The Plague And The Fire

The Plague And The Fire

Andrà tutto bene. Solo se niente tornerà come prima…

Ci ha presi alla sprovvista, ci si aspettava più un’inondazione da scongelamento del circolo polare artico o un inaridimento globale piuttosto che interminabili acquazzoni tropicali o magari la fine delle risorse petrolifere. Qualcuno era più per una guerra nucleare o un’impennata globale di controllo totalitarista in nome di una qualche sicurezza sovranista.
Forse quasi nessuno si immaginava che prima di tutti sarebbe arrivata la pandemia di un virus poco letale, niente di eclatante tipo ebola o peste, ma un banale virus influenzale che se trova un terreno fertile (ovvero già indebolito) riesce a far collassare il sistema respiratorio. Un virus che uccide pochi ma che rende necessario l’avvalersi a macchinari e cure specifiche se il corpo da sè non ce la fa, sovraccaricando così il sistema sanitario, dato che si trasmette facilmente attraverso i cosiddetti portatori sani. Così subdolo da essere sottovalutato… ancora ai giovani delle zone meno colpite fa sorridere perchè presumono che al massimo gli verrà la febbre.
Insomma, una situazione sgradevole dato che ci ritroviamo a diventare cavie dei signor scienziati, non avendo ancora trovato una cura e c’è la possibilità che mai la troveranno poichè si tratta di un virus con capacità di mutazione notevole.
Comunque niente di che, eppure il sistema neoliberista non è in grado di reggere, sta sfiorando il collasso. Siamo chiusi in casa per questo dicono. Per evitare di portare il sistema sanitario al collasso.
E non è un problema solo di mala sanità (anche se gli sperperi dello stato in spese militari sono veramente imbarazzanti), nè un problema legale (prendere misure per evitare che il virus dilaghi è buon senso e altruismo, sperimentare meccanismi di controllo di massa è totalitarismo), è un problema complessivo, di cui ormai in molti da tempo parlano (mai purtroppo poi molto pochi agiscono):  questo sistema, questo stile di vita, questo modello economico e culturale capitalista, estrattivista, predatorio, ci sta portando all’estinzione.È da tempo che ne abbiamo le avvisaglie ma incoscienti continuiamo a vivere come accecati, pensando che questa (quella del progresso e dello stato “democratico”) sia l’unica strada possibile, l’unico modo di stare al mondo. Ogni volta riabbassiamo la testa e continuiamo la nostra vita fatta di piccole cose, piccole soddisfazioni (la carriera, il benessere), piccoli eventi nella nostra piccola rete di affetti (che esclude empatia e attenzione per tutto il resto).La situazione è chiara: lo Stato non è in grado di gestire l’emergenza ma non ci aspettavamo niente di diverso. Come possiamo pensare che si possano trovare soluzioni soddisfacenti da parte di un apparato che ci vuole asserviti e produttivi? Com’è che noi continuiamo a permettergli di prevedere misure per 60 milioni di persone che penalizzano chi non rientra nella classe privilegiata, isolando ancor di più nella paura i carcerati, gli operai, i migranti e senzatetto? La svolta autoritaria mira forse a proteggere e consolidare lo status quo dello stato-nazione? Certo fa rabbrividire pensar di riporre fiducia a chi millanta l’interesse della salute di tutta la popolazione, quando spende fondi pubblici per la militarizzazione del territorio ed il controllo sociale chiedendo però donazioni per finanziare la gestione dell’emergenza sanitaria poichè tutt’ora vi è una mancanza di tamponi, mascherine, respiratori, posti in terapia intensiva e così via.
Al contempo, nella logica del “far buon viso a cattivo gioco” trova spazio l’applicazione di misure strettissime per tutti, al fine di contenere il contagio. Il fatto che lavoratori della logistica nei settori concernenti i beni di prima necessità continuino a lavorare, alimentano dubbi e perplessità sulla gestione dell’emergenza in questione.
Ma non si riesce a trovare logica nel fatto che stiamo pagando il prezzo delle conseguenze degli errori commessi dalla classe dirigente (tagli all’istruzione e alla sanità per finanziare la difesa). Ma non abbiamo mai cercato nello Stato la soluzione ai problemi, non succederà oggi.

I mass media hanno fatto la rincorsa allo scoop, generando paranoia e terrore, tanto più ora con l’isolamento, milioni di persone saranno incollate agli schermi con sempre meno possibilità di confronto. La qualità delle notizie è pessima, la fondatezza delle informazioni dubbia, l’uso di tecniche di manipolazione è sempre più evidente. E’ scientificamente dimostrato che il nostro sistema immunitario si indebolisce quando siamo sottoposti a stati di stress e paura prolungati. Non oso pensare cosa possa succedere dopo settimane di isolamento e continua esposizione ad un certo tipo di informazioni.

L’assalto ai supermercati, alle farmacie, lo shopping online, la segregazione famigliare o individuale casalinga ci ricordano come l’organizzazione della nostra società sia suscettibilissima ad ogni cambiamento imprevisto e l’unica risposta che i molti produttori/consumatori possono dare è il mero cambio di stile di produzione e consumo (servizi online e smart working). Ci siamo spogliati di qualunque competenza e capacità di autosufficienza e ora che i punti di riferimento del nostro mondo vacillano non possiamo che affidarci di nuovo alle aziende di turno.
Questo come compagni dovrebbe farci riflettere molto: come possiamo pensare di costruire alternative se non sappiamo nemmeno occuparci di noi stessx e dei nostri bisogni primari?
Perchè non siamo statx in grado di costruire delle strutture al di fuori dello stato che ci potessero permettere di vivere fuori dal capitalismo? Ambulatori popolari, media liberi, scuole libertarie, orti collettivi, fattorie, centri di ricerca indipendenti, pensiamo di dover aspettare l’insurrezione per vederli fiorire? Saremmo in grado poi, su due piedi, di reinventarci la vita, senza strumenti e senza competenze?

Il capitalismo, affermata religione da ormai 60 anni ci ha completamente spogliatx di ogni autonomia e capacità se non quelle specialistiche che ci servono per lavorare per i padroni, impedendoci di prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari, recidendo ogni forma di solidarietà e mutuo appoggio. Lo lasciamo continuare a fare?
Ci vogliamo accodare all’assalto ai supermercati per mangiare la merda che ci fa ammalare? Vogliamo continuare ad affollare gli ospedali della malasanità, dove siamo numeri in una scala di priorità? Vogliamo continuare a lavorare per uno stato che opprime e reprime, che fa le veci solo degli imprenditori? O per aziende e multinazionali che ci lasciano a casa e ci rimpiazzano come fossimo pedine di un gioco di ruolo?

Gli scenari che ci si prospettano li stiamo già assaporando tutti: aumento del controllo sociale tramite la tecnologia e la militarizzazione, diminuzione delle libertà di spostamento, ancora più manipolazione mediatica, sfaldamento dei rapporti sociali, delega totale della gestione della salute a speciailisti che lavorano sui grandi numeri (con aumento degli studi genetici per prevenire l’insorgere di malattie).

Stamattina uno dei primi articoli che ho trovato casualmente nelle mie ricerche è stato questo:

https://www.milanofinanza.it/news/non-torneremo-piu-alla-normalita-ecco-come-sara-la-vita-dopo-la-pandemia-202003181729195935?fbclid=IwAR0tKsp-7y3teV_cDqPQ1S6SelUZt_MyQEyqndY6gaLl4RuR-hFQzGsYayo

Uno studio di Gordon Lichfield, direttore di MIT Technology Review (il magazine della prestigiosa università americana) delinea un futuro ancora più distopico di quello che stavo immaginando (da notare la testata in questione..): in poche parole dice che il virus  non verrà debellato completamente con le quarantene visto che si è già diffuso in molti paesi. Quando saranno terminate le varie misure continuerà a diffondersi anche attraverso gli spostamenti tra i vari stati. Quindi per controllarne la diffusione verranno utilizzate delle misure di sicurezza tecnologiche come il controllo degli spostamenti tramite i cellulari, controllo sistematico della temperatura nei luoghi molto frequentati, richiesta di una specie di carta che dimostri di essere immuni al virus all’ingresso dei luoghi di lavoro, di aggregazione.
Inoltre, ciclicamente, ogni qual volta si avrà un picco di ricoveri verranno riapplicate le restrizioni. Qui sotto il grafico con le previsioni.

Non solo, si parla anche di “distanza sociale” che dovrà essere adottata in maniera permanente, i ricercatori la definiscono così: “Tutte le famiglie riducono del 75% i contatti al di fuori della famiglia, della scuola o del posto di lavoro”.

Prevede Lichfield “Ci si adatterà anche a queste misure, così come ci si è adattati ai sempre più severi controlli di sicurezza aeroportuale in seguito agli attacchi terroristici. La sorveglianza invasiva sarà considerata un piccolo prezzo da pagare per la libertà fondamentale di stare con altre persone.
Come al solito, però, il vero costo sarà sostenuto dai più poveri e dai più deboli. Le persone che hanno meno accesso all’assistenza sanitaria, o che vivono in zone più esposte alle malattie, saranno ora più frequentemente escluse dai luoghi e dalle opportunità aperte a tutti gli altri. I gig-worker, quelli che fanno lavoretti e sono molto in giro, come autisti, idraulici, istruttori di yoga freelance,  vedranno il loro lavoro diventare ancora più precario. Gli immigrati, i rifugiati, i clandestini e gli ex detenuti dovranno affrontare l’ennesimo ostacolo all’ingresso nella società.”.

Questo sarebbe piccolo prezzo da pagare?
Un altro articolo che mi ha sopresa oggi è pubblicato su Huffington Post.
Si intitola “Non arrendiamoci a tacere e obbedire” e denuncia la scarsità e la scarsa qualità delle informazioni che stiamo ricevendo e la manipolazione che stiamo subendo a fronte di limitazioni troppo strette.
“Non conoscono ancora bene il modo in cui il virus si diffonde e come e se muta e spesso dissentono tra loro prendendosi anche a male parole in pubblico, come fanno i politici. Se la scienza sulla quale questo intero sistema di limitazione delle nostra libertà non ha certezza, perché scandalizzarsi tanto con noi profani che ci ostiniamo a cercare il sole e l’aria, e che stiamo lentamente andando in depressione? Dobbiamo per caso attendere il vaccino prima di uscire di casa? E dobbiamo sentirci in colpa per la resilienza di questo virus o subire reprimende da parte di chi ci governa per sollevare questi dubbi?
Più delle norme emergenziali, si deve temere l’espansione di questa mentalità dispotica, che vorrebbe neutralizzare dubbi e domande.  Tacere e obbedire. Ma non è un male fare le pulci al vero se, sosteneva J.S. Mill, il vero si atteggia a dogma – se poi è un ‘vero’ in costruzione, allora i dubbi e le domande sono perfino un bene!”
Che dire?
Per fortuna gli articoli dei giorni scorsi sugli animali che ritornano a popolare porti, strade e canali e le immagini dell’inquinamento atmosferico che si riduce ci ricordano che il mondo continuerà anche senza gli umani e sarà un posto migliore e con meno sofferenza.

Nel frattempo almeno chi ha ben chiaro che la vita nel capitalismo non è vita e che la situazione non può che peggiorare esponenzialmente si potrebbe prendere un pò più sul serio e potrebbe provare ad organizzarsi…