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Riflessioni sull’anarchismo e la questione organizzativa in epoca d’epidemia – e non solo
Nota redazionale – Per motivi di spazio abbiamo caricato solo l’introduzione del testo. Il testo completo è scaricabile in pdf a fondo pagina.
Per contatti: editricecirtide@autistici.org
«Dovrebbe servire piuttosto per aiutare a sviluppare seriamente delle progettualità di intervento nell’immediato futuro. Negli ultimi giorni continuano senza posa a uscire su siti d’area contributi che non aggiungono nulla a quanto già sapevamo, una sfilza di testi che sembra mirino più a dare ragione alle analisi stilate negli ultimi anni che a costituire degli utili strumenti per orientarci nella situazione attuale. Contributi impregnati da quell’ideologia dell’insurrezione che cerca ovunque le possibilità di una rivolta, senza mai osare immaginare di provocarla, o alla ricerca delle condizioni oggettive di una crisi del capitalismo, mancando dell’immaginazione necessaria per ipotizzare un intervento autonomo che metta finalmente e per davvero in crisi l’esistente, e ancora una volta dimostrano solo quanto le ragnatele teoriche del passato ricoprano ancora le analisi che fuoriescono dal cosiddetto milieu anarchico.»
Il futuro non è scritto – un contributo sui possibili sviluppi della situazione attuale
Riflessioni valide, quelle riportate in questo approfondimento. Valide e che quindi devono essere proseguite dall’apporto di diverse sensibilità. Il problema non è un problema attuale, è un problema che ha covato sotto le ceneri per diversi anni. Tra buchi nell’acqua e treni persi, i momenti di verifica delle teorie non sono mancati. È mancata forse la lucidità di trarne conseguenze, consigli, indicazioni.
Veniamo da un’epoca di pacificazione, da questo non si può purtroppo prescindere. Se negli anni ‘80 l’anarchismo si confrontava con il bisogno di ripensare l’agire in funzione di ciò che era avvenuto negli anni ‘60 e ‘70, se negli anni ‘90 dei tentativi sono stati fatti, come quello di trasformare in realtà le riflessioni sul tema dell’organizzazione e si sono sviluppate delle tematiche, come quella degli spazi occupati, il G8 di Genova del 2001 tramortisce un movimento, costruisce un cordone sanitario di sangue e tute bianche intorno alle idee radicali. Le torri gemelle fanno da prodromo a quella che sarà l’affermazione di un nuovo ordine mondiale militar-politico quanto culturale, con la chiusura dell’orizzonte sovversivo all’interno della sopravvivenza emergenziale nel migliore dei mondi possibili.
Come aveva fatto l’eroina in passato, la possibilità di costruire parvenze di legami, rapporti e conversazioni virtuali svuota le piazze e cambia i modi di pensare la possibilità di comunicare idee, lottare ed incontrare persone. Il tramortimento collettivo, tra tentativi sporadici di lotta che non riescono ad essere metabolizzati a dovere ed il rifiuto di partecipare alla socialità virtuale ci lascia sbigottiti davanti alle innumerevoli questioni che la contemporaneità apre di fronte a noi.
Per questo voglio provare a sviluppare una riflessione propositiva sulla questione organizzativa, su più livelli, che possa ricollegarsi al passato, ben oltre a quello prossimo, nel tentativo di far ripartire – non tanto un dibattito, necessario ma che rischia di restare sul piano della filosofia – la riflessione progettuale dei singoli, anche in direzioni diverse rispetto a quanto qui ipotizzato. La ragione non esiste e non mi interessa. Come scriveva qualcuno in un vecchio numero di Anarchismo: “Rivendichiamo le nostre lotte di anarchici… i nostri errori, in essi non c’era l’asfissia della certezza”.
Nota editoriale
Le citazioni non vengono proposte in quanto esaustive o ancora completamente valide ma come elemento di confronto con un certo modo di approcciare i problemi o come esempio di riflessioni su cui vale ancora la pena “perdere” tempo a riflettere. Più che esempi sono da intendersi come suggestioni e pungoli.
Molte persone hanno sconsigliato di inserirne tante ed in maniera così invadente. Hanno ragione. Ma il punto non è rendere appetibile la questione, snellire, riassumere. D’altronde, se annoiano, possono sempre essere saltate.
La questione è chiarire che si tratta sì di inventare tutto, ma ancor prima di riscoprire, rilanciare, ripercorrere i passi. Certo, si sarebbe potuto scrivere in altri modi e con altre forme. Ma per chi? Per chi non ha orecchie per ascoltare? Per chi non ha tempo di fermarsi a riflettere su diverse questioni? Si sarebbe potuto fare meglio, ma era quello lo scopo? Quei testi, inoltre, sono il frutto di confronti a caldo tra diverse persone, sono riflessioni che poi sono state messe alla prova nella realtà, mentre le mie sono poco più che disquisizioni sul nulla. Che abbiano un peso minore, quindi.
Preferisco inoltre l’incomunicabilità della complessità piuttosto che lo svilimento della semplificazione. Nessuno ha nulla da insegnare, dobbiamo tutti imparare dal mondo che ci sta intorno.
L’unica cosa che possiamo fare è condividere dubbi e perplessità, (es)porci con le questioni che ci attanagliano, illuminarle.
La follia del pensiero è anche quella del salto temporale tra la più stringente contemporaneità e la polvere dei vecchi libri dimenticati sullo scaffale.
Il mistero della quarantena, la scoperta di un tempo elastico del pensiero.
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La Nave dei Folli – Episodio 3
La genesi della cibernetica risale alla seconda guerra mondiale.
Come Claude Shannon, che nel 1948 scriverà “Teoria matematica della comunicazione”, e Alain Turing, uno dei fondatori dell’informatica, molti padri della cibernetica hanno partorito le loro idee nel contesto bellico. Arruolato dal governo USA nel progetto AA Predictor, lo scienziato americano Norbert Wiener ha l’incarico di sviluppare con alcuni colleghi un dispositivo servomeccanico di contraerea in grado di prevedere su base probabilistica i movimenti del nemico.
Wiener non partecipò al Progetto Manhattan, il gigantesco programma statunitense per produrre l’arma nucleare che ha mobilitato circa centomila tra scienziati e tecnici, ma nel dopoguerra collaborerà strettamente con alcuni dei suoi più convinti sostenitori e artefici, in primis John Von Neumann, uno dei padri dell’imminente computer, che calcolò a quale altitudine dovesse scoppiare l’ordigno su Hiroshima e Nagasaki in modo da provocare il maggior numero di vittime.
In uno scritto di quegli anni, Wiener paragonava il comportamento umano alla retroazione, ovvero a un dispositivo servomeccanico, unificando nello stesso sistema basato sull’informazione uomo e macchina, in questo caso il pilota e il suo velivolo. Sottoposto alle condizioni fisiche e psicologiche più estreme, dunque, il soldato rappresenta un oggetto di studio privilegiato sul funzionamento della macchina umana ed è a tutti gli effetti il primo modello di cyborg.
Riferimenti Episodio 3
- How to Destroy Angels, Parasite (Welcome Oblivion, 2013)
- Stanley Kubrick, Full Metal Jacket (1987)
- Naief Yehya, Homo cyborg (2001)
- Tuxedomoon, Crash! (Half Mute, 1980)
- Michael Radford, Orwell 1984 (1984)
- The Doors, The End (The Doors, 1967)
- Francis Ford Coppola, Apocalypse Now (1979)
- Transglobal Underground, Radio Unfree Europe (Impossible Broadcasting, 2004)
- Didier Dulieux et Eric Boccalini, Le chant des baleines (Ho Ho)
- Can, Quantum physics (Sun over Babaluma, 1974)
- Werner Herzog, Dove sognano le formiche verdi (1984)
- Kalashnikov Collective, Una guerra senza fine (L’Algebra Morente Del Cielo, 2015)
Francia – Esplode ancora la rabbia delle banlieue
Nella periferia parigina di Villeneuve-la-Garenne all’alba di stamane, viene ferito un trentenne da una macchina degli sbirri in borghese ed esplode la rabbia degli abitanti della banlieue.
Lo stato francese, con il pretesto di scovare violatori delle misure restrittive, intensifica e inasprisce i controlli nelle zone periferiche delle città.
Oltre a quella banlieu parigina, in solidarietà, altri attacchi alla polizia sono avvenuti in molte periferie francesi: Aulnay-sous-Bois, Evry, Fontenay, Toulouse et Strasbourg.
Bologna – Oltre la pandemia, lo stato di polizia
Si percepiva sin dall’inizio di questo stato d’emergenza che la tutela della salute poco c’entrasse con il dispiegamento di controlli messo in campo nelle strade di tutta Italia. Si è insistito con una delirante narrazione supportata dalla complicità di tutti gli organi d’informazione, che spostasse sui comportamenti dei singoli le responsabilità delle migliaia di morti del profitto, via via legittimando una violenza e una brutalità che molte di noi conoscono bene sulla propria pelle da ben prima che fosse dichiarata l’emergenza. Chi invoca l’esercito e la militarizzazione dei territori è stato accontentato: non c’è angolo delle città che non sia inmano all’arroganza delle divise di ogni ordine e grado.A farne le spese sono gli stessi che chi comanda ritiene sacrificabile: i nemici interni, gli indesiderabili, gli ultimi, i carcerati fino agli anziani nelle case di riposo. Forse dalle finestre della reclusione forzata, a forza di avere sotto gli occhi quotidianamente la violenza dello Stato, in molti si stanno accorgendo del suo verovolto.
A Torino qualcuno ha detto BASTA e, di fronte all’ennesimo brutale fermo della polizia con pestaggi violentissimi nei confronti di due uomini in Corso Giulio Cesare, ha deciso di scendere in strada. Tante persone sono uscite di casa e presto 4 di loro sono state violentemente spintonate dalla polizia, buttate a terra, ammanettate e portate via. Sono state poi dichiarate in arresto per resistenza, lesioni e favoreggiamento. La reazione di chi stava intorno è stata decisa: la strada è stata occupata, per rendere palese che questo uso della paura in chiave sempre più repressiva ha da tempo valicato il limite della sopportazione,tanto più che connotato da un senso di impunità e di onnipotenza della sbirraglia tutta. E proprio mentre in carcere i contagi dilagano, lo Stato continua a riempirle.
LA SALUTE DI TUTTI E TUTTE NOI NON PUO’ ESSERE UNO STATO DI POLIZIA!
Su alcuni media si inizia timidamente a riportare di abusi di potere da parte di chi porta la divisa, riportando però che si trattadi “qualche esponente delle forze dell’ordine che ha dato sfogo ad un eccesso di zelo”. Come se fossero poche “mele marce”. Come possiamo pensare che esista una differenza tra i torturatori della caserma di Bolzanetoal G8 di Genova nel 2001 e quelli che spaccano di botte e umiliano i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che chiedono la tutela della propria salute nel periodo di emergenza COVID? O tra i carnefici di Cucchi, Aldrovandi, Lonzi e i 13 poliziotti che pochi giorni fa a Catania hanno preso a manganellate e sedato col taser un uomo sul bus perché privo di biglietto? O tra gli infiniti esempi di violenza da partedi sbirri in questura, negli uffici della polfer, per strada e la violenza silenziosa ma legalizzata che in questo periodo di emergenza in ogni città si respira?
Lo stiamo vedendo anche a Bologna, dove le intimidazioni da parte di sbirraglia varia nei confronti dei malcapitati di turno non si stanno certo facendo attendere. Sulla nostra pelle viviamo tutti i giorni fermi e controlli al limite dello stalking: c’è chiviene fermato e accompagnato nei suoi vari tragitti da auto di polizia in borghese, chi viene intimidita e videoripresa dalla penitenziaria di controllo nei parchi, chi viene multato in casa propria per assembramenti con persone non residenti mai identificate, chi è minacciato di avere perquisizioni domestiche con 41tulps per ricerche di armi ed esplosivi (“tanto coi precedenti che avete otteniamo subito un mandato” cit.), chi viene fermato e ammanettato a terra.
C’è chi aveva ben chiaro già prima di quest’emergenza che la polizia non svolgesse nessun altro ruolo che la tutela degli interessi di chi detiene il potere e che non è certo in strada per la nostra sicurezza. Per questo non ci sorprende il trattamento vessatorio che mettono in campo sulla nostra o altrui pelle in un momento particolare come questo. Bensì ci chiediamo: quando ci renderemo tutti e tutte conto che la misura è colma? Quando ci sarà una presa di consapevolezza diffusa della violenza legalizzata che svolgono di mestiere questi individui? E quando avverrà, come sapremo reagire e riprenderci ciò che ci stanno togliendo se cisiamo abituati a tenere la testa china?
È arrivato il momento di alzare la testa, di non accettare la violenza che qualcun altro subisce per strada girandosi dall’altra parte, di aprire gli occhi tutti e tutte sul fatto che militari, polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria nelle strade, nei parchi, sotto casa, non siano affatto lì per la tutela della salute di qualcuno, ma per la protezione dell’ordine e degli interessi di pochi.
NON ABBIAMO MAI INTESO LA LIBERTA’ COME UNA CONCESSIONE ED È IL MOMENTO DI RIPRENDERSELA
LIBERTA’ PER GIORDANA, MARIFRA, DANIELE E SAMU!
Anarchici e anarchiche
https://tribolo.noblogs.org/files/2020/04/Torino-definitivo.pdf
Berlino (Germania) – Sabotaggio incendiario contro gli sviluppatori della nuova “Corona-App”
14.04.2020: Il seguente comunicato è stato inviato oggi a RBB, Berliner Morgenpost, Berliner Zeitung, il portale di notizie indymedia e dpa. Con il comunicato, un gruppo spiega i motivi del sabotaggio di una linea dati presso l’Istituto Heinrich Hertz di Berlino, una delle istituzioni coinvolte nello sviluppo della “Corona-App”.
—— Inizio del Documento —–
Spegnere la corrente/Abbasso il potere! Infrastruttura digitale sabotata
Abbiamo dato alla cosiddetta Corona-App un netto rifiuto e siamo entrati in azione. Oggi, per contrastare un ulteriore indebolimento dei diritti fondamentali e l’ampliamento delle misure di sorveglianza, abbiamo dato fuoco a un pozzetto con cavi delle comunicazioni che alimentano, tra gli altri, l'”Heinrich-Herz-Institut”. I cavi elettrici di Colt, Telekom e di altri fornitori sono stati distrutti dal nostro attacco. Abbiamo identificato il pozzetto aperto in cui sono stati posati i nuovi cavi come linea di alimentazione dell'”HHI”. La chiusura a breve termine ha colpito anche altre aziende locali, come le concessionarie di automobili degli assassini del clima VW, Alfa Romeo, Jeep, Mercedes, Audi, Porsche, ecc. Abbiamo evitato qualsiasi rischio per la vita umana nella nostra azione.
Perché abbiamo politicamente sabotato l’uso dell’app
La legge anti-epidemica porta con sé coprifuoco, divieto di contatto e altri interventi che non hanno precedenti nella rapidità della loro attuazione e nella loro essenza nella storia della Repubblica Federale. Questi interventi sono ripetutamente accompagnati da una retorica di guerra. Il modello di queste “regole” è la gestione del virus avvenuto in Cina. La Cina: una dittatura patriarcale che controlla e monitora ogni movimento del popolo e punisce le violazioni delle “regole” stabilite dall’élite comunista-capitalista. Il cordone sanitario intorno alle megalopoli può essere realizzato solo in un sistema totalitario così efficiente, e da la misura di ciò che gli è possibile. La Cina, con il suo coprifuoco di 60 giorni (ad esempio a Wuhan) e il controllo totale delle persone, è diventata nel breve periodo un caso esemplare di (presunto) contenimento della pandemia per i governi di quasi tutto il mondo. All’inizio di gennaio queste misure venivano ancora criticate come totalitarie e sulla base del fatto che violassero i diritti umani. Ora vengono trasferite in forma modificata anche negli altri continenti.
È in questo spirito che Jens Spahn (ministro federale della Sanità) ha ripetutamente suggerito il tracciamento dei telefoni cellulari, il tracciamento dei dati di ogni persona, al fine di localizzare e isolare gli infetti e i nuovi potenzialmente infetti. Egli ha tenuto le critiche degli esperti di diritto costituzionale e dei protettori dei dati ad almeno due metri di distanza. Ha copiato la localizzazione totale del profilo dei movimenti di ogni persona proveniente dalla Cina e dalla Corea del Sud. Il presidente del parlamento austriaco ha chiesto l’introduzione obbligatoria di un’applicazione simile. Anche in questo Paese sono state avanzate richieste in tal senso. Anche le critiche vengono viste come interruzioni-tabù del processo di accettazione del crescente potenziale di sorveglianza delle nuove tecnologie. Esso verrà aiutato nell’essere accettato e, se necessario, sarà imposto in modo autoritario se non sarà accettato “volontariamente”.
In Cina l’applicazione “Ant Financial” viene utilizzata durante i controlli pubblici della polizia. Il codice QR personale permette di fare la spesa al supermercato e di andare a fare una passeggiata. Se il codice QR è rosso o giallo le istruzioni su cosa fare vengono date dalle autorità. Questa app di pagamento decide in modo non trasparente sul “carico sociale del coronavirus”. La Corea del Sud non ha ancora imposto il coprifuoco. Tutte le persone “possono” continuare a lavorare fino a quando lo smartphone non li identifica come “infetti” o “sospetti” e viene ordinato l’accesso da parte dello stato ai dati. Attualmente, il governo sta costringendo le persone in Corea del Sud a rivelare “volontariamente” i dati e l’accesso al cellulare. Il tracciamento dei dati è stato testato in Corea del Sud con il programma “Total Information Awareness”, tra gli altri, che l’NSA ha segretamente continuato a sviluppare sotto il nome di “Prisma”, come ha rivelato l’informatore Ed Snowden. Negli Stati Uniti Google e Apple vogliono distribuire un’applicazione Corona come componente automatica del sistema operativo con un prossimo aggiornamento.
In Germania sarà presto creato un sistema di tracciamento dei dati sotto forma di un’app installata. La propaganda per questa app sta già lavorando a pieno ritmo. I politici ne faranno una pubblicità massiccia perché a loro avviso solo l’ampia accettazione permette gli effetti desiderati. In superficie, l’uso dell’app sembra ragionevole. Quando l’app viene introdotta si basa (inizialmente) sul fatto che è volontaria, per evitare una palese violazione costituzionale. Questo perché i contatti, cioè le persone infette e non infette e l’ambiente circostante, possono essere spiati. Ma proprio come avviene per l’inoltro dei profili dei movimenti (presumibilmente) anonimi da parte dei fornitori di telefonia mobile, in cui le persone interessate non hanno già ora la possibilità di dare il loro consenso o di rifiutare, si può presumere che le opzioni di monitoraggio contenute nell’app diventeranno rapidamente uno standard obbligatorio una volta che saranno state “volontariamente” stabilite per una massa critica: Chi vuole andare in biblioteca deve avere l’app – la visita della biblioteca è volontaria… Dato che il codice sorgente del software non è aperto è impossibile verificare se la propaganda per l’utilizzo dell’app corrisponde alla realtà, o chi altro può utilizzare i dati. E se ci sono possibilità di tracciamento dei dati. Un semplice aggiornamento del software sarebbe possibile in qualsiasi momento. L’Istituto Robert Koch sta attualmente lavorando a questa app in collaborazione con l’Istituto Heinrich Herz, l’Ufficio federale per la sicurezza dell’informazione e le forze armate tedesche.
È regolamentata
La velocità dei cambiamenti quotidiani può essere elaborata a malapena. Non per niente la lotta contro la pandemia è ripetutamente sostenuta da una retorica deliberatamente scelta per essere di guerra. Perché una guerra è sempre anche un attacco alla società all’interno dei confini nazionali per riorientare la “comunità nazionale” o – e questo è nuovo nel caso di Corona – la comunità mondiale verso gli interessi della classe dirigente. Non c’è nessun piano cospirativo dietro a tutto questo. È la dinamica da sempre portata avanti dalla classe dirigente che per migliaia di anni non ha potuto essere distrutta da una rivoluzione globale di liberazione da ogni forma di dominio. Il modello non è nuovo: le crisi sono sempre state usate come catalizzatori per la regolamentazione repressiva della popolazione, a meno che una forza rivoluzionaria non crei altre possibilità. Di fronte alla pandemia si mette in moto un meccanismo di sicurezza interna che vive del fatto che tutti vi partecipano. Per molte persone gli algoritmi aziendali che stanno dietro alle applicazioni regolano già la loro routine quotidiana e sono una compagnia costante. Così, in tempi di Corona, è il momento di limitarsi, di prendere le distanze socialmente, di proteggere se stessi (e gli altri) dal contatto – e poi, a un certo punto, di rendere più facile la vita a sé stessi con l’app. Compreso il sentirsi buoni e responsabili, avete contribuito in qualche modo alla sicurezza di tutti.
Compaiono nuove parole da non usare
Con la “guerra contro il virus” anche il linguaggio e il pensiero stanno cambiando. Improvvisamente ci sono persone “di rilevante importanza sistemica”. “Gruppi a rischio” che dovrebbero isolarsi. La “distanza sociale” come portatrice di salvezza per proteggere i “gruppi a rischio” e le persone “rilevanti per il sistema”, gli “eroi della vita quotidiana”. Questi ultimi, il personale infermieristico, i dipendenti del supermercato, i camionisti ecc. vengono trasformati in combattenti sul “fronte” invece di pagarli decentemente – mentre i dirigenti continuano a ricevere i loro bonus e a raccogliere miliardi per le loro aziende. Il concetto medico-militare del “triage” sta avanzando nella sfera civile: lo smistamento sistematico delle persone: Chi deve essere salvato, chi non è più “utile”, chi deve essere lasciato sul “campo di battaglia del virus”. Non è il virus in quanto tale che porta alla crisi, ma è un sistema sanitario privatizzato e orientato al profitto che porta al temuto stato di emergenza negli ospedali e nelle case di cura. In Spagna, in Italia e forse anche qui.
Il fatto che ogni essere umano affronti la morte senza protezione, soprattutto quando appare come un virus invisibile e non può essere valutato affatto come una nuova pandemia, crea paura. Queste paure non devono essere sminuite. Né dobbiamo esagerare queste paure, permettere che diventino qualcosa di straordinario, perché un giorno moriremo tutti. Tuttavia, questa pandemia sta strumentalizzando le paure primordiali della gente di fronte alla morte. Queste paure vengono “giocate con”. Non è la politica di privatizzazione dei sistemi sanitari ad essere messa in discussione, ma se VOI mantenete una distanza sufficiente dal prossimo. Se TU rispetterai le regole. Queste regole sono monitorate (e talvolta anche punite). E promuovono ovunque una delle virtù più tedesche: la tendenza a denunciare. Negli ambienti intellettuali, a ciò si aggiunge l’accusa di non essere solidali se non si seguono le regole. Se non seguite queste regole, la colpa è vostra quando le persone muoiono. Con il riferimento ai “gruppi a rischio” vengono soffocate altre contraddizioni. Indipendentemente dal loro atteggiamento individuale, i “gruppi a rischio” diventano un fattore di ricatto morale per far rispettare lo Stato e le regole politiche tra amici senza dubbio. L’igiene medica è accompagnata da un’igiene sociale che difficilmente permette di pensare e discutere in modo sporco e resistente.
Pertanto è probabile
La nostra azione sarà descritta come mancanza di solidarietà da parte di coloro che, in altre occasioni, sono gli scagnozzi delle nuove tecniche statali di dominio e di attacco tecnologico sociale – pur forse senza volerlo. La nostra dichiarazione sarà o ignorata e soggetta a un invisibile blackout di notizie o dichiarata confusa.
Siamo solidali in parte
Non stiamo intraprendendo questa azione rischiosa per ottenere un ampio consenso, per questo le controversie sono troppo polarizzate a nostro svantaggio in senso controrivoluzionario. Siamo consapevoli che avremo l’approvazione di una parte della società. Ci schieriamo dalla parte di coloro che non sono disposti ad assistere alla distruzione dei diritti umani storicamente e dolorosamente conquistati. Siamo dalla parte dei rifugiati ai confini e nei campi. Siamo dalla parte di coloro che riconoscono e contrastano la strumentalizzazione della pandemia e le paure. Siamo dalla parte di coloro che sono preoccupati per la crescente sorveglianza.
Come avviene la trasformazione digitale
Vediamo la digitalizzazione della vita quotidiana, che si sta inevitabilmente diffondendo sotto il divieto di contatto e il coprifuoco e che improvvisamente sembra non conoscere alternative analogiche, come una trasformazione digitale della società. A prima vista, sembra essere l’unico modo per le persone isolate di rimanere in contatto tra loro. Ma lo spazio in cui ciò avviene non è uno spazio neutro. È controllato e monitorato. I soggetti sociali, le persone, diventano figure virtuali, che l’algoritmo scompone in set di dati e giudica secondo criteri segreti, controlla la pubblicità, segna e segnala i comportamenti scorretti e premia la sudditanza. “La distanza sociale” o “la distanza è decenza” sono termini che suonano come presi in prestito da “Brave New World” di Huxley o da “1984” di Orwell. Visti nudi, sono termini combattivi che l’immersione nel mondo virtuale ci assegna come azione sociale globale. Si finge di essere un “noi” e la rete viene offerta al “noi” come nuovo luogo di incontro sociale e di lavoro – cementando così ulteriormente l’isolamento sociale già in atto a seguito dell’attacco tecnologico. È qui che si forma la controllabilità attuale e futura di intere società sulla rete.
Il commercio online, le lezioni di scuola digitale, i seminari online nelle università, le videoconferenze, l’home office, i file elettronici dei pazienti, Amazon, Zalando, Netflix, Lieferando, i pagamenti con carta di credito, i portali di incontri, i flussi video e i giochi, ecc. sono i prerequisiti per questo. È qui che la società si sta riformando. È qui che avviene l’assuefazione, è qui che la società cambia a un ritmo il cui prezzo – manipolazione totale e quindi controllo – ci sarà chiaro in tutti i suoi dettagli solo nei prossimi anni. Attualmente si sta costruendo un nuovo “noi” igienico (nazionale) per far rispettare tutti i tipi di misure contro le quali in passato ci sono state riserve e resistenze, come la digitalizzazione nelle scuole, le tessere sanitarie in vetro e le cartelle cliniche o i pagamenti online e la scomparsa del contante.
Deutsche Telekom fornisce gratuitamente, in modo del tutto disinteressato, “servizi di web conferencing” basati sul cloud per alunni, studenti e insegnanti. Offerte simili sono disponibili anche per le aziende e le loro esigenze di home office. E per il tempo libero dei più piccoli c’è il nuovo servizio di streaming della Disney. E altri 10 gigabyte per la navigazione mobile in cima a tutto. Per il momento è gratuito. Mentre Telekom propaga “Colleghiamo la Germania”, il grido di battaglia di Vodafone è “la Germania rimane in rete”. La gamma di servizi non differisce in modo significativo. Ma la Germania e la rete digitale – questo crea coesione. Il coronavirus, un colpo di fortuna per gli operatori di rete: Nuova domanda di banda più veloce, più ampia, più ampia. Con le offerte attuali, i clienti futuri sono vincolati e vengono generati ancora più dati, a cui possono accedere sia le aziende che i servizi segreti. Ad esempio Vodafone lavora a stretto contatto con i servizi segreti britannici, che a loro volta sono i partner più vicini della NSA americana. Dato che le persone passano più tempo online con i loro contatti sociali, il lavoro e l’intrattenimento, questa è una festa per i servizi segreti e le aziende. Non è possibile un maggiore accesso alla vita sociale. Quanto di più in termini di profitto, quanto di più in termini di monitoraggio e controllo del comportamento d’acquisto, degli stili di vita desiderati, oltre all’individuazione precoce delle rivolte che può derivare dall’analisi di questi dati!
Al più tardi da quando sono note le pubblicazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza mondiale della NSA di stati e gruppi fino alle singole attività digitali di singoli individui sappiamo che vi è stata una grande diffusione di ogni possibilità tecnica di sorveglianza digitale e di controllo comportamentale. In Cina, negli USA, in Russia e anche in Germania. L’app Corona è un apriporta. Lo scenario che almeno il 60% della popolazione tedesca dovrebbe essere “volontariamente” condizionata a un’app, a uno standard, a un’intenzione, a un controllo “volontario” di tutti i contatti privati e pubblici – questo sfida virtualmente il nostro sabotaggio.
Ciò che resta da dire
Stiamo assistendo a un’esercitazione mondiale di guerra civile per le crisi e le guerre future. Le conseguenze di questa “esercitazione” cambieranno il mondo. La gravità della pandemia, la sua diffusione e la massa di moribondi sono la matrice su cui ci stiamo introducendo in una nuova era di crisi come stato permanente. In caso di dubbio, non contano né i diritti fondamentali del Paese interessato (che non sono mai stati applicati a tutti) né i diritti umani. Mentre vengono imposti divieti di contatto e coprifuoco, viene mantenuta la costrizione a svolgere un lavoro retribuito e viene lasciato alla discrezione degli imprenditori se continuare a lavorare come prima, ottenere un lavoro a orario ridotto sovvenzionato (cassaintegrazione N.d.T.) o passare a metodi di produzione più redditizi. Altrove almeno gli scioperi sono scoppiati. In questo Paese il controllo delle pandemie finisce ai cancelli delle fabbriche. Alla catena di montaggio e fuori, dove non è possibile avere un ufficio a domicilio, la gente dovrebbe lavorare fintanto che serve a massimizzare i profitti e poi tornare rapidamente nei loro alveari multifamigliari, i sindacati non ascolteranno nient’altro. Mentre le merci dovrebbero continuare a circolare liberamente e i lavoratori migranti dell’Europa dell’Est dovrebbero arrivare in tempo per non far crollare l’economia, i fuggitivi sono tenuti nei campi, campi che garantiscono la rapida diffusione del virus e non garantiscono un’adeguata assistenza sanitaria.
Una crisi non solo sostituisce la successiva, ma fa sparire i problemi. La crisi climatica scompare dietro Corona. Anche le guerre e le loro conseguenze scompaiono. E le ragioni delle guerre, comunque. Non è chiaro dove siano finite le 10.000 persone intrappolate al confine tra Turchia e Grecia. L’Ue, che sta trasformando sempre più queste frontiere in strisce mortali, rimane impunita. Anche la preparazione dei pogrom in Ungheria contro i Rom e i Sinti da parte di Orban e dell’ala destra rimane inosservata. Non vi è alcuna reazione all’uso del virus per istituire governi autoritari contro la costituzione, come in Polonia. Né al mantenimento del potere da parte del corrotto presidente israeliano. O per il consolidamento del potere di Putin.
Almeno ora dovrebbe essere riconoscibile quando il governo e l’economia hanno fiducia negli esperti e nella scienza e quando no. Perché una pandemia può innescare un programma di emergenza e misure drastiche a livello mondiale ma non lo può innescare il crollo del clima già in atto? Questa domanda è trasferibile a tutti i problemi globali.
Nel caso della distruzione del clima, che colpisce l’intera umanità almeno quanto la pandemia, i moniti e le proposte degli esperti sono stati e saranno ampiamente ignorati. Perché un vaccino non è sufficiente per combattere le conseguenze della distruzione del clima. Il Coronavirus è ben diverso: non solo gli esperti sanitari trovano le orecchie aperte, ma il loro approccio medico alla lotta contro la pandemia apre nuove possibilità per i politici. Un’economia assassina, un sistema mondiale bellicoso e un orientamento al progresso e alla crescita che mira a distruggere la terra e le basi di ogni forma di vita vengono salvati con miliardi di dollari e di euro, mentre le proteste contro tutto questo vengono vietate dalle autorità sanitarie. È il principio coloniale secondo il quale alla vita umana sono legati valori diversi. Ogni anno 100.000 persone muoiono di malaria. Il cambiamento climatico sta già uccidendo: centinaia di milioni di persone patiscono o muoiono di fame. Miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile.
In questa nuova era, le forze che vogliono un cambiamento fondamentale devono riorientarsi e riposizionarsi a livello internazionale. Uno sconvolgimento globale e il superamento delle condizioni patriarcali, coloniali e capitalistiche non è una questione di lusso, ma esistenziale.
Non ci abitueremo mai a ciò a cui dovremmo abituarci.
Il Gruppo Vulcano spegne l’alimentazione / sabotaggio dell’infrastruttura digitale
P.S.: Per un maggio rivoluzionario contro il colonialismo, il patriarcato e il nazionalismo
—— Fine del Documento —–
Pelt (Belgio) – avanza l’epidemia incendiaria di antenne
Sabato sera su un campo di calcio a Pelt, in provincia di Limburgo. La procura ha aperto un’indagine.
I vigili del fuoco della zona di soccorso di North-Limburg sono stati avvisati sabato intorno alle 23.30 dell’incendio su un’antenna presso il campo di calcio di Sporting Grote Heide. I membri della polizia tecnica e forense della Polizia Federale e un esperto di incendi sono stati inviati sul posto domenica per svolgere un’indagine approfondita. La polizia locale ha effettuato i risultati e la procura del Limburgo ha aperto un’indagine.
Non si può escludere un atto malvagio. Un cavo sembra essere stato tagliato. La procura non ha ancora confermato queste informazioni. Pelt è infatti uno dei trenta comuni in cui Proximus ha iniziato il roll-out del 5G all’inizio del mese. Tuttavia, un portavoce dell’azienda ha indicato che l’antenna bruciata non era dotata della tecnologia 5G. “Questa non è un’antenna di prossimità”.
Sguardo obliquo
“Guarda a tutt’occhi, guarda.”
Jules Verne
“La prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti.”
Hannah Arendt
La disinformazione giornalistica scomposta ed emergenziale sta facendo da narratrice unidirezionale alla situazione complessa in cui siamo immersi da un mese a questa parte. Improbabile trovare un’unica lente di osservazione ed analisi per affrontarla. Molti piani, prospettive e dinamiche si mescolano e intrecciano richiamando relativi interessi e protagonisti di processi già in corso.
C’è da dire che, come spesso accade nella storia, avvenimenti emergenziali accelerano determinati processi e in questo caso affiorano chiaramente quelli che sono gli obiettivi che, grazie a questa pandemia, si vorrebbe raggiungere.
L’eccezionalità permette di spostare il confine dell’accettabile in modo poco rumoroso e senza preavviso, attuando delle “trasformazioni silenziose” irreversibili.
“È importante che gli scenari non siano previsioni. Piuttosto, sono ipotesi ponderate che ci permettono di immaginare, e poi di provare, diverse strategie per essere più preparati per il futuro – o più ambiziosi, come aiutare a plasmare un futuro migliore… gli scenari sono un mezzo attraverso il quale è possibile non solo immaginare ma anche attualizzare un grande cambiamento” (Rockfeller Foundation).
E’ stata imposta la frammentazione sociale con la retorica del “distanziamento come nuova forma di solidarietà” mentre in alcune fabbriche il frastuono dei macchinari continua incessante per non interrompere il flusso di capitale.
Lampante è l’esempio di alcune aziende della bergamasca, la Tenaris Dalmine, del gruppo Techint, tra tutte. Specializzata nella fornitura di tubature per il settore petrolifero, non ha mai smesso la sua produzione spalleggiata dall’amicizia “disinteressata” con i sindaci dei comuni bergamaschi.
Una fabbrica che se anche avesse chiuso non avrebbe perso i propri profitti dal momento in cui gli stessi proprietari possiedono anche l’ospedale polispecialistico privato Humanitas Gavazzeni.
Da una parte o dall’altra il guadagno sulla pandemia era assicurato.
Un sinistro teatrino per far sì che “le bugie sembrino sincere e l’omicidio rispettabile” (G. Orwell).
Un’emergenza che mette ancora più in luce quelli che sono i meccanismi della vita sociale, tracciando ancora più profondamente i confini tra la classe dominante e quella degli sfruttati, appiattendo le soggettività a favore dell’utilitarismo in cui l’operaio è ridotto a mero strumento e l’anziano deceduto a numero statistico con cui concorrere con le percentuali di mortalità degli altri paesi.
Il quotidiano bollettino giornalistico della conta statistica dei morti scandisce questi giorni di quarantena. L’amministrazione della morte, come della vita, diventa materia prima per calcoli matematici trasformando la quotidianità in un vetrino da microscopio.
Non bastano più i dati digitali raccolti da una mano che tocca un touchscreen, servono i dati biometrici di quella mano.
I corpi diventano luogo dell’estrazione, mezzo, fonte e spazio della sorveglianza.
“L’efficacia dei governi si misura in base alla loro capacità di cambiare il comportamento quotidiano delle persone”.
Fin dall’inizio dell’emergenza è apparsa scontata l’attivazione di piattaforme di smart working (utilizzata da più del 70% e che con le ultime disposizioni per la fase 2 si appresta a diventare obbligatorio in alcuni settori) e didattica online (utilizzata dal 98% del settore) mettendo in luce che dal momento in cui queste sono immediatamente operative significa che un’infrastruttura in grado di sostenere miliardi di interazioni in rete con un sovraccarico extra che in questo momento ha toccato punte del +90%, già esisteva.
Il contesto emergenziale sta creando così la condizione ferace per l’avanzamento dei processi tecno-scientifici, alcuni dei quali sono avvalsi proprio dall’accettazione sociale creata dalla produzione della paura e nella visione salvifica della tecnologia.
Si parla di semplificare le lungaggini burocratiche per l’amplificazione della rete proprio nelle zone più piegate dal virus, Lombardia in primis.
“Da un punto di vista tecnologico un piano di emergenza a breve termine per dotare un’area limitata come la regione Lombardia di una rete 5G immediatamente operativa è perfettamente realizzabile” dice l’amministratore delegato di ZTE Italia.
“Gestire la crisi mentre si costruisce il futuro” ha un’accezione assolutamentenegativa dal momento in cui il futuro che viene costruito è il loro, in cui noi e le nostre interazioni diventiamo pellet di dati per saziare gli algoritmi.
Stiamo assistendo ad un’equiparazione tra il nostro mondo e il funzionamento di una macchina in cui ogni movimento è perfettamente regolato, monitorato e oleato.
Basta guardare i 17 specialisti scelti dal governo Conte che faranno parte della Task Force che si occuperà “Fase 2” per la ripartenza del paese. Significativo che a guidarla sarà proprio l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, che verrà fiancheggiato da numerosi tecnici ed esperti tra cui Roberto Cingolani, l’attuale responsabile dell’innovazione tecnologia di Leonardo e direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Ad essi è affidato il compito di “ripensare l’organizzazione della nostra vita e preparare il graduale ritorno alla normalità”.
Una ri-organizzazione commissionata a tecnici, accomodati dallo Stato e i suoi amministratori,che ci porterà in una direzione tutt’altro che misteriosa.
Sul suolo italiano, Vodafone, è stata la prima compagnia telefonica – una delle più grosse al mondo – ad aver investito nell’infrastruttura del 5G. Nei primi mesi dell’anno scorso era l’unica compagnia ad offrire una copertura 5G nelle cinque città pilota italiane (Milano, Bologna, Torino, Napoli e Roma).
La scelta di creare una task force con a capo proprio l’ex amministratore delegato è una scelta ben precisa mirata a sostenere lo spirito tecnologico dominante mettendo in luce le “affinità elettive” tra sistema tecnico e potere statale.
Proprio qualche giorno fa l’attuale CEO di Vodafone, durante un’audizione presso Montecitorio ha preso voce rispetto alle prospettive future del paese dichiarando che “So bene quanto l’importanza della tecnologia e delle reti fosse già nota […]. Vi segnalo che abbiamo deciso di focalizzare parte dell’attenzione e dell’impegno che stiamo mettendo in campo sulle esigenze sanitarie che possono essere sviluppati grazie alla diffusione del 5G e delle sue applicazioni.
Vodafone sta rafforzando la collaborazione con ospedali e istituti di cura per mettere a disposizione della salute degli italiani le tecnologie più avanzate e per aiutare i nostri medici e infermieri nel loro prezioso lavoro a favore della comunità. […].”
Dopo una serie di premesse per mettere in luce la ramificazione del potere dell’azienda in questa situazione emergenziale, si passa al reale interesse di tale dichiarazione chiedendo “un immediato adeguamento dei limiti di campo elettro-magnetico al livello degli altri principali Paesi europei (in Italia abbiamo i limiti più restrittivi dell’intera Unione Europea) e sono necessarie misure di semplificazione, avvalendosi degli istituti già noti al nostro ordinamento dell’auto-certificazione e del silenzio-assenso.”
Quale momento più ideale per uscire allo scoperto? Soprattutto dal momento in cui i lavori per la nuova infrastruttura 5G sono già in corso da diverso tempo (le pubblicità e i documenti ufficiali parlano piuttosto chiaramente a riguardo) centinaia antenne già installate, quindi di fatto lo spostamento dell’asticella dei limiti di tollerabilità è già in atto e questa pantomima col governo probabilmente rappresenta unicamente una formalizzazione necessaria per l’istituzionalizzazione della rete 5G.
La stessa Vodafone la ritroviamo nel servizio di messaggistica gratuita correlato alle applicazioni per il monitoraggio e la mappatura delle persone in fase di progettazione e attuazione su tutto il territorio.
Vodafone insieme a Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e altri nel settore hanno potuto così proporsi per collaborare alla gestione dell’emergenza sfruttando un momento di vulnerabilità per applicare delle condizioni altrimenti premature. Condivisione di dati e mappature digitali, creazione di applicazioni ad hoc e “solidarietà digitale” sono alcuni esempi di come, sottochiave umanitaria, le grandi multinazionali della sorveglianza hanno potuto ulteriormente ingrassare i loro server di dati e scavalcare alcuni scalini per l’accettazione di innovazioni tecnologiche.
In un futuro non troppo lontano sarà proprio in nome della sicurezza sanitaria “digitale”, della comodità del lavoro “flessibile” e della formazione scolastica che le infrastrutture per le città intelligenti verranno implementate barattando l’illusione di una libertà nelle comunicazioni illimitate con controllo e sorveglianza totali.
Un processo alla quale siamo indotti a partecipare, arruolati nel progresso tecnico, e nel quale ci confesseremo quotidianamente – tramite i dispositivi tecnologici – per un bisogno interiore sapientemente manipolato da un nuovo potere totalizzante, fluido, consensuale, a “misura d’uomo”.
La parvente “benevolenza” di un potere è ciò che lo rende così efficace.
In Cina, a emergenza finita – almeno per il Coronavirus – ogni spostamento ed interazione sono registrati, analizzati tramite DataMining e classificate tramite smartphone. Se si sale su un pullman, su un treno, si entra in stazione o in una determinata zona della città, c’è un QRcode da scansire in modo che il sistema registri il passaggio. Un’amministrazione automatizzata delle condotte che tramite incroci di dati, alcuni dei quali neanche ci immaginiamo, analizza ogni aspetto della vita in un processo prescrittivo dal quale siamo esclusi.
Una nuova implementazione al Sistema di Credito Sociale¹ che il governo cinese si era prefissato di rendere completamente operativo proprio quest’anno dopo una fase “sperimentale” di 6 anni alla quale sarebbe seguita l’adesione obbligatoria per tutti i cittadini. Ora, quindi, alle quattro macroaree scansionate da questo sistema (onestà negli affari di governo, integrità commerciale, integrità sociale e credibilità finanziaria) si aggiunge l’area riguardante i dati sanitari delle persone completando il profilo bio-sociale.
Il contesto cinese, insieme a ciò che sta avvenendo in Corea del Sud, Singapore ed Israele seppur con considerevoli differenze, è sicuramente importante ma basta dare un’occhiata a tutto ciò che sta avvenendo sul suolo italiano per accorgersi che il controllo e la gestione sociale di Xi Jinping non è poi così lontano come sembra.
L’emergenza Coronavirus, quindi, è la tempesta perfetta che ha permesso al governo cinese il rafforzamento e l’implementazione di quei sistemi già inaccettabili ma attivi da diversi anni, alzando ulteriormente la soglia dell’accettazione sociale.
Quel che viene presentato come un sistema extra-ordinario per mappare il contagio serve unicamente a renderci partecipi al nostro profilamento e alla nostra sorveglianza.
“Le tecnologie più profonde sono quelle che scompaiono. Si legano al tessuto della vita quotidiana fino a diventare indistinguibili da esso” S. Zuboff.
Con App che ti dicono se puoi essere contagiato da Coronavirus, da puntatori biometrici che controllano la tua temperatura, droni che sorvegliano città come sentieri di montagna per la tua sicurezza, velocemente si concretizza un mondo nuovo in cui la realtà viene scomposta, riassemblata e ripropostaci da compagnie e governi.
Per riprendere D. Lyon “diventiamo la sintesi delle nostre transazioni, meccanismi di classificazione” in cui è l’algoritmo di un telefono a intimarci in quale modo possiamo agire all’interno di uno spazio determinato.
La quotidianità che conoscevamo viene macinata per costruire un nuovo futuro con una velocità tale da paralizzare la consapevolezza e creare enormi vuoti.
Ancora una volta l’inevitabilità della soluzione tecnologica ci viene riproposta.
Una ideologia pericolosa, contagiosa.
Ancora una volta si confonde una strategia calcolata nel dettaglio in una precisa contingenza storica come un avvenimento assolutamente emergenziale, extraordinario che si propone di gestire una situazione difficile nel modo meno impattante possibile.
Ci abitueremo così alla “Calm Technology” e senza accorgercene saremo immersi nel tecnomondo che scompare negli ambienti della nostra quotidianità facendoci perdere di vista il confine tra reale e artificiale.
Numerose sono le metafore alla guerra riferendosi a questa pandemia. Ma se una guerra è in corso, è quella contro la natura, la natura umana, la sua socialità e la sua volontà di pensare e agire. Una guerra lampo, che colpisce con velocità e che tenta di lasciare intorno a sé solo soggetti inermi, confusi, soffocati. A differenza però della guerra, fatta di ”menzogne unificanti”, a cui fanno riferimento giornalisti e amministratori statali di vario genere che spingono al nazionalismo verso un nemico esterno – ed interno -, questa offensiva deve creare consapevolezza della realtà che prende forma intorno a noi, veloce, e spingerci ad avere “sangue freddo per pensare l’impensabile”.
Una narrativa frammentaria e funzionale ha dirottato i sentimenti e i pensieri verso la piena fiducia nei leader statali e del settore delle telecomunicazioni, tecnocrati e ricercatori di varia fattura. C’è spazio per ogni esperimento se può aiutare a salvarci dalla pandemia. Dalle manipolazioni genetiche con CRISP-Cas9, agli esperimenti sulle scimmie, ai progetti di vaccini sintetici in giro per il mondo, ai chip impiantati sottopelle, l’ignoranza e la paura spalancano le porte al sistema tecno-scientifico.
Negli USA e in Cina si parla già di una corsa geostrategica delle biotecnologie.
Le potenze mondiali si spintonano per accaparrarsi i laboratori migliori ed assicurarsi un posto in prima fila nella gara al vaccino e alle sperimentazioni sulle persone.
Tra i più colpiti da questa pandemia sono sicuramente gli anziani.
Dopo il 1985, anno riconosciuto come quello della prima generazione di quelli che Mark Prensky ha battezzato nativi digitali, e nei decenni successivi ancora di più, la realtà che oggi viviamo è percepita come l’unica vivibile, impensabile un passato diverso privo di comodità digitali e tecnologie suadenti.
Corriamo verso un mondo, come immaginava J.Verne ne La Parigi del XX secolo, dominato dalla tecnica e i suoi ingegneri in cui l’arte, la letteratura, l’umanità diventavano prendi-polvere ammassati in biblioteche abbandonate, dimenticate da tutti.
Questo virus colpisce principalmente le ultime generazioni di “affezionati” all’epoca pre-digitale della storia umana, i meno adattabili a questo nuovo sistema algoritmico, innervato da reti, sensori e chip. Con essi se ne vanno i racconti che descrivono l’oggi come un incubo di fantascienza assolutamente inimmaginabile qualche decennio fa.
Come scrive H. Keyeserling “dovunque penetri la tecnica, non resiste alla lunga alcuna forma di vita pre-tecnica”.
Anche se le nuove avanguardie tecnologiche sono pensate per inglobare tutte le fasce d’età con i nuovi progetti di Active and Assisted Living perchè “non può esistere una smart city senza cittadini smart e soprattutto anziani smart!”.
La memoria è indispensabile anche perché ci rammenta mondi altri, possibili, esistiti e che possono esistere sotto altre forme.
La memoria ci salva dall’inevitabilità del presente che sembra schiacciarci fino a soffocare ogni volontà ed è indispensabile, ma non può essere la chiave di lettura di questo presente.
Le nuove forme di potere che agiscono sull’oggi non hanno antecedenti storici ed analizzarli sotto la lente di modelli passati sarebbe un errore che non ci permetterebbe di coglierne in pieno le peculiarità e di conseguenza di trovare le strategie per opporvisi.
I giornali di sinistro gusto vendono migliaia di copie per i continui articoli sulla sterile conta statistica dei morti, in strada tra il vicinato non si parla d’altro.
Nelle ultime settimane in città il lutto fa da metronomo a queste giornate silenziose.
Ma se c’è un senso di lutto che sicuramente dobbiamo avere è quello per tutto ciò che ci stanno togliendo. Per tutta la libertà individuale che si stanno accaparrando e per tutta la distruzione che inesorabilmente sferzano contro la Terra e i suoi abitanti.
I tempi in cui non ci sarà più stupore e sgomento saranno i tempi in cui ci saremo normalizzati ad uno stato di cose inaccettabili. Rivendichiamoci il nostro stupore e la nostra meraviglia, fatta di rabbia e angoscia, perché sono quei sentimenti che stimolano alla consapevolezza, all’agire e alla volontà di volere senza aspettare i tempi in cui i sentimenti diventeranno “diritti” che lo stato ci concede.
“Quanto prima di dimenticarci chi eravamo quando non eravamo ancora di loro proprietà, chini nella penombra a studiare vecchi libri che parlano di autodeterminazione, con uno scialle a scaldarci, la lente d’ingrandimento in mano, come se stessimo decifrando antichi geroglifici?”
S. Zuboff
Nella
Bergamo – 14 Aprile 2020
¹ Sistema di Credito Sociale cinese: il sistema nazionale per la classificazione dei cittadini funzionante tramite l’incrocio di informazioni riguardanti la condizione sociale, economica e la valutazione comportamentale di ogni individuo. Non si tratta solamente di un sistema di sorveglianza capillare e di massa ma di una precisa architettura tecnica per manovrare i comportamenti verso una direzione programmata.
E’ basato su tecnologie per l’analisi di Big Data che, tramite l’assegnazione di punteggi, crea caratteri di inclusione od esclusione nella società trasformando i punti in “diritti” che, proprio come dei punti, possono essere persi o acquisiti. Il programma prevede la stesura di liste nere esposte pubblicamente. Un sistema che incita alla partecipazione dei propri cittadini secondo un principio di interiorizzazione, affidando a meccanismi automatizzati il mantenimento dell’ordine sociale. E’ in vigore dal 2014, in fase di sperimentazione e adattamento, e da previsioni programmatiche si appresta a diventare obbligatorio per tutti i cittadini proprio quest’anno.
[visto su https://www.resistenzealnanomondo.org]
In c.so Giulio Cesare è solo l’inizio
Il potere ormai a briglia sciolta della polizia si è manifestato oggi in maniera esemplificativa in un fermo che aveva il sapore di un’aggressione. Poco dopo pranzo sotto all’occupazione di c.so Giulio Cesare 45 una decina di poliziotti hanno fermato due uomini con un esercizio di forza esagerato e senza badare alle misure precauzionali anti-contagio. La violenza dell’azione è stata tale da aver destato l’attenzione delle persone della zona che, seppur rinchiuse in casa, non sono rimaste zitte e molte sono scese in strada. Tra loro anche alcuni compagni che hanno iniziato a inveire contro quella brutalità aggravata dalla totale e sprezzante noncuranza del possibile contagio. Proprio coloro che impongono fattualmente il lockdown e hanno la gestione completa di ciò che avviene nelle strade delle città rappresentano un ulteriore pericolo alla salute oltre quello che il loro ruolo gli concede normalmente. Numerosi mezzi della polizia e dell’esercito sono arrivati di rinforzo e di fronte a un quartiere a loro palesemente ostile hanno iniziato a far pressione sui compagni che sono stati buttati a terra, trascinati e portati via.
Decine e decine di individui sono rimasti in strada insieme a qualche solidale arrivato dopo e a centinaia di residenti alle finestre hanno inscenato una vera e propria protesta nonostante le difficoltà perché c’è un limite di sopportazione alla pazienza e ciò che è accaduto nel pomeriggio lo dimostra.
Con incredibile velocità sono arrivate le prime dichiarazioni dei politici cittadini che da destra e sinistra si contendono in maniera scomposta il titolo di chi avesse invocato la repressione degli anarchici più tenacemente negli anni. Sembra palese che siano spaventati da scenari che non riescono neanche a immaginare perché in Aurora la misura pare essere colma e dopo settimane di domiciliamento forzato in angusti appartamenti, una vita ridotta ormai letteralmente alla fame, verso lo Stato e i suoi rappresentanti in divisa si iniziano a vedere inequivocabili segni d’insopportazione.
Nei quartieri popolari delle città potrebbe essere solo l’inizio. Si ha infatti notizia di un gruppo di compagni che a Milano nel tardo pomeriggio sono andati di cortile in cortile in zona ticinese a raccontare degli avvenimenti di Torino col megafono e che la risposta dalle case sia stata di accorata e rumorosa solidarietà ai compagni.
Di loro ancora non si hanno notizie certe, riporteremo presto aggiornamenti. Intanto i giornali dicono che sarebbero in arresto e che quaranta persone sarebbero state denunciate per violazione delle norme della pandemia.
Quello che è avvenuto oggi sembrerebbe essere solo l’inizio e non è un caso che sia avvenuto tra le vie più povere della città.
Giordana, Marifra, Samu e Daniele liberi!
Tutti liberi, tutte libere!
Torrazza (Italia) – Sciopero dipendenti Amazon
“Scioperiamo perché la nostra salute viene prima di tutto”. A parlare è uno dei lavoratori dello stabilimento Amazon di Torrazza Piemonte che ha aderito allo sciopero proclamato ieri dalla Filt Cgil dopo i quattro casi positivi che si sono registrati dall’inizio della pandemia. “Abbiamo chiesto all’azienda di dirci quali sono i reparti e i turni coinvolti, ma questi dati non sono stati forniti – spiega Simona Cavaglià della Filt Cgil – riteniamo che ci sia poca trasparenza da parte dell’azienda”. Qui nello stabilimento Piemonte lavorano circa milleduecento persone: “Le mascherine sono arrivati soltanto una settimana fa e ne abbiamo a disposizione solo una al giorno così siamo costretti a tenerla anche per otto di fila” racconta uno dei lavoratori. Con l’emergenza Covid-19 i ritmi di lavoro non sono diminuiti, anzi: “Diventa difficile rispettarle nelle operazioni di magazzino che prevedono la movimentazione di persone o di merci. L’abbiamo segnalato, ma al momento l’unico risposta sono state le mascherine”. Accuse che in una nota diramata dall’azienda vengono rispedite al mittente: “In tutti i nostri centri logistici per salvaguardare i nostri dipendenti e i dipendenti dei fornitori di servizi abbiamo aumentato le operazioni di pulizia dei siti, rivisto oltre cento processi al fine di portare la distanza interpersonale minima a due metri”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/18/coronavirus-sciopero-allo-stabilimento-amazon-di-torrazza-piemonte-un-lavoratore-quattro-casi-positivi-non-siamo-tutelati/5774033/