Coronavirus: il blackout della globalizzazione

L’emergenza legata alla pandemia di Covid-19 ha aperto una nuova fase oscura della storia del pianeta. L’Italia è stata, in Occidente, la prima a esserne colpita e il nostro Stato si è trovato nella condizione di sperimentare tentativi e soluzioni alle nuove contraddizioni poste in essere da questa crisi mondiale. Queste soluzioni, con qualche apparente eccezione legata alle politiche di welfare, possono essere sintetizzate con una sola parola: repressione. Ne è esempio drammatico la risposta, violentissima, alle rivolte nelle carceri.
La progressione delle misure restrittive, piombate sulla vita di tutti noi, col consenso dei più, è stata imposta da una dittatura del terrore che ci coinvolge tutti. I morti iniziano a pesare. Pesano sullo Stato, pesano sui cittadini, pesano anche su di noi. Di fronte a questa tragedia, la risposta dello Stato è stata netta: la tenebra come scelta di confronto. I carcerati sono spaventati dalla possibile diffusione del virus nelle loro celle? Repressione violenta con la totale copertura politica e mediatica. I ricercatori, questi moderni sciamani a cui affidiamo il segreto totemico delle nostre vite, non riescono a fermare il contagio? La colpa è degli individui, che non vogliono restare a casa. Un esempio di questa modalità (essa sì malata) di affrontare l’emergenza è la schizofrenia politica per cui chi va al parco è un pericoloso untore da arrestare, nonostante i luoghi produttivi debbano rimanere aperti, perché le leggi del profitto non possono fermarsi. Si chiudono i parchi e le spiagge, si pattugliano i boschi, ma si lasciano aperte le cattedrali dell’economia, senza un solo sedicente esperto che ci dia i numeri di quanti sono quelli che si sono infettati al parco, al mare, in montagna e quanti in metro, in autobus o in mensa.

Un giorno, i padroni e i loro politici dovranno pagare per tutto questo. L’Evento Coronavirus non è, secondo noi, un “cigno nero”. Non è un fenomeno imprevisto che sconvolge tutte le nostre convinzioni pregresse. E’ un Evento, certo imprevisto, ma che verifica la gran parte delle ipotesi che alcuni di noi da alcuni anni vanno elaborando. In primo luogo, il Coronavirus segna definitivamente quella che è stata chiamata “crisi della globalizzazione”. Chiusura delle frontiere, sospensione della gran parte dei voli, quarantena per le navi come si usava al tempo della Serenissima, ormeggiate e sorvegliate a Chioggia. Ma anche la chiusura di interi distretti industriali, il crollo dei mercati. Il mito di un super-Stato europeo che si dimostra non all’altezza, un fantoccio impotente di fronte allo scacco dell’Europa. Dunque, tutto questo ha imposto il ritorno dello Stato nella sua centralità, smentendo le tesi di chi riteneva il potere come qualcosa di fluido, di diffuso, di fantasmatico, immaginando una progressiva perdita di sovranità nei confronti di strutture sovranazionali. In piena emergenza, lo Stato si è dimostrato, al contrario, come il soggetto della dominazione reale. E’ stato il Consiglio dei ministri a dettare i decreti sempre più restrittivi. Sono stati i governi, in ordine sparso, senza alcun coordinamento a disporre le misure da prendere. Quando il gioco si fa duro, la linea di comando del dominio è ben precisa e tutt’altro che fluida: il governo, la polizia, i militari, i droni, le denunce.

Dulcis in fundo tornano fondamentali coloro che producono, smentendo, ancora una volta, chi si è esposto a favore di una facile liquidazione del mondo del lavoro. In un momento nel quale tutta l’economia terziaria è ferma, la continuità produttiva, lo scheletro di tutta l’impalcatura sociale appare nelle mani degli sfruttati. Questo fornisce loro un potenziale rapporto di forza, insperato fino a poche settimane fa. Se gli individui che mandano avanti la produzione sospendessero, ora, la loro disponibilità a lasciarsi sfruttare, l’intera società si spegnerebbe, sarebbe il blackout. I lavoratori non sono scomparsi, come alcuni pensavano, ma sono mutati: gli sono spuntate le branchie. Non sono più solo terrestri, ma anche anfibi. Anfibi, cioè sospesi tra le lande di una terra in rovina e il salpare verso un Mondo Nuovo. Che si diano alla pirateria! Che li seguano anche gli sfruttatori sulle rotte dei mari, nel loro caso spinti dalla vergogna, il motivo principale che spingeva alla pirateria i benestanti di un tempo. E sarà li, nella tenebra, che non ci saranno più differenze sociali, classi di appartenenza, colore della pelle, oppressioni sessuali. Il bottino per cui lotteremo sarà la sopravvivenza in una nuova vita comunitaria.

Patricia de la Ville e Ottone Degli Ulivi

https://roundrobin.info/2020/03/coronavirus-il-blackout-della-globalizzazione/

Nizza – Droni fanno rispettare le misure

A nizza, prove di tecnototalitarismo: droni con degli altoparlanti invitano le persone a rientrare nelle proprie abitazioni di reclusione. Al momento vengono manovrati in remoto, ma a breve voleranno in autonomia riconoscendo, tramite software, comportamenti sospetti e fuorilegge.
Assieme a questi possiamo immaginare a breve i droni armati, di taser o, meglio pistola. Così se ai nostri sceriffi volanti dovesse partire un colpo nessuno ci potrà più annoiare con i soliti discorsi sulla violenza degli sbirri e le morti di stato.
Si tratterà di un errore software..

Italia – Nuovi divieti allo spostamento delle persone

Di seguito il testo:

Da oggi, su tutto il territorio nazionale, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano. Uniche eccezioni: comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

Sono le prescrizioni contenute nell’ordinanza adottata congiuntamente dai ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Luciana Lamorgese che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, sarà efficace fino all’entrata in vigore di un nuovo decreto del Presidente del consiglio dei ministri, di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n.6.

https://www.interno.gov.it/it/notizie/oggi-divieto-persone-fisiche-spostamenti-comuni

C’entra lo smog con il picco di morti e contagi da coronavirus in Lombardia?

Antonietta Gatti: “In un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”. Cosa c’è scritto su un ‘paper’ della Società italiana di medicina ambientale

Dottoressa Gatti, la Lombardia è l’epicentro di questa emergenza sanitaria perché più esposta di altre aree del Paese all’inquinamento atmosferico dell’aria prodotto dalle industrie, dai riscaldamenti e dal traffico delle auto. È plausibile?
“Si, è plausibile. È stato detto che molte persone per lo più anziane (la media è 80 anni) sono morte non di coronavirus ma con il virus. Persone già debilitate, cioè con patologie anche innescate da inquinamento ambientale, non disponevano più di un sistema immunitario efficiente. Ricordo che al momento non ci sono medici capaci di diagnosticare una patologia da polveri. In un progetto Europeo (DIPNA) di nanotossicologia, noi abbiamo già dimostrato che cellule attaccate da nanopolveri non hanno più un sistema di difesa capace di reagire”.

Antonietta Gatti è una fisica, tra i maggiori esperti di tossicità delle nanoparticelle a livello internazionale. Ha guidato il laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze all’università di Modena e Reggio Emilia, ed è stata consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. È a lei che si devono gli studi decisivi sulle morti (di tumore) dei militari italiani tornati dai Balcani, fu  lei – nel 2004 – a trovare le nanoparticelle nei tessuti degli agnelli malformati nati in Sardegna vicino al Poligono Interforze di Salto di Quirra. Nanoparticelle prodotte dall’esplosione di proiettili e granate. Ha firmato decine di pubblicazioni e articoli scientifici.

Dottoressa Gatti, le polveri sottili presenti nell’aria possono compromettere le difese dell’organismo umano ‘attaccato’ dal coronavirus?
“È già stato dimostrato dalla Scuola di Leuven (Belgio) che polveri nanometriche (0.1micron), se arrivano agli alveoli, passano la barriera polmonare in 60 secondi e in un’ora possono arrivare a fegato e reni e da lì raggiungere tutti i siti del corpo, nessuno escluso. Questo fatto è noto dagli scienziati, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stimato in 7.000.000 ogni anno le morti per patologie polmonari, cardiovascolari e cerebrali dovute all’inquinamento. E’ ovvio che, in un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”.

Questa relazione tra ‘efficacia’ del virus e smog non è stata ancora scientificamente dimostrata, ma se esistesse questa relazione, perché città inquinate come New Delhi è stata colpita finora solo marginalmente dal Covid-19
“Per prima cosa, c’è da chiedersi quali valutazioni siano state fatte sulla popolazione. C’è da considerare che la massima parte dei portatori del virus è perfettamente asintomatica e, dunque, sfugge alla rilevazione. Poi, non sappiamo se in un futuro vicino possa scatenarsi anche là un’epidemia. Ci può essere, però, anche un’alta, spiegazione. Il virus non resiste a temperature superiori a meno di una trentina di gradi, cioè è sensibile al calore e si denatura, non si replica e muore”.

Il tema della relazione tra virus e inquinamento atmosferico sta guadagnando attenzione da parte dei media e della comunità scientifica in questi giorni di emergenza sanitaria.  La Società italiana di medicina ambientale, l’Università Aldo Moro di Bari e l’Alma Mater di Bologna hanno appena pubblicato un ‘position paper’ su questo tema. “Riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione – si legge – vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (es. PM10 e PM2,5) (1, 2). Nel caso di precedenti casi di contagi virali, le ricerche scientifiche hanno evidenziato alcune caratteristiche della diffusione dei virus in relazione alle concentrazioni di particolato atmosferico”.

I dodici ricercatori che hanno firmato il paper ricordano alcuni precedenti:

(2010) l’influenza aviaria può essere veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste asiatiche di polveri che trasportano il virus. I ricercatori hanno dimostrato che vi è una correlazione di tipo esponenziale tra le quantità di casi di infezione (Overall Cumulative Relative Risk RR) e le concentrazioni di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (4)

(2016) esiste una relazione tra la diffusione del virus respiratorio sinciziale umano (RSV) nei bambini e le concentrazioni di particolato. Questo virus causa polmoniti in bambini e viene veicolato attraverso il particolato in profondità nei polmoni. La velocità di diffusione del contagio (Average RSV positive rate %) è correlata alla concentrazione di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (5).

(2017) il numero di casi di morbillo su 21 città cinesi nel periodo 2013-2014 varia in relazione alle concentrazioni di PM2.5. I ricercatori dimostrano che un aumento delle concentrazioni di PM2.5 pari a 10 μg/m3 incide significativamente sull’incremento del numero di casi di virus del morbillo (6). I ricercatori suggeriscono di ridurre le concentrazioni di PM2,5 per ridurre la diffusione dell’infezione.

(2020) uno dei maggiori fattori di diffusione giornaliera del virus del morbillo in Lanzhou (Cina) sono i livelli di inquinamento di particolato atmosferico (7). In relazione all’evidenza che l’incidenza del morbillo sia associata all’esposizione a PM2.5 ambientale in Cina, i ricercatori suggeriscono che politiche efficaci di riduzione dell’inquinamento atmosferico possono ridurre l’incidenza del morbillo.

Il grafico evidenzia una relazione lineare (R2=0,98), raggruppando le Province in 5 classi sulla base del numero di casi infetti (in scala logaritmica: log contagiati), in relazione ai superamenti del limite delle concentrazioni di PM10 per ognuna delle 5 classi di Province (media per classe: media n° superamenti lim PM10/n° centraline Prov.)  Tale analisi sembra indicare una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori, coerentemente con quanto ormai ben descritto dalla più recente letteratura scientifica per altre infezioni virali. (Fonte: Sima)

La relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia. (Fonte: Sima)

Dottoressa, l’inquinamento dell’aria è un vettore di trasmissione che può favorire la diffusione di un virus?
“L’aria è piena di polveri come ben sappiamo dai valori delle centraline dell’ARPA e i limiti di legge sono ripetutamente superati anche molto abbondantemente. Quelle controllate sono polveri di dimensione 10-2,5 micron, ma ci sono anche polveri ben sotto il micron: Polveri che hanno dimensioni comparabili con quelle di un virus. Una interazione non è solo possibile, ma è probabile. La creazione di un’entità organica-inorganica, una volta nel corpo umano, non è facilmente debellabile. Questa interazione può capitare anche dentro gli alveoli già pieni di polveri. Su questi substrati il virus può replicarsi facilmente”.

Che idea si è fatta di questo virus sotto il profilo molecolare? Perché è così letale rispetto ad altri coronavirus?
“La creazione di un’entità organico-inorganico non è debellabile con i normali farmaci. Da anni noi stiamo studiando questa nano-bio-interazione di nanoparticelle con proteine del corpo umano e abbiamo identificato queste nuove entità organiche-inorganiche nel sangue di pazienti con patologie come, ad esempio, la leucemia. Questo virus attacca i polmoni, e quelli degli anziani, dei fumatori e di chi ha altre patologie come, ad esempio, il diabete, che hanno capacità di difesa che, in alcuni casi, possono rivelarsi insufficienti”.

Il contrasto al contagio attraverso l’isolamento delle persone ha prodotto effetti in Cina, non ancora in Italia. È così che si ‘spegne’ un virus, impedendogli di diffondersi? È giusta questa strategia sostenuta dalla totalità dei virologi?
“Ogni epidemia ha una fase ascendente che può essere anche rapida ed una fase discendente. Si può cercare di arginare l’infezione isolando la gente sana da quella malata, così si evita il contagio. Purtroppo, non abbiamo altre armi di difesa. In questo mondo così globalmente interagente un battere d’ali in un punto si ripercuote anche a grandi distanze, tanto da diventare un temporale in un punto lontano. Il problema è che anche l’economia seguirà questo andamento”.

La comune influenza contagia e uccide migliaia di persone ogni anno ed è in piedi la discussione su quanto questa infezione sia peggiore di altre. Lo è?
“Influenze che esitavano in polmoniti erano già presente da ottobre scorso in Italia. Basta chiedere ai medici di famiglia e agli ospedali. Ogni anno l’influenza fa parecchie migliaia di morti, stimate in 20.000 /anno. Basta controllare le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità”.

Il paper curato dalla Sima e dalle università di Bologna e Bari è una base di lavoro che andrà sviluppata. Sebbene, leggiamo ancora, “tali analisi sembrano dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così virulento. Oltre alle concentrazioni di particolato atmosferico, come fattore veicolante del virus, in alcune zone territoriali possono inoltre aver influito condizioni ambientali sfavorevoli al tasso di inattivazione virale. Il gruppo di lavoro sta approfondendo tali aspetti per contribuire ad una comprensione del fenomeno più approfondita”.

FONTE AGI

Coronavirus: nuova stretta di Conte. Chiuse tutte le aziende non strategiche

Le parole durante una diretta Facebook. Restano aperti i supermercati, i negozi di generi alimentari e di prima necessita’, le farmacie, i servizi bancari, i trasporti. “Invito tutti a mantenere la massima calma, non c’è ragione di fare una corsa agli acquisti”

Il premier Giuseppe Conte ha illustrato i contenuti dell nuovo Dpcm in una dichiarazione nella tarda serata di sabato 21 marzo. Contro il diffondersi del contagio da coronavirus è arrivata un’ulteriore stretta dopo il pressing dei sindacati, delle regioni, dei sindaci dei comuni più colpite, dell’opposizione e anche della maggioranza.

Le resistenze legate soprattutto alla necessità di assicurare al Paese continuità economica vengono meno dopo un altro bollettino di guerra in cui si annovera un altro record di vittime. Ed ecco prima l’ordinanza di Lombardia e Piemonte e poi la decisione del presidente del Consiglio, “una decisione non facile” presa insieme ai ministri e ai capi delegazione della maggioranza dopo l’incontro con le parti sociali.

“Chiuderemo sull’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia essenziale”, l’annuncio. “Lasciamo acceso il motore del Paese, ma lo rallentiamo”, la premessa. “Mai come ora – la conclusione – la nostra comunità deve stringersi più forte, come una catena, a protezione del bene più importante, la salute. Se dovesse cedere anche un solo anello di questa catena la barriera di protezione verrebbe meno”.

Le nuove “strette” sono state comunicate durante una diretta Facebook: “Continueranno a rimanere aperti farmacie e parafarmacie. Assicureremo i servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari, assicureremo tutti i servizi pubblici essenziali, ad esempio i trasporti”.

“Resteranno aperte tutte le attività funzionali”, assicura il premier che invita soprattutto alla calma rispetto alle corse agli acquisti. Ovvero niente file ai supermercati, “non sarebbero giustificate”. E ancora: “Continueranno a rimanere aperti tutti i negozi di generi alimentari e di prima necessità. Non abbiamo previsto nessuna restrizione sugli orari di apertura”. Riguardo alle altre attività non essenziali “consentiremo solo lo svolgimento di lavoro in modalità smart working“.

Le parole utilizzate dal premier sono il segno della preoccupazione dell’esecutivo. “È la crisi piu’ difficile che il Paese sta vivendo dal dopoguerra. Lascerà un segno indelebile in noi anche quando tutto questo sarà finito. Quelle che piangiamo sono persone. Le misure fin qui adottate richiedono tempo prima che possano dispiegare i loro effetti. Ma dobbiamo continuare a rispettare le regole. Non abbiamo alternative”.

E quindi “in questo momento dobbiamo resistere, perché solo in questo modo potremo tutelare le persone che amiamo”. Uno sguardo avanti (“Non rinunciamo alla speranza e al futuro. Uniti ce la faremo”) ma per ora si fa “un altro passo indietro”, “stiamo rinunciando alle abitudini più care, lo facciamo perché amiamo l’Italia”.

Pesa “la morte di tanti concittadini”, si tratta di “un dolore che ogni giorno che si rinnova. Questi decessi – ripete Conte – per noi non sono semplici numeri ma sono storie di persone e famiglie che perdono gli affetti piu’ cari”. La consapevolezza e’ che “l’emergenza sanitaria sta tramutando in emergenza economica”, ma – assicura il premier – “lo Stato c’è ed e’ qui, interverrà con misure straordinarie per ripartire quanto prima”.

AGI

Milano – 14-18 marzo, dal carcere dalla città

14 marzo 2020

Questa mattina a Milano un gruppo di solidali ha scansato i controlli polizieschi per arrivare in bicicletta sotto il carcere di San Vittore. Mentre un gruppo chiedeva a gran voce notizie ai reclusi da Piazza Aquileia, un altro passava di fronte alla sezione femminile e al quinto raggio per gridare la propria solidarietà, raccontare le rivolte che si sono sovrapposte ad Opera, in tutto il resto d’ Italia e di come siano state represse. È stata resa nota anche la situazione qui fuori in questo stato d’emergenza.

Purtroppo nessuna risposta da dentro, al contrario dei giorni passati in cui quest’ultima è stata fondamentale e ci ha scaldato il cuore.

Sarà stato davvero reso inagibile l’intero braccio e quindi eseguiti dei trasferimenti? Una dura repressione avrà scoraggiato e reso ancora più difficile la comunicazione tra interno ed esterno?

La presenza solidale in questi giorni è e sarà necessaria, nostra volontà esserci sfidando le ordinanze nell’ottica di essere noi stessi i primi a responsabilizzarci sulla nostra sicurezza e quella di chi ci sta intorno.

Un gruppo di solidali ha anche raggiunto le mura del carcere di Opera. Dopo alcuni fuochi d’artificio si è riusciti a scambiare qualche parola con i detenuti che urlavano chiedendo aiuto, dicendo di avere fame e paura. Inoltre hanno ribadito di non avere televisione, doccia, cibo, di non ricevere i pacchi, la posta, le telefonate, sostitutive dei colloqui, di avere solo mezz’ora d’aria e di essere stati massacrati di botte.

La volante della penitenziaria che si trovava davanti al carcere ha azionato la sirena per bloccare la conversazione.

Abbiamo anche saputo che uno dei ragazzi identificato come uno dei responsabili della rivolta verrà trasferito.

14 marzo 2020 – Testimonianza dai familiari dei detenuti nel carcere di Opera:

«Buongiorno. Scrivo da Milano riguardo il carcere di Opera e da domenica che non ho più notizie di mio fratello detenuto a Opera .

Lunedì 9 è scoppiato un incendio. Ci siamo recati al carcere dove abbiamo travato un muro di polizia penitenziaria, carabinieri, polizia che non ci facevano passare, alle nostre richieste di sapere cosa fosse successo alzavano fucili e bastoni. Siamo disperati per favore aiutateci.

Sono arrivate poche chiamate e quelle arrivate parlano di botte in testa ai detenuti, mani rotte.

Entravano in tre nelle celle e picchiavano, abbiamo foto di una tuta ritirata da una ragazza nel pacco dove si vedono impronte di stivale e poco dopo ha ricevuto la chiamata del compagno dove spiega che lo hanno buttato a terra e gli hanno messo piedi sulla schiena e picchiato in testa con manganello. Ed è dovuto rimanere a letto perché aveva svenimenti e con la mano che molto probabilmente ha una frattura al mignolo.

Aiutateci dai campi dietro si vede la parte bruciata. Ad oggi non hanno neanche il vitto.

Vi scrivo tutto ciò che abbiamo appreso».

Familiare di un detenuto del secondo reparto: «Mi ha appena chiamato mio marito e mi ha detto che lui non è stato picchiato ma sono stati picchiati tutti i detenuti dove c’è stato casino nel padiglione di fronte a lui, che è vero che lì sono entrati gli antisommossa che hanno spento le luci e li hanno picchiati tutti quanti, ma non mi ha saputo dire altro, ma è vero che alcuni detenuti sono finiti al pronto soccorso».

«Ho appena sentito un familiare che non riesce nemmeno a parlare, è stata chiamata dalla cognata che le ha detto che i suoi nipoti sono stati picchiati a Opera e che certi ragazzi avevano addirittura gli occhi di fuori dalle botte che hanno preso».

Familiare di un detenuto del primo reparto: «Mi ha appena chiamato, mi ha raccontato tutto, che lo hanno picchiato in tre e lo hanno spaccato, che ha le mani rotte ma sta bene, che hanno picchiato tutti perché nella confusione non hanno guardato chi c’era e chi non c’era, hanno spento le luci e hanno picchiato tutti. Lo hanno tenuto a terra coi piedi e lo hanno picchiato con i manganelli. Dopo che lo hanno picchiato per riportarlo nella cella lo hanno dovuto trascinare perché non stava in piedi e per due giorni non riusciva ad alzarsi perché si sentiva svenire. Dopo, quando hanno capito che non c’entrava gli hanno chiesto scusa. Ha detto di portare da mangiare perché sono tutti alla fame».

Familiare di un detenuto del primo reparto: «Ha detto che sono in una situazione di merda. Passano solo acqua e sigarette. Hanno tolto i fornelli. Oggi doveva arrivare la spesa ma non è arrivata. Oggi sono andati all’aria un’ora, meno male. Gli ho detto “Finalmente hai chiamato, è una settimana che non dormo” e lui mi fa “Tu non dormi? Io ancora oggi dove guardo trovo lividi nuovi”.

Mi ha detto che c’è un ragazzo con i segni delle manganellate sulla schiena e li ha fatti vedere al direttore che gli ha risposto “quelle manganellate che tu hai sulla schiena io le ho nel cuore per tutto quello che vi è successo”».

17 marzo 2020

Con mascherine e biciclette un gruppo di solidali ha voluto andare a far sentire la propria vicinanza alle persone recluse a S.Vittore a Milano. Dentro hanno sicuramente sentito il nostro baccano ma non hanno risposto ai nostri messaggi, immaginiamo che dopo la rivolta di lunedì 9 marzo abbiano ricevuto intimidazioni e false promesse per ristabilire l’ordine interno.

Tuttavia apprendiamo dai media che un detenuto è risultato positivo al Covid-19 e dunque deduciamo che la calma sia solo apparente.

Da oggi, infatti, sono saltati fuori i primi casi all’interno delle strutture carcerarie oltre a San Vittore il virus è entrato anche a Pavia, Voghera e Brescia.

Nel tardo pomeriggio altre persone sono andate al carcere di Opera dove già dalla settimana scorsa i detenuti lamentano un peggioramento delle condizioni detentive.

I contatti con l’esterno sono stati sospesi (colloqui, pacchi, chiamate, radio, tv, posta), il vitto non passa a tutti, le persone ferite o malate non sono state portate in ospedale e ci dicono che non gli sono state neanche fornite delle mascherine di protezione. Il saluto è stato accolto con calorose battiture, cori e messaggi da recapitare ai parenti. Ci comunicano anche che ci sono delle persone malate in isolamento e che oggi gli sono state notificate le denunce per le rivolte di settimana scorsa. I capi d’imputazione sono: oltraggio a pubblico ufficiale, procurato allarme, istigazione a delinquere, resistenza, danneggiamento a mezzo incendio, travisamento, lesioni personali aggravate.

Nonostante i detenuti abbiano fatto sentire la loro voce in modo fragoroso, ci sembra chiara la volontà dello stato di girarsi dall’altra parte, prima oscurando qualsiasi notizia a riguardo poi emanando un decreto inutile, di facciata e facendo arrivare con triste puntualità le proprie intenzioni repressive. Di fronte al disinteresse nel tutelare le persone recluse che continuano a viversi questo momento di preoccupazione e incertezze, isolati e senza risposte, noi ribadiamo la determinazione a non volerli lasciare da soli.

https://roundrobin.info/2020/03/milano-14-18-marzo-dal-carcere-dalla-citta/

Modena – Alcuni aggiornamenti sulla rivolta e repressione

Dall’entrata in vigore del decreto emergenziale per arginare i contagi del Virus la rabbia nelle carceri non ha tardato ad esplodere.
A tutti i luoghi di detenzione sono infatti stati estesi il divieto di colloquio, in alcune carceri già in vigore.
Sarebbe lungo elencare tutte le 27 carceri dove sono scoppiate le rivolte.
Rivolte che hanno portato a più o meno temporanei stravolgimenti della realtà carceraria (che non mira ad altro che l’annullamento, la depersonalizzazione dell’individuo): prigioni e mezzi delle guardie in fiamme, strutture occupate, reclusi sui tetti, sconvolgimento dei ruoli guardia-ladro col sequestro dei secondini, documenti inceneriti, evasioni tentate e riuscite.
Dal carcere Sant’ Anna di Modena l’8 Marzo 2020 si elevavano dense colonne di fumo che non hanno tardato a essere viste da chiunque, facendo accorrere amici, cari e solidali ai reclusi, che assistevano al viavai di ogni tipo di corpo di polizia impiegato per sedare la rivolta: Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, GOM; oltre che un elicottero a pattugliare l’ area e la Polizia Municipale che provava a mandar via le persone accorse fuori, senza riuscirci (il ruolo più viscido per chi passa la vita cercando il pelo nell’ uovo).
Da fuori si sono sentiti distintamente alcuni spari.
Dall’interno alcuni ragazzi urlavano: “Ci stanno massacrando”.
Secondo la ricostruzione ufficiale i detenuti e le detenute avrebbero preso il controllo della struttura che avrebbero poi devastato; qualcunx ha provato ad evadere ma è statx subito ripresx.
Tra i danni spicca l’ incendio dell’ ufficio matricole contenente le copie dei documenti cartacei.
Mentre x detenutx venivano scortati e picchiati con manette ai polsi sotto gli occhi di solidali e carx fuori, già qualcunx scorgeva una sacca contenente un corpo morto.
Una volta sedata la sommossa è iniziato un trasferimento di massa de* circa 500 reclus*(verso le
strutture di Porto Azzurro,Cagliari, Sassari, Cuneo, Trento, Vercelli, Belluno, Perugia, Rovigo, Sanremo, Genova, Ascoli,Terni, Parma, Reggio Emilia), in quanto il carcere risulta ad ora inagibile.
Poi l’ agghiacciante notizia:dapprima un morto, poi due, tre, sei. E nei giorni a venire la conta è salita a nove, nove morti annunciate dai carri funebri che uscivano dal carcere.
Ma ciò che può risultare ulteriormente sconcertante è la versione dei giornali, dapprima locali poi nazionali: le morti sarebbero state causate da overdose di metadone e farmaci a seguito della presa dell’infermeria da parte dei detenuti in rivolta.
La stessa versione è stata divulgata con l’ aumentare del tragico conteggio dei morti, quattro decessi a Rieti e altri due a Bologna.
Per ora è uscita solo la versione di chi ha tutti i motivi per oscurare e mentire, cioè il resoconto della penitenziaria: due sarebbero morti per overdose da metadone, uno per overdose da benzodiazepine.
Altri quattro decessi sarebbero avvenuti in seguito ai trasferimenti nelle carceri di Parma, Alessandria, Marino del Tronto e uno durante il viaggio per il carcere di Trento, morto a Verona.
Anche questi decessi addebitati al metadone, nonostante fosse stata eseguita una visita medica pre-trasferimento.
Pestaggi si sono susseguiti dal momento dell’evacuazione del carcere Sant’Anna, all’arrivo dei detenuti nelle carceri predisposte per rivoltosi, arrivano testimonianze di rappresaglie delle guardie su detenuti inermi, sbattuti poi in celle d’isolamento senza cure mediche.
Altri due sarebbero stati trovati morti due giorni dopo in sezione.
Ci sbilanciamo a dire che questa versione non è credibile e nel caso dei trasferiti, poi deceduti, è
confutabile già per come sono stati riportati i fatti.
Sosteniamo che ogni morte IN carcere sia una morte DI carcere, legata alla sua stessa esistenza e all’ annullamento forzato dell’ individuo.
Detto ciò non crediamo alla drammatica coincidenza che porta a morire quindici persone tutte per overdose durante tre diverse rivolte.
Sappiamo bene che nei momenti più emergenziali lo Stato cambia faccia, abbandona le apparenze e si mostra apertamente, difendendo l’ ordine delle cose con i metodi più totalitari, espliciti e violenti, accantonando la buona parvenza democratica.
Conosciamo le menzogne diffuse sistematicamente dallo Stato per coprire i suoi omicidi e le sue stragi.
E questo a maggior ragione dentro ad un’ istituzione totale come il carcere, lontano dagli occhi e dal cuore, dove ogni giorno avvengono soprusi; la stessa esistenza del carcere lo è.
Quando la tensione sale lo Stato uccide.
Oggi, come un secolo fa esatto, nel 1920, quando l’Italia si preparava al totalitarismo, a Modena si sparava sulla folla in sciopero in Piazza Grande, uccidendo sette operai ad un comizio.
Poi, nel 1950, a dimostrazione che una Liberazione non è mai avvenuta, i carabinieri uccidevano sei operai in lotta, dando luogo al massacro delle Ex Fonderie.
Oggi, mentre impazza il Virus, le forze dell’ Ordine isolano e controllano persone e territori, massacrando chi si rivolta nelle carceri perchè non pronto a perdere quel poco che gli rimane, come poter riabbracciare unx carx ogni tanto o per un desiderio di riaffermazione e di rivalsa nei confronti dex lorx aguzzinx di tutti i giorni: le guardie e la
quotidianità carceraria.
In questo ci sono anche persone che pur di portare solidarietà, sostegno e calore fuori da quelle mura non hanno badato ad alcuna imposizione, uscendo in una città cieca e deserta.
Ad oggi sembra che il carcere sia stato svuotato, perchè inagibile,o almeno in parte, per i danni causati dalla rivolta. Il carcere di Sant’Anna di Modena è stato chiuso col fuoco!
Notizia che ruba una smorfia di compiacimento, in una bocca contorta e serrata dalla rabbia per le morti e per il crescere di misure restrittive dentro come fuori. La voglia di urlare è tanta, ma anche il vento sembra esser rimasto a casa.
Controlli, posti di blocco, giustificativi per uscire di casa e divieto di assembramento altro non sono che l’estensione del sistema carcere al di là delle sue mura. Se da dentro è già stato lanciato un segnale, ovvero che rivoltarsi è più che mai urgente e l’unica risposta al delirio lucido della sicurezza, da fuori l’appello al buon senso e allo stare chiusi in casa, servendosi dei propri privilegi da liberi, rispecchia un’assopimento delle coscienze ed un’obbedienza cieca al dogma della sicurezza.
Sembra che si attendano tempi più bui per agire, ma non ci si accorge che il tempo scorre e siamo già in ritardo, colti impreparati nella pratica, già sconfitti nella teoria.
TUTT* LIBER*

https://roundrobin.info/2020/03/14646/

Statovirus e altre amenità

“Sta andando tutto male, sta andando tutto male” (Poeta tranese)

“Quello che dico potrebbe essere un po’ razzista, e mi toccherà scusarmi, ma non pensate che il coronavirus sia un po’ una scusa? Gli italiani, sappiamo come sono, per loro ogni scusa è buona per chiudere tutto, interrompere il lavoro e fare una lunga siesta” (Christian Jessen)

Queste sono nostre riflessioni che spaziano dal faceto al serio. Altri hanno già scritto cose migliori, ma anche più noiose. Da più parti non si fa che pensare che stiamo vivendo una sorta di situazione distopica, la fine del mondo, l’apocalisse etc. Tutti i riferimenti a 1984Brave new world, alla cinematografia sugli zombi e a chi più ne ha più ne metta. Questi non si ricordano di un aspetto molto importante, ovvero che l’Italia è il paese della commedia dell’arte.
Ci spiegheremo meglio. Spesso sul giornale anarchico Vetriolo si è paragonata l’organizzazione statale ad un organismo vivente. Detto ciò, cosa sta succedendo in Italia? Nell’ultimo numero di questo giornale, è stato scritto che lo Stato italiano è per certi versi all’avanguardia, come se fosse pioniere nello sperimentare cose che altrove succederanno solo in futuro. Il capitalismo italiano è profondamente malato e nel mondo gira questo virus che ha scatenato una pandemia, come successo per la peste nera attorno al 1347.Diremo una banalità, ma la malattia colpisce di più un corpo già malato. Allora il governo italiano fa quello che faremmo noi per non andare al lavoro
quando il giorno prima ci siamo sbronzati e siamo tornati a casa alle 5 del mattino, ovvero, chiamiamo il datore di lavoro e il medico curante per il certificato e ci mettiamo in malattia perché abbiamo mal di testa. In pratica, a causa del post-sbornia, saltiamo la giornata lavorativa perché non ne abbiamo voglia, ma almeno ci danno lo stipendio e restiamo a casa. Insomma,due piccioni con una fava. Alla stessa maniera, il governo Conte chiama l’Europa e le dice: “Scusate, ma non ci sentiamo tanto bene oggi. Abbiamo l’influenza. Dobbiamo metterci in malattia per un mese, ovvero in quarantena, e nel frattempo però dobbiamo bloccare tutto. Quindi ci dovete i soldi dello
stipendio e non ci dovete rompere le scatole per lo sforamento deficit-pil, debito pubblico etc”.
L’OMS emette il certificato medico, ma comunque la Lagarde non ci casca e nessuno nella UE ci manda le mascherine. Essendo il corpo dell’Italia ammalato, cosa decide di fare lo Stato? Cerca di rafforzare i suoi anticorpi e il suo sistema immunitario. Non a caso, vi ricordate la serie animata Siamo fatti così? Bene, in questa serie gli anticorpi erano rappresentati da sbirri. Allora, il sistema immunitario dello Stato, oltre a voler debellare il coronavirus, coglie l’occasione per tentare di arginare o eliminare tutti gli altri virus, batteri e parassiti (1) dal proprio corpo.
Alla luce di ciò, pensiamo di non vivere un film distopico postapocalittico, bensì la più classica delle commedie all’italiana. In altre parole, questa è Tototruffa 62, altro che Zombi di G. Romero! Oddio, non esattamente Tototruffa, anzi, piuttosto è una sua versione degenerata, con attori di second’ordine. Al posto di Antonio de Curtis, abbiamo un avvocaticchio azzeccagarbugli devoto a Padre Pio, ovvero un altro truffatore di simpatie fasciste. Insomma, in fin dei conti, questa non è nemmeno commedia dell’arte, è cinepanettone andato a male, e il fatto che uno dei focolai maggiori sia in Lombardia, lo conferma.
Poi che dire… Ne sono passate di pandemie nella storia, passerà anche questa. La questione è che lo Stato agisce/reagisce contro quello che lo circonda e lo attacca. Le misure e i “protocolli” che mette in atto sono di sua iniziativa. Prima li studia e poi li applica. Ma non è infallibile, tanto in caso di pandemie, quanto in caso di terremoti, guerre (dichiarate o meno), stati di emergenza per conflitti sociali, insurrezioni etc. Questi eventi, però, non sono per niente uguali o simili tra di loro.

E non è solo un virus o un meteorite a destabilizzare il sistema, come pensano gli anarcoapocalittici/misantropx (come è affermato in un testo circolato su Roundrobin dal titolo “Insurrezione ai tempi del coronavirus”), soprattutto perché dopo questi eventi è più facile un recupero dello Stato e non solo (soccorsi, aiuti, filantropia dei ricchi etc). Pensare questo, poi, è anche un’offesa alle gesta di tutti i rivoluzionari della storia e di oggi. Perché anche “un gruppuscolo di rivoluzionari” ha sempre partecipato a rivolte e insurrezioni. C’è chi è morto e chi è in galera. In tanti, ma anche in pochi, gli anarchici e i rivoluzionari hanno partecipato alla destabilizzazione della produzione, del sistema statale, delle istituzioni. Ci hanno sempre provato, almeno. Durruti era in un gruppo di affinità, Los Solidarios. Rivolte, espropri, azioni, partecipando infine a una rivoluzione. E tanti altri anarchici nella storia erano donne e uomini in carne e ossa. Non virus o meteoriti, né alieni che invasero la terra o tsunami. Forse terremoti… ma terremoti rivoluzionari: gli anarchici negli Stati Uniti nei primi anni del ‘ 900, in Russia e dintorni prima durante e dopo la Rivoluzione Russa, sfidando gli autoritari. Le compagne e i compagni che combattono oggi in tutto il mondo e partecipano alle rivolte sociali e alle insurrezioni etc.
Una cosciente insurrezione e rivoluzione, dopo anche una “incosciente” rivolta spontanea, è ben altra gatta da pelare per gli Stati e la borghesia. Il recupero dell’insurrezione e della rivoluzione (o il recupero dall’insurrezione e dalla rivoluzione) è ben altra questione.
L’insurrezione non viene mediata. Se ci riesce, lo Stato la reprime. E lì ce la giochiamo con tutte le carte.

(1) Non a caso, il fascismo storico, e attualmente le destre in generale, come denominano i sovversivi in maniera dispregiativa?

PS: Come giustamente ci insegna un nostro amico filosofo norcino, “il coronavirus è lo spirito del tempo: l’evento casuale che permetta alla storia di svilupparsi”, ovvero, porta a compimento processi già in atto prima, come la crisi della globalizzazione e il ritorno del protagonismo dello Stato. In poche parole è un fenomeno che rafforza questa tendenza.

PS2: Secondo il min.int, (che, in maniera misteriosa ed inquietante, è quasi l’anagramma di Minniti), dall’11 al 17 marzo son state emesse 44mila denunce. Lo Stato in pochi giorni non contagia, ma controlla. La multa corrisponde ad un massimo di 206 euro che x 44mila son circa 9 milioni di euro.
Ovviamente, non tutti pagheranno, ma intanto, in una sola settimana, sono state tassate, indirettamente, quasi 50mila persone. Oltre ad aver controllato più di un milione di persone.
Come si dice al sud, facciamo i Conti in tasca allo Stato!
Tanto ora c’e’ Giuseppi…

Malacoda

Ricette per il caos: l’occasione è arrivata non rimaniamo inermi

RICETTE PER IL CAOS : L’OCCASIONE E’ ARRIVATA NON RIMANIAMO INERMI
(contributi personali per non soccombere alla normalità del nuovo regime)

Una pandemia sta sconvolgendo il primo mondo, che si credeva immortale e inattaccabile dietro le proprie mura e fili spinati.
Questo migliore dei mondi possibili si è spogliato davanti alla violenza della Terra morente che ribadisce che non è il capitalismo a governare l’esistenza.
Non voglio fare del virus una metafora di ribellione della terra, ma ricordare che sapevamo tutt@ che il capitalismo sarebbe stato la causa probabile di una pandemia, del collasso sociale, economico ed ecologico della razza umana.
Lo sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato, eppure non siamo stat@ minimamente pront@ a coglierne l’occasione, colpit@ anche noi dalla paura, così come dal senso di responsabilizzazione collettiva per proteggere chi si suca sempre 10 volte di più qualsiasi emergenza.
Perchè si una pandemia è comunque una questione di classe, di privilegi, di morti non tanto casuali.
Come si festeggerebbe se un Bolsonaro o un Trump si prendessero il virus, saremmo consci che nessun collasso del sistema sanitario gli impedirebbe di sopravvivere, mentre migliaia di persone verrebbero lasciate crepare, con i pennivendoli pronti già da tempo a costruire ed accusare nemic@ esistenti o meno.
Mentre quindi si inquisisce chi rifiuta di sottostare ai domiciliari e al coprifuoco, per andare a sgranchirsi le gambe e godersi, forse per la prima volta in vita sua, un po’ di aria pulita anche nelle metropoli. Mentre avviene questo, sentiamo i tagli alla sanità gratuita sulla nostra pelle, gli operai vanno al macero insieme ai medici, insieme ai riders, corrieri e a tutte quelle categorie di lavoratori che il patriota imbecille applaude dedicandogli inni nazionali e delirio nazionalpopolare.
Mentre anche noi ci rinchiudiamo in casa, seppur con coscienza rivoluzionaria di ciò che questo stato d’emergenza significa, il capitalismo si rigenera, ricrea la sua forza pronto a superare quest’ennesima crisi per tornare più forte di prima.
Staremo a guardare inermi? Ci vogliamo limitare a incazzarci mentre vediamo lo stato di polizia e la distopia colpirci in faccia sempre più forte, di ora in ora?
Il senso di responsabilizzazione collettiva, è vero, spinge molt@ di noi a “rispettare” queste disposizioni per proteggere chi è molto più debole per mancanza di privilegi di classe, etnia, genere, sanitari ecc…
Ed è vero che è nostro istinto, come compagn@, come anarchic@, come persone avulse alla totale mancanza di empatia verso l’altr@, che il capitalismo vuole costruire. E’ vero che sentiamo il bisogno di proteggere l’altro accanto a noi.
Quel che mi chiedo, mentre guardo i divieti centuplicarsi così come sbirraglia e militari in strada.
Stando in casa stiamo davvero aiutando a proteggere chi vogliamo aiutare a proteggere?
Senzatetto, migrant@, poveracc@ di ogni tipo, sono ancora in strada, lasciat@ in mano alla sbirraglia che ora è ancora più pronta e rabbiosa, così come si sente ancora più legittimata, con il consenso di tutt@ l@ cittadin@ sbirr@ urlant@ dai balconi.
Nelle carceri la polizia continua a picchiare, se non uccidere, non lo sappiamo.
Trasferimenti alla chetichella si susseguono, con denunce da parte di parent@ di detenut@ che non hanno più notizie né idee di dove si trovi l@ propri@ car@ detenut@.
E nei cpr? Che cosa sta succedendo?
Cosa succede in strade deserte con solo sbirraglia eccitata a pestare e innervosita dallo stato d’emergenza?
E noi che cosa vogliamo fare?
Davvero limitarci al rispetto delle disposizioni è l’unico modo di proteggere gl@ altr@?
Non esistono forme per agire senza mettere in pericolo nessunx di un contagio?
Lo stato di polizia rende l’agire più difficile, eppure sappiamo che anche gli sgherri sono biologicamente umani, e in quanto tali, anche loro possono stremarsi, ed è quello che sta succedendo, per questo ora si invoca l’esercito.
Mi viene da citare Kacynzski quando diceva che il miglior modo,forse, possibile, per far crollare il capitalismo e lo stato, è quello di attendere una sua crisi per rovesciarlo con tutta la forza che abbiamo, così da impedirgli di rigenerarsi.
E se ci provassimo?
Siamo sempre stati in attesa del momento giusto, e se fosse questo il momento giusto?
Molti dicono che nel post-pandemia, ci sarà da aspettarsi rivolte, per le condizioni economiche di merda in cui ci ritroveremo alla riallargatura delle gabbie.
Eppure è adesso che scoppiano scioperi, rifiuti di lavorare, diserzioni della gente allo stato di polizia, insulti e rabbia verso gli infami dei balconi.
E’ adesso che un minimo di persone si sta rendendo conto che quel migliore dei mondi possibili che hanno sempre difeso, se ne sta sbattendo le palle della loro esistenza per proteggere gli affari e le vite dei ricconi di merda.
E’ adesso che lo stato di polizia militare può essere rovesciato, perché colmo di stanchezza dalla continua attività, mi chiedo se dopo, una volta che il sistema avrà ripreso forza, sarà ancora possibile nonostante la rabbia possa crescere sicuramente più di ora.
L’apparato repressivo è sicuramente in agitazione, perché è conscio di non poter reggere eventuali rivolte collettive adesso, per questo reclama più fondi, più mezzi, più legittimità nel controllo sociale, e lo stato non si rifiuterà di certo di fornirglieli.
E quindi? Che fare noi?
Forse è giunto il momento si, di pensare alla responsabilità collettiva per non comportarci come esseri apatici verso chi sta soffrendo, ma è anche il momento di dare a questo sistema tanti colpi per far si che non si rialzi quando la pandemia sarà finita.
Dopotutto sappiamo che le conseguenze della sopravvivenza del sistema capitalista e dello stato, saranno ben peggiori di qualsiasi pandemia.
Mentre alle frontiere continuano a uccidere,in barba ai contagi. Mentre nel mediterraneo si continua a lasciare affogare, mentre si continua a bombardare la Siria, a spargere fondi per ingrassare la guerra. Mentre la devastazione della Terra sembra prendersi le ferie in alcune parti del mondo, facendo tornare animali a riappropriarsi di alcune parti del mondo umano, essa continua senza freno per tutta la Terra, dalla devastazione in amazzonia al taglio di alberi in tutte le città che continua senza sosta, fino al sistema biotecnologico che continua a studiare e a creare nuove forme di vita antropizzate per sostituire quelle esistenti.
Mentre tutto questo succede, il cuore del sistema batte più lento ma impaurito al suo centro, ed è li che forse dovremo valutare il nostro agire.
Se è bene per tutt@ il non uscire insieme, il non creare assembramenti, allora agiamo individualmente, contro il controllo tecnologico, contro la sbirraglia, contro l’esercito, contro le multinazionali che continuano a mandare gli operai al macero.
Facilitiamo lo sciopero e la chiusura di fabbriche e aziende.
Attacchiamo gli occhi metallici della sbirraglia.
Colpiamo li dove possiamo individualmente con i nostri mezzi.
Cospiriamo e attacchiamo i pennivendoli infami e i servi urlanti dai balconi, nel modo che ognun@ di noi ritiene più opportuno.
Rendiamo questa un’occasione per rovesciare tutto, perché i morti di questa pandemia, non saranno mai quanti quelli che seguiranno se il sistema sopravvive.
Non ho né proposte concrete né idee precise, so solo che voglio il crollo di questo mondo, e vedo in questa pandemia un’occasione d’oro per rovesciare chi ci opprime e ci reprime, una reale possibilità di riprenderci le nostre esistenze e fermare la corsa verso il baratro del capitalismo e dello stato!

Non rimaniamo inermi davanti a un regime che nasce, facciamo sbocciare l’odio che coviamo verso questo mondo!

Cospiriamo, organizziamo, colpiamo!

Solidarietà e complicità allx detenutx in rivolta, allx lavoratricx in sciopero, allx arrabbiatx di ogni dove!

Solidarietà allx migrantx che continuano ancora la lotta e la resistenza alle frontiere!

Per l’anarchia
Per la libertà!

Un@ anarchic@ !

https://roundrobin.info/2020/03/ricette-per-il-caos-loccasione-e-arrivata-non-rimaniamo-inermi/

Torino – La quarantena manda in tilt la gente, aumentano i casi di Tso

Mole24.it

A Torino sono in aumento i casi di Tso (trattamento sanitario obbligatorio), il comandante dei vigili Bezzon lancia l’allarme. Una decina di interventi solo ieri

Iniziano a palesarsi le conseguenze della quarantena forzata determinata dall’emergenza Coronavirus. Giorno dopo giorno si inaspriscono le misure di contenimento del virus e il contagio non accenna a rallentare. L’ultimo provvedimento riguarda la chiusura di parchi e giardini e il divieto di fare jogging (se non per sgranchirsi le gambe da soli rigorosamente sotto casa). Una misura ampiamente voluta dal presidente della Regione Alberto Cirio, che anzi non si accontenta e chiede di più.

Sul versante opposto si schiera Chiara Appendino, che avrebbe preferito meno divieti e più controlli. La Sindaca di Torino, infatti, si dice timorosa di ulteriori ripercussioni psicologiche su una popolazione già molto provata. “Bisogna pensare a tutta quelle persone che stanno vivendo momenti di solitudine e costrizioni impattanti per la gestione dei nuclei familiari, – afferma Appendino – come quelle famiglie di quattro o cinque persone che vivono in 30 metri quadri”.

A Torino aumentano i casi di aggressività e scattano i Tso

Timori confermati da un evidente aumento dei casi di Tso (trattamento sanitario obbligatorio) effettuati dai vigili di Torino. Parliamo di tutti quei ricoveri forzati di pazienti che riscontrano problemi psichiatrici e che sono potenzialmente pericolosi per se stessi e per la comunità.

Di solito, nel capoluogo piemontese si effettuano dai 180 ai 200 trattamenti all’anno (meno di uno al giorno). Ultimamente, invece, le chiamate di intervento “sono in preoccupante aumento”, come conferma Emiliano Bezzon, comandante della polizia municipale. Solo ieri sono stati eseguiti nove Tso a Torino.

Una squadra speciale dei vigili, insieme al personale medico specializzato, si occupa di questi interventi. Da una settimana a questa parte hanno ricevuto numerose segnalazioni: soggetti aggressivi o mentalmente fragili.

“C’è un tema di tenuta psicosociale che dobbiamo tenere in considerazione – spiega Bezzon – qualche valvola di sfogo va tenuta”. Sulle ultime manovre il comandante non si sbilancia, ma vuole comunque mantenere alta l’attenzione. C’è il rischio che la pressione continui a salire e, non trovando valvole di sfogo, potrebbe scoppiare da un momento all’altro.


Per chi ne avesse necessità, ricordiamo che esiste un numero apposito per consulenze psicologiche durante l’emergenza sanitaria.

Associazione Psicologi per i popoli: 011 01137782

Attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

 

https://mole24.it/2020/03/21/torino-la-quarantena-manda-in-tilt-la-gente-aumentano-i-casi-di-tso/?fbclid=IwAR1Dugv5gME7TEtw6apWx8pAKyy_sNDSQPZ1knmaUo3xc6D2-GRiGLvFkng