Paris – brûle une voiture du corps diplomatique

Paris, nuit du 25 au 26 mai, avenue René Boylesve. Une BMW de luxe, avec plaque du corps diplomatique, brûle.

Les états se coordonnent entre eux au delà de leurs différends pour nous exploiter. Ils prennent exemple les uns des autres pour nous surveiller de plus en plus. Ils collaborent pour réprimer leurs ennemis, notamment ceux et celles qui se battent contre tout pouvoir.
Un exemple de cette collaboration entre états est l’extradition de notre compagnon Gabriel Pombo da Silva du Portugal vers l’Espagne.
On lui souhaite beaucoup de force et on lui envoie, par ces flammes, un petit signe de complicité.

Notre solidarité ne connaît pas de frontières.
Vive l’Internationale noire, vive l’anarchie !

[Depuis attaque.noblogs.org].

Parigi – bruciata macchina del corpo diplomatico

Parigi, notte fra il 25 e il 26 maggio, avenue René Boylesve. Una BMW di lusso, con targa del corpo diplomatico, brucia.

Gli Stati si coordinano fra loro, al di là delle loro controversie, per sfruttarci. Prendono esempio gli uni dagli altri per sorvegliarci sempre più. Collaborano per reprimere i loro nemici, in particolare quelli e quelle che si battono contro ogni potere.
Un esempio di questa collaborazione fra Stati è l’estradizione del nostro compangno Gabriel Pombo Da Silva dal Portogallo alla Spagna.
Gli auguriamo molta forza e gli mandiamo, con queste fiamme, un piccolo segno di complicità.

La nostra solidarietà non conosce frontiere.
Viva l’Internazionale nera, viva l’anarchia !

[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].

Atualização sobre nosos companheiro anarquista Gabriel Pombo da Silva

Na passada quinta feira, 11 de junho, a Audiencia Provicial, o tribunal
que está na base da piramide judicial do Estado Espanhol, demonstrou seu
poder inquisitório ao rechaçar a petição de nulidade da Ordem Européia
de Detenção e Entrega, o que mandou nosso companheiro de volta para as
mazmorras do Estado, depois de três anos e méio de liberdade.
Logo após um ano e méio de clandestinidade, Gabriel foi detido o passado
25 de janeiro em terriotório Português devido à Ordem Européia de
Detenção e Entrega, promulgada pelo Segundo Tribunal de Girona
(Concretamente pela juíza Mercedes Alcázar Navarro) com o intuito de que
ele cumprisse mais 16 anos de prisão, como pena residual (isso como uma
resposta diante da denuncia por prevaricato que a mesma juiza teve por
esconder a ordem de liberdade imediata de Gabriel em junho de 2016,
retrassando sua saída da prisão. Essa juíza tem encaminhado sua prórpia
vingança!).
Depois de três meses e méio de prisão preventiva ( ao longo dos quais
Portugal se submeteu às pressões do Segundo Tribunal de Girona, faltando
escancancaradamente às próprias normativas europeias que teriam
permitido a excarceração de nosso companheiro) o 12 de maio, ele foi
entregue às autoridades espanholas e atualmente está na prisão de
Badajoz na região de Extremadura.
A petição de nulidade da Ordem Européia de Detenção e Entrega foi
legitimada já que ela mesma seria “ilegal” por violar um dos principios
básicos do direito: a prohibição de fazer cumprir uma sentença anterior
à qual se esta sendo extraditado. Devido a este mesmo princípio Gabriel
foi liberado no 2016. É políticamente significativo que a mesma
Audiencia Provincial (tribunal que está na base da piramide judicial do
Estado Espanhol) que há poucos dias concedeu a liberdadepara Gabriel
conceda à juiza Navarro sua vingança contra nosso companheiro(!!!??!!!).
Enquanto isso Gabriel tem sido levado para o regime F.I.E.S.,
concretamenteme F.I.E.S. 5, criado para presxs com “caraterísticas
especiais”, os quais tem a ver, mencionando uns exemplos que eles usam,
com delinquencia internacional, violência de gênero, racial ou
xenofobia, e delitos muito graves que provocam grande alarme social como
o terrorismo islamista, o fanatismo radical afim a ideologia terrorista
(!!?!!). Dentro do Regime F.I.E.S.aplicaram contra Gabriel o 2° grau e a
intervenção de todas as comunicações, tendo suas cartas abertas, lidas e
suas visitas grabadas, numa situação na qual ele já deveria “gozar” de
“beneficios como permisões de saída e ainda a liberdade condicional.
Desde que está na prisão de Badajoz, alé dos 5 cartões postáis que
entregaram para ele aos poucos dias de sua chegada, não entregaram
nenehum tipo de correspondencia para nosso companheiro, a pessar das
muitas cartas e livros que mandaram para ele. Nada embaixo do novo
regime de isolamento e repressão! Isso tudo é uma provocação contra ele,
sua mensagem é: “Você não é mais o inimigo público numero 1, mas ainda é
bastante perigoso, sobretudo no nivel ideológico… Se se comporta bem,
daremos algumas oportunidades”.
Agora que tem “classificado” ele e o mencionado tribunal emitiu sua
sentença, sabemos que se esgotaram os recursos legais para que Gabriel
volte logo a saborear a liberdade. Dentro de não muito tempo ele será
transferido para outra prisão. O advogado fará todas as apelações
necesárias até ganahr a batalha.
GAbriel está bem e forte, como sempre, manda um abraço a todos os
indivíduos afins e solidarios.
A solidariedade é uma arma… vamos usá-la… de forma séria e zagaz!
Liberdade para Gabriel! Companhieiro não estás só!
Todxs livres!
Viva a Anarquia!

Para escrever a Gabriel:
Gabriel Pombo Da Silva
Centro Penitenciario Badajoz
Carretera de Olivenza, Km 7.3
06011 Badajoz
España

Adesso che avete paura

E’ sempre più chiaro ormai come il modello economico dominante, sacrifichi alla legge del profitto e della competizione esasperata qualsiasi espressione di libertà individuale, uguaglianza e solidarietà sociale.
Di fronte a tutto ciò, numerosi sono gli scenari di rivolta che esplodono e si ramificano in ogni parte del mondo.
Dal confederalismo democratico curdo, ai territori autonomi zapatisti, da Hong Kong al Chile.

In questi ultimi mesi, il modo in cui la pandemia da Covid è stata gestita ha ulteriormente amplificato e reso evidente la disuguaglianza tra chi il sistema lo subisce e chi pretende di controllarlo.
Questo ha reso più estrema la tensione sociale e il suo potenziale esplosivo.

La morte di George Floyd, di per sé un evento non eccezionale nel contesto della brutalità di un sistema che giornalmente uccide e devasta, vissuto nel momento del lock down globale a causa della pandemia, ha scatenato a livello internazionale un’esplosione di rabbia che si è manifestata in molteplici forme: dall’assedio dei distretti di polizia, ai saccheggi di quei beni a cui molt* non hanno più la possibilità di accedere, alle grandi manifestazioni di piazza.

E tra le urla di chi, stanco di subire e servire a testa bassa, pretende adesso e subito di essere ascoltat* recepiamo un chiaro messaggio: pur a fronte di un sistema che ha cercato con tutti i mezzi e le tecnologie a sua disposizione di controllare, organizzare, lobotomizzare e reprimere tutti gli aspetti delle nostre vite, il naturale senso di ribellione e dignità non è stato completamente annientato e riaffiora in tutta la sua potenza e molteplicità. A fronte della disgregazione sociale, molti hanno naturalmente deciso di non abbassare la testa e attivare forme di autorganizzazione della rabbia e del proprio esistente. Esperienze individuali e collettive che rivendicano la loro unicità e differenza, ma che si schierano unite contro un potere che le vuole uniformi per poterle facilmente controllare ed annientare quando non più conformi alle leggi del profitto economico.

Nell’attuale scenario internazionale, l’opposizione a questo sistema di sfruttamento non è rappresentata da un unico fronte di opposizione, bensì da una molteplicità di forme e di esistenze conflittuali, la maggior parte delle quali non mirano a sostituirsi sugli spalti del potere, ma vogliono difendere le proprie esperienze di autogestione.
Questo meraviglioso e caotico incendio cresce, si ramifica e si riproduce come biodiversità immanente, e le forme del potere si trovano impreparate e deboli a muoversi su un piano di realtà che si fa sempre più ampio e scivoloso.
Chi riesce a muoversi con agilità in questo spazio di resistenza multiforme, se non coloro che hanno costruito le loro vite e le loro pratiche di azione sull’abbattimento di ogni forma di autorità, sulla solidarietà, sulla complicità con le diverse lotte?
Anarchic*, combattenti dell’incerto e dell’imprevisto, che si muovono con disinvoltura tra le contraddizioni del reale, sapendo apprezzare il valore di ogni lotta nella sua unicità, diversità e forza nell’essere granello di sabbia tra i meccanismi del potere.

Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le ultime operazioni repressive condotte in italia contro gli anarchici.
Le varie procure di stato e organi polizieschi non fanno più mistero di aver spostato l’obiettivo dell’azione penale dal fatto in sé, alla criminalizzazione delle esistenze conflittuali. L’impianto accusatorio è sempre più focalizzato sull’attività politica e solidale, sull’elaborazione di testi e analisi, sull’indagine minuziosa dei comportamenti quotidiani che non sono conformi agli standard del cittadino silente e obbediente.
Da qui il passo è breve nel rivendicare, come è stato chiaramente fatto per l’Op. Ritrovo, la matrice preventiva dell’operazione repressiva.
Se al centro del processo di criminalizzazione non ci sono più i fatti, ma i comportamenti, le idee e i nostri modi libertari e antiautoritari di interpretare e attraversare la realtà, allora tutto ciò ci porta ad una semplice conclusione: c’avete paura.

Nonostante la potenza dei vostri mezzi repressivi, nonostante continuiate ad incarcerare e torturare nelle caserme e nelle galere, nonostante proviate a dividerci e separare, fiutiamo la vostra paura di poter perdere il controllo su una realtà che non si presenta più ai vostri occhi soggiogata e univoca, ma multiforme, incazzata e potenzialmente dirompente.
Una realtà che per noi anarchici è il contesto naturale in cui noi ci muoviamo, in cui costruiamo relazioni di solidarietà e complicità con la nostra capacità di intercettare relazioni tra le diverse forme di lotta che si esprimono o che potenzialmente potrebbero esplodere.

Se la questione non vi è chiara, proviamo a raccontarvi una semplice storia:
C’è un falò nel fitto bosco attorno al quale si riunisce una piccola comunità. Quel fuoco ne rappresenta i sogni, i desideri, la dignità di un percorso di riconoscimento, autodeterminazione, autogestione e muto appoggio. Il suo calore accomuna gli individui che si riconoscono uniti nella diversità.
Tra le sue fiamme brillanti si specchiano i sogni degli anarchici. Volti incerti e cangianti che si accompagnano sulle cime degli alberi del folto bosco per mostrare a chi da quel falò non si era ancora alzato, che tutt’attorno brillano migliaia di altri fuochi. E per ogni fuoco, una nuova comunità, altri sogni, altre resistenze e vite, altri individui uniti della diversità. E dall’orizzonte, nel lampo di uno sguardo, sale un grande incendio che illumina il nulla che avanza.

Ed è proprio la paura di veder divampare le fiamme di questo grande incendio che spinge, questa volta la procura di Roma, a muovere le solite accuse che ormai conosciamo bene, contro sette compagn*. La montatura di quest’ultima operazione repressiva denominata Op. Bialystok altro non è che l’ennesimo tentativo di spaventarci, dividerci, fermarci e toglierci i/le compagn* dalle strade, dai posti occupati e da tutti quei luoghi che di fatto possono essere terreno fertile per alimentare focolai di rivolta.

Contrariamente a voi, noi non abbiamo paura. Saremo sempre solidali e complici con chi si oppone con ogni mezzo a questo Stato infame e assassino.

Senza fare un passo indietro continueremo a percorrere le nostre strade verso la liberazione insieme a tutt* i/le compagn* rinchius* nelle patrie galere e limitat* della propria libertà, con la certezza che le strade di liberazione che stiamo percorrendo mirano dritte a colpire i meccanismi del potere, a scompigliare i piani dello stato in tutte le sue forme violente e autoritarie.

Non ci avrete mai vittime inermi, bensì inarrestabili ribell*!

Il nostro più sincero disprezzo verso le vostre forme di repressione è pari alla gioia nel sentirvi deboli e impauriti.

Non chiedete perdono all’incendio che vi spazzerà via,
lui non conosce pietà

Anarchich* da Berlino.

Paris (France) – Que crève le vieux monde

Que crève le vieux monde.
Que crève aussi le monde nouveau qui pointe son nez.
Si nouveau avec le contrôle numérique omniprésent, avec l’abrutissement massif devant des écrans, avec le génie génétique qui touche aux fondements de la vie.
Si vieux avec l’autorité dans toutes ses formes, brutales ou sournoises, avec la peur de la liberté et de l’unicité individuelle, avec l’habitude au conformisme.

On a profité du clair de lune derrière le Père Lachaise pour incendier une camionnette d’enedis, rue des Rondeaux la nuit du 14 au 15 mai.

Pour rendre quelques coups à ceux qui font vivre ce cauchemar technologique.
Pour ne pas se résigner.
Pour envoyer un message de solidarité à notre compagnon Damien : garde la pêche !

Des bandits masqués

[Depuis attaque.noblogs.org]

Parigi (Francia) – Che crepi il vecchio mondo

Che crepi il vecchio mondo.
Che crepi pure il mondo nuovo che fa capolino.
Così nuovo, con il controllo digitale onnipresente, con il rincoglionimento di massa di fronte a degli schermi, con l’ingenieria genetica che tocca alle basi della vita.
Così vecchio, con l’autorità in tutte le sue forme, brutali o subdole, con la paura della libertà e dell’unicità individuale, con l’abitudine al conformismo.

Abbiamo approfittato del chiaro di luna dietro al cimitero del Père Lachaise per incendiare un furgoncino della Enedis [filiale di Eléctricité de France che si occupa della distribuzione dell’elettricità], in rue des Rondeaux [a Parigi], nella notte fra il 14 e il 15 maggio [2020].

Per rendere qualche colpo a quelli che fanno vivere questo incubo tecnologico.
Per non rassegnarsi.
Per mandare un messaggio di solidarietà al nostro compagno Damien: tieni duro!

Dei banditi mascherati

[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].

Toulouse (France) – Fièvre jaune contre ce monde

La dictature sanitaire en marche n’a pas su éradiquer le virus de la fièvre jaune qui habite nos corps.

Dans la nuit du 19 au 20 mai nous avons brisé les vitres de la banque LCL avenue Jean Rieux à Toulouse.

Il y a une guerre en cours, c’est vrai. Mais ce n’est pas celle contre un virus, c’est celle du haut de la société contre le bas. La crise économique actuelle n’est pas dûe au covid-19, mais à une politique libérale qui perdure depuis des décennies. Et si on ne veut pas revivre les conséquences de la crise de 2008 où des peuples comme les grecs ou les américains se sont retrouvés saigné à blanc, il faudra trouver la capacité de résister dans cette abominable guerre.

johnny

[Depuis attaque.noblogs.org].