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Tolosa (Francia) – Sabotate cinque auto
A maggio fai ciò che ti piace.* Per ciò che rappresentano diverse auto si sono ritrovate le gomme bucate:
– un’auto del municipio di Tolosa
– una macchina di una società di distribuzione di carne…
– due auto dell’agenzia immobiliare
– un’auto EDF
Taglierino o punteruolo sul lato del pneumatico (non sulla parte superiore) e questo è tutto! (attenzione, può causare un contraccolpo ed essere rumoroso, il punteruolo pare faccia meno rumore)
Abbasso (abbatti) questo mondo!
Nota d’Attaque: forse una risposta a questa chiamata.
Stoccarda (Germania) – Notte di rivolta, scontri e saccheggi
A Stoccarda, nella notte tra il 20 e il 21 giugno, un fermo per un controllo anti-droga ha fatto scoppiare una vera e propria rivolta.
Alcuni giovani presenti in un parco vicino al luogo dell’operazione sono intervenuti per liberare il fermato poco prima di mezzanotte. In breve tempo a queste prime persone – tra le 100 e le 200 – se ne sono aggiunte altre, in buona parte con il volto occultato da mascherine chirurgiche – viva la sicurezza e la responsabilità individuale – e indumenti vari. La folla in rivolta ha raggiunto circa le 500 unità e ha continuato ad attaccare la polizia e le sue volanti con lanci di pietre e oggetti trovati in zona. La folla si è poi diretta in gruppi più piccoli verso il centro città attaccando e saccheggiando una ventina di negozi. Il tutto è durato fino alle tre del mattino, quando alla sbirraglia già presente se n’è aggiunta altra arrivata in rinforzo. Si contano circa diciannove poliziotti feriti, diverse volanti danneggiate, 14 tra negozi e ristoranti danneggiati, 9 saccheggiati tra i quali una gioielleria, 20 persone in stato di fermo.
Mentre in molti affermano di non aver mai visto scene del genere in quella città aggiungendo di aver avuto l’impressione di vivere situazioni da ‘guerra civile’ i servi del sistema si affrettano a ricondurre le ragioni dell’inaspettata violenza verso cause, per loro, più accettabili. Se da una parte c’è chi dice che la rivolta è stata determinata dall’eccesso di alcool altri affermano che invece deriva da questioni etniche. Altri ancora non riescono proprio a capire il perché di una tale e inaspettata violenza..
Qualcun’altro, invece, forse non fa fatica a comprendere le cause di questa esplosione di rabbia liberatrice. In Europa veniamo infatti da mesi di reclusione per un problema che – ingigantito, o meno, creato dagli umani o meno – è sicuramente veicolato e alimentato da questo sistema. Reclusione che è stata possibile solo tramite il massiccio utilizzo di infami in divisa, utilizzo che non ne ha di certo aumentato la simpatia e l’accettazione. Oltre a queste, il diffondersi delle immagini delle rivolte scoppiate negli Stati Uniti, che seguono di qualche mese quelle che, l’anno scorso, hanno sconvolto l’ordine di buona parte del mondo sono verosimilmente state fonte di una spontanea ispirazione.
Queste le probabili ragioni alla base di quella notte di incontrollato attacco e distruzione. Ragioni che causeranno di sicuro grandi preoccupazioni in coloro che governano questo mondo.. forse temono l’inizio, o meglio la continuazione, di una stagione di rivolte.
Se questa idea farà perdere loro il sonno a noi non può che farci sorridere..
Quì un articolo piuttosto esaustivo, di seguito alcuni video.
https://invidio.us/watch?v=FjZcyY8A2Zk
https://invidio.us/watch?v=tyHku5LQTQA
Small is beautiful?
Aggiornamenti su Mauro Busa
Mauro, trasferito ad Agrigento, ha richiesto i domiciliari per la sua condizione di salute a rischio COVID. Il magistrato di garanzia della città l’ha respinta motivando la scelta con l’affermazione che lui è un prigioniero
che i NIC (nucleo Investigativo Centrale: la DIGOS dell’amministrazione penitenziaria) di Torino hanno classificato “detenuto pericoloso”.
Il suo concellino, una volta saputo della sua malattia, ha iniziato a creare problemi sostenendo che – a cuasa della sua condizione – Mauro era più a rischio di ammalarsi di Coronavirus e poi di infettare gli altri.
Dopo che la voce era girata in sezione, per evitare problemi Mauro ha chiesto di essere messo in cella da solo: hanno accolto la sua richiesta.
Da un po’ di tempo Mauro ha smesso di mangiare animali; inoltre dice di non mettere francobolli dentro alle buste perchè non li fanno passare.
Non gli stanno facendo arrivare l’opuscolo “Olga” perchè ritenuto sedizioso.
Chiede che gli si spediscano cose da leggere perchè non ha nulla.
Dice di aver spedito lettere “a mezza italia” ma non ha praticamente ricevuto risposte.
per scrivergli:
Rossetti Busa Mauro
cc. piazza di Lorenzo, 1
Contrada Petrusa
92100, Agrigento
https://roundrobin.info/2020/06/aggiornamenti-su-mauro-busa/
Non se, ma quando
Non se, ma quando
Ad appena un mese dall’operazione Ritrovo una nuova operazione sbirresca, detta Bialystock, ha colpito sette compagni e compagne anarchiche. Due di loro si trovano ai domiciliari, tre nelle patrie galere, e due, sempre in carcere, attendono di essere trasferiti in territorio italiano, poiché al momento dell’arresto si trovavano all’estero. A questi compagni e compagne va la nostra piena solidarietà e vicinanza.
Vorremmo anche, con questo scritto, provare ad articolare qualche più ampia riflessione.
Non se, ma quando: è quel che verrebbe da pensare nell’analizzare, globalmente, le operazioni antiterrorismo condotte dallo Stato italiano negli ultimi anni a danno di chi si richiama all’ideale anarchico. Non è un ripiegamento vittimista, né un’invocazione iettatoria, semplicemente prendiamo atto del fatto che sempre più spesso il tentativo del potere è quello di incarcerare e reprimere le individualità anarchiche… in quanto tali.
Questa conclusione è banale solo in parte. Nelle costruzioni giudiziarie, infatti, sono sempre meno i fatti specifici ad essere contestati, e sempre più spesso si ricorre abbondantemente al reato di istigazione. Testi, scritte sui muri, volantinaggi, diffusione di idee ed inviti alla solidarietà attiva con gli individui incarcerati sono ritenuti ormai l’armatura del terrorismo e dell’eversione, complice anche l’esistenza di una norma quale l’articolo 270 sexies – il quale definisce come terroristica qualsiasi condotta che possa intimidire lo Stato o una sua estensione (aziende, organizzazioni ritenute strategiche), portandolo ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto o progetto. La vaghezza di questa formulazione va a braccetto con gli intenti sempre più esplicitamente preventivi dell’apparato giudiziario, come a dire: ‘sono anarchici, prima o poi colpiranno, tanto vale portarsi avanti col lavoro e bloccarli subito’. O, come nel caso dell’operazione Ritrovo, la prevenzione viene sostanziata dalla dimensione contestuale e risponde al timore che in un momento di crisi sempre più acuta (quale quella che viviamo dal principio della pandemia da covid-19) la presenza delle anarchiche e degli anarchici nelle strade, nei luoghi di sfruttamento, sotto le mura delle galere possa costituire un rischio per il mantenimento dell’ordine costituito.
Così arriviamo a ragionare sul quando: quand’è che lo Stato riconfigura l’estensione dei propri mezzi repressivi? In quale momento storico viviamo? Quali sono i rischi per la stabilità delle istituzioni, e quali le possibilità per chi, nelle istituzioni, vede solo il dispiegamento di una violenza schiacciante, insopportabile?
La pandemia ha esacerbato una serie di processi già in atto da tempo, come l’impoverimento e la marginalizzazione ai quali alcuni strati della società erano già soggetti, ed ha reso evidente in modo doloroso chi fossero gli ultimi e le ultime. Molte analisi sono state condivise durante gli ultimi mesi e sappiamo bene ormai in quali punti nodali si sono concentrate le peggiori conseguenze della pandemia e della sua gestione, personificata nello stato d’emergenza sanitario. Non ci sorprende allora che in vari angoli del globo la paura sia diventata insofferenza, e poi rabbia, e poi rivolta. Non ci sembra assolutamente improbabile che negli Stati Uniti, ad esempio, la gestione della pandemia abbia esasperato le profonde disuguaglianze sociali e materiali e ulteriormente minato le condizioni di vita degli afroamericani e in generale di chi non sia bianco, e che questa rabbia sia esplosa assieme a quella causata dalle terribili morti di George Floyd, Maurice Gordon e Rayshard Brook, uccisi dalla violenza poliziesca e razzista. Nei giorni in cui gli Stati Uniti letteralmente bruciano, il presidente Trump inveisce sempre più violentemente contro dimostranti antifa e anarchici, definendoli, tanto per cambiare, terroristi.
In Italia dall’inizio della pandemia, un’ondata di fuoco ha devastato molte carceri, e quattordici persone detenute sono rimaste uccise durante quelle rivolte. E sono proprio i rapporti fra carcerati e individui a piede libero ad essere chiamati in causa dalle ultime operazioni antiterrorismo: a compagne e compagni di Bologna veniva contestata la presenza solidale fuori dalla Dozza e dal carcere di Modena, presenza considerata sobillatrice; le compagne ed i compagni colpiti nell’operazione Bialystock vengono accusati per la solidarietà portata avanti in seguito all’operazione Panico, in particolare verso Paska, ora nuovamente inquisito, per via delle “proteste coordinate dentro e fuori” che avrebbero portato al suo trasferimento dal carcere di La Spezia, dopo i pestaggi là subìti.
Ci troviamo, evidentemente, in un momento storico in cui la solidarietà tra sfruttate, inquisiti, dannati, diseredate sembra essere più pericolosa che mai, perlomeno agli occhi del potere.
Sarà allora un’arma che raccoglieremo volentieri: dentro e fuori dal carcere, ma anche sui luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle scuole, nelle rsa, nelle case in cui ci hanno rinchiuse, spesso intrise di abusi e violenza patriarcale, per le strade… tutto deve cambiare, e questo ci sembra un buon momento.
Solidarietà incondizionata alle compagne ed ai compagni colpiti dall’operazione Bialystock
Fra, Flavia, Nico, Robbi, Claudio, Dani, Paska liberi! Tutti e tutte libere!
Anarchiche e anarchici di Trento e Rovereto
Parigi – bruciata macchina del corpo diplomatico
Parigi, notte fra il 25 e il 26 maggio, avenue René Boylesve. Una BMW di lusso, con targa del corpo diplomatico, brucia.
Gli Stati si coordinano fra loro, al di là delle loro controversie, per sfruttarci. Prendono esempio gli uni dagli altri per sorvegliarci sempre più. Collaborano per reprimere i loro nemici, in particolare quelli e quelle che si battono contro ogni potere.
Un esempio di questa collaborazione fra Stati è l’estradizione del nostro compangno Gabriel Pombo Da Silva dal Portogallo alla Spagna.
Gli auguriamo molta forza e gli mandiamo, con queste fiamme, un piccolo segno di complicità.
La nostra solidarietà non conosce frontiere.
Viva l’Internazionale nera, viva l’anarchia !
[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].
Adesso che avete paura
E’ sempre più chiaro ormai come il modello economico dominante, sacrifichi alla legge del profitto e della competizione esasperata qualsiasi espressione di libertà individuale, uguaglianza e solidarietà sociale.
Di fronte a tutto ciò, numerosi sono gli scenari di rivolta che esplodono e si ramificano in ogni parte del mondo.
Dal confederalismo democratico curdo, ai territori autonomi zapatisti, da Hong Kong al Chile.
In questi ultimi mesi, il modo in cui la pandemia da Covid è stata gestita ha ulteriormente amplificato e reso evidente la disuguaglianza tra chi il sistema lo subisce e chi pretende di controllarlo.
Questo ha reso più estrema la tensione sociale e il suo potenziale esplosivo.
La morte di George Floyd, di per sé un evento non eccezionale nel contesto della brutalità di un sistema che giornalmente uccide e devasta, vissuto nel momento del lock down globale a causa della pandemia, ha scatenato a livello internazionale un’esplosione di rabbia che si è manifestata in molteplici forme: dall’assedio dei distretti di polizia, ai saccheggi di quei beni a cui molt* non hanno più la possibilità di accedere, alle grandi manifestazioni di piazza.
E tra le urla di chi, stanco di subire e servire a testa bassa, pretende adesso e subito di essere ascoltat* recepiamo un chiaro messaggio: pur a fronte di un sistema che ha cercato con tutti i mezzi e le tecnologie a sua disposizione di controllare, organizzare, lobotomizzare e reprimere tutti gli aspetti delle nostre vite, il naturale senso di ribellione e dignità non è stato completamente annientato e riaffiora in tutta la sua potenza e molteplicità. A fronte della disgregazione sociale, molti hanno naturalmente deciso di non abbassare la testa e attivare forme di autorganizzazione della rabbia e del proprio esistente. Esperienze individuali e collettive che rivendicano la loro unicità e differenza, ma che si schierano unite contro un potere che le vuole uniformi per poterle facilmente controllare ed annientare quando non più conformi alle leggi del profitto economico.
Nell’attuale scenario internazionale, l’opposizione a questo sistema di sfruttamento non è rappresentata da un unico fronte di opposizione, bensì da una molteplicità di forme e di esistenze conflittuali, la maggior parte delle quali non mirano a sostituirsi sugli spalti del potere, ma vogliono difendere le proprie esperienze di autogestione.
Questo meraviglioso e caotico incendio cresce, si ramifica e si riproduce come biodiversità immanente, e le forme del potere si trovano impreparate e deboli a muoversi su un piano di realtà che si fa sempre più ampio e scivoloso.
Chi riesce a muoversi con agilità in questo spazio di resistenza multiforme, se non coloro che hanno costruito le loro vite e le loro pratiche di azione sull’abbattimento di ogni forma di autorità, sulla solidarietà, sulla complicità con le diverse lotte?
Anarchic*, combattenti dell’incerto e dell’imprevisto, che si muovono con disinvoltura tra le contraddizioni del reale, sapendo apprezzare il valore di ogni lotta nella sua unicità, diversità e forza nell’essere granello di sabbia tra i meccanismi del potere.
Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le ultime operazioni repressive condotte in italia contro gli anarchici.
Le varie procure di stato e organi polizieschi non fanno più mistero di aver spostato l’obiettivo dell’azione penale dal fatto in sé, alla criminalizzazione delle esistenze conflittuali. L’impianto accusatorio è sempre più focalizzato sull’attività politica e solidale, sull’elaborazione di testi e analisi, sull’indagine minuziosa dei comportamenti quotidiani che non sono conformi agli standard del cittadino silente e obbediente.
Da qui il passo è breve nel rivendicare, come è stato chiaramente fatto per l’Op. Ritrovo, la matrice preventiva dell’operazione repressiva.
Se al centro del processo di criminalizzazione non ci sono più i fatti, ma i comportamenti, le idee e i nostri modi libertari e antiautoritari di interpretare e attraversare la realtà, allora tutto ciò ci porta ad una semplice conclusione: c’avete paura.
Nonostante la potenza dei vostri mezzi repressivi, nonostante continuiate ad incarcerare e torturare nelle caserme e nelle galere, nonostante proviate a dividerci e separare, fiutiamo la vostra paura di poter perdere il controllo su una realtà che non si presenta più ai vostri occhi soggiogata e univoca, ma multiforme, incazzata e potenzialmente dirompente.
Una realtà che per noi anarchici è il contesto naturale in cui noi ci muoviamo, in cui costruiamo relazioni di solidarietà e complicità con la nostra capacità di intercettare relazioni tra le diverse forme di lotta che si esprimono o che potenzialmente potrebbero esplodere.
Se la questione non vi è chiara, proviamo a raccontarvi una semplice storia:
C’è un falò nel fitto bosco attorno al quale si riunisce una piccola comunità. Quel fuoco ne rappresenta i sogni, i desideri, la dignità di un percorso di riconoscimento, autodeterminazione, autogestione e muto appoggio. Il suo calore accomuna gli individui che si riconoscono uniti nella diversità.
Tra le sue fiamme brillanti si specchiano i sogni degli anarchici. Volti incerti e cangianti che si accompagnano sulle cime degli alberi del folto bosco per mostrare a chi da quel falò non si era ancora alzato, che tutt’attorno brillano migliaia di altri fuochi. E per ogni fuoco, una nuova comunità, altri sogni, altre resistenze e vite, altri individui uniti della diversità. E dall’orizzonte, nel lampo di uno sguardo, sale un grande incendio che illumina il nulla che avanza.
Ed è proprio la paura di veder divampare le fiamme di questo grande incendio che spinge, questa volta la procura di Roma, a muovere le solite accuse che ormai conosciamo bene, contro sette compagn*. La montatura di quest’ultima operazione repressiva denominata Op. Bialystok altro non è che l’ennesimo tentativo di spaventarci, dividerci, fermarci e toglierci i/le compagn* dalle strade, dai posti occupati e da tutti quei luoghi che di fatto possono essere terreno fertile per alimentare focolai di rivolta.
Contrariamente a voi, noi non abbiamo paura. Saremo sempre solidali e complici con chi si oppone con ogni mezzo a questo Stato infame e assassino.
Senza fare un passo indietro continueremo a percorrere le nostre strade verso la liberazione insieme a tutt* i/le compagn* rinchius* nelle patrie galere e limitat* della propria libertà, con la certezza che le strade di liberazione che stiamo percorrendo mirano dritte a colpire i meccanismi del potere, a scompigliare i piani dello stato in tutte le sue forme violente e autoritarie.
Non ci avrete mai vittime inermi, bensì inarrestabili ribell*!
Il nostro più sincero disprezzo verso le vostre forme di repressione è pari alla gioia nel sentirvi deboli e impauriti.
Non chiedete perdono all’incendio che vi spazzerà via,
lui non conosce pietà
Anarchich* da Berlino.
Parigi (Francia) – Che crepi il vecchio mondo
Che crepi il vecchio mondo.
Che crepi pure il mondo nuovo che fa capolino.
Così nuovo, con il controllo digitale onnipresente, con il rincoglionimento di massa di fronte a degli schermi, con l’ingenieria genetica che tocca alle basi della vita.
Così vecchio, con l’autorità in tutte le sue forme, brutali o subdole, con la paura della libertà e dell’unicità individuale, con l’abitudine al conformismo.
Abbiamo approfittato del chiaro di luna dietro al cimitero del Père Lachaise per incendiare un furgoncino della Enedis [filiale di Eléctricité de France che si occupa della distribuzione dell’elettricità], in rue des Rondeaux [a Parigi], nella notte fra il 14 e il 15 maggio [2020].
Per rendere qualche colpo a quelli che fanno vivere questo incubo tecnologico.
Per non rassegnarsi.
Per mandare un messaggio di solidarietà al nostro compagno Damien: tieni duro!
Dei banditi mascherati
[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].
Tolosa (Francia) – Febbre gialla contro questo mondo
La dittatura sanitaria in marcia non è riuscita a debellare il virus della febbre gialla che abita i nostri corpi.
Nella notte fra il 19 e il 20 maggio [2020], abbiamo infranto i vetri della banca LCL, in avenue Jean Rieux, a Tolosa.
Una guerra è in corso, è vero. Ma non si tratta di quella contro un virus, piuttosto di quella dell’alto della società contro il basso. L’attuale crisi economica non è dovuta al Covid-19, ma a una politica liberale che perdura da decenni. E se non vogliamo rivivere le conseguenze della crisi del 2008, quando popoli come quello greco o quello americano si sono trovati dissanguati, bisognerà trovare le capacità di resistere, in questa guerra abominabile.
johnny
NdT: Il riferimento alla «dittatura in marcia» è al nome del partito del presidente, La République en marche, mentre quello alla guerra è al discorso di Macron del 16 febbraio, quando ha decretato il confinamento come misura di «guerra contro l’épidemia», infine in riferimento alla febbre gialla (e forse la firma, che su iaata.info è apparsa come «dei nostalgici di johnny», Johnny Halliday, che è un po’ il Vasco Rossi francese, versione più burina) rimanda, ovviamente, al movimento dei Gilets jaunes, molto forte a Tolosa.
[Rivendicazione in francese pubblicata in attaque.noblogs.org].