Spagna – Secondo numero di “Madrid Cuarentena City”

Madrid cuarentena city 2 (pdf)

Secondo numero di “Madrid Cuarentena City”, metà di aprile, pubblicazione per la guerra sociale in tempi di stato di allarme

In questo numero:

-Andrà tutto bene

-Lavoro, produzione e consumo. La ruota dello sfruttamento del lavoro continua

-La solidarietà come arma

-La città: terreno di coltivazione per malattie e controllo sociale

-Da quel fango a questa melma

-Chiamata per estendere l’occupazione: “Occupa la quarantena”


Andrà tutto bene

Andrà tutto bene.
“E’ la storia di un uomo che cade da un edificio di 50 piani
Per calmarsi mentre cade nel vuoto non smette di ripetersi:
Fin qui tutto bene.
Fin qui tutto bene.
Fin qui tutto bene…

Ma quel che conta non è la caduta, è l’atterraggio.
Come nella metafora del film francese “L’Odio”, viviamo in un mondo che era stato condannato al disastro. La continua distruzione degli ecosistemi per estrarre le materie prime, il degrado sistematico della crosta terrestre a causa delle monocolture e dell’agroindustria, l’espulsione o l’annientamento di specie, la trasformazione degli oceani in letamai, il danno irreversibile allo strato di ozono… hanno avuto un progresso esponenziale negli ultimi anni. Ci hanno portato verso una più che evidente trasformazione, in peggio, della vita sulla terra.

Allo stesso tempo, abbiamo generato società annichilatrici del diverso, nemiche del rischio e dell’avventura. Perpetuatrici di gerarchie e autorità, schiave di un sistema economico che pone il flusso dalle merci sopra ogni altra cosa. Il profitto come unica ideologia. In cui il virtuale si impone sul reale. La simulazione sull’esperienza.

Nelle ultime settimane, sono state lanciate campagne in luoghi come l’Italia o la Spagna dove ax bambinx è stato chiesto di disegnare poster con un arcobaleno e il messaggio “todo va a salir bien” o “andrà tutto bene” per poi appenderli su balconi o edifici pubblici. Purtroppo, questo messaggio innocente e illuso implica compiacenza con tutto quello che di prima, un desiderio di un ritorno ad una realtà autodistruttiva per le persone e deleteria per il nostro ambiente.

E tutto questo lo abbiamo accompagnato con un’autoincriminazione, considerando gli individui come agenti colpevoli responsabili della trasmissione di un virus, quando è chiaro che le malattie non si trasformano in pandemie per i comportamenti di alcune persone, sono necessarie, e ovviamente ci sono e ci sono state, una serie di condizioni infrastrutturali (come il sovraffollamento nelle grandi città, ad esempio), ambientali, di movimento, ecc.

Assumiamo, quindi, gli appelli in tono paternalistico e patriarcale, a restare a casa per il nostro bene e per il bene degli/delle altrx. Ma quando ci si proibisce di andare per strada da solx, o con le persone con cui condividiamo una casa, si sta rispondendo a criteri medici o di ordine pubblico?

Nel frattempo, battiamo le mani dai balconi e appendiamo dei cartelli… ma forse non andrà tutto bene. È anche possibile che qualsiasi cosa facciamo non andrà bene. Le possibilità di recupero del pianeta sono infinite, non è detto, tuttavia, che in questo risorgere dalle ceneri possiamo continuare ad esistere come specie. Ma non ci negheremo il piacere di goderci questo viaggio, anche se è l’ultimo.
Ci batteremo, combatteremo, sperimenteremo, immagineremo… Segnalando e colpendo x responsabili di
questa realtà e allontanandoci dalla sua perpetuazione con le nostre pratiche.

Un altro mondo è possibile, dicevano i classici slogan di sinistrorsi, un altra fine del mondo è possibile, è lo slogan che non abbiamo altra scelta che adottare, e lo facciamo con passione. Moltx senza speranza, ma con la fiamma negli occhi di quando sei così vicino da poter guardare l’abisso.


Lavoro, produzione e consumo: la ruota dello sfruttamento del lavoro continua.

Questi sono tempi nuovi. Mai prima d’ora in Spagna avevamo vissuto uno stato di allarme che controllasse i nostri movimenti con la polizia e i militari per le strade. Ma, sebbene questa realtà sia nuova, molte di noi sentiamo un canto di sirena che ci risulta familiare, un canto che, se seguito, ci porterà alla rovina: la chiamata al lavoro. Ed è il capitalismo che intona questo canto.

Molte volte nel corso della storia, il Capitalismo ci ha dimostrato la sua capacità di adattarsi e riconfigurarsi di fronte ai grandi eventi che possono verificarsi. Ed è difficile pensare ad eventi più grandi di quelle che stiamo vivendo attualmente: una pandemia mondiale che ha paralizzato l’economia globale in poche settimane.

Ma il Capitalismo non si è spaventato, ha deciso di fare ciò che gli riesce meglio per cercare di far sì che tutto continui come sempre. Ha deciso di mandare noi povere a morire, affinché le ricche rimangano ricche. Ancora una volta ci ha mostrato il rapporto che abbiamo noi (sfruttate) con i nostri capi (capitale), rendendo la cosa più evidente. E questo è un rapporto parassitario di sfruttamento e di dominio, che ruba il nostro tempo di vita, quando non ce la strappa via letteralmente, per le briciole di quello che produciamo.

Questo rapporto si materializza nelle misure che sono state adottate. Il confinamento ha due curiose eccezioni: lavorare e comprare; cioè produrre e consumare. Giusto le due azioni necessarie affinché la ruota continui a girare, in modo che le nostre sfruttatrici continuino ad accumulare ricchezza. Ci hanno rinchiuse tutte in casa durante il primo fine settimana, ed il lunedì ci hanno obbligato ad andare a lavorare. Ci hanno fatto ammassare in metropolitana, contagiandoci le une con le altre, diffondendo la pandemia tra le povere, mentre loro rimangono al sicuro nelle loro ville.

È vero che le misure si sono estremizzate rispetto a quel momento. Hanno scelto le attività imprescindibili affinché, una volta contenuto il virus, tutto possa tornare alla normalità il prima possibile. Il resto, a telelavorare a casa. Così non dimenticheremo che il nostro tempo è loro, e non possiamo disporne a nostro piacimento.

Rischiamo la nostra salute e la nostra vita arricchendo gli altri, le imprenditrici.
Lavoriamo in condizioni di lavoro terribili e per salari ridicoli.
Siamo noi che sosteniamo il loro mondo. Senza di noi non esisterebbero.

Combattiamo contro lo sfruttamento del lavoro salariato. Ruba alla tua azienda, praticare l’assenteismo dal lavoro, il sabotaggio, organizza scioperi, prenditi cura delle tue compagne e fotti i tuoi capi.
Tutto quello che hanno ce lo hanno rubato e lo rivogliamo indietro.


Da quel fango a questa melma.

Volti di panico, impotenza o incredulità. Grida strozzate. Telecamere in movimento. Filmini casalinghi. Sbirri in uniforme che umiliano, insultano, abusano, picchiano…
Un rapido sguardo alle reti sociali, a youtube e anche alla stampa “seria” ci lascia un campione del circo degli orrori con cui i bracci armati del potere ci stanno dilettando. Con particolare enfasi nei quartieri più impoveriti e verso le corporalità più indifese.

Tristemente famosi sono già gli abusi quotidiani in quartieri come Lavapiés a Madrid o San Francisco a Bilbo. Ma ora andiamo a passeggiare attraverso un campionario del degrado e del controllo meno sottile al di fuori dei nostri confini. Supponendo, naturalmente, che questo sia solo il volto più duro della democrazia, che quando il monopolio dell’uso della forza è posto nelle mani dello stato, quando l’uso della violenza è legittimato, sia dal punto di vista giudiziario che etico, solo da parte dei pistoleri del potere, impunità e abusi sono all’ordine del giorno.

Militari che pattugliano le strade, poteri speciali concessi a presidenti (come quello ungherese, che è autorizzato da ora a legiferare senza il parlamento). Diffusione smisurata di mezzi di videosorveglianza (170.000 a Mosca), sistemi elettronici per consentire o negare l’uscita e l’entrata in casa (Cina) o la localizzazione permanente attraverso il cellulare come in Israele, una misura che avremo presto anche qui attraverso l’applicazione contro il coronavirus e la cessione dei dati dalle antenne delle compagnie telefoniche all’INE [Istituto Nazionale di Statistica, ndt].

“Se mi capiscono con le buone, bene; altrimenti mi hanno dato il potere in modo che lo capiscano con le cattive”. Con questa frase il capo della polizia argentina ha iniziato la campagna pro-confinamento, che include pestaggi (con ragazzinx di 12 anni come possibili protagonisti), umiliazioni varie (flessioni, danze ridicolizzanti), ecc. Tutto questo documentato in video disgustosi, come in altri paesi dell’America centrale e meridionale. Nel caso dell’Ecuador è stata la stessa polizia a rilasciare immagini in cui aggrediscono con fruste, bastoni o cinture i passanti, con lo scopo di spaventarli.
Ancora più dure, forse, le parole del presidente filippino. Che, fucile d’assalto in mano, ha assicurato che si sarebbe sparato per uccidere contro chiunque avesse violato la quarantena.
In India, i lavoratori vengono spruzzati con insetticidi. Gas e ancora bastoni in Kenya (dove è riportata perlomeno la morte di un ragazzino di 12 anni).
In Turchia, escluderanno dal rilascio di 10.000 prigionierx tuttx gli/le accusatx di crimini terroristici (prigionierx politicx, in pratica).
In Russia, il rilascio di 230.000 persone è stato sospeso temporaneamente, e allo stesso tempo è stato sospeso il servizio di inoltro pacchi nell’intero paese, il che lascia x prigionierx in una situazione di totale impotenza.

Tutti questi pezzi di infamia, senza contare la violenza che di per sé questo sistema sta esercitando contro la maggior parte degli abitanti del pianeta, danno un resoconto del posto che pretendono che occupiamo nelle società che ci impongono, di fatto, in molti di questi paesi i cadaveri iniziano ad ammucchiarsi sui marciapiedi.

… A volte ti fa venire voglia di tirar fuori le katane.

Madrid cuarentena city – n°2