Milano – Antagonisti violano la quarantena per il 25 aprile: fermati dalla polizia e poi rilasciati

Da Viale Padova:

25/04/2020 – Su quanto è successo oggi a Milano Nord

Siamo un gruppo di antifascist* del quartiere e vorremmo spendere due parole su quanto accaduto. Mentre alcun* di noi portavano dei fiori alle lapidi dei partigiani del quartiere, rispettando le norme sanitarie (mascherine e distanza), in via Dogali, siamo stati accerchiati e caricati senza alcun motivo.
Tra di noi c’erano un padre con una bambina piccola e una persona anziana. Dopo che la Polizia ha detto che ci si poteva allontanare, siamo andati verso la lapide di Via Celentano per concludere il giro. Una volta deposti i fiori, stavamo andando via. A quel punto, siamo stati nuovamente aggrediti, ancora senza motivo, da parte delle forze dell’ordine che hanno preso uno dei nostri compagni, di cui non abbiamo ancora notizie.
Altri compagni e persone del quartiere sono accorsi a portare solidarietà. In risposta, è stata chiamata la celere. Dopo un’ora di accerchiamento e tensione, siamo riusciti ad andarcene. Situazioni simili sono accadute anche in altre zone della città.
I fatti di oggi dimostrano come qualsiasi forma di dissenso venga repressa con la scusa dell’emergenza sanitaria, persino rivendicare la lotta partigiana contro il nazifascismo. La reazione spropositata da parte delle forze dell’ordine in questo periodo è un’evidenza della loro volontà di stringere sempre più il controllo e limitare le libertà, accusando persone singole per non assumersi le loro responsabilità riguardo questo disastro sanitario.
In un momento in cui il Governo programma quando riaprire le aziende, quando rimandarci a lavorare, noi dobbiamo rivendicare la nostra libertà di autodeterminarci e di vivere le città e gli spazi, incluso il commemorare chi è mort* per questa libertà.

Antifascist* del quartiere”

Qui il racconto audio di cosa è successo in Ticinese in Via Padova:
https://radiocane.info/milano-cronaca-25-aprile-quarantena/

Tensione in via Padova, alcuni militanti dei centri sociali hanno tentato di portare fiori sulle lapidi dei partigiani violando le leggi sul confinamento

Attimi di tensione, spintoni, strattonamenti. I tafferugli sono esplosi quando la polizia ha fermato un decina di antagonisti che avevano organizzato un breve corteo per rendere onore ai partigiani nella giornata del 25 aprile, le cui celebrazioni pubbliche sono sospese dal governo per via dell’emergenza coronavirus. Le volanti sono intervenute per identificare e multare i giovani in bici. Ma il clima si è riscaldato immediatamente e dalle parole e gli insulti, si è passati alle mani, come dimostrano i video raccolti dai balconi delle case su via Democrito, vicino a via Padova.

Dopo aver cercato di evitare il controllo degli agenti, una ragazza è stata spinta con violenza, altri bloccati a terra o trascinati, tanto che qualche residente della zona è sceso in strada a prendere le difese dei manifestanti dei centri sociali della zona. Il gruppo, dopo essere stato identificato, ha continuato a essere seguito dalla polizia.

Un’altra ventina di attivisti dei centri sociali sono stati fermati e identificati in via Ascanio Sforza, zona Ticinese. Ma nel corso della giornata sono attese altre piccole manifestazioni di questo tipo. Per questo i controlli sono stati rafforzati su tutta la città.

https://www.lastampa.it/cronaca/2020/04/25/news/gli-antagonisti-violano-la-quarantena-per-il-25-aprile-a-milano-fermati-dalla-polizia-1.38760951

http://www.milanotoday.it/video/polizia-via-democrito-25-aprile.html

Cosenza – 25 Aprile per l’auto-liberazione

Oggi 25 aprile 2020 ci siamo ritrovati, attraverso un passaparola ed un attacchinaggio effettuato nei giorni recenti, in un punto del centro città per diffondere materiale editoriale e stampa anarchica ed aggiornare sulla situazione carceraria di alcuni compagni.

Non ci interessa la retorica antifascista, fatta di slogan e celebrazioni simboliche.

Nonostante gli eventi che condizionano la vita di ognuno di noi in questo periodo, tanti compagni hanno continuato a scrivere, ragionare e agire.

Nelle carceri altrettanti compagni hanno mantenuto un atteggiamento di conflitto, sebbene si siano moltiplicate, nelle prigioni, le difficoltà di comunicazione con l’esterno e siano diventate più aspre le conseguenze per chi non si arrende.

La quotidianità in presenza del virus ci ha insegnato a tutelare le nostre vite e quelle di chi ci sta intorno attraverso il ragionamento e la consapevolezza non tramite le contradditorie regole imposte dal Consiglio dei Ministri e dai governatori regionali che hanno mandato al macello decine di migliaia di persone con la complicità delle aziende private.

Confidiamo sulla autodeterminazione individuale per continuare a confrontarci senza delegare a piattaforme on-line le nostre lotte.

SOLIDARIETA’ A DAVIDE DELOGU IN SCIOPERO DELLA FAME E A TUTTI

I PRIGIONIERI IN LOTTA!

Anarchici a Cosenza

25/04/2020

 

Per info: coseinutili@protonmail.ch

Davide Delogu in sciopero della fame

Riportiamo a seguire una breve dichiarazione di quest’oggi fatta da Davide circa l’inizio dello sciopero della fame come forma di lotta contro la proroga della censura.

“Oltre alla prepotenza carceraria per il totale isolamento, ora ha voluto partecipare all’orgia anche il magistrato di sorveglianza di Palermo, dott.ssa Agnelli, che ah voluto prorogarmi la censura il 22 Aprile quando era scaduta il 18 dello stesso mese, adottando le solite noiose “motivazioni di sicurezza”. Contro tale prepotenza inizio oggi, 24 Aprile, lo sciopero della fame.”

Ricordiamo che Davide è in isolamento dal 29 Febbraio, ossia dal momento del suo ennesimo trasferimento al Paglairelli di Palermo.

Per scrivergli e fargli sentire la nostra solidarietà:

DAVIDE DELOGU

Casa circondariale di Palermo – Paglairelli

Piazza Pietro Cerulli, 1

90129 – PALERMO (PA)

Grecia – Chiamata per il sostegno alla “Cassa di solidarietà per i militanti imprigionati e perseguitati”

La “Cassa di solidarietà per i militanti imprigionati e perseguitati” è stata fondata nel 2010, un periodo in cui, da un lato, veniva effettuata una forte ristrutturazione capitalistica compiuta sotto il paravento della “crisi economica” e in cui, dall’altro lato, il movimento radicale, avendo ricordi molto recenti dall’esperienza della rivolta sociale del dicembre 2008, era in piena fioritura. In queste circostanze, la repressione si fece ancora più intensa, portando a un numero sempre crescente di prigionieri politici. È proprio in questo contesto che si è formata la Cassa di solidarietà, inizialmente con l’obiettivo di fornire un sostegno regolare e coerente a quanti sono perseguitati o imprigionati per il loro agire sovversivo o per la partecipazione alle lotte sociali.

L’obiettivo fondamentale della struttura è di garantire dignitose condizioni di vita ai compagni imprigionati attraverso un processo che si svolga in seno al movimento politico; permettendo alla dimensione materiale della solidarietà di compiere un passo ulteriore rispetto alle più strette relazioni tra compagni, familiari e amicali, oltre a contribuire alla copertura immediata delle emergenze (come le spese processuali e le cauzioni per i perseguitati). Contemporaneamente, gli interventi di solidarietà pratica e la costruzione e lo sviluppo di ponti comunicativi e di lotte congiunte tra chi è dentro e chi si trova fuori dal carcere, rimangono le priorità delle persone che formano e sostengono la struttura.

Dal 2010 a oggi, la Cassa di solidarietà ha cercato di ottenere un regolare e coerente sostegno politico, morale e materiale per la raccolta di fondi, un fatto che deriva principalmente dalla partecipazione consapevole di ognuno di noi, oltre che di gruppi e collettivi, che contribuiscono alla prosecuzione di una solidarietà fattiva. La continua repressione statale, tuttavia, si traduce in un numero elevato di prigionieri politici e spese legali e, conseguentemente, in esigenze materiali particolarmente elevate. In questo momento, la Cassa di solidarietà sostiene 24 prigionieri con una regolare base mensile (Kostantina Athanasopoulou, Dimitra Valavani, Konstantinos Yagtzoglou, Giannis Dimitrakis, Dimitris Koufontinas, Iraklis Kostaris, Giannis Michailidis, Savvas Xiros, Giorgos Petrakakos, Kostas Sakkas, Marios Seisidis, Vangelis Stathopoulos, Spyros Christodoulou e 11 militanti provenienti dalla Turchia e dal Kurdistan). In molti casi cerchiamo anche di coprire – per quanto consentito dalle nostre capacità (finanziarie) – le spese legali e le cauzioni dei compagni perseguitati per la loro identità politica, per le loro azioni o anche per i propri legami familiari o il loro rapporto di amicizia con i militanti imprigionati.

Durante questi dieci anni di attività, ci siamo rivolti ai compagni e ai collettivi in molte occasioni, siccome assicurarsi le risorse finanziarie è sempre stato un processo difficoltoso. La solidarietà e la partecipazione dei compagni sia dalla Grecia che dall’estero è la ragione principale per cui siamo stati a fianco dei nostri compagni imprigionati in maniera coerente. Nella situazione attuale, soprattutto alla luce dei nuovi fatti riguardanti la diffusione del virus e delle misure restrittive imposte dallo Stato in questo contesto, è ancora una volta estremamente difficile assicurare le risorse volte a sostenere i bisogni materiali di coloro che si trovano all’interno delle carceri. Probabilmente è più difficile che mai. Purtroppo, tutto ciò si deve aggiungere ai tempi già difficili che i nostri compagni prigionieri, così come la popolazione carceraria nel suo complesso, stanno affrontando, e per tale motivo ancora una volta ci stiamo rivolgendo ai nostri compagni.

Il sovraffollamento delle carceri greche, con l’accatastamento forzato dei prigionieri in celle e sezioni che ricordano degli alveari, l’assistenza medica inadeguata (e in alcuni casi inesistente), il rifiuto di fornire misure di protezione personale (quindi il divieto di forniture mediche, come gli antisettici) e il fatto che anche i più vulnerabili (anziani o malati) siano ancora incarcerati, tutto ciò pone le condizioni per una ondata pandemica con tassi di mortalità significativamente più alti di quelli presenti nella società fuori dalle mura. Questo può equivalere alla pena di morte per molte persone in carcere. Tale problema ha indotto a una serie di mobilitazioni nelle carceri, con le fondamentali richieste di decongestionamento e attuazione delle misure di protezione di base per i detenuti. Il punto di partenza di queste mobilitazioni è stato il carcere femminile di Korydallos, seguito dalle carceri di Chania (nell’isola di Creta), Agios Stefanos (a Patrasso) e Larissa, mentre 856 detenuti da tutte le sezioni del carcere maschile di Korydallos hanno firmato e pubblicato una dichiarazione.

In queste particolari circostanze, lo Stato e i suoi meccanismi repressivi stanno seguendo una strada già battuta. Mentre non vengono prese efficaci misure per proteggere la popolazione carceraria, vengono bloccate le comunicazioni con il mondo esterno, sospese le visite con i parenti e gli avvocati, attuate rappresaglie e misure di ritorsione in caso sorgano proteste: come accaduto per i sequestri-trasferimenti di compagni a seguito della mobilitazione avvenuta nel carcere femminile di Korydallos, con il sequestro di due prigioniere e il loro trasferimento nel carcere di Eleonas a Tebe, dove sono state poste in quarantena (una tra loro, Pola Roupa, è prigioniera politica e membro di Lotta Rivoluzionaria [Επαναστατικού Αγώνα], e al suo trasferimento, dopo pochi giorni, è seguito il violento trasferimento di Nikos Maziotis, anch’egli prigioniero politico e membro di Lotta Rivoluzionaria, nel carcere di Domokos), come accaduto con la rimozione dell’ora d’aria nel carcere di Chania, con le pequisizioni poliziesche, le indagini e la devastazione delle celle nel carcere di Patrasso. Allo stesso tempo, mentre la pandemia è ancora in corso, i compagni stanno affrontando false accuse, vengono perseguitati e imprigionati, ricordandoci le costanti priorità dello Stato, le cui dichiarazioni sul decongestionamento delle carceri riguardano solo un ridotto numero di prigionieri (considerando la totalità della popolazione carceraria), in quanto il numero di prigionieri interessati non eccede le 1500 persone.

Come Cassa di solidarietà, in questo momento, annunciamo la nostra decisione di sospendere tutte le nostre azioni pubbliche previste per l’immediato futuro, ma non sospendiamo la nostra solidarietà con i prigionieri politici. In questa difficile situazione che stiamo attraversando, ci troviamo nella difficile posizione di dichiarare una temporanea riduzione del sostegno materiale ai compagni imprigionati, in modo da poterli sostenere con coerenza nei mesi che seguiranno.

Compagni in Grecia e all’estero, la Cassa di solidarietà si trova attualmente ad affrontare un grave problema riguardante la vitalità e la funzione di una delle sue componenti fondamentali, il sostegno economico dei militanti imprigionati. A causa delle condizioni oggettive determinate dall’attuale situazione, l’incapacità della cassa di ottenere risorse a partire dalle iniziative pubbliche porterà, durante la stagione estiva, ad una situazione di stallo e allora il sostegno dei prigionieri politici sarà praticamente impossibile. L’unico modo per evitare questa situazione è il sostegno materiale e finanziario da parte del movimento antagonista più ampio presente in tutto il mondo. Da parte di tutti gli individui e di tutti i collettivi che considerano i militanti imprigionati come parte di chi lotta, una lotta che tutti noi ingaggiamo – per come ci è possibile – contro il barbaro mondo dell’autorità.

Oggi più che mai sta diventando cruciale e tangibile il motto “nessuno è solo nelle mani dello Stato”. Vi invitiamo a difenderlo ancora una volta nella pratica. La solidarietà concreta sarà di nuovo la nostra arma.

FINO ALLA DEMOLIZIONE DELL’ULTIMO CARCERE NESSUNO DI NOI E’ LIBERO
SOLIDARIETA’ CON I PRIGIONIERI POLITICI

Cassa di solidarietà per i militanti imprigionati e perseguitati

Contattaci via e-mail per supportare la campagna a sostegno dei prigionieri: tameio[at]espiv.net

A questo link il testo in inglese: https://actforfree.nostate.net/?p=37044
A questo link il testo in tedesco: https://athens.indymedia.org/post/1604303/
A questo link il testo in greco: https://athens.indymedia.org/post/1604134/

Verona – Detenuti contagiati nel carcere di Montorio

Le carceri sono tra i luoghi più esposti al rischio di contagio.

Assistiamo al paradosso per cui all’esterno non si può stare a meno di un metro di distanza e lo Stato dichiara illegali gli “assembramenti”, mentre in carcere si è costretti dallo stesso Stato a stare anche in celle sovraffollate.

A riprova di come la vita dei detenuti sia tenuta in nessuna considerazione.

A un mese dall’inizio delle proteste nelle carceri italiane, proviamo a mettere in fila le poche informazioni reperibili sulla situazione del carcere veronese di Montorio.

Le rivolte di marzo

Da quello che si sa il carcere di Verona non è stato toccato direttamente dalle proteste di inizio marzo, che in Veneto hanno toccato invece interessato le strutture di Padova, Treviso e Venezia.

Uno dei detenuti trasferiti da Modena dopo la rivolta sarebbe morto a Montorio durante il trasferimento verso il carcere di Spini di Gardolo (Trento).
La direzione afferma che è morto davanti ai cancelli di Montorio, probabilmente per mettere le mani avanti: la versione ufficiale infatti è che sarebbe morto di overdose al pari di altri 13 detenuti morti durante le rivolte, ma non viene spiegato perché una persona in overdose da medicinali stava venendo portata in un altro carcere anziché in un ospedale.

Altri detenuti provenienti da Modena sono probabilmente passati da Verona: in quei giorni sono stati visti entrare due pullman della penitenziaria con tanto di scorta.
Se i trasferiti siano rimasti qui in una struttura già sovraffollata oppure siano stati portati a Spini o in altre carceri non è dato saperlo.

Il contagio

In data 25 marzo esce la notizia che nel carcere di Montorio c’è un focolaio di coronavirus.
Il Sindacato Polizia Penitenziaria fa sapere che risultano quindici agenti positivi e altrettanti in quarantena e dice che non risultano casi tra i detenuti.

Successivamente sulla stampa locale vengono fatte uscire notizie sui provvedimenti presi da amministrazione penitenziaria e autorità locali.

Il 3 aprile l’amministrazione comunale veronese consegna “mascherine, tute di protezione e disinfettante spray” per personale del carcere e detenuti.

Nella mattinata del giorno seguente, 4 aprile, inizia invece la “sanificazione e bonifica degli spazi comuni interni ed esterni e di numerosi locali dell’istituto penitenziario veronese da parte del personale specializzato del comando delle Forze operative terrestri di Supporto (Comfoter di Supporto)”. Operazione voluta dal prefetto Cafagna che sarà poi ripetuta in “alcuni uffici pubblici e nelle caserme delle forze dell’ordine”.

La collaborazione con l’Esercito (non una novità assoluta per Montorio, dato che mesi fa erano stati impiegati detenuti per lavori di manutenzione di strutture dell’esercito), presentato come a tutela dei detenuti, non è però tranquillizzante, se si pensa che al tempo delle rivolte c’era chi proponeva di schierare l’esercito attorno alle carceri e nel caso del carcere di Lecce sono stati effettivamente impiegati anche militari per sedare la rivolta.

Situazione attuale

A livello nazionale la direttiva sembra quella di non prendere in considerazione un’amnistia o un indulto (decisione presa ad esempio in Iran e in Turchia) ma solamente ridurre gli ingressi in carcere e far accedere col contagocce i detenuti alle misure alternative.

Il carcere di Montorio non sembra fare eccezione.

Il 5 aprile si può infatti leggere sul giornale L’Arena che un uomo arrestato mercoledì 1 aprile “è stato accompagnato nella casa circondariale scaligera dove si è tenuta l’udienza di convalida” per poi essere messo con misure cautelari diverse dal carcere.

In ogni caso questi provvedimenti sortiscono lo stesso effetto di svuotare il mare con un cucchiaio.

L’unico modo per evitare un contagio nelle carceri è infatti svuotarle.

AGGIORNAMENTI

10 aprile. Sul sito dell’Ansa è riportata la notizia che il Tribunale di Sorveglianza di Verona, dopo una richiesta motivata con l’emergenza sanitaria nelle carceri, ha negato i domiciliari a un detenuto rinchiuso nel carcere di Vicenza, che tramite i suoi legali ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha chiesto all’Italia di dare un chiarimento in merito entro il 14 aprile.

11 aprile. Secondo quanto dichiarato dalla deputata del M5S e presidente della commissione Giustizia Francesca Businarolo sarebbero 25 i detenuti positivi al Covid19 (mentre le guardie positive sono 17).

15 aprile. Emerge che i tamponi vengono fatti al rilento: su 450 detenuti e detenute sono stati sottoposti al tampone solo 60 (di cui appunto 25 positivi). Quindi il numero dei contagiati rischia di essere ben più elevato.

22 aprile. Secondo quanto dichiarato dal segretario del Sindacato Agenti Polizia Penitenziaria, nel carcere di Montorio i contagi sono più di 60 tra detenuti, agenti e personale sanitario: lo stesso segretario chiede l’evacuazione del carcere. Secondo il Corriere del Veneto il contagio è partito dalla Terza Sezione dove sono rinchiusi i cosiddetti “protetti” (cioè infami, stupratori,etc) e da lì sarebbe arrivata anche nella seconda sezione dove dormano persone in semilibertà. Fra i contagiati anche due medici e un infermiere. Nell’articolo si dice anche che la situazione secondo le autorità è ormai ingestibile, tant’è che il DAP ha dovuto disporre con una circolare ai magistrati che nessun nuovo detenuto venga assegnato al carcere di Montorio e pertanto ogni nuovo arrestato a Verona venga assegnato ad altre

carceri del Triveneto.

Chiediamo a chi avesse notizie o testimonianze dirette sul carcere di Montorio di mandarcele per mail a lazattera@tracciabi.li in modo da poterle pubblicare su questo sito e farle girare.

Ora più di prima bisogna rompere il silenzio attorno alle mura di Montorio e sostenere la rivendicazione dei detenuti e dei loro famigliari: amnistia subito!

Articolo del Corriere del Veneto sulla situazione al carcere di Verona:

https://corrieredelveneto.corriere.it/verona/cronaca/20_aprile_22/coronavirus-contagiati-poliziotti-detenuti-verona-congela-carcere-c75e4a60-846e-11ea-9aa0-0c5f4c956f82.shtml

https://evasioni.info/2020/04/23/verona-detenuti-contagiati-nel-carcere-di-montorio/

Non fa ridere

Non fanno ridere, se sono uno scherzo, le conclusioni a cui arriva il giornalista de Il Dubbio Damiano Aliprandi nell’articolo “Così i detenuti fanno ottenere sussidi e rimborsi agli agenti” pubblicato il 22 aprile sul sito del giornale.

Questo articolo descrive come dai ricavi dei tabacchi comperati dai detenuti e dalle detenute nelle carceri, si provvederà all’erogazione di sussidi per il Corpo di Polizia Penitenziaria. I sussidi verranno così suddivisi “50 euro, per ogni giorno di permanenza presso l’abitazione o altra sede protetta, a un’altra, pari a 150 euro, per ogni giorno di ricovero in istituto di cura, entrambe per un massimo di 14 giorni. È stato previsto anche un indennizzo una tantum di 4mila euro, in caso di ricorso a terapia intensiva o sub-intensiva, e il rimborso, fino ad un massimo di mille euro, in caso di trasporto in autoambulanza per dimissioni dall’istituto di cura.”, e per ora i dati sono di circa 250 poliziotti e poliziotte ammalati. Il tutto con il favore dei Garante nazionale delle persone private della libertà. Chi si occuperà di queste sussidi è l’ente predisposto alle varie necessità dei dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria “L’ente è stato istituito dall’art.41 della legge 15.12.1990, n. 395, che gli ha conferito personalità giuridica di diritto pubblico. Si tratta di un ente pubblico autonomo dall’Amministrazione penitenziaria, sottoposto alla vigilanza del ministro della Giustizia, al quale la legge conferisce compiti istituzionali e risorse economiche proprie”, dice Il Dubbio.

I soldi vengono tratti come dicevamo sopra dall’entrata più sostanziosa riguardo agli acquisti fatti dalle persone detenute dentro alle carceri, cioè il tabacco. Secondo il bilancio preventivo per il 2020, solo con questo articolo l’entrata equivarrebbe a 3 milioni e mezzo di euro.

Ma oltre a questa constatazione tecnica, il giornalista finisce in modo per niente condivisibile l’articolo che riprendiamo integralmente “Anche questa, in fondo, è una buona notizia. Forse utile per evitare quell’idea che porta a una suddivisione tra guardie e ladri, quasi come una forma di antagonismo all’interno delle patrie galere. Mentre, nei fatti, si dovrebbe parlare di comunità penitenziaria. Dove detenuti e detenenti potrebbero addirittura essere solidali tra loro”.

Scrivere una cosa del genere – tra l’altro su un giornale che comunque si è speso a divulgare le lettere di detenuti e famigliari che raccontano quello che è successo nell’ultimo mese e mezzo nelle galere di questo paese – senza fare l’elenco degli assassinii e torture vere e proprie perpetrati nelle ultime settimane sembra una presa in giro che appunto non fa ridere.

Cercare di mettere sullo stesso piano carcerieri e prigionieri è una lettura inaccettabile del mondo carcerario, né prima della situazione emergenziale, né tanto meno dopo tutto quello che è successo e sta succedendo. Confondere i piani di chi tiene le chiavi delle celle in cui sono reclusi e recluse, i nostri amici, compagni, famigliari non ci sta bene. Perché se come dice l’Aliprandi i detenuti sono le persone che consumano nella media più tabacco forse sarebbe da chiedersi perché una persona reclusa preferisce spendere per il tabacco che per del cibo migliore e più sano. Il carcere logora i nervi e la mente e a volte il tabacco aiuta a rilassarsi un minimo. Che questi soldi finiscano nelle tasche di uomini e donne che hanno massacrato i nostri cari ebbene per noi è una presa in giro bella e buona per non dire peggio.

Se c’è antagonismo tra “tra guardie e ladri”, non è questione di caricatura all’italiana come si vedono in alcuni vecchi film, bensì una questione etica. Non è tempo per la fratellanza per queste parti in causa.

Qui l’articolo de Il Dubbio:

https://www.ildubbio.news/2020/04/22/cosi-detenuti-fanno-ottenere-sussidi-e-riborsi-agli-agenti/

https://evasioni.info/2020/04/23/non-fa-ridere/

Rovereto – Danneggiate vetrate Allianz in solidarietà con gli arrestati di Torino

Apprendiamo dai quotidiani locali che, nella notte tra il 21 e il 22 aprile, ignoti hanno danneggiato le vetrate di un’agenzia Allianz a
Rovereto. Lasciata sul posto la scritta: “Libertà x arrestati a Torino Allianz=guerra”. Visto che i giornalisti definiscono “indecrifabile” il collegamento fra Allianz e guerra, abbiamo fatto una rapida ricerca, trovando che la società di assicurazioni finanzia la produzione dei carri armati Leopard 2. Indecifrabile? Nello stesso articolo si parla di scritte contro la rete 5G apparse in città nei giorni precedenti.

Rovereto: Danneggiate vetrate Allianz in solidarietà con gli arrestati di Torino