ROMA
NON CI STANCHIAMO DI RIBADIRLO ANCHE OGGI: L’UNICA SICUREZZA È LA LIBERTÀ!
Le testimonianze delle parenti dei detenuti di Rebibbia continuano a riferire di notizie occultate dal carcere relative a diversi casi di contagio all’interno. D’altra parte è evidente: questa è la linea dettata dal D.A.P. che nega la realtà (tenendo nascosto il numero dei casi) senza il minimo imbarazzo, dimostrando disinteresse e spregio della vita dei detenuti e delle detenute.
“Dentro” la tensione è alle stelle… e anche la consapevolezza che lo stato sta giocando sulla pelle di chi è rinchiuso cresce di ora in ora.
È di ieri la comunicazione, arrivata ai familiari con due settimane di ritardo, del trasferimento di un detenuto del penale all’ospedale Pertini, il quale è ora intubato a causa di una polmonite grave.
La gestione da parte dello stato italiano dell’emergenza covid all’interno delle carceri non solo è inadeguata, ma è colpevole.
Non è nostra abitudine fermarci di fronte ai limiti imposti dalla legge. Soprattutto se si fanno strumento di negazione totalitaria dell’espressione di dissenso. Di fronte a uno stato che nega il problema, mostra sfacciatamente il proprio menefreghismo, e risponde alla giusta preoccupazione dei detenuti e delle detenute con la più atroce repressione, non farsi chiudere in un angolo e continuare a sostenere le istanze che arrivano da dentro ci sembra il minimo sindacale.
Oggi un gruppo di parenti e solidali si è ritrovato di fronte all’entrata principale di Rebibbia per non rendere inascoltato il grido di libertà che da più di un mese a questa parte sta animando le proteste all’interno delle carceri di tutta Italia. Contemporaneamente in altri punti lungo il perimetro del carcere altri solidali sono riusciti a comunicare con l’interno, a unirsi a quel coro di voci e a stabilire un contatto visivo, aprendo un dialogo sulla situazione in corso.
Tutta l’area intorno (e dentro) al carcere è stata militarizzata per diverse ore. Nel luogo del concentramento pubblico la manifestazione è stata interrotta immediatamente, le prime persone lì presenti identificate, ed alcune di loro portate al commissariato di zona con un ridicolo sfoggio di muscoli. Importante è stato comunicare dentro che c’è qualcuno/a che non dimentica, che non gira lo sguardo altrove facendo finta che il problema non esista.
Qualcuno/a disponibile a mettere in gioco perfino la tanto sbandierata “sicurezza” rispetto al contagio, perché se c’è una cosa che si è verificata fin dall’inizio è la violazione delle minime misure precauzionali da parte delle guardie, che come in altri ambiti, con fare provocatorio, si sentono superiori perfino al virus, inattaccabili. Ben presto si accorgeranno che non è così, ché ci sono tutte le condizioni che determineranno focolai di altro tipo pronti a esplodere.
Rilanciamo la solidarietà con tutti i detenuti e le detenute.
Liber* tutt*
Roma, 16 aprile 2020
BOLZANO
Tratto da bergteufelbz.noblogs.org
Dentro e fuori
16.04.2020
Questo pomeriggio una manciata di solidali si è materializzata – sempre con le dovute precauzioni – sotto le mura del carcere di Bolzano per portare un saluto e scambiare due chiacchiere sulla situazione all’interno – dopo che nei giorni scorsi è arrivata la prima notizia ufficiale della positività di un secondino –, riuscendo poi a dileguarsi prima dell’arrivo degli sbirri. Dalla viva voce dei detenuti si è potuta apprendere una realtà ben diversa da quella riportata dai giornali: le guardie positive sarebbero tre e non una, e il fatto che non siano state a contatto coi detenuti è, come prevedibile, una cazzata. Da dentro confermano che il tampone è stato fatto solo alle guardie; per il momento sembra che nessuno dei detenuti abbia sintomi. Raccontano inoltre che alle persone che stanno continuando a entrare anche per piccoli reati viene semplicemente misurata la febbre. D’altronde, per portare il virus all’interno evidentemente bastano e avanzano i secondini. In compenso ieri è stato annunciato l’avvio della sanificazione di alcuni locali del carcere considerati più a rischio ad opera di un nucleo specializzato di alpini del reggimento Julia di Merano.
Nella giornata di oggi presenze solidali ci sono state anche fuori da altre carceri italiane, in risposta a un appello lanciato dai familiari dei detenuti per rompere il silenzio sulle scelte omicide dello stato, ribadendo che l’unica forma possibile e accettabile di “prevenzione” è liberare tutti. A Roma otto solidali sono stati caricati a forza da un assembramento di sbirri tutti sullo stesso pulmino alla faccia del distanziamento e portati in commissariato, per essere poi rilasciati con multa e denuncia nelle ore successive.
Nel frattempo, a Bolzano una cosa sembra non essere cambiata con l’emergenza coronavirus, ma semmai essersi intensificata: l’”attenzione” delle forze dell’ordine nei confronti delle presenze che “sporcano” la zona su cui più si appuntano le grida di denuncia sul degrado e le grinfie riqualificatrici alle quali sono strettamente collegate, ovvero quella tra piazza Verdi e la stazione. Presenze tra le quali evidentemente sono da annoverare gli esercenti stranieri multati nei giorni scorsi perché sorpresi a indossare gli scaldacollo appena donati loro dai pompieri in luogo delle mascherine.
Più indicativa di un contesto decisamente mutato rispetto al pre-emergenza la visita a sorpresa ricevuta, a quanto riporta il giornale online locale Salto, da almeno una mezza dozzina di persone che si sono trovate gli sbirri alla porta per aver girato un messaggio in cui si chiamava per lo scorso sabato un flashmob contro le restrizioni eccessive, nel corso del quale peraltro non si prevedeva di violare le restrizioni ma ci si sarebbe limitati a scendere in strada ognuno nei pressi della propria abitazione. Gli sbirri avrebbero “amichevolmente” chiesto informazioni, invitato a consegnare i telefoni e fatto firmare delle carte senza lasciarne copia. Da sottolineare che sia le persone che hanno ricevuto la sgradevole visita sia i promotori del flashmob parrebbero del tutto estranei a qualsiasi ambiente “politico”.
BOLOGNA
Saluto al carcere della Dozza – Bologna
La mattina del 16 aprile, in risposta all’appello dei parenti dei detenuti di Roma e dei/delle solidali che li hanno sostenuti per tornare pubblicamente sotto il carcere di Rebibbia, una dozzina di compagnx ha raggiunto le mura del carcere della Dozza di Bologna per portare un saluto e capire dalle loro voci come si sta sviluppando la situazione dentro le mura passato più di un mese dalla rivolta.
I/le compagnx sono riuscite a parlare con alcune persone rinchiuse, alcune delle quali stanno nella sezione AS3 che, dopo la morte di Vincenzo per covid avvenuta il 2 aprile, doveva essere chiusa per far posto ai detenuti della sezione giudiziaria (devastata nel corso della rivolta). I trasferimenti previsti per lo svuotamento dell’AS3 sono stati probabilmente interrotti dopo la notizia dei contagi che ne sono seguiti. Infatti, nelle scorse settimane, oltre 30 detenuti sono stati trasferiti nelle carceri di San Gimignano e di Tolmezzo, destinazioni che certamente non lasciano immaginare un miglioramento delle condizioni di prigionia (se mai si possano immaginare). I detenuti sono risultati positivi al tampone a trasferimento già avvenuto e questo ha logicamente scatenato la rabbia delle altre persone rinchiuse. Quale criterio di tutela della salute dei prigionieri stanno seguendo DAP e compagnia bella nei trasferimenti? Evidentemente nessuno, perchè la tutela della salute dei prigionieri non è cosa importante per lorsignori, questo già lo sapevamo e non ci stupisce.
Le voci uscite da dentro hanno ringraziato per la presenza e raccontato di condizioni disperate. Hanno riportato che molti detenuti sono ammalati e che non sono ancora state date loro le mascherine. Del resto, già sapevamo che il responsabile capo di medicina penitenziaria dell’Ausl di Bologna, Roberto Ragazzi, con una circolare interna datata 24 febbraio aveva dato disposizioni a tutti gli operatori sanitari di non utilizzare le mascherine durante le visite ai detenuti, nell’infermeria e negli ambulatori della Dozza, per timore di generare preoccupazioni e tensioni all’interno della struttura. Da dentro ci hanno inoltre riportato che tutti i prigionieri sono senza ora d’aria da settimane e che non fanno videochiamate in sostituzione ai colloqui, ma solo 1 telefonata di 10 minuti alla settimana che si devono pagare loro.
Dopo circa 15 minuti il gruppo di compagnx è stato raggiunto da un dispiegamento sproporzionato di Digos, secondini, volanti e celere che ha fermato tuttx, multandoli per aver violato il decreto (compagnx con guanti e mascherine, sbirri decisamente meno attenti “alla profilassi” e senza garantire il metro di distanza). Il fermo è avvenuto in un punto in cui i/le solidali erano a vista dalle celle e per questo la solidarietà dei detenuti si è fatta sentire con urla e insulti agli sbirri, invertendo i ruoli a cui siamo abituatx.
NON CI STANCHIAMO DI RIBADIRLO ANCHE OGGI: L’UNICA SICUREZZA E’ LA LIBERTA’.
Resoconti della giornata del 16 aprile sotto alle carceri