The Plague And The Fire

The Plague And The Fire

Quarantena o morte!?

«Le malattie infettive sono un argomento triste e terribile, certo,
ma in condizioni ordinarie sono eventi naturali,
come un leone che sbrana uno gnu o un gufo che ghermisce un topo»
David Quammen, Spillover, 2012

 

O come un terremoto che fa tremare il suolo, o come uno tsunami che sommerge le coste. Laddove non provocano vittime, o quasi, questi fenomeni non vengono nemmeno notati. È solo quando il macabro conteggio comincia a salire che cessano di essere considerati eventi naturali per diventare immani tragedie. Ed assumono contorni terribili e insopportabili soprattutto quando si verificano sotto i nostri occhi, qui ed ora, non in un continente o in un passato lontani facili da ignorare. Ora, quand’è che questi eventi di per sé naturali seminano la morte? Quando il loro verificarsi non viene tenuto minimamente in considerazione, presupposto per non prendere alcuna misura precauzionale nei loro confronti. Costruire case in calcestruzzo in zone altamente sismiche, ad esempio, è un modo sicuro per trasformare un terremoto in una catastrofe. In attesa delle prossime piogge, disboscare una montagna significa preparare una frana che spazzerà via il paese sottostante, così come cementare il letto di un fiume che attraversa zone abitate significa promettere un’esondazione che manderà sott’acqua sotterranei e parti basse degli edifici.
Lo stesso si può dire di una pandemia. Se un microrganismo è in grado di uccidere ovunque non è perché la natura è tanto cattiva e deve essere perciò addomesticata dalla scienza che è buona. Prendiamo ad esempio il coronavirus: prima l’organizzazione sociale dominante lo ha creato (con la deforestazione e l’urbanizzazione), poi lo ha diffuso in tutto il pianeta (con la circolazione aerea e il sovraffollamento), infine ne ha aggravato gli effetti (con la carenza di mezzi idonei a curarli e la concentrazione delle persone più predisposte e sensibili al contagio, trasformate in cavie delle più disparate terapie somministrate secondo discutibili criteri). Tenuto conto di ciò, dovrebbe essere chiaro che il modo migliore per ostacolare il più possibile la comparsa di un virus maligno – impedirla del tutto sarebbe pretenzioso quanto impedire un uragano, considerato poi che il corpo umano è sempre pieno di virus e di batteri di vario genere – è di sovvertire da cima a fondo il mondo in cui viviamo, al fine di renderlo meno favorevole allo sviluppo di epidemie. Mentre il modo migliore per evitare un’eventuale infezione è quello di rafforzare il sistema immunitario.

Si tratta di una duplice prevenzione, sull’ambiente generale e sui corpi particolari, che però non riscuote alcun favore. La prima perché comporta una trasformazione sociale ritenuta utopica in quanto troppo radicale, la seconda perché è un intervento biologico considerato insufficiente in quanto troppo individuale. Rimedi troppo vaghi e lontani, soprattutto viziati da un difetto fondamentale: non sono erogabili da uno Stato cui si è affidato il compito di sollevare dalla fatica di vivere. Insomma, misure poco pragmatiche e non rivendicabili all’alto. Nulla a che vedere con il potenziamento dei servizi sanitari o l’invenzione di un vaccino, rimedi oggi impetrati a gran voce da tutte le parti.

Nel nostro universo mentale a senso unico la questione della salute è come tutte le altre, oscilla fra le due corsie della via maestra data per scontata e obbligata: settore pubblico gestito dallo Stato oppure settore privato gestito dalle imprese? Poiché il secondo è riservato ai ricchi, è dal primo che la stragrande maggioranza delle persone si attende con urgenza la salvezza. Tertium non datur, direbbero i latini (e chi accusa i critici del sistema ospedaliero di fare il gioco delle cliniche di lusso). Ma dato che questa via maestra è quella perorata dal dominio e dal profitto, non sarà certo privilegiando una corsia rispetto all’altra che si potrà cambiare una situazione che è frutto proprio dell’esercizio del dominio e della ricerca del profitto.

Ecco perché è necessario fugare l’aura di ineluttabilità che fa da scudo a questa società, impedendo di intravedere altre possibilità. Qui però si sbatte contro una difficoltà in più. Quando e come uscire di strada per esplorare altri sentieri, se quando si gode di ottima salute non si pensa mai alla malattia, mentre quando si è malati si pensa solo a come venire guariti il più in fretta possibile? E come riuscirvi senza mettere in discussione non solo l’istituzione medica, ma anche il concetto stesso di salute, nonché il significato di sofferenza, di malattia e di morte?

Pensiamo ad esempio a come oggi chi osa osservare che la morte fa parte della vita, soprattutto superati gli ottant’anni di età, venga bollato di cinismo malthusiano (da chi, da aspiranti all’immortalità transumanista?). Oppure pensiamo alle considerazioni formulate a suo tempo da Ivan Illich sulla nemesi medica. Se oggi, in piena psicosi da pandemia, questo critico non certo sospettabile di estremismo anarchico fosse ancora vivo e si azzardasse a fare uno dei suoi interventi, verrebbe linciato prima sulla piazza virtuale e poi su quella reale. Ve lo immaginate se, davanti ad un pubblico distanziato e con i suoi asettici dispositivi di protezione, in spasmodica attesa di un vaccino salvifico, qualcuno cominciasse a sostenere che «solo limitare la gestione professionale della sanità può permettere alla gente di mantenersi in salute», o che «il vero miracolo della medicina moderna è di natura diabolica: consiste nel far sopravvivere non solo singoli individui, ma popolazioni intere, a livelli di salute personale disumanamente bassi. Che la salute non possa se non scadere col crescere della somministrazione di assistenza è una cosa imprevedibile solo per l’amministratore sanitario», o che «nei paesi sviluppati, l’ossessione della salute perfetta è divenuta un fattore patogeno predominante. Ciascuno esige che il progresso ponga fine alle sofferenze del corpo, mantenga il più a lungo possibile la freschezza della gioventù e prolunghi la vita all’infinito. È il rifiuto della vecchiaia, del dolore e della morte. Ma si dimentica che questo disgusto dell’arte di soffrire è la negazione stessa della condizione umana», magari concludendo con la preghiera «non lasciateci soccombere alla diagnosi, ma liberateci dai mali della sanità»?

Simili affermazioni, in giorni isterici come quelli che stiamo attraversando, apparirebbero come minimo di cattivo gusto persino a certi militanti rivoluzionari, ridotti chi ad attribuire ad uno Stato capitalista il compito di debellare un virus capitalista, chi a passare dal ruggito libertà o morte! al miagolio quarantena e sopravvivenza!. Eppure, la tanto bramata autonomia che si vorrebbe raggiungere facendola finita con tutte le dipendenze, può mai rinunciare alle sue intenzioni davanti al corpo umano, alla sua vita come alla sua morte?

Messico – Protesta sotto al centro di reinserimento di Mexicali

venerdì 1 maggio
La protesta ha avuto luogo nella mattinata di fronte al Centro di
Reinserimento Sociale di Mexicali, dopo che nella notte una donna ha
raccontato della morte di suo marito, recluso affetto da
covid. Ha raccontato che gli assistenti sociali l’avevano avvisata di dover
pagare una radiografia ai polmoni, sul momento di pagare le avevano
detto che suo marito era già morto. Questo si somma alle testimonianze di
donne i cui congiunti reclusi hanno febbre e tosse, che hanno convissuto
con detenuti affetti da tubercolosi e che non hanno ricevuto visite
mediche. Con la protesta di oggi le familiari esigono visite e cure
mediche per i reclusi.

fonte: mail

Messico – Evasione di massa dal carcere dello stato di Morelos

FUGA E OMICIDI

Il 19 di Marzo ha avuto luogo una delle maggiori fughe della storia
nelle carceri dello stato di Morelos secondo le autorità.
Nel Centro di Reinsercióne Sociale di Morelos (Carcere), ubicato nel
municipio di Xochitepec.
I detenuti sono fuggi ti con un camion della nettezza urbana che è stato
inseguito dalla polizia
che ha sparato contro il mezzo ferendo varie persone ed il conducente,
facendo andare a sbattere il camoion.
Ci sono stati 3 morti e 10 feriti, non è chiaro quante persone siano
riuscite a fuggire e quanti siano stati successivamente catturati. Pare
che l’area di massima sicurezza del carcere non sia stata raggiunta dai
disordini.

Lo scorso 21 novembre , nello stesso carcere ci fu una grossa rivolta
soffocata nel sangue con 2morti e 10 feriti.

fonte: mail

Sugli scioperi in Messico

Moltissimx lavoratrx delle fabbriche nel nord del Messico, fabbriche
perloppiù di proprietà straniera (USA, Canada, Germania…), hanno
iniziato una serie di scioperi. Preoccupatx per il contagio dellx loro
compagnx, alcunx morti per il virus, lx lavoratrx chiedono che, in
accordo con il decreto federale che ordina la chiusura delle industrie
non essenziali, le imprese mandino a casa lx operax con il 100% del
salario. Ci sono stati scioperi negli stabilimenti di almeno 31 imprese
a Tijuana e Mexicali (Baja California), Ciudad Juárez e Matamoros
(Chihuahua), Nogales (Sonora) y Gómez Palacio (Durango).
Molte di queste imprese appartengono ai settori dell’elettronica,
telecomunicazioni e metalmeccanico come la Honeywell, Lear Corporation,
Electrical Components International, Syncreon, Legrand e Hyundai.

Gli scioperi selvaggi, non coordinati da sindacati, dove lx operax si
presentano dai resposabili degli stabilimenti pretendendo di essere
mandatx a casa con il salario completo.

Anche se la maggior parte dei beni prodotti nelle fabbriche delle città
di frontiera del Messico sono per il mercato statuniense o straniero, lx
lavoratrx delle fabbriche guadagnano solo una piccola frazione di quello
che ricevono lx statunitensx addette alle stesse mansioni, disparità che
è andata aumentando nelle ultime settimane a causa della forte caduta
del peso messicano nel mezzo della crisi sanitaria ed economica.
Gli scioperi cominciati a metà aprile per il virus rappresentano la
terza grande ondata di scioperi delle industrie del nord del Messico
negli ultimi quattro anni e mezzo, preceduta dalle proteste che avevano
avuto luogo in vari stabilimenti di Ciudad Juarez nel 2015/2016 e gli
scioperi a matamoros dell’inizio del 2019. in questi precedenti
conflitti, lx lavoratrx pretendevano aumenti salariali, miglioramento
delle condizioni di lavoro e sindacati indipendenti.

fonte: mail

Parigi, banlieu – Tagliati dei cavi Orange, 100 mila persone in Tilt

Questo martedì mattina, nel comune di Ivry-sur-Seine sono stati tagliati dei cavi che hanno interessato diversi comuni della Val-de-Marne (tra cui Maison-Alfort, Ivry-sur-Seine e Charenton-le-Pont), e sono ora interessati, oltre che parte di Parigi. Questa azione ha avuto un impatto sulla rete in fibra ottica di Orange, tagliando potenzialmente i servizi di telefonia e Internet a circa 35.000 clienti Internet (privati, aziende e professionisti) e, per i servizi mobili, quasi 15.000 clienti 2G, 13.000 clienti 3G e 42.000 clienti 4G situati nella Val-de-Marne. Una seconda azione si è verificata un po’ più tardi, martedì alle 12.45, quando alcuni individui hanno tagliato cavi di rame sotterranei in una zona industriale di Vitry-sur-Seine. I danni hanno causato problemi di accesso a Internet per le imprese, le case vicine e le stazioni di polizia di Villeneuve-Saint-Georges e Alfortville.

Orange afferma che tutto ritornerà alla ‘normalità’ non prima della notte tra il 7 e l’8 maggio.

Quì il testo integrale in francese.

Germania – Numerose azioni per il primo maggio

Freudenstadt (Baden-Württemberg) e Bitburg (Renania-Palatinato): attacchi incendiari – 1° maggio 2020

La sera, individui mascherati hanno attaccato la stazione di polizia di Freudenstadt verso le 21.15, lanciando due cocktail Molotov. Una delle bottiglie in fiamme si è schiantata al suolo a pochi metri dalla stazione di polizia ed è uscita da sola. L’altra è rimasta incastrata in un albero ed è atterrata davanti all’ingresso di un caffè-ristorante. Si presume che i mascherati abbiano gettato i dispositivi incendiari da un parcheggio a più piani. Sono riusciti a fuggire senza essere fermati. I poliziotti li hanno inseguiti, con più di 20 pattuglie e un elicottero, ma sono tornati a mani vuote.

A Bitburg, un individuo mascherato ha lanciato un ordigno pirotecnico all’ingresso della stazione di polizia di Eifel. La polizia ha detto che c’è stata una detonazione e ha causato un sacco di fumo rosso. Ci sono stati dei danni. Due sospetti sono stati temporaneamente arrestati. Le prove sarebbero state sequestrate ai giovani della zona dell’Eifel. Gli uffici erano pieni di fumo e i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per ventilare il luogo.

Saarbrücken: la CDU perde tutte le sue finestre – 1° maggio

I locali della CDU a Saarbrücken sono stati distrutti, comprese le finestre della porta d’ingresso. Un passante segnala l’incidente intorno alle 5 del mattino”. Le ragioni non sono ancora stabilite, ma non si può escludere un movente politico”, secondo la polizia.

Amburgo: auto di una società immobiliare bruciata – 30 aprile 2020

“Pensando ai ribelli e alle persone colpite dall’assedio della polizia nel quartiere di Friedrichshain [di Berlino], la notte tra il 29 e il 30 aprile abbiamo dato fuoco a un’auto della società immobiliare ‘Pott & Harms’. Nella dichiarazione, i piromani hanno espresso la loro solidarietà alla Hausprojekt Liebig34, minacciata di sfratto, e si è conclusa con : “Perché l’attacco è necessario ed è sempre possibile.”

Dresda: Attacco al centro per l’impiego – 30 aprile 2020

“Abbiamo approfittato della notte di Walpurgis per andare al centro per l’impiego sulla strada di Budapest senza aver chiesto un appuntamento. Non perché ci piace stare lì, ma per dare forza alle nostre critiche con colpi di vernice e martello. Abbiamo voluto chiarire che è anche possibile difendersi dalle pubbliche amministrazioni, in modo solidale, determinato, legale o illegale, ma sempre legittimo! Il polo occupazionale è l’espressione di un assurdo vincolo di lavoro e di prestazione. Chiunque si sia mai trovato anche solo una volta di fronte a sanzioni (che minacciano la nostra esistenza) ne è consapevole […]”.

Magdeburgo: attacco a un’agenzia di riscossione – 30 aprile 2020

Nella notte tra il 29 e il 30 aprile abbiamo dato fuoco alla Creditreform in Rue du Grand Diesdorf. Ci stiamo attivando nell’ambito delle numerose azioni che si stanno svolgendo in tutto il mondo in vista del 1° maggio. Riteniamo che non sia necessario formulare parole per spiegare le ragioni della scelta di un’agenzia di riscossione come target. Chiunque riceva lettere dalla Creditreform, la cui somma aumenta ad ogni lettera, sente in sé stesso angoscia e rabbia contro questo sistema ingiusto.
Abbiamo dato libero sfogo a questa rabbia distruggendo una finestra con un’ascia e svuotando un estintore pieno di bitume all’interno degli uffici. Abbiamo anche lasciato il messaggio “1° maggio – attacchiamo i maiali della riscossione” e abbiamo distrutto le finestre rimanenti lanciando loro dei sassi. Speriamo che la vernice abbia reso gli uffici inutilizzabili, almeno temporaneamente, e che per il momento non possano più inviare lettere. … Per la rivoluzione sociale”.

Lipsia – Notti di barricate e un’auto degli sbirri in fiamme

Nel quartiere Connewitz di Lipsia, le notti sono state movimentate all’avvicinarsi del 1° maggio e anche dopo.

La notte tra il 29 e il 30 aprile i poliziotti sono intervenuti per spegnere un incendio sulla strada verso le 2.15 del mattino. I pali di legno che circondano gli alberi sono stati strappati e ammucchiati prima di essere dati alle fiamme nella Bornaische Straße. Poi, intorno alle 4.15 del mattino, un’auto del fornitore di servizi di sicurezza Dussmann è stata incendiata nella stessa strada, questa volta al Wiedebachpassage. La Ford Fiesta di una società di sicurezza è bruciata. Per quest’ultimo incendio, la sezione sassone antiterrorismo e difesa contro l’estremismo (PTAZ) ha assunto il controllo dell’indagine.

La notte successiva, poco dopo le 4 del mattino, è scoppiato un incendio in un cantiere all’incrocio tra Hammerstraße e Bornaische Straße, dove sono state bruciate materiale di cantiere accumulato.

Infine, nella notte tra l’1 e il 2 maggio, per la terza notte consecutiva, sono state incendiate barricate di assi di legno e oggetti vari in quattro diversi punti della Bornaische Straße verso le 23.30. È bruciata anche una fermata dell’autobus della LVB (Azienda dei trasporti di Lipsia).

Berlino – Incendi di auto e attacchi ai promotori della gentrificazione

Nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio tre automobili vengono incendiate nel quartiere di Kreuzberg. Verso le 2.15 del mattino due auto, una BMW e una Mercedes, parcheggiate nella stessa strada (Ritterstraße), sono state date alle fiamme. Una terza auto, una VW, parcheggiata davanti alle altre due, è stata leggermente danneggiata dalle fiamme.

Nella notte tra l’1 e il 2 maggio, un SUV-Mercedes parcheggiato in Plantagenstr. viene incendiato poco dopo l’1 di notte nel quartiere di Wedding. Quattro veicoli sono stati poi dati alle fiamme in un parcheggio nel quartiere di Reinickendorf.

Il 1° maggio ci sono stati numerosi inviti a manifestazioni e azioni decentralizzate. È stato per questo motivo, tra gli altri, che circa 5.000 poliziotti sono stati dispiegati nelle strade per far rispettare il divieto di assembramenti di più di 20 persone negli spazi pubblici, una delle misure adottate nella lotta contro il Coronavirus.

Al ponte Kottbuss, di fronte al parco Görlitz e alla piazza Marianne, diverse centinaia di manifestanti si sono radunati la sera presto con razzi, petardi e fumo. I poliziotti hanno rapidamente caricato, arrestato e ferito diversi manifestanti, non senza incontrare resistenza. In totale, ci sono stati 50 arresti e 100 identificazioni.

La sera prima, nella notte di Walpurgis [1] nel quartiere di Friedrichshain, tra le 100 e le 200 persone mascherate si sono radunate in Dorfplatz, all’incrocio tra Rigaer Straße e Liebigstrasse, un quartiere sotto occupazione quasi permanente della polizia. Per tutta la serata, le pattuglie della polizia sono state regolarmente attaccate con bottiglie di vernice. All’inizio, ordigni pirotecnici vengono lanciati da un balcone di un edificio di Liebigstr verso le 21.00 e 40 minuti dopo, bottiglie piene di vernice vengono lanciate su veicoli della polizia. Più tardi, altre bottiglie vengono lanciate a tre pattuglie, senza successo. Intorno alle 23.30 altre due pattuglie vengono prese di mira da un edificio in Rigaerstr. senza essere colpite neanche questa volta. Ma poche ore dopo, verso le 2.50 del mattino, uno dei tanti lanci ha finalmente colpito il bersaglio, danneggiando un veicolo della polizia dal lato del conducente. Un totale di 5 persone sono state arrestate dai poliziotti nel quartiere per “mancato mantenimento della distanza fisica” (fissata a 1m50).

Durante la stessa notte, le finestre e la porta d’ingresso della sede della SPD nella via del municipio di Lichtenberg sono state sabotate con schiuma espansa, la facciata è stata attacchinata.

Le finestre dell’ufficio dell’Aeris, una delle società corresponsabili della gentrificazione di Rummelsburg, sono state rotte e la facciata ridipinta a Bleibtreustraße a Charlottenburg; azioni legali contro la gentrificazione di Friedrichshain e il parcheggio di Rummelsburg [2].

Verso le 3.50 del mattino, vernice verde e blu viene lanciata contro la facciata di un edificio (Loft) appartenente al gruppo Streletzki, situato in Köpenicker Straße a Mitte. Allo stesso tempo, uno spazio Co-Living nella Seumestraße a Friedrichshain perde diverse finestre. Il proprietario di questo edificio non è altro che l’uomo d’affari Padovicz, che per diversi anni ha voluto sfrattare lo spazio femminista queer ‘Liebig34’ e trasformarlo in un nuovo edificio per bobos. Il testo pubblicato su indymedia dice: “l’edificio appartiene alla società Padovicz, che sta facendo tutto il possibile per mettere in strada il Liebig34. L’edificio al n. 1 non è un semplice condominio. Ospita appartamenti ammobiliati e si basa sul concetto di Co-Living, in modo da poter affittare un bilocale a partire da 1.600 euro. […] Per azioni più decentrate. Demoliamo la compagnia Padovicz! »

La sera del 29 aprile, verso le 21.30, un’auto parcheggiata nel terreno di un cantiere di Tempelhof-Schöneberg è stata incendiata. Il veicolo è stato completamente distrutto dall’incendio. Più tardi nella notte, lungo la Schönhauser Alle a Prenzlauer Berg sono stati trovati slogan e simboli. Queste targhette, che sono dipinte di nero, sono “probabilmente dell’ultra-sinistra” (secondo i poliziotti). Sulla facciata dell’edificio del partito “Die Linke” in Weydingerstr. a Mitte sono stati vergati altri graffiti (“con contenuto politico”).

Nota dell’editore:
1] “Festival neo-pagano in onore di St. Walburge (710-779), che si svolge nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio. È stata celebrata clandestinamente in tutta Europa fin dall’antichità, nonostante i divieti e le scomuniche della Chiesa, ed è stata identificata con il Sabbath delle streghe. Soprattutto, è il simbolo della fine dell’inverno, a volte associato alla piantagione dell’albero di maggio o all’accensione di grandi fuochi. “(wikipedia)
2] Si tratta di un’area di Berlino Est, tra Lichtenberg e Friedrichshain, che è soggetta a speculazione immobiliare e gentrificazione.

[Sintesi basata sui media tedeschi e indymed

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13073

Nivillac (Francia) – Bruciate due macchine della gendarmeria

Due auto sono state incendiate nella notte tra domenica e lunedì nel cortile della gendarmeria di Nivillac. È in corso un’indagine per trovare il colpevole o i colpevoli.
…] Il sindaco Alain Guillard non si risparmia le parole dopo l’incendio doloso che ha bruciato due auto parcheggiate davanti al garage della caserma Nivillac.
Si ritiene che gli eventi si siano verificati intorno alle 3 del mattino. L’incendio ha danneggiato anche le porte dei garage, ma i vigili del fuoco di Nivillac-La Roche-Bernard sono riusciti ad evitare che si diffondesse al resto dell’edificio.
“Sono stato avvertito alle 4:45 del mattino dalla polizia municipale”, ha continuato il sindaco. Si è recato sul posto la mattina presto, così come il prefetto Patrice Faure, il colonnello Pascal Estève, capo del gruppo della gendarmeria del Morbihan, e il procuratore di Vannes François Touron.
Nove gendarmi e le loro famiglie dormono sul posto, ma le loro case sono un po’ fuori mano e non c’è stato bisogno di evacuarli. Tuttavia, il rumore dell’esplosione dei pneumatici li ha svegliati. Chi può biasimare così tanto i gendarmi? Spetta a loro scoprirlo. E’ stata aperta un’indagine. Quanto al sindaco, non riesce ancora a crederci: “Qui di solito è una zona piuttosto tranquilla”.

 

Nivillac (Morbihan) : Les gendarmes perdent deux voitures (MAJ 15/05)

Tolosa (Francia) – Non abbiamo sbagliato bersaglio: morte allo Stato, sociale o meno

Nella notte fra il 24 e il 25 aprile, abbiamo carbonizzato 11 veicoli di servizio di Toulouse Métropole Habitat [l’ente delle case popolari per l’agglomerato urbano di Tolosa].

Oggi come ieri, vogliamo attaccare le componenti di questa civilizzazione che sono a nostra portata, dalla più militarizzata alla più “sociale”, e il confinamento non ci impedirà di proseguire le nostre attività all’aria aperta, che si tratti di una passeggiata diurna per osservare un bersaglio, oppure di una camminata notturna per incendiarlo.

Toulouse Merdopole Habitat, come tutte le altre branchie “sociali” del governo, non è altro che uno strumento di pacificazione.

Non lo vogliamo, il vostro “Stato sociale” di merda; non si riforma una prigione, la si brucia!

Non preoccupatevi, durante questa uscita eravamo muniti/e di un’attestazione – motivo dello spostamento derogatorio: incendiare questo mondo di merda.

De* irresponsabili

P. S.:

Quest’azione non è nulla di straordinario: senza voler entrare nei dettagli, per non alimentare le indagini degli investigatori di merda, tutto quello che abbiamo utilizzato in questo giretto si trova in ogni supermercato. Non c’è bisogno di granché: un po’ di rabbia, un po’ di osservazione, un pacco di precauzioni e un’altro di combustibile.

Per quelle e quelli che vengono sfrattati/e, dalle loro case o dai paesi dove vivono, per quelle e quelli che sono rinchiusi/e nelle prigioni – che si tratti di gabbie o di un lavoro –, per quelle e quelli che non si lasciano confinare, per quelle e quelli che vengono ammazzati/e per un pezzo di carta non riempito… DETERMINAZIONE – SOLIDARIETÀ E MANTELLO DELL’INVISIBILITÀ!

P. P. S.: Anniversario casuale di un’azione: https://it-contrainfo.espiv.net/2016/05/07/tolosa-francia-attacco-molotov-contro-commissariato-ne-avevamo-abbastanza/.

Cronache dallo stato d’emergenza (Numero7)

1° maggio a Rovereto

Il 1° maggio, una ventina di compagni e compagne sono scesi in strada per circa un’ora nel quartiere popolare delle Fucine con una serie di interventi amplificati tra i palazzi dell’Itea (Istituto Trentino Edilizia Agevolata). Come già successo il 25 aprile al Brione, è stata un’occasione per parlare sia delle cause strutturali dell’epidemia – tutte collegabili al modo capitalista di saccheggiare e di sfruttare la natura – sia di come l’hanno affrontata Confindustria e governo, provocando di fatto una strage. Anche durante questa iniziativa si sono invitati gli abitanti dell’Itea che sono in difficoltà economiche (i dirigenti dell’Ente provinciale hanno annunciato una moratoria dei canoni per i negozianti, ma non per gli inquilini) a organizzarsi per non pagare l’affitto. Si è sottolineato come il divieto – che perdurerà anche dopo il 4 maggio – di incontrarsi in più persone all’aria aperta abbia lo scopo di tenerci isolati e passivi di fronte a ciò che ci stanno preparando: i prestiti che il governo si appresta a chiedere alle istituzioni europee e ai creditori interni (banche, assicurazioni, fondi di investimento) saranno rimborsati aumentando lo sfruttamento dei lavoratori e delle fasce più povere della società, aspetto sul quale “europeisti” e “sovranisti” sono tutti d’accordo. Per resistere a questo – e all’introduzione del 5G – è necessario violare responsabilmente le misure di confinamento sociale. Alcuni abitanti – soprattutto giovani – si sono avvicinati all’iniziativa. Due pattuglie della polizia, invece, si sono mantenute a distanza.

Se possiamo lavorare, possiamo anche scioperare”

Con questa slogan, tra il 30 aprile e il 1° maggio sono stati organizzati blocchi e scioperi nella maggior parte delle filiere della logistica. A Bologna, a Casoria, in provincia di Napoli, a Torino, a Campi Bisenzio, a Calenzano, a Modena (dove le proteste erano già cominciate all’inizio della settimana). E poi Genova, Milano, Brescia, Bergamo, Piacenza, Firenze, Roma, Caserta… Ancora una volta i facchini – in gran parte immigrati – si confermano come il settore più combattivo della classe salariata. Hanno scioperato anche i riders di Torino e i pulitori dei trasporti di Napoli, che il 30 aprile hanno bloccato la metropolitana.

Nel ventre della bestia

Mentre sui media italiani si dà spazio solo alle proteste dei sostenitori di Trump, i quali vogliono la ripresa dell’attività economica senza se e senza ma (la stessa posizione assunta dalla Lega e cavalcata dai fascisti, i quali provano a camuffarsi dietro le “mascherine tricolori”), il 1° maggio negli Stati Uniti ci sono stati scioperi imponenti contro giganti come Amazon, Whole Food, Walmart, Target. Le rivendicazioni sono la chiusura dei siti dove ci sono stati dei contagi, nessuna restrizione nei test ai sospetti contagiati, la retribuzione del lavoro pericoloso, l’interruzione della consegna di merci non essenziali e la fine delle ritorsioni contro i lavoratori che richiedono maggiore sicurezza sul lavoro. Gli infermieri sono scesi in strada davanti a 130 ospedali in 13 Stati per l’assunzione di nuovo personale, contro la mancanza di dispositivi di protezione e contro i tentativi di mettere a tacere chi protesta. Denominatore comune di queste e tante altre manifestazioni, l’opposizione alle spese e agli interventi militari a stelle e strisce. Da marzo sono stati documentati almeno 140 scioperi selvaggi in tutti gli Stati Uniti. Nel frattempo in California, nello Stato di New York, in Missouri e in diverse grandi città si allarga lo sciopero dell’affitto.

Congiunti”

Chiedersi quale finalità pratica abbiano per il contenimento del contagio le norme che da più di un mese ci vengono imposte si è rivelato fino ad ora un esercizio fondamentale di spirito critico. Dal 4 maggio, data di inizio della famigerata “fase 2”, le restrizioni alle nostre libertà (soprattutto quelle di associarsi e di manifestare) non cambieranno, ma sarà possibile andare a visitare… chi? Nella prima versione erano i congiunti. Proteste. Avete capito male, volevamo dire gli affetti stabili. Questo balletto rivela una volta di più che certe misure c’entrano ben poco con la salute. Quale utilità pratica ha rispetto al contenimento del contagio poter incontrare solo i parenti? I legami familiari ci proteggono forse dalla possibilità di contagiarci? Esiste una sorta di immunità di gregge legata al cognome? La risposta ci sembra ovvia.

Nei prossimi giorni molte attività riapriranno i battenti (tralasciando quelle, non certo essenziali, che non li hanno mai chiusi, come le aziende che producono armi); si tornerà a produrre e consumare quasi a pieno regime. Non torneremo però ai nostri legami sociali significativi, alle nostre amicizie, alle nostre complicità: quelle, sulla carta, valgono meno di un attestato di parentela. Pazienza per chi una famiglia non ce l’ha o con essa ha chiuso i rapporti perché altrove ha trovato affetto, comprensione, reciprocità.

Lavoro, patria, famiglia: questo è l’essenziale!

Ma se vogliamo farla finita con l’organizzazione sociale che crea le pandemie, dobbiamo anche rivendicare a gran voce l’importanza di tutti i nostri legami, specie di quelli più disinteressati e autentici – che spesso, con la famiglia, non hanno niente a che fare.

Similitudini

Catturare attraverso il Diritto tutte le espressioni della vita umana è un’utopia totalitaria. Totalitaria, perché la sua realizzazione renderebbe gli esseri umani simili alle macchine; utopia, perché lo Stato non potrà mai controllare tutto quello che facciamo. Vi si può avvicinare, però, e parecchio, sfruttando le occasioni più propizie. Cos’hanno di particolare i Decreti emanati in nome dell’emergenza Coronavirus rispetto alle innumerevoli leggi liberticide che hanno costellato la storia di questo Paese? Non solo e non tanto l’estensione di massa delle restrizioni, ma il fatto che – capovolgendo le basi dell’ideologia liberale – questi Decreti definiscono come consentito non ciò che non è espressamente vietato, ma ciò che è espressamente permesso. Ebbene, qual è l’unico luogo in cui le attività si dividono tra quelle espressamente permesse e quelle espressamente vietate? Il carcere.

Mentre non incassa ancora il consenso necessario a introdurre l’applicazione “Immuni” per il tracciamento digitale dei contatti sociali, lo Stato ha iniziato a prevedere per alcuni detenuti semi-liberi l’obbligo di possedere uno smartphone per la geolocalizzazione. In sostituzione di cosa? Dei braccialetti elettronici, la cui costruzione è affidata a una delle compagnie di telefonia mobile (Fastweb).

L’avanzata della tecnologia digitale permette ciò che i regimi totalitari del passato non hanno nemmeno osato immaginare.

Versione pdf: Cronache7

Bouguenais (Francia) – Distruggere il male con il fuoco

Distruggere il male con il fuoco: due veicoli incendiati durante una visita alla Posta, la notte dall’1 al 2 maggio [2020], a Bouguenais.

Fra la sua collaborazione con lo Stato nell’espulsione dei sans-papiers, le pressioni e le minacce subite dai suoi dipendenti affinché si rendano al lavoro in questi tempi di confinamento, la sua privatizzazaione, una decina d’anni fa, e la sua filiale, la Banca postale.

Abbiamo tutti mille e un motivo per odiare la Posta.

«Sono davvero libero solo quando tutti gli esseri umani che mi circondano, uomini e donne, sono ugualmente liberi» (Michail Bakunin).

#ADA