Argenteuil e Montigny-lès-Cormeilles (Nord di Parigi) – Attaccata la polizia, due sbirri feriti

In seguito all’uccisione di un ragazzo sono più giorni che si verificano degli attacchi contro la polizia. Dopo le prime notti nelle quali sono state attaccate le guardie, ieri notte è stata attaccata una stazione di polizia. Un gruppo di persone verso le tre di notte ha cercato di entrare da una finestra, probabilmente per incendiare la stazione. Le guardie presenti all’interno si sono allora opposte divenendo i nuovi bersagli. Uno è stato ferito alla testa, l’altro alla mandibola.

A Montigny-lès-Cormeille, sempre in risposta all’assassinio, sette telecamere sono state distrutte e vari oggetti sono stati lanciati contro la stazione della polizia locale, contro quella della polizia nazionale e contro il municipio.

Minneapolis (USA) – Incendiata stazione di polizia, scontri e saccheggi

A Minneapolis le proteste per l’ennesimo assasinio razzista da parte della polizia hanno superato la prima giornata. Ad oggi, 29 maggio, sono migliaia le persone scese in strada. Sono stati saccheggiati diversi negozi, incendiato un complesso di appartamenti da 30 milioni di dollari e nella notte appena trascorsa una stazione di polizia è stata circondata da miglia di arrabbiati . La stazione è quindi stata abbandonata perché le guardie, visto lo stato d’assedio nel quale si trovavano, non potevano garantire la difesa della stazione come della propria vita. A quel punto, qualche amante del fuoco, è entrato nella stazione appiccando diversi incendi nell’euforia generale.

Le proteste si sono estese a Memphis e Los Angeles come in molte altre parti degli Stati Uniti, tra cui New York dove sono state arrestate 70 persone.

È stato dichiarato lo stato di emergenza, cinquecento soldati sono stati mobilitati, molti negozi -probabilmente la maggior parte- sono stati barricati e ameno una troupe televisive è stata arrestata perché il governo statunitense non gradisce la diffusione delle immagini dei rivoltosi. Mentre Trump afferma che si deve sparare sui saccheggiatori e che l’esercito è pronto a prendere in mano la situazione, pare che alcuni suprematisti bianchi abbiano lanciato delle molotov sulla folla. Comunque troppo poco per placare la rabbia che sta esplodendo in tutti gli Stati Uniti.

Quì un articolo più esaustivo.

Quì trovate qualche video.

 

Minneapolis (USA) – Manifestanti si scontrano con la polizia

A Minneapolis diverse migliaia di persone sono scese in piazza chiedendo giustizia per l’uccisione, da parte di quattro sbirri, di un ragazzo afroamericano. I manifestanti si sono diretti verso una stazione di polizia dove hanno trovato ad attenderli poliziotti in assetto antisommossa che hanno iniziato a utilizzare gas lacrimogeni e pallottole di gomma. I manifestanti non si sono intimoriti e hanno preso di mira le volanti della polizia sfondando qualche vetro e lanciando oggetti contro la polizia.

Quì foto e video

 

Bouguenais (Francia) – Incendiati cinque veicoli di Engie

Nella notte tra il 21 e il 22 maggio, quattro camion e un’auto di Engie sono stati distrutti da un incendio mentre erano parcheggiati nel parcheggio aziendale di rue Galilée a Bouguenais.

L’attacco incendiario contro l’azienda, specializzata nell’energia, ma anche nel controllo sociale e nella detenzione, è stato rivendicato dal gruppo “Action Directe Anarchiste”: sia da una scritta sulla porta d’ingresso dell’edificio sia da un comunicato stampa pubblicato su indymedia nantes (riprodotto qui sotto).

“Dei cinque veicoli, rimangono solo carcasse carbonizzate. Quattro furgoni e un’auto sono stati dati alle fiamme nella notte tra giovedì 21 e venerdì 22 maggio, verso le 2.30, nel parcheggio della società Engie Axima, rue Galilée, a Bouguenais. Le fiamme, di grande violenza, sono arrivate ad annerire la facciata dell’edificio.
L’origine criminale dell’incendio è poco dubbia, secondo una persona vicina al caso: sul vetro della porta d’ingresso dell’edificio è stato apposto il logo ADA. ADA, sta per Azione diretta anarchica. …” (Ouest-France, 22/05/2020).

La rivendicazione pubblicata su indymedia nantes, 22/05/2020 :

Visita incendiaria a un tecnocrate inquinante: 5 veicoli di Engie a Bouguenais sono andati in fumo nella notte tra il 21 e il 22 maggio 2020.

Quando la società Engie non taglia l’elettricità per le bollette non pagate, continua a danneggiare la società e il pianeta con molti altri mezzi a sua disposizione.
Non vogliamo i contatori Linky che raccolgono i nostri dati personali, né le turbine eoliche o le centrali nucleari che contribuiscono alla devastazione della natura e alla distruzione della biodiversità.

Non ci sarà alcuna transizione ecologica senza un cambiamento radicale.

“La volontà di distruzione è una volontà creativa. “(Michel Bakounine)

#ADA

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13505

Azille (Francia) – Le fiamme mettono l’antenna fuori servizio

Nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 maggio è stato appiccato il fuoco a un’antenna ad Azille, Aude utilizzata da tre operatori (SFR, Bouygues e Free).

“L’epidemia di incendi di antenne che si sta diffondendo in tutta la Francia, come già avviene da diversi mesi in Isère, Alta Savoia, Ardèche, Vercors, Bretagna e Haute-Garonne, ha raggiunto il dipartimento dell’Aude? […] Questa antenna, posizionata vicino al cimitero di questa piccola città del Minervois, serve non meno di tre operatori telefonici: Free, SFR e Bouygues. È un’antenna 4G ++ il livello più efficiente, prima del prossimo arrivo del 5G […]”.

Secondo “L’Indépendant”, “è stato nella notte tra venerdì e sabato che è stata rilevata una caduta di tensione sull’antenna intorno alle 2:00 del mattino”. È stato solo in mattinata che un tecnico si è accorto finalmente che l’antenna era bruciata. “Il sindaco ha indicato che “l’antenna è fuori uso ma gli utenti potrebbero venire allacciati all’antenna di Peyriac-Minervois”.

“Nel dipartimento di Aude, ci sono oggi un totale di 396 antenne, di cui 338 utilizzano la tecnologia 4G di almeno un operatore. Orange ha dispiegato nel dipartimento 235 antenne, SFR 217, Bouygues 214 e Free 192”.

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13522

Monaco (Germania) – La torre hertzienne in fiamme

Nella notte tra giovedì 21 e venerdì 22 maggio a Monaco di Baviera, la torre della Radio Bavarese nel quartiere Freimann è stata incendiata.

Poco prima delle 3 del mattino, l’allarme è scattato ai piedi della stazione di trasmissione a nord della città, probabilmente a causa di un rilevatore di fumo. Sono stati mobilitati più di 30 vigili del fuoco. Erano presenti sul posto anche la polizia, i tecnici della Radio Bavarese e di Vodafone.

Quando i vigili del fuoco sono arrivati sulla scena poco dopo lo scoppio delle prime fiamme, metà della stazione base era già in fiamme: i cablaggi stavano già bruciando a più di 30 metri di altezza, costringendo i vigili del fuoco a usare un braccio meccanico per raggiungerli.

Venerdì mattina, un portavoce della Radio Bavarese ha riferito che “le canaline dei cavi sono carbonizzate per tutta la loro lunghezza e la torre è fuori uso”. Non si sa molto al momento sulle conseguenze dell’incendio di questa radiotrasmittente. Tuttavia, è noto che le trasmissioni radio sono state interrotte in tutta la parte settentrionale della città. Anche se i vigili del fuoco hanno combattuto le fiamme per almeno tre ore e mezza, la televisione non ne ha risentito. L’ammontare dei danni materiali deve ancora essere valutato.

La polizia criminale e i servizi hanno preso in mano le indagini. Secondo le informazioni preliminari, una o più persone sconosciute si sono fatte strada nel sito del BR prima di dare fuoco al relè. I poliziotti hanno impiegato notevoli risorse per trovare i piromani venerdì mattina presto: più di 20 pattuglie e un elicottero sono stati mobilitati in tutta l’area della torre di trasmissione. Gli investigatori ritengono che si sia trattato di un “incendio doloso a sfondo politico”, e si stanno dirigendo verso la pista dell'”estrema sinistra”.

La Radio Bavarese (Bayerischer Rundfunk) è l’emittente di servizio pubblico bavarese e membro del PREDA. È responsabile della trasmissione digitale di radio e televisione. Se si trovasse un equivalente in Francia, sarebbe Télé-Diffusion de France (TDF) [In Italia, probabilmente, Mediaset ndt].

[Dalla stampa bavarese, 22.05.2020]

 

https://sansattendre.noblogs.org/archives/13495#more-13495

Kouaoua (Nuova Caledonia) – La miniera di nichel è di nuovo in fiamme

Nelle prime ore del mattino del 24 maggio a Kouaoua, il nastro trasportatore LNS è stato nuovamente preso di mira dalle fiamme attorno alle quattro.

Secondo il quotidiano ‘Nouvelle Calédonie La 1ere’, “200 metri di nastro trasportatore sono bruciati in due luoghi distinti: 100 metri sopra e 100 metri sotto, a circa 100 metri dal cancello di accesso alla miniera, al livello del torrente. L’incendio è stato spento dai camion anti-incendio della NSL. Il nastro trasportatore che trasporta il minerale di nichel sul lungomare è un bersaglio continuo per i piromani dal 2017. »

L’ultimo attacco incendiario sul nastro di Kouaoua risale al maggio 2019. Dal luglio 2017, ha subito la stessa sorte circa 20 volte.

Le molteplici condanne di individui per questi incendi contro l’estrazione del nichel non hanno mai impedito che nuovi fuochi divampassero.

 

Kouaoua (Nouvelle-Calédonie) : L’industrie du nickel goûte une nouvelle fois aux flammes – 24 mai 2020

 

Trento – Bancomat fuori uso

Sabato 16 maggio a Trento nove sportelli bancomat ed un postamat sono stati messi fuori uso.
Contro le banche, che avranno solo da guadagnare dalla crisi che verrÀ dopo la pandemia, a scapito delle sfruttate e degli sfruttati.
In solidarietà ai compagni ed alle compagne colpite dall’ operazione “Ritrovo”.
E un saluto complice a chi continua a lottare.

 

https://roundrobin.info/2020/05/trento-bancomat-fuori-uso/

Valle dell’Ouvèze (Ardèche) – Smettere di vivere? Piuttosto morire!

Attacco a un ripetitore

Sono già diverse settimane che all’insieme della popolazione viene imposto lo stato d’eccezione, sotto forma di confinamento sanitario, con la sua dose di divieti inediti, d’ipocrisia quotidiana e di promesse di salvezza.

Io non volevo morire di paura e di noia, attaccato a una flebo davanti a Netflix. Nel mese appena passato, la rabbia e la costernazione di vivere in diretta un cattivo romanzo di fantascienza sono diventate per me più che un veleno: un antidoto. Ho quindi deciso di attaccare.
Estendendo le frontiere dell’illegalità, imponendosi ovunque nelle strade, sbirri e cittadini vigilanti hanno trasformato il territorio in uno spazio nel quale abbiamo dovuto riapprendere a spostarci e a trovare il sentiero verso altri/e complici.
Dato che le croci in cima alle montagne sono state rimpiazzate dai piloni della rete GSM e della 5G, questo dice qualcosa della forma che prendono attualmente il potere e le nostre credenze di salvezza.
Era quindi l’ora di riaccendere i fuochi sulle colline, per diffondere dei messaggi più essenziali e diretti, a quelli/e che vorranno ascoltari, l’ora di bruciare queste croci fatte di nodi di fibra ottica e di reti elettriche.
Sono solo/a, da qualche parte sopra la valle dell’Ouvèze, fra Le Pouzin e Privas, domenica 3 maggio [2020], verso le 2.00 del mattino. Nelle ultime ore è piovuto molto e le ultime nuvolette di nebbia che si evapora dal suolo si alzano davanti all’alone di una mezzaluna. La notte è dolce e talmente calma.

In questi ultimi anni sembrava crescere, nei discorsi, l’impressione che lo Stato lasciasse progressivamente il posto a forme di gouvernance più liberali ed economiche, che ad un potere verticale si sostituissero già delle forme più diffuse, invisibili.

Ma lo Stato non è sparito. E’ al centro della realtà, in guerre lontane contro il terrorismo, in Mali, nella promozione di una quotidianità connessa, nella repressione generalizzata dei movimenti sociali, nella produzione di condizioni di vita sempre più normative e tecnologizzate.

All’aurora della nuova primavera, viene dichiarata di nuovo la guerra, come ultima ragione di unione, come causa comune, come dovere di fedeltà. In nome della salute e della sicurezza di tutti e tutte, eravamo destinati/e ad essere riuniti/e, contati/e, suddivisi/e, ordinati/e, assegnati/e, sorvegliati/e e studiati/e.
Chiunque deroghi alla regola imposta da ministri, esperti in salute di ogni tipo, dai prefetti e dalla loro polizia, sarà trattato da irresponsabile che minaccia la salute dei più deboli.
Non è cosa nuova che, in nome delle persone giudicate e classificate come «fragili», il potere si ritagli il suo ruolo migliore. Il potere è ambidestro. Tende la mano che protegge, quella che salva e coccola. Allo stesso tempo, colpisce e mutila. Sentiremo presto dire che ci sono delle tecniche di gestione statale della crisi migliori di altre. Si compara quello che succede a latitudini diverse. Si incriminano i poteri più totalitari, come in Cina e in Brasile. Ci si felicita del fatto che in Portogallo le istituzioni davano dei documenti a tutti i richiedenti asilo. Quasi quasi, non ci si sente poi così male, qui da noi.

Avanzo calmo/a nella penombra, qualche litro di combustibile nello zaino, una tronchese pesantemente posizionata contro la mia colonna vertebrale. Sono come assente a me stesso/a, assorto/a nel silenzio e nei mormorii notturni, preso/a dall’accuratezza dell’attività, poso i miei passi senza lasciare tracce. La cima è tranquilla. Una brezza leggera spazza la cresta, da dove vedo, ovunque in basso, il lampeggiare delle diverse installazioni elettriche della zona, campi di pale eoliche, ripetitori telefonici e pianure industriali.
Mi apro un cammino nella griglia, spaccando una catena che blocca la porta del recinto principale e della più grande delle due antenne. Preparo il materiale e faccio attenzione a rimanere al sicuro da sguardi indiscreti, sotto il passamontagna.

Avanzando, continuo a pensare: come in ogni «crisi», che sia prodotta dal nulla dal potere oppure subita e gestita come gli riesce meglio, la situazione crea un contesto inedito, un supporto per la costruzione degli anelli mancanti nel meccanismo del progresso. Centinaia di scienziati, di medici e di ingegneri-biologi sono venuti a proporci, per il nostro bene, delle ricette di balsami miracolosi, da ciarlatani del ventunesimo secolo. Molto più che venderci una qualunque medicina, ci vendevano delle ragioni per continuare ad avanzare, delle maniere di vivere. Nella sua risposta all’ira degli dei, la scienza si è offerta piena di promesse, apportando soluzioni innovative alle problematiche prodotte dal progresso.
Il dispotivo sanitario opera anche una selezione fra maniere di morire che sono accettabili oppure no. I rischi nucleari e industriali, organizzati e costitutivi dell’attività umana, contrariamente alla maggior parte dei rischi biologici, producono morte e sofferenza ogni anno, verosimilmente in quantità davvero importante. Dov’è lo Stato benevolo e protettore, quando si tratta di proteggere i suoi cittadini dai tecnocrati del nucleare?

Di fronte a discorsi che possono parere vani o a volte mancare, le mie mani guantate fanno scivolare dei pacchetti di diavolina industriale sotto liane di cavi.
Vi verso anche del gel accendifuoco e mi volto verso l’uscita del recinto, per avvicinrmi alla seconda antenna. Un mini-escavatore, fermo per la notte, è naufragato al bordo del sito. Mi spiace non poterlo prendere di mira e mancare di materiale. Piazzo di nuovo dei dispositivi incendiari sui cavi più fragili e ritorno alla prima antenna.
Una volta sul posto, inzuppo bene il tutto con della benzina ed accendo, da una parte e dall’altra della struttura, due fuochi che la brezza gonfia progressivamente.
Scendo alla seconda antenna ed opero nello stesso modo.
Mi allontano dal sito e sparisco nella notte.

La salute e la sicurezza sono diventate poco a poco i valori supremi che giustificano, da loro sole, gli sforzi e gli errori più assurdi.
Il virus e la lotta contro la sua propagazione, per il fatto che esso incarna la morte che plana e che colpisce a caso, imprevisibile ed improvvisa, è diventato lo spettro da cacciare senza tregua, aumentando di continuo i limiti dei luoghi che siamo pronti ad evitare per non morire.
Quello che è stato interiorizzato, come esperienza collettiva, e forse in maniera definitiva, sono il gusto e la necessità del sacrificio. D’ora in poi, ci chiederanno in continuazione di svendere i brandelli rimasti delle nostre vite, per non perderle.

A posteriori, non so se questo attacco ha causato dei danni importanti. Magari solo qualche cavo sezionato. Quello che conta, per me, è il fatto di essere riuscito/a ad agire, anche da solo/a, di essere riuscito/a, in questa notte strappata all’assurdo, a superare i miei dubbi e le mie angosce ed aver colpito quello che sembra essere, oggi, un nodo esenziale della società attuale: la rete di telefonia mobile e l’insieme del mondo connesso che essa permette.
Contro la società del controllo e la dittatura sanitaria.
Ho un pensiero di rabbia verso i tablet e i robot di assistenza medicale che è ormai di moda distribuire in gran numero nei mortori per persone anziane. Che le ultime persone che hanno attraversato questo secolo senza tecnologia muoiano circondate da robots e da applicazioni di ogni tipo, mi dà voglia di vomitare. Le linee di satelliti, spediti in orbita a migliaia di esemplari, che sabotano i misteri del cielo notturno, non saranno mai delle promesse di pace.
Un pensiero per le porte che restano volontariamente aperte, in questo perdiodo difficile, per quelle e quelli che cercano, costi quel che costi, di non sacrificare le loro vite davanti alla paura. Ai colpi resi e ai colpi di mano. Ai brutti colpi ed ai colpi andati storti. A quelli/e che ci provano. A quelli/e che magari non attaccano, ma che aiutano a continuare e che infrangono le ovvietà.

E allora: smettere di vivere? Piuttosto morire!

[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].

Friuli Venezia Giulia – Nei supermercati della città solidarietà ai braccianti in sciopero!

Oggi, in solidarietà ai braccianti agricoli in sciopero (qui il comunicato) contro ogni sfruttamento, contro il vincolo del permesso di soggiorno con il contratto di lavoro, contro le frontiere ed i CPR e per un modo solidale e senza migrazioni forzate sono comparsi bigliettini nelle cassette della frutta di molti supermercati della città e sono stati distribuiti volantini in Italiano ed in inglese.

Le lotte dei braccianti sfruttati, come quelle dei detenuti nei CPR, sono lotte per la libertà di tutte e tutti. Infatti, un mondo dove esistono i CPR, dove le verdure sono prodotte e raccolte con il sangue di persone sfruttate, e dove nei subappalti c’è chi fa la fame e rischia la vita per sopravvivere, è un mondo dove nessuna è davvero libera.”

SOLIDARIETÀ AI BRACCIANTI IN SCIOPERO!

Oggi, giovedì 21 maggio, molti/e braccianti agricoli/e stanno scioperando contro la regolarizzazione fittizia contenuta nel cosiddetto “decreto Rilancio”. Il decreto prevede una regolarizzazione per soli sei mesi di una fetta irrisoria di lavoratori e lavoratrici privi di documenti regolari. 

Si tratta di un decreto squallido che, anche con l’emergenza sanitaria in corso, non mira a tutelare la salute delle persone prive di documenti, bensì a fornire lavoratori e lavoratrici usa-e-getta, da sfruttare per sei mesi e poi ricacciare nel limbo della “clandestinità”. Un decreto frutto della solita logica per cui ci sono profitti da tutelare (qui quelli della filiera agricola, dai grandi possidenti terrieri alla grande distribuzione) e vite sacrificabili per la causa. 

Si tratta di un decreto che evidenzia come la situazione emergenziale sia stata il laboratorio sociale e politico perfetto per favorire ulteriormente quella connessione tra luoghi di detenzione temporanea per migranti e richiedenti asilo e sfruttamento lavorativo in ambito agricolo e in quello del lavoro domestico. In questo modo, si definisce chiaramente una precisa volontà politica di razzializzare il mercato del lavoro: quello che un richiedente asilo o una persona  che arrivi in Italia dalla Balkan route o dalla rotta mediterranea può aspettarsi di fare, magari per essere ” regolarizzato”, è il bracciante per due euro all’ora, subendo violenze di ogni genere.

L’agricoltura made in Italy, soprattutto nelle grandi aziende del sud Italia ma non solo, è nota per il diffuso utilizzo del caporalato: le persone, solitamente non comunitarie, ci lavorano con turni estenuanti (almeno 12 ore) per paghe irrisorie (meno di 2 euro all’ora!). Le stesse persone vivono spesso nelle vicine baraccopoli (come quelle di San Ferdinando o Rosarno), segregate e senza luce e servizi igienici.

Molti braccianti sono costretti ad accettare queste condizioni perché sono privi di documenti regolari: nei loro confronti, i padroni hanno a disposizione una complessa rete di ricatti articolata dallo stesso Stato italiano. 

Il primo elemento di questa rete è il confine: per riuscire a entrare in Italia, in assenza di vie “legali”, le persone migranti affrontano viaggi spesso traumatizzanti, lunghi e pericolosi. Il tentativo di regolarizzazione, attraverso richiesta d’asilo o permesso di soggiorno, spesso non va a buon fine, costringendo le persone all’irregolarità e al lavoro nero.

Il secondo elemento è il vincolo con il contratto di lavoro: secondo la legge Bossi-Fini c’è una seconda possibilità di regolarizzarsi vincolando il proprio permesso con un contratto di lavoro; se si resta disoccupati, si perde in automatico anche la possibilità di vivere regolarmente in Italia.

Il terzo elemento sono i CPR: se le persone vengono fermate mentre sono irregolari, possono finire in uno dei CPR aperti in Italia. Nei sei mesi di reclusione, subiscono continue violenze e rischiano ogni giorno di essere deportate al Paese d’origine. I CPR sono un ingranaggio fondamentale della macchina del ricatto. Lo dimostra il fatto i CPR sono ancora aperti,nonostante l’emergenza sanitaria in corso e nonostante i rimpatri siano bloccati. Sono lì solo a dimostrare che il ricatto di essere deportati è sempre reale.

Coldiretti e la grande distribuzione hanno quindi a disposizione una grande quantità di persone ricattabili, fondamentali per i loro profitti.

Oggi, però, i braccianti stanno scioperando, nonostante il ricatto, e nonostante siano segregati e invisibili a molti in Italia: “Non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani”, dicono. Chiedono appoggio allo sciopero non comprando le verdure oggi. 

Le lotte dei braccianti sfruttati, come quelle dei detenuti nei CPR, sono lotte per la libertà di tutte e tutti. Infatti, un mondo dove esistono i CPR, dove le verdure sono prodotte e raccolte con il sangue di persone sfruttate, e dove nei subappalti c’è chi fa la fame e rischia la vita per sopravvivere, è un mondo dove nessuna è davvero libera.

Che gli sfruttatori marciscano con le loro verdure!

Solidarietà ai braccianti agricoli in sciopero, non compriamo sfruttamento!

PS: Il caporalato, anche se non agricolo, è fortemente articolato anche in Friuli-Venezia Giulia, soprattutto nei subappalti di grandi ditte come Fincantieri. Tali subappalti prosperano all’interno di questo sistema di ricatti, di cui il CPR di Gradisca è un elemento fondamentale.

Qui il volantino


ENGLISH:

TODAY FARMHANDS ON STRIKE!

Today, Thursday May 21st, several farmhands are on strike against the fictitious regularization containedin the “Decreto Rilancio”. The decree defines a regularization of only six months for a negligible slice ofworkers without regular documents.This is a shabby decree that, even in the current health emergency situation, does not aim to protectthe health of undocumented people, but to provide disposable workers, to be exploited for six monthsand then pushed back into “clandestinity”. Such decree results from the usual logic for which there areprofits to be protected (here those of the agricultural chain, from large landowners to large-scaledistribution) and lives that can be sacrificed for the cause.

Made in Italy agriculture, especially in large farms in southern Italy, but not only, is known for thewidespread use of “caporalato”: people, usually non-EU workers, have to work with exhausting shifts (atleast 12 hours) for negligible wages (less than 2 euros per hour!). The same people often live in nearbyslums (such as those of San Ferdinando or Rosarno), segregated and without light and toilets.Many farmhands are forced to accept these conditions because they do not have regular documents: thebosses, on their side, can dispose of a complex network of blackmail articulated by the Italian State itself.

The first element of this network is the border: to be able to enter in Italy, in the absence of “legal”ways, migrant people often face traumatizing, long and dangerous journeys. Afterwards, they can try toregularize their situation through the request of asylum or residence permit, which, however, often fails,forcing people to live and work without regular documents.

The second element is the constrain of the employment contract: according to the Bossi-Fini law there isa second possibility one can try to regularize his/her condition and it corresponds to binding one’s ownpermit of stay with the employment contract; in this case if one lose the contract, he/her automaticallylose the opportunity to live regularly in Italy as well.

The third element is the CPR: if people are checked by police while they are irregular, they can end upin one of the Italian opened CPR. During the six months of detention, they face constant violence andrisk, every day, to be deported back to their country of origin. CPRs are the fundamental gear of theblackmail machine. This is demonstrated by the fact that the CPRs are still working, despite the ongoinghealth emergency and despite the fact that the deportation flights are currently blocked. They are onlythere to show that the blackmail of being deported is always real.Coldiretti and the large scale distribution of vegetables, therefore, have a large number of people attheir disposal which they can blackmail and which are fundamental for their profits.

Today, however, the farmhands are on strike, despite the blackmail, and despite being segregated andinvisible to many others in Italy: “It is not the worker’s arms what should be regularized, but thehuman beings”, they say. They demand support for the strike by not buying vegetables today.

The struggles of the exploited laborers, like those of the detained people in the CPR, are struggles forthe freedom of everyone. In fact, a world where the CPRs exist, where vegetables are produced andharvested with the blood of exploited people, and where people which work with subcontracting risktheir lives to survive, it is a world where none is truly free.

May the exploiters rot with their vegetables!Solidarity with the farm workers on strike. We don’t buy exploitation!

Assemblea no CPR no Frontiere, Trieste

PS: The phenomena of “caporalato” is strongly articulated in Friuli Venezia Giulia as well, , notespecially in agriculture but in the subcontracts working for large companies, such as Fincantieri. Suchsubcontracts thrive within this blackmail system, of which Gradisca’s CPR is a key element

Here the flyer