Lettera di Mauro Rossetti Busa

Lettera di Mauro Rossetti Busa del 20 aprile dal carcere di Agrigento

….la mia aspirazione è sempre stata fondata sull’ideale sul “comunismo anarchico” soprattutto negli anni addietro dove sono sempre stato convinto che il vero nostro nemico è sempre stato il capitalismo anche se devo dire che il capitalismo non è mai stato l’unico nemico ma il suo affidabile stato.

Lo stato l’ho sempre considerato un’idea, un forte alleato del capitalismo dove allo stesso momento trae da esso le proprie forze. Fino a quando continuerà ad esserci/esistere il capitalismo e il suo alleato stato continueranno ad opprimere il proletariato, gli oppressi, i disoccupati, gli operati.

Per queste ragioni il “comunismo-anarchico” è anche un anarchismo rivoluzionario che dovrebbe portare azioni individuali e di conseguenza violenta perché a mio avviso sarebbero importanti e necessarie.

Le azioni compiute individualmente comprese quelle compiute dalla masse dovrebbero rafforzare attraverso la violenza con azioni individuali l’intero movimento e si cesserebbe di aspettare.

Devo anche dire che gli oppressi, disoccupati e operai continuando ad accettare di stare sottomessi non hanno sempre fatto altro che formare sempre più una classe distinta e nemica.

….anche se non posso nascondere che sono sempre stato favorevole a ricorrere alla violenza….lotta armata.

Forse miei cari compagni molti di voi non condivideranno questo mio contestuale pensiero ideologico politico, mi riferisco a quanto ho espresso sulla lotta armata.

Il corso degli anni mi ha portato a credere con pieno convincimento che attuare/ricorrere alla lotta armata è l’unico modo per contrastare il capitalismo e il suo alleato…stato.

Vi ringrazio delle vostre attenzioni e della vostra solidarietà politicamente abbracciando tutti-e quei compagni-e che mi hanno conosciuto di persona e chi mi ha conosciuto per corrispondenza.

Questo non vuol dire addio al mio passato presente e futuro, è per comunicarvi che ho intrapreso un altro percorso, quello del “comunismo anarchico” e che l’anarchia in generale è sempre stata rivoluzionaria e ha sempre praticato la lotta armata fino dagli anni della sua nascita.

Mi scuso con tutti-e voi di questo mio silenzio che non è dovuto a me ma alla censura.

Carcere di Agrigento

20-04-2020

Rossetti Busa Mauro

Allargo i miei saluti ai miei amici compagni in regime AS2 a Terni.

https://roundrobin.info/2020/05/lettera-di-mauro-rossetti-busa/

Arresti a Bologna – Indirizzi detenut*

DA BOLOGNA:

Dopo diverse ore, si è avuta qualche notizia un po’ più precisa sull’operazione “Ritrovo” a Bologna, coordinata dai Ros. I compagni arrestati sono 7: Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido e Duccio.
Sotto i loro nomi e indirizzi di destinazione delle carceri in cui li stanno portando.

A 5 compagne/i (Martino, Otta, Angelo, Emma e Tommi) è stato dato l’obbligo di dimora a Bologna con obbligo di firma quotidiana.

L’accusa di 270bis è per chi ha la misura cautelare in carcere. Gli altri reati contestati sono poi 414cp, 639, 635 e a una sola persona incendio (423cp), aggravati dalla finalità eversiva.

LIBERTÀ SUBITO PER LE COMPAGNE/I

Indirizzi a cui scrivere lettere e telegrammi

Elena Riva e Nicole Savoia:
Str. Delle Novate, 65, 29122, Piacenza.
Duccio Cenni e Guido Paoletti:
Via Arginone, 327, 44122, Ferrara.
Giuseppe Caprioli e Leonardo Neri:
Strada San Michele 50/A, 15121, Alessandria.
Stefania Carolei:
Via Gravellona, 240, 27029, Vigevano, PV

 

Arresti a Bologna

Italia – Arresti a Bologna

Custodia cautelare in carere per * compagn* di Bologna: Elena e Nicole a Piacenza, Guido e Duccio a Ferrara, ZiPeppe e Leo ad Alessandria, Stefania a Vigevano.

Quì gli indirizzi a cui scrivere lettere e telegrammi.

Obbligo di dimora con obbligo di firma a Bologna per Emma, Martino, Ottavia, Tommi e Angelo.

L’accusa di 270bis è per chi ha la misura cautelare in carcere. Gli altri reati contestati sono 414, 639, 635 e a una sola persona incendio (423cp), aggravati dalla finalità eversiva.

Dall’Agi:

I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Bologna impegnati nell’operazione “Ritrovo” hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 12 anarco-insurrezionalisti, accusati di un attentato incendiario commesso a Bologna e di “atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato”

Le indagini, coordinate dalla Procura di Bologna, hanno accertato come gli autori si fossero organizzati “promuovendo un’associazione terroristico eversiva tesa anche alla predisposizione e diffusione di materiale istigatorio al compimento di azioni riconducibili ad una generale ‘Campagna di lotta antistato’.

Il blitz, oltre a Bologna, ha riguardato Milano e Firenze.

Da Bologna Today:

Raffica di arresti all’alba, per una operazione antiterrorismo che ha riguardato Bologna. Circa 12 persone sono state colpite da misure cautelari nel capoluogo emiliano. L’operazione, denominata ‘Ritrovo’ è estesa anche a Firenze e Milano. Sette misure di custodia cautelare in carcere, cinque sottoposizioni all’obbligo di dimora nel comune di Bologna, di cui quattro con dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Alla base dell’inchiesta gli incendi dolosi e i considerevoli danni, riscontrati tra il 15 e il 16 dicembre 2018, alle antenne dei ripetitori locali di Monte Donato. Sul posto i carabinieri trovarono anche alcune scritte inneggiati alla lotta contro la detenzione a firma anarchica.

Le accuse sono pesantissime e relative ad atti con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico dello stato. L’inchiesta è condotta dal pm Stefano D’Ambruoso della procura di Bologna, con la collaborazione del Ros e dei carabinieri di Bologna.

La tesi dell’accusa parla di “una associazione finalizzata al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato italiano, con l’obiettivo di affermare e diffondere l’ideologia anarco-insurrezionalista, nonché di istigare, con la diffusione di materiale propagandistico, alla commissione di atti di violenza contro le Istituzioni politiche ed economiche dello Stato impegnate nella gestione dei Centri Permanenti di Rimpatrio e nella realizzazione di politiche in materia migratoria”.

Perquisiti tutti i domicili dei destinatari dei provvedimenti, oltre al circolo ‘Il Tribolo’ di via Donato Creti, ma il quadro potrebbe allargarsi. L’operazione è estesa anche a Firenze e Milano. Sempre secondo gli inquirenti, che per le indagini si sono avvalsi anche di intercettazioni ambientali, si parla di “una articolata trama di rapporti tra gli attuali indagati e diversi gruppi affini, operanti in varie zone del territorio nazionale” con lo scopo di “contrastare, anche mediante ricorso alla violenza, le politiche in materia di immigrazione e, in generale, le istituzioni pubbliche ed economiche, con indicazione di obiettivi da colpire e le modalità di azione”.

Tra le azioni prese in considerazione per la formulazione della tesi accusatoria della sezione antiterrorismo della procura ci sono anche cortei non autorizzati, danneggiamenti ad edifici pubblici, la campagna anticarceraria e quella contro la Banca popolare dell’Emilia-Romagna, tutto con il supporto della “realizzazione e diffusione, anche con l’uso di strumenti informatici, di opuscoli, articoli e volantini dal contenuto istigatorio, tesi ad aggregare nuovi proseliti impegnati nelle loro “campagne di lotta””.

Altro articolo sugli arresti:

PROCURA REPUBBLICA BOLOGNA *INDAGINE ” RITROVO “: « 12 MISURE CAUTELARI 12 PER ASSOCIAZIONE CON FINALITà DI TERRORISMO ED EVERSIONE DELL’ORDINE DEMOCRATICO DELLO STATO ITALIANO »

Seguiranno aggiornamenti

Pozzuoli – Parte della città in black out elettrico

Apprendiamo dai giornali che la notte tra il 6 e il 7 maggio un incendio si è sviluppato poco dopo la mezzanotte in una centrale elettrica di E-distribuzione (società del gruppo Enel)  in via Fascione a Pozzuoli.

E’ risultato difficile domare le fiamme che hanno avvolto l’intera struttura per diverse ore…

https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/20_maggio_07/pozzuoli-incendio-centrale-elettrica-paura-residenti-8f701ab0-905e-11ea-9f72-d97830869ab7.shtml

 

Torino – Qualcosa bolle in pentola

Domenica 3 maggio, corso Giulio Cesare, una disputa intorno a una bici, stando alla versione dei giornali, è il pretesto per scatenare una lite tra due gruppi di persone che si trovavano in strada in quel momento. Schiamazzi, urla e bottiglie rotte attirano l’attenzione di molti abitanti della via.

Per quanto di risse qui se ne vedano molte, qualcosa questa volta non va come al solito. Tra tutti i rumori di strada, un’assenza rompe la solita routine: il bitonale delle sirene della polizia si fa attendere.

Le volanti arrivano una dopo l’altra, con estrema calma e a sirene spente, o meglio, spengono le sirene una volta giunte sul corso. Più di un centinaio di persone cominciano a scendere in strada e si accalcano attorno alle volanti per vedere che succede. Tra gridi di sfottò e filmati con i telefoni gli agenti, che nelle fasi iniziali avevano fermato in maniera molto tranquilla due persone, sono nel pallone. Si parlano nervosamente, chiamano, fanno sopraggiungere due pattuglie di borghesi e un pezzo grosso del reparto volanti.

La situazione è tranquilla ma l’aria è frizzante, il tempo si ferma per qualche minuto ed è come se ci fosse una consapevolezza collettiva che comincia a serpeggiare tra le persone lì presenti: quando si è in strada insieme la polizia non fa più così paura.

La tensione si alza improvvisamente, alcuni agenti si avvicinano ad un ragazzo, amico di uno dei due fermati, con fare minaccioso. Le urla della folla si levano, in molti si mettono intorno al ragazzo in questione e gli altri poliziotti invitano i primi a rientrare nei ranghi.

Come spesso capita, proprio quando tutto potrebbe succedere non accade nulla. La polizia invita svogliatamente a lasciare l’area, tutti gli agenti salgono sulle volanti e se ne vanno. Nel giro di qualche minuto le persone si disperdono nelle vie limitrofe.

Qualcosa bolle in pentola per queste strade. L’insofferenza diffusa per una situazione che sta diventando insostenibile fa il paio con l’esperienza – seppur limitata – e il ricordo di quello che è successo due settimane fa.

 

Qualcosa bolle in pentola

Roma – Ancora proteste e pestaggio

Nelle ultime settimane, grazie alla quarantena, la polizia ha alzato il livello di violenza nelle strade. L’abbiamo visto a Torino, o il 25 Aprile a Milano.
In tutto il mondo in effetti girano video di sbirri italiani che picchiano gente con la scusa dei controlli.
Se prima la violenza veniva esercitata nascondendosi, in strade non affollate o nei commissariati, adesso si fa meno caso alle apparenze. 
Per chi i pestaggi li ha sempre avuti come pane quotidiano, la situazione è sempre più difficile.
Ce lo dicono, oltre a ciò che si vede in strada con lx senza tetto, le persone pestate e uccise nelle prigioni.
Il 25, nel Cpr di Ponte Galeria a Roma, c’è stato l’ennesimo pestaggio. Nella sezione maschile ci sono una trentina di persone, i due terzi hanno cominciato il Ramadan e protestavano per ricevere cibo. Per questo due di loro sono stati aggrediti dalla polizia, senza troppi complimenti, senza nemmeno coprire le tracce dei manganelli.
Sostanzialmente la stessa cosa che era accaduta pochi giorni prima nel “hotel covid” il posto dove erano state deportate le persone positive ai test dopo la protesta di Torremaura di cui avevamo già scritto.  Anche lì le persone in Ramadan avevano chiesto di ricevere più cibo a cena dato che non stavano consumando il pranzo. Fortunatamente qui non abbiamo notizie dei pestaggi. 
Non c’è da stupirsi né che i Centri di Permanenza per il Rimpatrio restino aperti mentre i rimpatri non possono avvenire; né che gli unici che si preoccupano della propagazione del contagio siano i detenuti che si mettono a dormire all’aperto – come sta succedendo al cpr di Gradiscavisto che non vengono divisi i positivi dai negativi al virus. 
Nulla di strano nel fatto che una volta che le persone escono perché scadono finalmente i termini della loro detenzione, per molte è quasi impossibile raggiungere le persone care (o un posto dove dormire) per via delle restrizioni ai movimenti.
Non c’è da stupirsi se uno stato che sempre ci uccide nelle fabbriche e nelle strade e ci avvelena distruggendo la terra e i suoi abitanti, adesso ci mette tuttx agli arresti domiciliari per salvare le nostre vite.
SEMPRE SOLIDALI CON CHI SI RIBELLA!
CONTRO OGNI STATO, FRONTIERA E GALERA.

Czaravirus…situazione in Russia

Putin è scomparso per quasi due settimane. Poi ha iniziato ad apparire sullo schermo della TV e ha detto qualcosa di incomprensibile. Per il regime russo, questa è una cattiva notizia,
perché Putin, anche quando appare sullo schermo, mostra debolezza e si comporta in modo incerto. Quando lo zar russo si comporta così, provoca il rifiuto di tutti, anche dei più alti funzionari.
L’intera situazione, con lo sconcertante ed occasionalmente scomparso zar Putin, mi ha ricordato la situazione dopo il 22 giugno 1941. In questo giorno,
la Wehrmacht attaccò l’Unione Sovietica e schienò l’Armata Rossa, uccidendo o catturando 3 milioni di soldati in pochi mesi. A quel tempo, Stalin scomparve fino al 3 luglio

Putin ha detto che le persone dovrebbero rimanere a casa, e allo stesso tempo riceveranno un salario. Ma non ha imposto a livello centrale alcun divieto di andare a lavorare.
E inoltre, non ha introdotto un sistema che obbliga le imprese a pagare i salari. Quello che ha detto erano solo parole. Così gli uomini d’affari hanno detto che non gli importa di quello che dice Putin.
O lavori, o ti congediamo. Milioni di persone continuano a lavorare a Mosca e in altre città.

Putin ha lasciato una serie di importanti decisioni sulla quarantena alla discrezione delle regioni.
Anche questo è un brutto segno per il Cremlino.
L’indebolimento del centro è accompagnato dal rafforzamento delle regioni che hanno ricevuto poteri speciali per misure anticrisi. In linea di principio,
entrambi i processi sono correlati ed entrambi indicano lo sviluppo di crepe nella fondazione del sistema e la minaccia di feudalizzazione tuttavia, ora non vi è alcuna richiesta per il crollo dello Stato.
Così i governatori regionali hanno assunto il compito.
In alcune regioni, la quarantena è solo introdotta leggermente.
Nella Repubblica del Caucaso settentrionale dell’Inguscezia, la popolazione si è rifiutata di rispettare la quarantena a causa del fatto che la gente non ha soldi.
Le persone si muovono liberamente nelle città e nelle città, lavorano, comprano cibo ai mercati e celebrano matrimoni.
Questo ha portato ad un aumento del contagio, ora in Inguscezia ogni giorno decine di persone sono ammesse
A Mosca la situazione è strana. Il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin ha introdotto speciali password elettroniche per coloro che vogliono prendere la metropolitana per lavorare
(è necessario ottenere tale password presso il comune della città o un dal vostro capo sul posto di lavoro). È stato suggerito che in futuro le persone dovranno inserire password speciali se si vuole
lasciare la casa per andare a comprare il cibo, ma questo è ancora in discussione. Tuttavia, l’introduzione di pass elettronici ha portato immediatamente al disastro. Poiché nessuno paga i salari alla maggior parte
dei moscoviti, milioni di persone devono continuare a lavorare. Caffè, ristoranti e negozi non alimentari sono chiusi, ma molte aziende sono aperte.
All’inizio di mercoledì (15 aprile) mattina, circa 1 milione di moscoviti si è recato a 330 stazioni della metropolitana. Ad ogni stazione la polizia era in attesa.
Da quanto posso vedere, c’è una crescente rabbia pubblica contro il regime da un lato, e la paura della malattia dall’altro. Questo è uno scenario negativo anche per il governo.

Così in Russia possiamo vedere

А) Indebolimento del potere centrale del Cremlino

B) Rafforzamento del potere dei governi regionali

C) Crescita dell’irritazione e della rabbia pubblica.

Il 20 aprile c’è stata una rivolta nella Repubblica dell’Ossezia del Caucaso Settentrionale (un soggetto della Federazione Russa abitato da un popolo chiamato Osseti;
sono principalmente cristiani e parlano una lingua vicina al Farsi). Le autorità dell’Ossezia hanno taciuto sul numero reale di casi di coronavirus e hanno organizzato
male il processo di ospedalizzazione e trattamento. Come risultato,
le masse di persone iniziarono a affollarsi al centro di Vladikavkaz (la capitale dell’Ossezia) e
avanzare richieste al governo per risolvere la situazione. https://www.facebook.com/100000508025633/videos/3605409226152643/
Come previsto, il mese dell’autoisolamento, che ha lasciato migliaia, se non milioni di persone senza mezzi di sussistenza, ha provocato il malcontento di massa.
Il giorno del 20 aprile è diventato un punto di svolta. Gli abitanti di Vladikavkaz in Ossezia sono andati alla manifestazione, alcuni della polizia si sono rifiutati di disperdere i manifestanti.
I manifestanti iniziarono a lanciare pietre contro le guardie rimanenti. Tuttavia, la polizia di Vladikavkaz traccia le auto dei manifestanti, per poi arrestare le persone sulla strada.

Nel frattempo, in altre città le proteste hanno avuto luogo su internet. A Rostov-on-Don, un auto-isolato raduno si è tenuto a Yandexmaps. La gente ha scritto le richieste per una dichiarazione di emergenza
(in questo caso, chiedendo che il governo sia obbligato a pagare i soldi per coloro che hanno perso il lavoro e le imprese), alcuni chiedono anche il rovesciamento del governo.

Tuttavia, la monarchia russa può essere molto stabile nonostante tutto, in condizioni di paura e passività della popolazione. Ma chiaramente alcune persone stanno cominciando a non essere così passivi.

dialectical delinquents