Torino – Dopodomani. Domani. Oggi.

Che le autorità abbiano navigato a vista in questi giorni è indiscutibile. Basterebbe guardare al susseguirsi convulso di decreti che, in appena tre giorni, hanno trasformato delle misure di contenimento localizzato (a 16 province e una regione) in misure estese a tutta la nazione. Sicuramente la difficoltà di effettuare tamponi [https://www.ilpost.it/2020/03/19/coronavirus-bucci-numero-contagi/] e poi svilupparli sta mettendo il governo davanti all’incapacità di capire quanto è realmente diffuso il contagio e quindi come poter limitare i danni economici e di tenuta sociale del paese, a partire dalle persone che stanno più subendo la clausura e potrebbero iniziare ad essere irrequieti.

L’epidemia è in continua evoluzione e le drastiche misure adottate fino a ieri non sembrano aver sortito alcun effetto, tanto che in alcune aree – Lombardia su tutte – la situazione ha ormai superato quella soglia di sicurezza che le autorità, sin dall’inizio, avevano evocato come limite a cui non avvicinarsi in alcun modo. Sotto la spinta di numerose autorità locali il governo ha deciso di dare un’ulteriore stretta alle possibilità di movimento delle persone, imponendo di chiudere anche parchi e giardini pubblici. [https://www.ilsole24ore.com/art/coronavirus-nuova-stretta-governo-chiusi-parchi-e-giardini-limiti-sport-all-aperto-AD9RbqE]. Verranno disposti controlli più minuziosi e severi, i militari hanno il via libera per entrare in gioco là dove le amministrazioni locali lo reputeranno opportuno, probabilmente a partire da quelle città già coinvolte nell’operazione Strade Sicure o in paesi dove il contagio galoppa, e con esso morti e ricoverati gravi. Non si esclude la possibilità che in certe zone i militari verranno impiegati anche per distribuire generi alimentari o supportare le attività logistiche funzionali al sostentamento della popolazione racchiusa. Oltre che al controllo.
Il governo centrale ha già annunciato che verrà prorogato, ben oltre il 3 aprile, lo Stato d’emergenza disposto a livello nazionale un paio di settimane fa. Indicativa in questo senso l’idea di introdurre, magari attraverso un decreto, una norma di legge che consenta, in deroga alla normativa sulla privacy, di controllare ex post i movimenti dei cellulari, così da verificare il rispetto della quarantena e la veridicità delle autocertificazioni. Cosa già effettuata a Milano in termini di monitoraggio dei flussi di persone. [https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/20_marzo_18/coronavirus-si-spostano-4-lombardi-10-solo-milano-1200-denunce-scatta-sorveglianza-digitale-2227e1f0-68df-11ea-913c-55c2df06d574.shtml]

 

Forse dobbiamo iniziare ad abbandonare l’idea che questa situazione possa avere una fine, o perlomeno ridefinire il significato di questo concetto. Ripensare quindi il fatto che il mondo in cui viviamo, i suoi rapporti e le sue forme di potere torneranno identiche a prima.

Uno studio dell’Imperial college [https://www.imperial.ac.uk/media/imperial-college/medicine/sph/ide/gida-fellowships/Imperial-College-COVID19-NPI-modelling-16-03-2020.pdf] ha delineato una serie di scenari possibili. Occorre precisare che si tratta di ipotesi fondate su alcune variabili tutt’altro che sicure, ma comunque utili a orientarsi (ad esempio molto dipenderà dalle caratteristiche intrinseche di questo virus: la sua stagionalità, la possibilità e la durata di una eventuale immunità nelle persone guarite, la possibilità che esistano più ceppi con virulenze ed effetti differenti. Tutte cose allo stato attuale, per quanto abbiamo appurato, non verificate). Il dato che emerge con più chiarezza è l’alta probabilità che questa epidemia continuerà a vagare, e quindi che i vari governi, dopo aver alleggerito le misure in seguito al rallentamento della curva dei contagi si trovino a doverle riproporre in seguito per far fronte a eventuali nuovi focolai. Insomma pare che la prospettiva sia l’inizio di uno stile di vita completamente diverso” e rassegnarci all’idea di vivere in uno stato di pandemia. [https://www.milanofinanza.it/news/non-torneremo-piu-alla-normalita-ecco-come-sara-la-vita-dopo-la-pandemia-202003181729195935?fbclid=IwAR22wrUqPGimdlHM2XBerNjqNsf_3_V6gGtbheGcqzPV_lE8w_gt5PC7d_M ].

Sorge a questo punto una domanda spontanea che, senza troppi voli pindarici sul futuro, occorre porsi già ora: come provare a lottare in uno stato di pandemia?

L’unicità della situazione che stiamo vivendo rende difficile anche per i governanti capire da quali problemi emergeranno e quali forme assumeranno i conflitti che potrebbero manifestarsi nei prossimi tempi, specie con il prolungarsi per molte altre settimane di queste misure. Cosa succederà ad esempio a breve o al più tardi tra qualche settimana quando le persone che non hanno alcuna riserva non sapranno più come fare la spesa?

Dopo la prima imponente ondata di rivolte, anche la situazione nelle carceri non sembra essersi granché modificata: le misure adottate non hanno ridotto il sovraffollamento, i colloqui con i familiari non sono stati in alcun modo ripristinati e il Covid-19 sembra abbia iniziato a diffondersi tra le celle. Nonostante le difficoltà di comunicazione quanto mai forti, stanno fatti  le prime notizie di detenuti e guardie positive al virus.

Coprifuoco, quarantena generalizzata e militari nelle strade serviranno principalmente a impedire o ostacolare sul nascere la possibilità di far fronte ai tanti problemi economici, sanitari e sociali con cui ci troveremo nei prossimi tempi a dover fare i conti, assieme al Covid-19. È opportuno rendersene conto, in fretta. Queste misure variamente miscelate potrebbero essere dietro l’angolo. Una volta adottate, chiarirsi le idee sarà ancora più difficile e le possibilità di ragionarvi vis a vis e magari pensare a come farvi fronte, si ridurranno ancor più drasticamente. Il tempo stringe.

Dopodomani. Domani. Oggi.