Redlands (California) – Incendiato deposito Amazon

Venerd’ 5 Giugno, verso le 5 e 30 di notte, un incendio ha distrutto un centro di distribuzione di Amazon a Redlands, città californiana a 112 km a est di Los Angeles.

L’edificio, diversi camion e un sacco di merce, sono stati distrutti dalle fiamme. I danni sono consistenti  e il fumo ha costretto le autorità a chiudere l’autostrada 10Freeway.

Il deposito, era grande quanto tre campi da calcio.

Questa azione contro Amazon segue quella del primo maggio nella quale le venne incendiato un camion.

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Messico – Incendi e scontri in diverse città in risposta alle violenze poliziesche (4-8 Giugno)

[Di seguito un testo sulla rivolta in corso che ha scosso diverse città del Messico da giovedì 4 giugno dopo l’ennesimo omicidio della polizia. Partendo da Guadalajara e ispirandosi all’esempio della recente rivolta negli Stati Uniti, si sta diffondendo in vari luoghi del paese, anche a Città del Messico.
Dopo una giornata di conflitto il venerdì (vedi sotto), i disordini sono ripresi lunedì 8 giugno a Città del Messico, quando più di un centinaio di persone, la maggior parte delle quali indossava passamontagna, sono scese in strada nel centro della capitale, per vendicare i morti e i feriti causati dai pestaggi della polizia. Contrariamente a quanto accaduto venerdì scorso, non è stata esposta nessuna bandiera o striscione, il che ha complicato notevolmente il lavoro di identificazione dei poliziotti in borghese e dei poliziotti che, inoltre, sono stati ripetutamente picchiati con pietre ed estintori. I poliziotti avevano dispiegato un grande dispositivo nei pressi di Maduro Street per contenere la protesta e proteggere così gli edifici e i negozi dell’iper-centro (storico). Tuttavia, ancora una volta ci sono stati molti saccheggi e distruzioni: cartelloni, negozi e filiali bancarie (la sede della Banca del Messico), supermercati (alcuni saccheggiati). Uno ‘Starbuck’ che aveva le finestre protette da assi di legno non ha resistito a lungo ai colpi di qualche rabbioso. Dopo qualche tempo, pacifisti e attivisti per i diritti umani avrebbero lasciato il corteo ufficiale per affrontare gli anarchici a causa delle varie distruzioni.

Messico: incendi e rivolte in diverse città contro la repressione della polizia (tratto dai media di sistema)

Assassinio di Giovanni e proteste a Guadalajara (4 giugno)

In un clima internazionale di tensioni generate non solo dalla pandemia, ma anche da una crisi sistemica e civilizzatrice che strumentalizza il covid-19 per aumentare il controllo sociale, e a poche settimane dal tumulto delle rivolte negli Stati Uniti dopo l’assassinio dell’afroamericano George Floyd per mano di poliziotti suprematisti, i social network trasmettono uno dei tanti casi di violenza della polizia a cui siamo abituati in Messico. Si tratta di un video che mostra l’arresto di Giovanni López, un muratore picchiato e ucciso dalla polizia mentre era seduto per strada senza maschera, nel comune di Ixtlahuacán de los Membrillos a Jalisco, il 4 maggio 2020. Giovedì 4 giugno, nel centro di Guadalajara, si è svolta una feroce protesta che ha portato all’incendio di due auto di pattuglia, scritte sui muri e alla distruzione di proprietà del governo. La polizia ha risposto con i lacrimogeni contro la folla e la giornata si è conclusa con più di 20 arresti. Il clamore pubblico è nato dall’indignazione quando uno dei manifestanti mascherati ha cosparso di benzina un poliziotto motociclista e gli ha dato fuoco con un accendino.

Va spiegato che il governo di Jalisco ha deciso di adottare misure di polizia e amministrative contro la popolazione con il pretesto di prendersi cura dei cittadini; questo si aggiunge a un clima di militarizzazione camuffato dall’ottimizzazione delle forze di polizia in tutto il paese.

Distruzioni a Città del Messico (5 giugno)

Venerdì 5 giugno si sono ripetute le proteste a Città del Messico con una chiamata per la difesa del movimento antifascista in seguito alla sua designazione come “gruppo terroristico” negli Stati Uniti e in risposta agli assassinii di George Floyd a Minneapolis e Giovanni López a Jalisco. È stata chiamata una protesta davanti all’ambasciata americana dove anarchici e antifascisti si sono organizzati e hanno saccheggiato, usato martelli, pietre, petardi e Molotov contro negozi ed edifici governativi, proprietà pubbliche, stazioni di autobus, scontrandosi direttamente con la polizia e insultando la stampa, lasciando la loro caotica traccia lungo tutta Reforma Avenue. I social network hanno trasmesso il pestaggio di un compagno, che è stato poi ricoverato in ospedale senza essere arrestato.

Secondo giorno di proteste a Guadalajara (5 giugno)

Sempre a Guadalajara, lo stesso 5 giugno, si sono svolte tre manifestazioni per chiedere giustizia nel caso di Giovanni in diverse parti della città, presso il Palazzo del Governo, Casa Jalisco e la Procura Federale situata nella 14a strada, ci sono stati arresti illegali di persone che si recavano ai punti di concentramento; diversi manifestanti sono stati caricati su furgoni senza targa e sono scomparsi. Poliziotti in borghese sono stati visti in zona. Secondo altri rapporti, i camion dei trasporti pubblici sono stati fermati da agenti di polizia che hanno allontanato con la forza chiunque sembrasse essere un contestatore. Ci sono anche segnalazioni di attacchi a pattuglie, scritte e blocchi.

Le azioni si estendono a Veracruz ed altri omicidi della polizia (5 giugno)

Durante queste giornate intense, un altro caso di brutalità poliziesca comincia a circolare sui social network, questa volta a Xalapa, Veracruz, dove un noto serigrafo della comunità hip-hop, Carlos Andrés Navarro alias “El área”, viene arrestato e picchiato, finendo per morire nelle celle della polizia. È stato diffuso un video che mostra Carlos Andrés che viene messo all’angolo dai poliziotti e che grida “Aiuto, vogliono sequestrarmi”.

All’alba del 5 giugno, un gruppo di sconosciuti ha eretto una barricata incendiaria davanti alla casa dove 5 anni prima, il 5 giugno 2015, un gruppo di para-poliziotti aveva aggredito degli studenti attivisti, tra cui un poliziotto sotto copertura che era l’unico a fuggire illeso. Nella casa è stato appeso uno striscione che si riferisce a George Floyd, Giovanni López, Oliver e Andrés Navarro. Con slogan contro il razzismo e un “FUCK THE POLICE”.

Incendi anche a San Luis Potosí (5 giugno).

Una manifestazione è stata chiamata a San Luis Potosí, la mobilitazione è iniziata nella Plaza de Armas e poi si è spostata verso il Congresso di Potosi, che è stato oggetto di attacchi e vandalismo da parte di una parte del corteo. La scritta ACAB (All Cops Are Bastards) è apparsa sui muri del Congresso e della Procura della Repubblica dove un’auto di pattuglia della polizia municipale di Soledad è stata incendiata.

NEGLI STATI UNITI, IN MESSICO, IN CILE, IN INDONESIA, IN ITALIA, IN GRECIA, IN FRANCIA E IN OGNI ANGOLO DEL MONDO, IL NEMICO È LO STESSO: LO STATO/CAPITALE!
SPARATE ALLA POLIZIA!
CONTRO L’ASCESA DEL RAZZISMO, DEL FASCISMO, DEL CONSERVATORISMO, DEL SESSISMO, DEI FEMMINICIDI E DI TUTTE LE AUTORITÀ!
ORGANIZZATEVI, METTETEVI IL CAPPUCCIO E ATTACCATE!
FERMARE LA MILITARIZZAZIONE DELLE NOSTRE VITE, IN SEGUITO ALLA PANDEMIA DELLA DITTATURA GLOBALE!
CHE LA NOSTRA RABBIA NON SI SPENGA!
NON VOGLIAMO PROCESSIONI O CARNEVALI, FAREMO DELLE RIVOLTE SELVAGGE!
LASCIATE CHE LA NOTTE SI ILLUMINI!

[Traduzione dallo spagnolo ricevuta per e-mail da Anarquia.info, 7.6.2020].

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Bruxelles (Belgio) – Scontri e saccheggi alla fine della marcia contro la violenza poliziesca

Ci sono stati disordini nel tardo pomeriggio di domenica 7 giugno nel quartiere di Matonge a Bruxelles, al termine della marcia pacifica che ha riunito quasi 10.000 persone in Place Poelaert, “contro la violenza della polizia contro le persone di colore e il razzismo in generale”.

Circa un centinaio di persone hanno attacato le macchine della polizia con bottiglie e ciottoli. Cassonetti dell’immondizia sono stati dati alle fiamme, sono state erette barricate, sono state rotte vetrine e saccheggiate botteghe e almeno una gioielleria è stata completamente svaligiata, in particolare nella Chaussée d’Ixelles e lungo il Boulevard de Waterloo.

La Chaussée d’Ixelles è stata completamente blindata alla Porte de Namur, con la polizia che respinge i facinorosi con i cannoni ad acqua. Il sindaco di Ixelles, Christos Doukeridis, era presente, secondo un giornalista di RTL. “Si tratta di alcuni gruppi anarchici che hanno compiuto azioni vandaliche”.

Gli organizzatori della mobilitazione in piazza Poelaert si sono “dissociati” da questi fatti, come ha spiegato uno di loro, Tayino Cherubin, a Corentin Simon in diretta su RTLINFO 19H. “Siamo tristi e dispiaciuti. Non ha niente a che vedere con l’evento che abbiamo organizzato. Qui siamo a quasi 3 ore dall’evento, quindi si tratta di alcuni gruppi anarchici che hanno compiuto azioni vandaliche. ”

Poco dopo le 20.00, il gioco del gatto e del topo continuava tra rivoltosi e polizia nel quartiere e nelle strade circostanti. Un piccolo gruppetto si trovava ancora all’Hôtel des Monnaies, dove sono stati spinti indietro verso la stazione della Gare du Midi.

[Dalla stampa belga, 8.6.2020]

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Berlino – Corteo selvaggio ed offensivo contro la violenza poliziesca

[Secondo i giornalisti (infami): la sera di sabato 6 giugno, una manifestazione contro la violenza poliziesca ha attraversato il quartiere Neukölln di Berlino. Si ritiene che abbiano partecipato tra le 50 e le 70 persone. Sono stati sparati fuochi d’artificio, taggati muri e facciate, barriere di cantiere e altri arredi urbani sono stati gettati per le strade per interrompere il traffico. Almeno 9 negozi e agenzie hanno avuto le finestre sfondate con pietre, un cassonetto bruciato e diverse auto vandalizzate. I poliziotti hanno preso l’identità di circa 20 persone (13 donne e 7 uomini) senza alcun arresto].

“Ieri sera a Berlino [sabato 6 giugno 2020] circa 250 persone hanno manifestato a Neukölln in occasione dell’assassinio di George Floyd e in solidarietà con la rivolta negli USA in una manifestazione contro il razzismo e la violenza della polizia che non era stata annunciata pubblicamente.

Con slogan rumorosi, fuochi d’artificio, tags e qualche finestra rotta, l’attenzione è stata attirata sull’insopportabile violenza razzista della polizia che dilaga in tutto il mondo.
Dopo l’inizio della manifestazione nelle piccole vie laterali di Rixdorf, il corteo ha girato sulla Karl-Marx-Strasse e vari simboli del capitalismo sono stati attaccati. Dopo circa 20 minuti, la dimostrazione si è sciolta in modo spontaneo.

Il razzismo e la violenza della polizia sono fenomeni globali che si manifestano anche nella RFT attraverso innumerevoli omicidi impuniti da parte della polizia e dei razzisti. Gli omicidi della polizia da Oury Jalloh ad Amad A. a Maria B. non sono “casi isolati” di presunti cattivi agenti di polizia, ma sono solo una continuazione dell’azione poliziesca. Sono il risultato di un sistema che ha bisogno di un’istituzione autoritaria e violenta come la polizia per potersi mantenere con la forza. I poliziotti razzisti nazisti sono deliberatamente tollerati nell’apparato di polizia, e alla fine sono necessari come picchiatori (o peggio) obbedienti in situazioni di crisi quando il controllo minaccia di scappare dalle mani delle élite capitaliste.

Il luogo della manifestazione a Neukölln non è stato scelto a caso. C’è una sanguinosa tradizione di violenza razzista in questo quartiere, con il benestare, se non il vero e proprio incoraggiamento, della polizia.

L’omicidio irrisolto di Burak Bektaş in strada, e di Luke Holland ucciso per strada dal seguace di Hitler Rolf Z. sono solo la punta dell’iceberg. Da molti anni i neonazisti commettono aggressioni e incitano all’odio a Neukölln. Alla vigilia della manifestazione, le imprese gestite da immigrati e sinistrorsi nella parte settentrionale del distretto sono state nuovamente contrassegnate con slogan nazisti […].

Non fatevi ingannare dagli scribacchini della sicurezza dello Stato e da quei pacifisti che non hanno il senso della realtà. Ci sono solo banche, grandi catene di agenzie, centri per l’impiego e alcune stazioni di servizio sovradimensionate. Se l’obiettivo fosse stato quello di fare più danni possibile, la dimostrazione non avrebbe avuto luogo in questo quartiere dove il numero di obiettivi è limitato.

Gli assassini in uniforme mentono deliberatamente sul numero di partecipanti alla manifestazione. La loro passività durante la dimostrazione dimostra che si conoscono meglio di chiunque altro. Solo pochi minuti dopo la fine della manifestazione, hanno osato presentarsi nella Karl-Marx-strasse con 6 furgoni. Di conseguenza, nessuno è stato arrestato. Tuttavia, durante la manifestazione sono stati identificati alcuni passanti.

Dolore e rabbia per resistere! Per George Floyd e tutte le altre persone uccise dalla polizia e dai razzisti! »

[Tradotto da indymedia tedesco, 7. Juni 2020]

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Metz (Francia) – Tribunale e sbirri attaccati durante una manifestazione contro la violenza poliziesca

Sabato 6 giugno, tra le 800 e le 2.000 persone sono scese in strada nel primo pomeriggio per manifestare contro la violenza poliziesca. La manifestazione si è svolta inizialmente in modo pacifico, prima che si verificassero atti di violenza nei pressi del tribunale. Secondo la polizia, quasi 350 oggetti sono stati lanciati contro di loro e il palazzo di giustizia è stato vandalizzato. Un incendio è stato appiccato alla porta cochère del tribunale di grande istanza, senza causare danni gravi. Un poliziotto e il pubblico ministero sono stati feriti da un lancio di pietre e 16 persone sono state arrestate.

“Spingendo la grande porta del tribunale, i manifestanti sono riusciti a sfondare il portoncino per i pedoni”, ha detto all’AFP il procuratore di Metz Christian Mercuri, ferito in quel momento. “Sono venuto a vedere i danni e mi è arrivato un sasso sul naso”, ha detto il magistrato, dall’ospedale dove sarebbe stato curato, aggiungendo che i manifestanti avevano lasciato rapidamente il palazzo di giustizia. Il sindaco della città, Dominique Gros, lo considera un “attacco grave”.

[Dalla stampa, 6/6/2020].

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Trento – presidio il 13.06 “Ma noi, non abbiamo niente da dire?”

Ma noi, non abbiamo niente da dire?

Sulle cause sociali e ambientali dell ’ epidemia da Coronavirus

Sulla Sanità

Sulle responsabilità di Confindustria e governo

Sul debito pubblico e su chi dovrà pagarlo

Sulla “ didattica online ” e sulla digitalizzazione della società

Su …

Usciamo dall’isolamento, confrontiamoci su questi mesi

di confinamento, riprendiamoci gli spazi

INCONTRIAMOCI

SABATO 13 GIUGNO, DALLE ORE 16,00

IN PIAZZA D’AROGNO (Dietro il Duomo ) A TRENTO

 

MANIF. 13 GIUGNO

Presidio a Trento il 13.06 “Ma noi, non abbiamo niente da dire?”

 

La nave dei folli – Episodo 10

Su Le Monde del 28 dicembre 1948 compare l’articolo di Dominique Dubarle, cronista scientifico, fisico e padre domenicano, intitolato “Verso una macchina per governare”, una recensione a Cybernetics di Wieneer appena pubblicato.

Le macchine informatiche sono presentate da Padre Dubarle come «i primi sostituti del cervello umano» che permetteranno finalmente di colmare le lacune dell’intelligenza sensibile e di governare in modo più efficace. In un sol colpo apre all’applicazione sociale dell’informatica e al declassamento del cervello rispetto alle macchine.

Squalificato da qualcosa da lui stesso creato, l’umano impefetto e biologicamente limitato, perde il suo prestigio.

Si domanda infatti Dubarle: «Non si potrebbe concepire un’apparecchiatura di Stato che ricopra l’intero sistema di decisioni politiche, sia in un regime di pluralità di Stati che si dividono le terre, sia in un regime apparentemente più semplice, di un governo unico per il pianeta? Oggi nulla impedisce di pensarlo. Possiamo sognare un tempo in cui una macchina per governare giungerà a supplire – nel bene o nel male, chissà? – l’insufficienza oggi evidente delle teste e delle apparecchiature abituali della politica».

 

 

Riferimenti Episodio 10

 The Ex & Tom Cora, Batium (Scrabbling At The Lock, 1991)
 Rupert Sanders, Ghost in the Shell (2017)
 Catharsis, Passion… (Passion, 1999)
 Ennio Morricone, Il buono, il brutto, il cattivo (Sergio Leone, 1966)
 Smokey Bandits, Smoke From The Attic (Debut, 2010)
 Dottor Thomas Cowan – https://www.youtube.com/watch?v=00I7675Q2oQ
 Monty Python, “Il miracolo della nascita” (Il senso della vita, 1983)
 VODAFONE e 5G: John Wizards, Finally/Jet Up e Tet Lek Schrempf (John Wizards, 2013)
• Paola Pisano (Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione): Têtes RaidesBibliothèque I (Gratte Poil, 2000)
• 
Son de la barricada (testo)

https://lanavedeifolli.noblogs.org/

L’anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito nel carcere di Caltagirone

L’8 giugno 2020 il compagno anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito dal carcere di Palermo Pagliarelli a quello di Caltagirone.

Per scrivergli:

Davide Delogu
Casa Circondariale di Caltagirone
Contrada Noce S. Nicola Agrò
95041 Caltagirone (CT)

Tratto da sardegnaanarchica.wordpress.com.

 

L’anarchico sardo prigioniero deportato Davide Delogu è stato trasferito nel carcere di Caltagirone [it, en]

Milano – Corteo sabato 20 giugno

 
SABATO 20 GIUGNO
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In queste fasi di emergenza e pandemia stiamo vivendo un passaggio epocale del capitalismo. Non si tratta di una novità: è da decenni che assistiamo alle sue trasformazioni, ma in questa situazione stanno emergendo con più forza e violenza, cogliendoci impreparati.
In centinaia d’anni, il capitalismo ha avuto bisogno di sfruttare moltitudini di esseri umani e di saccheggiare terre e risorse attraverso strumenti e tecniche sempre differenti, a seconda dell’epoca storica, della composizione sociale, del sistema economico presente e della latitudine in cui agiva. Il risultato e gli obiettivi sono però sempre stati gli stessi: accumulare con violenza e sfruttamento.
Il solo uso della forza esplicita e tradizionale non sempre basta. Per questo, le armi si affinano, si modificano, si adeguano. Nella parte di mondo in cui viviamo, stiamo assistendo a un periodo di ridistribuzione dei poteri e di trasformazione del sistema capitalistico tradizionale di impronta industriale, che non ha certo cessato di esistere in tutto il mondo. La difficoltà dell’accumulazione richiede nuove strategie, maggiore sfruttamento umano, continui e gravi saccheggi e devastazioni di territori e risorse. Davanti a noi, il capitalismo non si presenta come un blocco monolitico: al suo interno le lotte per il potere e l’egemonia non cessano di susseguirsi. I pochi e le multinazionali che ne escono vincitori accumulano sempre più potere e ricchezze, mentre si assiste a un impoverimento di massa e a un peggioramento della qualità della vita.
Tra le forme di ristrutturazione capitalistica, vi è quella che è stata nominata il capitalismo della sorveglianza(1), in cui il ruolo della tecnologia è sempre più profondo e capillare. In questo contesto, l’esperienza umana diventa una materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, predizione e vendita. Il comportamento umano è continuamente sotto controllo e attraverso queste forme di sorveglianza globale le esperienze personali diventano fondamentali per predire comportamenti futuri e desideri. Il concetto stesso di umanità viene messo in discussione: gli esseri viventi sono considerati non solo come corpi da sfruttare, ma anche come fasci di dati da cui trarre profitti e informazioni utili a orientare le scelte future. Si tratta di una logica economica parassita nella quale la produzione delle merci e dei servizi è subordinata a una trasformazione comportamentale degli individui e delle masse.
Ogni sfera della vita umana, anche quelle immateriali, vengono colonizzate e i comportamenti plasmati. Questa crisi e queste ristrutturazioni hanno effetti pervasivi in ambito economico-lavorativo, politico, sociale, sanitario ed ecologico.
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Da più di trent’anni, la gestione aziendale della sanità ha comportato continui tagli e privatizzazioni. Il sistema sanitario è stato smantellato e deturpato a tal punto da rendere sempre più difficile l’accesso alle cure per chi non ha il portafogli gonfio. Così, mentre le risorse destinate alla sanità sono state sempre meno, l’industria bellica viene lautamente sovvenzionata. Le guerre e gli affari economici e militari non si sono fermati neanche con la pandemia, portando migliaia di persone a muoversi dai propri paesi di origine verso l’Europa e i paesi ricchi, attraversando deserti, mari, centri di detenzione.
I lavoratori sono sempre più sfruttati e sacrificati in nome del profitto dei loro padroni. Con il “miracolo” dello smart working avremo individui ancor più soli e atomizzati.
La scuola, già segnata da una deleteria aziendalizzazione, da una consistente precarizzazione degli insegnanti con conseguenze sulla qualità della didattica, ha oramai la sola funzione di creare nuovi sudditi, nuovi consumatori, nuovi padroni e nuovi schiavi. La didattica online, introdotta in tempi di pandemia, ha contribuito alla dissuasione e all’affievolimento delle interazioni e delle relazioni tra gli individui, tentando di evitare concrete possibilità di incontro, protesta e crescita collettiva.
Gli emigrati e le emigrate non versano certo in condizioni migliori. Sia nelle città che nelle campagne, dove si produce il cosiddetto made in Italy, i lavoratori immigrati vivono in condizioni di sfruttamento e schiavitù. La necessità di un maggior numero di lavoratori nel settore agricolo, richiesta a gran voce da Coldiretti e Confindustria, ha portato all’inserimento nel Decreto “Rilancio” del 13 maggio 2020 di una misura per regolarizzare una parte degli emigrati che vivono in Italia. Questa sanatoria non permetterà agli immigranti di ottenere documenti e permessi di soggiorno a lungo termine e rinnovabili, ma solo a garantire ai padroni di non perdere profitti e allo stato di regolarizzare la schiavitù.

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In questo contesto socio-politico, il 13 maggio 2020, a Bologna si è conclusa una lunga indagine che ha portato all’arresto di sette compagni e compagne, mentre per altri/e cinque è stato disposto l’obbligo di dimora a Bologna con rientro notturno. L’accusa è di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis).
La Procura di Bologna si è espressa in questi termini, mostrando le sue intenzioni: «In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati, assume una strategica valenza preventiva volta a evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagne di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica».
Gli elementi raccolti per la convalida di queste misure sono legati alle lotte che i nostri compagni e le nostre compagne portavano avanti nel loro territorio, espresse nel portare solidarietà ai reclusi nelle carceri e nei CPR (ricordiamo la recente presenza solidale sotto il carcere della Dozza durante la rivolta dei primi giorni di marzo e la lotta contro l’apertura del CPR di Modena), in cortei non autorizzati, affissioni di manifesti e diverse iniziative pubbliche. Per rincarare la dose sono stati inseriti nell’inchiesta il sabotaggio di un’antenna della televisione più altri danneggiamenti e imbrattamenti.
Lo scopo dello Stato, dunque, non è colpire solo le pratiche, alle quali ci sentiamo comunque solidali, ma punirne anche il solo pericolo presunto, cioè l’intenzione e le possibilità che essa apre.
Di conseguenza, ci pare chiaro che in questo contesto repressivo non si inserisca solo una cosiddetta minoranza radicale, ma ogni forma di lotta contro un mondo di sfruttamento e barbarie.
Infatti, la repressione di Stato e Polizia non ha mancato di colpire i lavoratori che si sono ribellati contro condizioni sempre più precarie, ricattabili e ritmi di lavoro asfissianti.
Un esempio è quello dei lavoratori del magazzino della TNT di Peschiera Borromeo (MI) che, all’inizio di maggio, hanno occupato il magazzino per due giorni per protestare contro la sospensione di cento lavoratori interinali di Adecco e sono stati sgomberati e repressi da un’ingente forza di polizia e carabinieri, e nella sede di Bovisa (MI) sgomberati con l’intervento dell’esercito.
Ad essere colpito è stato anche chi, in condizioni di miseria e povertà, si è trovato costretto ad occupare una casa o a non poter più pagare l’affitto ed essere di conseguenza messo sotto sfratto e sgomberato. È successo anche nel periodo della quarantena nei quartieri di Corvetto e San Siro, dopo che il Comune di Milano aveva dichiarato di sospendere gli sfratti e gli sgomberi fino al 30 giugno e diffondeva con tutti i suoi mezzi di comunicazione l’indicazione di restare a casa per non diffondere il Covid-19.
Anche nelle carceri sovraffollate ci sono state forti rivolte. I detenuti, che durante l’emergenza del Covid-19 si sono ribellati per la privazione di misure e tutele sanitarie necessarie, ammassati in piccole celle, sono stati repressi con pestaggi, privati del vitto e delle cure mediche e trasferiti in altre carceri. Queste rivolte sono costate quattordici morti per mano dello Stato.

Quanto è successo nelle carceri italiane e di tutto il mondo non è da considerarsi un’eccezione, perché il problema è insito nella natura stessa dell’istituzione-carcere, coercitiva e autoritaria.
La repressione ha trovato nuove possibilità per ampliare il suo raggio d’azione e coinvolge sempre più persone.
Il controllo dell’individuo e della società si attua capillarmente non solo attraverso posti di blocco, ma anche con l’utilizzo di droni, autocertificazioni, elicotteri, check-point e telecamere intelligenti. In questi ultimi mesi, quasi l’intera popolazione è stata soggetta ad una forte restrizione nella libertà di movimento. I controlli di Polizia sono aumentati in maniera consistente, con l’ulteriore supporto dell’Esercito Italiano che ha assunto anche il ruolo di pubblico ufficiale. Un esempio eclatante di uso della forza da parte dei militari si è verificato durante il picchetto dei lavoratori in sciopero della Bartolini di Sedriano (MI).

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Ci insegnano a vivere ognuno per sé, ognuno nella sua sfera privata e impermeabile, ad essere indifferenti alle ingiustizie, a produrre e consumare solo per noi stessi, a immiserirci in guerre tra poveri e cannibalismo sociale.
Non è questo il sistema in cui vogliamo vivere. Continueremo a lottare per un mondo basato su valori di solidarietà e mutuo appoggio, creando comunità lontane da delega e autorità dove ogni individuo è promotore delle proprie istanze.
Durante il lockdown una frase si è diffusa velocemente in tutto il mondo:
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Pensiamo che sia davvero necessario interrompere il prima possibile questo ritorno alla normalità.
Per farlo ci sarà bisogno di tutti noi, di tutte le nostre capacità e del nostro coraggio, perché la soluzione è mettere in discussione il sistema mortifero del capitalismo e avanzare altre proposte.

In tre o in tremila, nei magazzini o nelle piazze, davanti alle case occupate o sotto le mura delle galere e CPR, nei picchetti o nei sabotaggi, in città o in montagna…

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testo corteo per la stampa