… E poi, se si erra qualcosa nella stesura, si può sempre accendere un dibattito che è la motivazione per la quale mi accingo a scrivere queste righe.

È di pochi giorni fa la notizia che un compagno è stato condannato a 12 anni e mezzo per delle azioni contro i fascisti di Casapound ed i capitalisti di ENI, sfruttatori di terre e popolazioni.

Un’azione diretta, chiara, coincisa, senza troppi fronzoli: parla da sola. Il compagno ha voluto anche rivendicare in aula la propria posizione ed il perché ha compiuto l’atto. Bene: la risposta dello Stato è stata una condanna esemplare…

Ma siamo sicuri che la condanna sia derivante solo dalle sue prese di posizione? Siamo sicuri che se ci fosse stata molta solidarietà, un presidio, un corteo, un qualsiasi tipo di approccio che sdogani in modo visibile, collettivo e numeroso quelle pratiche di rivendicazione dell’azione durante tutto l’arco del processo, da parte di tutte quelle compagne e tutti quei compagni che sinceramente si definiscono antifasciste ed antifascisti, sarebbe stato condannato a così tanto? Perché non c’è stata solidarietà attorno a lui? Quali sono i motivi? Perché si conosce poco, non si definisce anarchico ma militante di estrema sinistra, non fa parte dei nostri gruppetti di amichette ed amichetti?

Logicamente è una provocazione portata all’estremo…

Ma continuando con la provocazione… i compagni che sono in carcere, per esempio in Cile, li conosciamo di persona? No, eppure ci sono benefit, iniziative, sostegno, discussioni. Ed è giustissimo, perché è la cosa da fare… Ma quando ci si spinge verso la stessa direzione dell’azione diretta senza compromessi in Italia, perché non avviene questo tipo di solidarietà? C’è per caso l’effetto nimby, a casa degli altri sì a casa mia neanche per sogno? Oppure solo chi conosciamo è degno di solidarietà e vicinanza..? Ma la solidarietà si dà per la conoscenza e per la simpatia, oppure per le pratiche? Perché altrimenti qui si rischia, e si rischia grosso, di finire come quelle e quelli che vorremmo provare a combattere quotidianamente, creando la logica dell’essere accettate ed accettati in un gruppo sociale, dove ci divertiamo e siamo tutte amiche e tutti amici… Fingendo che alla fin fine e sotto sotto tutto va bene nonostante la gente marcisca in carcere o ai domiciliari, rimanendo cristallizzate e cristallizzati in realtà di formalità esistenziali che dovremmo essere le prime ed i primi a contrastare e distruggere.

Oppure non ci piace il fatto in generale di dover rivendicare in aula le nostre idee? Questo può essere, ma avrebbe senso dibatterne in modo ampio.

Ha senso affrontare i processi sperando in un’assoluzione, quando poi la batosta semmai arriva uguale? Non vale la pena di andare fieri e a testa alta davanti a tutto e tutti e dire: sì, sono anarchica, sono anarchico, sono militante di estrema sinistra, sono quella che vi pare o quello che vi pare, ho attaccato per queste ragioni, non me ne pento, me ne assumo tutte le responsabilità. Questo sarà opinabile quanto volete, ma è pur sempre uno spunto di riflessione. Tanto, a conti fatti, quando si lotta per la libertà, che ne diano 8, 10, o 15 di anni, cosa può cambiare? Quando usciremo di prigione saremo in un mondo libero? No. Dovremo continuare a lottare? Sì. E dal carcere non si può lottare? Deve essere un momento di pausa dalla lotta? Sono domande, solo domande…

Dal momento che mi tolgono la quotidianità, dovrò costruirmene un’altra, e l’essere umano è l’animale più adattabile all’habitat che lo circonda nel minor tempo possibile, quindi sarà dura sì, ma ce la si fa… Perché sperare quando si può comunque, in un modo o nell’altro, lottare?

Ad una certa nella vita si può anche provare a fare una scelta: la fierezza con se stessi e se stessi, anche se ci costerà cara, o il far passare l’acqua sotto i ponti per sbrigarcela il prima possibile. Sia ben chiaro, sono condivisibili entrambe, ma poi in soldoni, quale ci rende più felici di noi stessi?

E chiudo, con una constatazione: finora, gli ultimi processi alle anarchiche ed agli anarchici che sono stati seguiti negli ultimi anni, hanno avuto esiti sempre più o meno positivi… Mi spiego meglio: dove c’è una grossa partecipazione sia in aula che fuori, sempre, a tutte le udienze, ricordando a lorsignori che non si lascia nessuno indietro e che ci siamo, esistiamo, e ci opponiamo sempre a loro, anche in aula di tribunale perché è lì l’unico posto dove poter interagire pur solo con lo sguardo con le compagne ed i compagni reclusi… bene, le condanne sono sempre più lievi, rispetto a processi che si lasciano andare a se stessi o dove si lascia fare una difesa tecnica agli avvocati o che si seguono sporadicamente o solo i giorni delle sentenze. Allora, non vale forse la pena di rivedere le modalità di solidarietà e di supporto ai processi nei confronti delle nostre compagne e dei nostri compagni? Magari la pena comminata sarà la stessa, ma se non si tenta, chi ce lo dice che è già scritta la sentenza, perché dargliela già vinta, perché dire “non serve a niente io faccio altro” se poi magari non si fa neanche altro? D’altronde, oggi siamo noi a poter andare a portare un po’ di solidarietà alle recluse ed ai reclusi anche in tribunale, ma domani potremmo essere noi a dover stare dietro le sbarre e dover subire traduzioni ammanettati scortati da secondini, solo per sapere a quanti anni una toga deciderà di relegare le nostre vite in 4 mura di cemento… Riflettiamoci su!

SOLIDARIETÀ A MAURO ROSSETTI BUSA

SOLIDARIETÀ ALLE COMPAGNE ED AI COMPAGNI COLPITI DALLE VARIE OPERAZIONI SCRIPTA MANENT, PANICO, PROMETEO, RENATA, SCINTILLA!

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI COLPITI DALLA SORVEGLIANZA SPECIALE!

E PIÙ IN GENERALE SOLIDARIETÀ A TUTTE LE RIVOLTOSE ED I RIVOLTOSI DEL MONDO, IN LOTTA CONTRO STATO E CAPITALE, COLPITE E COLPITI DALLA REPRESSIONE

Un/a Individua/o

https://roundrobin.info/2020/05/alcune-riflessioni-urgenti-e-necessarie-riguardo-la-solidarieta-la-condotta-e-i-processi/

“Non avrai altro dio all’infuori di me”

Pubblichiamo un articolo tratto dal pamphlet KRINO, la pubblicazione completa si può scaricare a questo LINK

NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME”

Mercoledì 11 Marzo 2020 l’ OMS dichiara covid-19, il cui primo caso si ebbe a Wuhan e diffusosi in tutta l’Asia e successivamente in tutto l’occidente, pandemia: un’epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti. Nonostante la dimensione globale del fatto, in Italia, come risposta a questa crisi, stiamo assistendo a un’amplificazione esponenziale della già onnipresente e pervasiva retorica nazionalista fatta di tricolori, inni e richiami ad un’ipotetica unità.

Vorremmo cercare di analizzare i motivi e le convenienze che hanno spinto a far uso di questa retorica e il perchè questa abbia fatto breccia nel sentire comune.

Crediamo che per iniziare ad analizzare questo fenomeno sia utile partire dalla riflessione di Rudolf Rocker secondo la quale religione e autorità sono due gemelli siamesi che nascono contemporaneamente e sono strettamente legati l’un l’altro, in quanto ogni forma di potere nella storia ha sempre fondato la propria legittimità su miti e scritture sacre che avevano come oggetto una divinità. Si potrebbe dire che questa riflessione perda la sua pregnanza se si cerca di applicarla al regime liberale contemporaneo nato dalla secolarizzazione e che ha come suo fondamento la laicità dello Stato: come può essere considerato legato alla religione un regime che vede la sua sovranità derivare non da Dio ma dal popolo e dalla nazione?

A un primo sguardo questa osservazione sembra cogliere nel segno, ma solo perchè lo Stato-nazione è il regime politico-istituzionale in cui siamo nati e cresciuti e quindi non riusciamo ad analizzarlo con il dovuto distacco, ma se si riesce a problematizzarlo si può notare che anche il regime politico in cui siamo immersi si fonda sul culto di una particolare divinità: la Nazione.

Sin dalla sua nascita nel XVIII secolo lo Stato-nazione moderno si poneva come il portatore e l’esecutore della volontà nazionale: qualcosa che non deriva dalla somma e il dialogo delle varie volontà personali, ma un ente trascendente di cui queste ultime non sono altro che una derivazione e una espressione. Questa visione crede sia possibile una volontà unitaria di tutti gli individui che vivono in una determinata regione geografica, non prendendo in considerazione un fatto centrale e cioè che la società è divisa in classi con interessi che non solo sono diversi, ma sono necessariamente in contrasto fra loro: chi può dire infatti che un senzatetto e un palazzinaro abbiano gli stessi interessi solo perchè nati nello stesso luogo o perchè parlano la stessa lingua?

Non potendo derivare dalle volontà e dagli interessi dei singoli individui che la compongono, la volontà nazionale non è altro che un ente astratto e trascendente che sovrasta la comunità concreta formata dall’unione dei singoli individui particolari di cui essa non è che la copia farsesca e idealizzata; insomma è la divinità su cui lo Stato cerca di fondare la propria legittimità ponendosi come il realizzatore dell’ “interesse nazionale” checché ne dicano gli apostoli della laicità dello stato. L ‘interesse nazionale non è altro che l’interesse particolare di coloro che hanno le risorse culturali, simboliche ed economiche per presentare i propri interessi particolari come generali anche se vanno a discapito della maggioranza della popolazione coprendo così lo sfruttamento e l’imposizione onnipresenti.

Se l’unità nazionale è la nuova forma religiosa necessaria alla legittimazione del regime liberale-capitalistico, allora non ci stupiscono i rituali delle 18:00 fatti di inni e tricolori che ripropongono nel mondo “civile” le danze intorno ai totem dei cosiddetti “selvaggi”, o il gran numero di bandiere esposte come crocifissi.

In questi giorni stiamo assistendo a un aumento dei rituali della religione nazionale perchè questa, come ogni altra religione, ha il fine di religare, legare insieme la popolazione cercando di far dimenticare quelle spaccature che in un momento di crisi (sanitaria o economica che sia) potrebbero far saltare le fondamenta di potere e sfruttamento dei pochi sui molti che tengono in piedi il nostro mondo. La tattica è sfacciata e si sta facendo ricorso soprattutto a due elementi da sempre centrali nella simbologia nazionalista: la comunità nazionale come famiglia e il cameratismo.

L’11 marzo 2019 a conclusione della presentazione del dpcm, il presidente del consiglio Conte ha affermato: “Siamo parte di una medesima comunità. Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore e correre più veloci domani”, insomma i “fratelli d’ Italia” sono una grande famiglia che farà molta fatica a non potersi abbracciare, ma che finita questa crisi tornerà alle solite dimostrazioni di affetto tipiche del datore di lavoro che sfrutta l’operaio, del poliziotto che elargisce DASPO a senzatetto e poveri o del politico che taglia decine di miliardi alla sanità pubblica: un cantautore molto ascoltato (ma anche molto frainteso) avrebbe detto: “Onora il padre, onora la madre/e onora anche il loro bastone,/bacia la mano che ruppe il tuo naso/ perché le chiedevi un boccone”.

L’ideale del cameratismo è portato avanti da tutta quella simbologia bellica che trasuda da tutti i discorsi istituzionali e dalla narrazione dei media mainstream: l’Italia è in guerra contro un nemico comune e quindi è necessario serrare le fila della comunità nazionale tenendo da parte tutte le differenze sociali, politiche e culturali. Dal punto di vista simbolico e dell’estetizzazione del discorso pubblico questo è riscontrabile per esempio nelle immagini delle file di mezzi militari mimetici che portano via le salme da Bergamo: ci chiediamo a cosa servano questi mezzi; da cosa devono nascondersi? Quest’uso è simbolicamente strumentale a creare una sensazione generalizzata di guerra con tutto il cameratismo che avere un nemico comune produce.

Il notare la sovrapposizione di nazionalismo e religione è utile anche per comprendere perchè questa retorica faccia breccia nelle menti e nei cuori della popolazione in un momento come questo: la religione è sempre stata la risposta che l’individuo ha dato alla sua condizione di finitudine e precarietà. In un momento pandemico in cui l’uomo è messo crudamente di fronte alla sua nullità e al pericolo della morte, questo non può che affidarsi alla religione contemporanea per eccellenza cercando di esorcizzare la morte con l’idea di una resurrezione all’interno di una comunità nazionale che gli preesiste e che continuerà a vivere anche dopo la sua eventuale morte.

Come ogni chiesa, lo Stato-nazione ha i suoi infedeli e i suoi eretici, i suoi nemici esterni e i suoi nemici interni contrapponendosi ai quali riesce a rafforzare l’idea di ingroup. Il nemico esterno, oggi come sempre, è l’immigrato proveniente dal continente africano: l’8 Aprile lo Stato italiano ha deciso di non far attraccare le navi di migranti nei propri porti fino al 31 Luglio. Sarebbe interessante cercare di comprendere perchè vengano chiusi i porti a navi provenienti da paesi in cui il tasso di positivi al corona virus è inferiore all’Italia e al mondo occidentale, ma si tratterebbe di uno sforzo vano: nelle religioni vige il credo quia absurdum (credo in quanto assurdo). Il nemico interno è il povero che osando avere fame rappresenta la cattiva coscienza che la società cerca di esorcizzare e rimuovere tramite la criminalizzazione e definendo questo come una degenerazione dal corpo sano della comunità nazionale. Questo processo è facilmente riscontrabile nella reazione spropositata ai casi di tentativo di furto in un supermercato palermitano (ma anche in altre città italiane) e ad alcuni video postati sui social in cui alcune persone dei quartieri popolari del capoluogo siciliano invitavano chi non aveva soldi e non poteva ricevere i sussidi statali in quanto lavoratore in nero a prendere dai supermercati ciò di cui aveva bisogno per sfamare sé e la propria famiglia. Subito è arrivata la risposta indignata di tutta la cittadinanza che si è autoproclamata “vera Palermo” e col passare del tempo di tutta la nazione. Il sindaco Orlando ha addirittura sostenuto che queste persone fossero degli “sciacalli del sottobosco mafioso” per via di alcuni “mi piace” a pagine Facebook che sicuramente sono più che esecrabili ma che nella realtà non hanno nulla a che vedere con la mafia, ma sono solo il prodotto di trenta anni di retorica di antimafia legalitaria che si fonda sulla visione “ o con la mafia o con lo stato” e che porta chi è dimenticato dalle istituzioni (o meglio chi non è dimenticato dalle istituzioni che continuano a tartassarlo e costringerlo nella miseria e nel degrado) ad appoggiare (A PAROLE) la mafia. Bisognerebbe ricordare al sindaco ciò che aveva già capito Sciascia: se tutto è mafia niente è mafia

Se la nazione è la divinità del nostro tempo bisogna fare i conti con un’altra questione: “la religione è il singhiozzo della creatura oppressa” e dunque bisogna cercare di comprendere quali oppressioni e quale miseria terrena ha portato alla creazione e alla fuga in questa entità divina. Crediamo che la creazione della divinità nazionale sia una reazione al disagio provocato da un mondo fondato sulla concorrenza e su un individualismo atomizzante che frustra ogni bisogno di solidarietà e comunità. Tuttavia, proprio perchè non vengono toccate le basi materiali che portano a questa frustrazione, la risposta nazionalistico-religiosa non può che portare con sé gli stessi problemi da cui scaturisce: la comunità nazionale non è inclusiva, ma si fonda sull’esclusione dello straniero e del nemico interno considerato come degenerazione dalla comunità nazionale.

Il bisogno di solidarietà e di partecipazione sociale non può essere realizzato postulando un’entità fittizia nel cielo religioso che domina i singoli individui: bisogna realizzare in terra una vera comunità in cui non ci siano gruppi con risorse simboliche, culturali, economiche e di potere per far passare il loro interesse particolare per interesse generale; bisogna creare una società orizzontale senza disuguaglianze economiche e di potere in cui ogni individuo possa partecipare alla definizione dell’interesse generale e che nei momenti di difficoltà non lasci nessuno indietro.

Un’ultima riflessione ci preme farla sull’effetto che l’adesione a questa religione ha sul grado di autonomia spirituale e etica degli individui. Creare una divinità significa rinunciare a tutte le qualità spirituali positive che appartengono all’uomo in quanto uomo delegandole all’ente fittizio che si è creato: paradossalmente la religione (sia essa quella tradizionale o quella della nazione) non è altro che l’abbrutimento della spiritualità. Spesso chi aderisce a questa religione aspetta che sia la “chiesa della dea Nazione”, lo Stato, a decidere cosa sia morale e cosa no, scadendo in quel becero legalitarismo tipico della nostra epoca e che in questo periodo di pandemia si esprime nella criminalizzazione di chi passeggia da solo o va nei parchi e in spiaggia con le dovute distanze mentre non ci si indigna per le fabbriche che, approfittando di cavilli legali a loro favorevoli, riescono a rimanere aperte mettendo a repentaglio la salute dei lavoratori e di tutti coloro che possono entrare in contatto con questi.

Delegare la propria autonomia morale-spirituale allo Stato non è una scelta saggia. Innanzitutto ci fa perdere la nostra umanità e singolarità; inoltre lo Stato non è altro che il detentore del monopolio dell’uso della violenza legittima e in quanto tale è in primis militarismo e controllo sociale: non è un caso che allo scoppio dell’emergenza non ci fossero le risorse e i dispositivi medici necessari per affrontarla, ma non ci fosse scarsità di militari da mettere nelle strade non si sa bene a fare cosa (a tal proposito si potrebbe anche ragionare del fatto che negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a tagli alla sanità per 25 miliardi e a un aumento di 37 miliardi nelle spese militari)1.

Lo Stato è riuscito ad approfittare di una situazione non creata da lui e che lo ha colto colpevolmente impreparato per estendere il proprio dominio definendo necessarie quelle attività volte al profitto (su quali tipi di aziende che sono rimaste aperte abbiamo già parlato) e inessenziali le suddette attività o la lotta per il miglioramento della condizione propria o dei propri cari come la repressione di scioperi di lavoratori o degli assembramenti dei parenti e solidali dei carcerati ci stanno a dimostrare.

Sta a noi non cadere in questa trappola e iniziare a costruire una società in cui questa retorica non possa nascere né fare breccia.

1 https://altreconomia.it/tagli-alla-sanita-spesa-militare/

https://roundrobin.info/2020/05/non-avrai-altro-dio-allinfuori-di-me/

Ravanusa (Sicilia) – ragazzo sottoposto a TSO dopo aver gridato in strada che il virus non esiste

Un 33enne siciliano viene sottoposto al TSO (trattamento sanitario obbligatorio) dopo essere stato fermato in macchina in giro per la città smegafonando che il virus non esiste e dovremmo tutti uscire di casa.

Conclusi i 7 giorni minimi di reclusione è stato rilasciato, soprattutto grazie alle pressioni  della famiglia.

 

Italia: Operazione repressiva «Ritrovo». Sette anarchici arrestati

Durante la notte del 13 maggio 2020 sono stati arrestati sette anarchici tra Bologna, Milano e la Toscana, è stato imposto l’obbligo di dimora per altri cinque anarchici ed è stato perquisito lo spazio di documentazione anarchico Il Tribolo a Bologna. L’operazione repressiva, denominata «Ritrovo», è stata coordinata dal pubblico ministero Stefano Dambruoso e dai carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale), che hanno effettutato gli arresti e le perquisizioni congiuntamente al comando provinciale dei carabinieri di Bologna.

I sette arrestati sono accusati dell’articolo 270bis del codice penale (associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico), le altre accuse sono relative agli articoli 414 (istigazione a delinquere), 639 (deturpamento e imbrattamento) e 635 (danneggiamento). Una persona è accusata dell’articolo 423 (incendio) per l’attacco incendiario del 16 dicembre 2018 contro alcune antenne per le telecomunicazioni situate in località San Donato a Bologna e destinate alla trasmissione delle reti televisive nazionali e locali. Sul luogo venne lasciata la scritta «Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze. Solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati».

Le forze repressive affermano che sono accusati di aver creato una associazione eversivo-terroristica avente «l’obiettivo di affermare e diffondere l’ideologia anarco-insurrezionalista, nonché di istigare, con la diffusione di materiale propagandistico, alla commissione di atti di violenza contro le istituzioni». Inoltre, la procura di Bologna, con l’ausilio dei media di regime, ha sottolineato che le misure cautelari assumono una «strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare situazione emergenziale [legata all’epidemia di coronavirus], possano insediarsi altri momenti di più generale campagna di lotta anti-Stato».

Questi sono gli attuali indirizzi dei compagni arrestati:

Giuseppe Caprioli
C. R. di Alessandria “San Michele”
strada statale per Casale 50/A
15121 Alessandria

Stefania Carolei
C. C. di Vigevano
via Gravellona 240
27029 Vigevano (PV)

Duccio Cenni
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

Leonardo Neri
C. R. di Alessandria “San Michele”
strada statale per Casale 50/A
15121 Alessandria

Guido Paoletti
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

Elena Riva
C. C. di Piacenza
strada delle Novate 65
29122 Piacenza

Nicole Savoia
C. C. di Piacenza
strada delle Novate 65
29122 Piacenza

Aggiornamenti su Peppe dal carcere di Alessandria

Come prevedibile è stata respinta la richiesta di commutare la detenzione con gli arresti domiciliari causa coronavirus.
Dalle telefonate con Peppe sappiamo che alcune divergenze con dei detenuti politici di lungo corso in aS2 si sono acuite in seguito alla rivolta del 9 marzo. Mentre il carcere di Alessandria bruciava e la tensione era forte alcuni di loro si sono chiusi in cella, Peppe e un altro invece hanno cercato, per quello che era possibile dalle finestre della sezione, di dare sostegno ai rivoltosi bruciando degli oggetti e giocando al lancio di campingas. Per questo è stato denunciato oltre che per altre iniziative individuali di protesta che hanno dato un po’ fastidio in sezione e che hanno portato dei danni alla struttura carceraria per un ammontare di circa tremila euro. Però la luce del sole è tornata ad entrare da un bel po’ di finestre in as2. Ma nel liberare dal plexiglass opacizzante l’ultima finestra, Peppe si è danneggiato la schiena già provata da 3 ernie bilaterali. È dovuto ricorrere alle cure dell’infermeria e dopo tre giorni di punture ha accusato malesseri insoliti. La documentazione sanitaria che attesta la sua patologia, spedita dai familiari con posta veloce per permettergli di acquistare un busto ortopedico è stata trattenuta per più di 2 settimane. Pure il resto della posta, in entrata e in uscita, subisce enormi ritardi, deviazioni o cancellazioni. Per tutti questi motivi ha chiesto il trasferimento in un altro carcere, ma la richiesta è stata respinta con una rapidità sorprendente. Nel frattempo ha scontato 15 giorni di isolamento e si appresta ora a scontarne altri 15. Oggi ha ripresentato la domanda di trasferimento dichiarando l’incompatibilità con la struttura e con alcuni detenuti.

Sosteniamolo con ogni mezzo possibile!
Sempre vicini a chi lotta dentro e fuori la gabbia.

 

https://roundrobin.info/2020/05/aggiornamenti-su-peppe-dal-carcere-di-alessandria/

Trasferimento di Gabriel in Spagna

Gabriel Pombo Da Silva: consegna imminente alle autoritá spagnole

Dall’ultimo comunicato scritto sulla situazione giuridica e carceraria del nostro compagno anarchico Gabriel Pombo Da Silva, é trascorso poco piú di un mese. Le ultime notizie pubblicate parlano di una sentenza definitiva emessa dal Tribunale Supremo di Lisbona nella quale é confermata l’intenzione di consegnare il nostro compagno allo Stato Spagnolo nonostante l’evidente illegalitá della sua stessa detenzione (non deve compiere nessuna pena residua!).

Dall’emissione di questa sentenza, il passo successivo sarebbe dovuto essere il ricorso al Tribunale Costituzionale ma durante queste settimane sono successe diverse cose che ci hanno confermato come la sottomessa obbedienza al Tribunale n°2 di Girona da parte delle marionette dello “Stato di Diritto” portoghese non avrebbe mai cessato di esistere.

In sintesi: a) si é richiesto l’annullamento della stessa sentenza definitiva emessa dal Tribunale Supremo di Lisbona a causa di alcune irregolaritá tra le quali; il numero dei giudici che l’hanno firmata (che avrebbero dovuto essere minimo tre e non due com’é successo); la mancanza di risposte ad alcune contraddizioni giuridiche; la convinzione che il “principio di specialitá” si possa liberamente interpretare in base al Paese d’appartenenza (si tratta proprio di un principio fondamentale del diritto comunitario soggetto ad un’unica ed omogenea interpretazione per tutti i Paesi dell’Unione Europea e non é soggetto ad alcuna arbitrarietá!). A questa richiesta il Tribunale Supremo ha corretto se stesso dichiarando la nullitá della sua stessa disposizione per poi, senza nemmeno passarla a un altro tribunale come dovrebbe essere quando viene dichiarata la nullitá di un atto giuridico, riparare ai suoi stessi vizi… insomma, lo stesso Tribunale ha emesso due sentenze (!!!).

b) Come si sa, l’OMS e l’ONU hanno invitato a svuotare il piú possibile le carceri per evitare una disastrosa pandemia all’interno di queste istituzioni proponendo di liberare o di applicare delle misure alternative a tuttx x prigionierx in detenzione preventiva o con una pena residua inferiore ai due anni o anziani e/o affetti da patologie che rappresenterebbero un rischio per la salute in caso di contagio da Covid-19. OMS e ONU hanno ricordato inoltre che la chiusura delle frontiere e il livello di controllo militare rappresentano una garanzia che le autoritá giudiziarie devono prendere in considerazione affinché non si neghi quanto richiesto a causa del rischio di fuga. In base a tutto ció, é stata chiesta la liberazione o l’applicazione delle misure alternative per Gabriel visto che la sua é una detenzione preventiva e dato che é affetto da asma dalla nascita (una malattia cronica che lo metterebbe in una situazione di rischio in caso di contagio da covid-19). La risposta non si é fatta attendere: P.M. e giudice si sono presentati come i principali e diretti responsabili della consegna di Gabriel allo Stato Spagnolo (!!!); i problemi di salute non sono stati sufficientemente documentati (nonostante risultino dalle cartelle cliniche di tutte le galere della Penisola Iberica dove Gabriel é stato) e, anche se gli succedesse qualcosa le carceri garantiscono la dovuta attenzione medica; per il Sig. Pombo Da Silva, inoltre, la chiusura delle frontiere e la militarizzazione di tutto il territorio europeo non rappresenta una garanzia sufficiente affinché non si dia alla fuga (questo lo abbiamo interpretato come un complimento, je je!).

c) Considerato il tutto, l’avvocato ha reputato inutile ricorrere al Tribunale Costituzionale visto che, dato il ruolo che ha (verificare il rispetto del diritto alla difesa o a un processo giusto), non avrebbe mai potuto entrare in questioni di interpretazione della legge (nel nostro caso il “principio di specialitá” che rappresenta il nodo legale per la liberazione di Gabriel); per di piú é troppo evidente l’intenzione di consegnarlo alla Spagna a qualsiasi costo. Se si fosse fatto ricorso a questo Tribunale, la durata massima di prigione preventiva sarebbe stata di 150 giorni ma, non avendo fatto ricorso, questa durata si ridimensiona a 90 giorni. Questi 90 giorni sono scaduti il 25 aprile e Gabriel ha continuato ad essere sequestrato. Cosí l’avvocato si é reso conto che era stato applicato un calcolo diverso (ad hoc?) e che la carcerzione preventiva sarebbe scaduta l’8 maggio. Ció nonostante il 27 aprile si é chiesto un “Habeas Corpus” (un procedimento giuridico attraverso cui qualsiasi cittadinx puó comparire immediatamente davanti a un giudice affinché questi si pronunci sulla legalitá dell’arresto), per poter chiedere un’altra volta la libertá per il nostro compagno. Nessuno ha risposto fino a quando, il 4 maggio, le autoritá competenti hanno comunicato la sua ammissione convocando un’udienza per il 7 (un giorno prima che scadesse la suddetta carcerazione preventiva). Durante questa udienza (per videoconferenza con la scusa della pandemia), non solo il P.M. ha confermato la sua intenzione di consegnare Gabriel alla Spagna, ma si é scoperto che lo stesso aveva giá richiesto l’espulsione definitiva il giorno prima avendola giá comunicata all’Europol (!!!). Con questa perla dello “Stato di Diritto”, il capitolo portoghese si puó considerare concluso.

Nell’arco di qualche ora il nostro compagno si ritroverá in una galera dello Stato Spagnolo che non possiamo sapere adesso: abbiamo tutti gli elementi per pensare che non verranno presi in considerazione ne’ la chiusura delle frontiere, ne’ lo stato di emergenza affinché si possa procedere alla doverosa consegna di “questo individuo tanto pericoloso”.

Gabriel sta bene di salute ed é di buon umore… sa molto bene che non c’é da aspettarsi nulla di buono da parte della Giustizia di Stato nonostate continui a lottare con tutti i mezzi legali a sua disposizione. In terra spagnola l’avvocato continuerá a richiedere la nullitá dell’OEDE emessa dal Tribunale n° 2 di Girona fino a vincere questa battaglia.

Approfittiamo per ringraziare tuttx coloro che ci hanno appoggiato anche economicamente (a proposito é ancora attivo il Conto Corrente Bankinter intestato a Elisa Di Bernardo aperto con l’esclusivo scopo di raccogliere soldi per le spese legali)… nonostante tutto siamo ancora alla punta dell’iceberg!

Tutto quello che sta succedendo non rappresenta nulla di nuovo se pensiamo che tutti gli Stati usano ogni arma (legale e illegale… che nelle sue mani sono sinonimi) a sua disposizione per reprimere, azzittire, piegare, punire, isolare, torturare e uccidere i propri nemici di sempre: individui degni, eretici e innamorati della vera libertá!

Seguiranno maggiori informazioni.

GABRIEL LIBERO!

TUTTX LIBERX!

VIVA L’ANARCHIA!


Segnaliamo il conto per la solidarietà:

TITOLARE: Elisa Di Bernardo
BANKINTER
IBAN: ES06-0128-0180-3601-0009-8696
BIC/SWIFT: BKBKESMMXXX

Aggiungiamo anche il link ad un audio che ci è stato segnalato con delle registrazioni di Elisa sulla situazione di Gabriel:

https://www.ivoox.com/monografico-pombo-da-silva-n-xxiv-segunda-epoca-audios-mp3_rf_50693190_1.html

 

https://roundrobin.info/2020/05/trasferimento-di-gabriel-in-spagna/

Lettera di Mauro Rossetti Busa

Lettera di Mauro Rossetti Busa del 20 aprile dal carcere di Agrigento

….la mia aspirazione è sempre stata fondata sull’ideale sul “comunismo anarchico” soprattutto negli anni addietro dove sono sempre stato convinto che il vero nostro nemico è sempre stato il capitalismo anche se devo dire che il capitalismo non è mai stato l’unico nemico ma il suo affidabile stato.

Lo stato l’ho sempre considerato un’idea, un forte alleato del capitalismo dove allo stesso momento trae da esso le proprie forze. Fino a quando continuerà ad esserci/esistere il capitalismo e il suo alleato stato continueranno ad opprimere il proletariato, gli oppressi, i disoccupati, gli operati.

Per queste ragioni il “comunismo-anarchico” è anche un anarchismo rivoluzionario che dovrebbe portare azioni individuali e di conseguenza violenta perché a mio avviso sarebbero importanti e necessarie.

Le azioni compiute individualmente comprese quelle compiute dalla masse dovrebbero rafforzare attraverso la violenza con azioni individuali l’intero movimento e si cesserebbe di aspettare.

Devo anche dire che gli oppressi, disoccupati e operai continuando ad accettare di stare sottomessi non hanno sempre fatto altro che formare sempre più una classe distinta e nemica.

….anche se non posso nascondere che sono sempre stato favorevole a ricorrere alla violenza….lotta armata.

Forse miei cari compagni molti di voi non condivideranno questo mio contestuale pensiero ideologico politico, mi riferisco a quanto ho espresso sulla lotta armata.

Il corso degli anni mi ha portato a credere con pieno convincimento che attuare/ricorrere alla lotta armata è l’unico modo per contrastare il capitalismo e il suo alleato…stato.

Vi ringrazio delle vostre attenzioni e della vostra solidarietà politicamente abbracciando tutti-e quei compagni-e che mi hanno conosciuto di persona e chi mi ha conosciuto per corrispondenza.

Questo non vuol dire addio al mio passato presente e futuro, è per comunicarvi che ho intrapreso un altro percorso, quello del “comunismo anarchico” e che l’anarchia in generale è sempre stata rivoluzionaria e ha sempre praticato la lotta armata fino dagli anni della sua nascita.

Mi scuso con tutti-e voi di questo mio silenzio che non è dovuto a me ma alla censura.

Carcere di Agrigento

20-04-2020

Rossetti Busa Mauro

Allargo i miei saluti ai miei amici compagni in regime AS2 a Terni.

https://roundrobin.info/2020/05/lettera-di-mauro-rossetti-busa/