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Delitto e castigo
2. Farmacisti di noi stessi
Durante la malattia aveva fantasticato che tutto il mondo fosse condannato a esser vittima di una terribile, inaudita, mai veduta pestilenza che dal fondo dell’Asia marciava sull’Europa. […] Eran comparse delle nuove trichine, esseri microscopici che s’insinuavano nel corpo degli uomini [… che] diventavano subiti indemoniati e pazzi. Però mai, mai degli uomini si erano stimati così intelligenti e infallibili come si stimavano quegli appestati. Mai avevano creduto più incrollabili le loro sentenze, le loro deduzioni scientifiche, le loro convinzioni morali e le loro fedi. Interi villagi, intere città e nazioni si infettavano e impazzivano.
Weimar o meno, il governo iniziò la distribuzione massiccia di cortisolo. Una sfilza di esperti di neuroscienze sostenne la sua necessità per la tutela della Salute Collettiva, le case farmaceutiche si arricchiscono come sempre, i burocrati si armarono di timbri e decreti, le maestre lo spiegarono via web ai bambini, per chi non lo prendeva erano guai. Come si proclamava in giornali, web e tv, ma anche in appositi momenti della giornata, attraverso l’uso di altoparlanti e coreografie di gruppo che le forze dell’Ordine eseguivano in strada tra un pestaggio e l’altro, il cortisolo era necessario a bloccare processi di pensiero incontrollabili, inibendo le connessioni neuronali; la comprensione e l’apprendimento avvenivano secondo Skinner, le reazioni agli ordini secondo Pavlov, e l’obbedienza veniva implementata su base chimica, efficace e salutare come un’aspirina. Fuori dai supermercati reparti della celere distribuivano buoni pasto e pasticche di ormoni, i medici le somministravano perfino più diffusamente degli antibiotici, per entrare in farmacia era prima necessario buttarne giù un paio. La gente era così tranquilla che la cosa sarebbe potuta andare avanti per sempre.
Invece, a un tratto, mancò il cortisolo. Alcuni siti internet tacciati di cospirazionismo (e subito chiusi grazie alla legge sulle fake news) si lanciarono in improbabili spropositi circa sabotaggi ad opera di pseudo-untori malati di ipocortisoloidismo, che in effetti si dice provochi gravi squilibri mentali, insubordinazione e voglia di libertà; come che fosse, per un mese intero il cortisolo mancò. Eppure lo sfortunato incidente non provocò nella popolazione quell’ondata di instabilità che ci si sarebbe potuti aspettare, niente affatto: le persone autodefinitesi “brave” rimasero unite in quella confortevole sottomissione che le aveva cullate con moto pendolare da un dispositivo di controllo all’altro, permettendo loro di fare la spesa al supermercato, passare la vita davanti a uno schermo, fare la spesa allo schermo, passare la vita al supermercato; la gente normale restava tranquilla, i seppur ribelli però infatuati e sedotti dall’idea di Salute fornita dallo Stato, al massimo, supplivano dove lo Stato mancava facendo la spesa solidale per i poveri, o chiedevano nuove forniture di cortisolo per detenuti e operai. Di fatto, pareva che tutto fosse normale.
Se si sperticarono le Scienze a illustrare il fenomeno! Florilegi di dati, campionamenti, analisi, studi sperimentali ed esplosive candidature ai Nobel (Chimica, Pace e Medicina) si succedettero in poche settimane, senza che una sola spiegazione valida venisse fornita fino a prova contraria. E ci si potrebbe rassegnare a non capire, come fecero tutti, creandosi ciascuno un fatalismo privato che delegasse a un esperto a venire il mistero di ciò che era successo nelle vite di tutti, senza che tutti se ne accorgessero, e fino a fisiologico oblio in circa giorni sette.
Ma a ben vedere, col senno di poi, si potrebbe verosimilmente stabilire ora che il motivo fosse ovvio. Già, perchè erano le stesse parole allarmanti degli esperti di neuroscienze, era l’ansia per l’impossibile tutela della Salute Collettiva, era proprio l’azione incrociata delle case farmaceutiche, dei burocrati, delle maestre, dei giornali, del web e della tv, erano gli altoparlanti e le coreografie e i pestaggi delle forze dell’Ordine, erano i medici e i farmacisti, era la gente stessa, con la sua imperturbabile tranquillità, che rendevano inutile la somministrazione della molecola per via orale: il cortisolo è in effetti un ormone che le ghiandole surrenali sono capaci di produrre da sole, quando debitamente stimolate, noto come l’ormone dello stress e della paura. E la paura, si sa, oltre ad alimentarsi da sé, dà una forte dipendenza.
Segue.
Proposta per un 25 aprile che sia liberazione
Da qualche settimana quasi tre miliardi di persone sono costrette alla reclusione domiciliare forzata.
In Italia, come in altre parti del mondo, le prime persone che si sono ribellate al peggioramento delle loro condizioni di sopravvivenza, i prigionieri nelle carceri, sono state represse con morti e feriti.
Mentre la scienza propone tesi in contrasto tra loro, una parte della comunità scientifica afferma che il periodo delle quarantene, sebbene a fasi alterne, durerà almeno fino all’anno prossimo.
Lo stato, invece, ha già scelto quale verità propagandare per giustificare le misure adottate. L’isolamento domiciliare coatto viene prolungato, l’unica proposta-costrizione avanzata alla popolazione è obbedire ed aspettare sorvegliando e auto-sorvegliandosi.. ma per quanto?
Per ora la fine delle misure è stata rinviata al 13 aprile, ma molto probabilmente ci saranno ulteriori proroghe…
Il 25 aprile è la festa della liberazione. Liberazione non solo dal nazifascismo, ma da ogni forma di oppressione.
L’oppressione di vivere in un mondo nel quale gli spostamenti sono continuamente controllati e monitorati, con posti di blocco, soldati ovunque, droni, telecamere, braccialetti elettronici.
L’oppressione di essere singolarmente considerati come untori se non rispettiamo le leggi e pensiamo che la socialità e la possibilità di uscire non siano cedibili in cambio della sicurezza della sopravvivenza.
L’oppressione di vivere nel terrore dell’invisibile, perché il problema non è il virus, ma le condizioni ecologiche e sociali in cui esso si diffonde.
Il problema è il cambiamento climatico che modifica i cicli naturali, è il sovraffollamento urbano, è l’omologazione dell’alimentazione e delle risposte immunitarie, è la velocità degli spostamenti su tutta la superficie terrestre.
Ci avevano detto che avremmo dovuto accettare questi problemi, barattare la nostra obbedienza in cambio di certe sicurezze.
Queste sicurezze sono venute meno…
Questo virus, dopo il disastro economico e ambientale, è l’ultimo disastro – ad oggi – di una società che ci è stata imposta, società che si basa sulla dominazione, sull’accumulazione quantitativa e sullo sfruttamento del pianeta e dell’animale, umano e non.
Per questo proponiamo – con la speranza di essere superati dagli eventi – che il 25 aprile si ritorni in strada in più luoghi possibili per tornare ad incontrarci, affrontando la paura, combattendo la sorveglianza diffusa, attaccando la retorica deresponsabilizzante che ci vede tutti portatori di contagio.
Con l’intenzione che non resti un giorno isolato, vogliamo evadere dalla quarantena, farlo accettando le conseguenze delle nostre azioni, coprendoci il viso per la libera scelta di tutelare se stessi e gli altri e anche perché dalla libertà dell’anonimato potrebbero avere luogo cose altrimenti impensabili…
Restare spettatori passivi del disastro accettando la reclusione non impedirà il verificarsi di nuovi disastri, semmai prolungare l’agonia che già viviamo.
Possiamo ancora fidarci e obbedire mentre il mondo continua ad essere un luogo nel quale la vita viene negata tra controllo totale, socialità distrutta e il dramma ecologico.
Oppure identificare le cause di questo disastro, smettere di obbedire e agire per impedire che la distopia continui ad essere.
E per vivere infine possibilità di liberazione…
Un cigno nero nelle fratture fra individuo e società
«Qui ci sono le armi. Se volete, fate. Se non volete, fottetevi»
Errico Malatesta rivolgendosi ad alcuni contadini
durante la tentata insurrezione della banda del Matese nell’aprile del 1877
Questo momento di difficoltà sociale prodotta da un’epidemia ci fa scontrare con una condizione ormai lapalissiana: sopravviviamo in un mondo senza evasione possibile dove
non resta che battersi per una evasione impossibile. E in questa constatazione, ecco che si ripresenta la paura di rimanere in balìa dell’ignoto. Chi porta con sé la sofferenza di questo mondo sente una tensione liberatrice che apre le proprie viscere all’imprevisto, sempre. Imprevista è la stessa libertà sognata più e più volte.
Assaporando la qualità, potremmo sentire una voce che non può tardare malgrado le dispersioni delle tante occasioni che ci troviamo davanti. Essa piomba sull’individuo che non scende a patti con la società, illumina la notte perché chi vuole spezzare le proprie catene ha sognato anche di giorno, dimenticandosi della triste necessità.
Non abbiamo certezze. Essere continuamente in dubbio con se stessi è un buon esercizio di critica, perché l’anarchia è un modo di concepire la trasformazione della vita, lontano dalle concezioni dello scienziato e del prete su cosa è effettivamente vivere.
Niente è definitivo. Quando non c’è differenza fra pensiero e azione, ciò che pensiamo si
rovescia nell’azione e l’azione tenta di tracciare ripetutamente il vandalismo dell’idea.
Chi vuole creare uno scarto con il mondo dell’oppressione si realizza nel proprio pensiero e nelle proprie azioni perché espressioni di una parte di vita lontana dai richiami dell’ordine.
La significanza con quello che concepiamo nella nostra mente vuole scendere nel profondo della gioia, del desiderio e della bellezza. Non un semplice fatto che si concluda in se stesso per dirsi che oggi ho fatto qualcosa, ma quel fatto che nasce dal profondo, senza tornare mortalmente alla periferia di se stessi.
Tutto questo fa parte di una tensione. Non ha a che fare con il concreto e neanche con una realizzazione certa del domani. Una tensione che si scaglia contro il mondo, dove la morte e l’obbedienza fanno presa in molti individui.
Se le anarchiche e gli anarchici sono utopisti è perché hanno in mente un sogno senza misure che vuole fare a pezzi una realtà miserabile.
Il tormentato percorso che permette di incontrare la qualità porta la tensione utopica a non
perdersi nella concessione per una maggiore libertà, a non voler allentare la catena per un
domani più florido. Ciò per cui batte il cuore è come liberarsi di quella catena stringente per scatenarsi contro la cattività, ma anche per prendere distanza da chi ci vorrebbe imbonire con il gradualismo della libertà fittizia del pezzo per pezzo.
Libertà vuol dire assenza di limiti. Correre i rischi per la distruzione dell’ordine costituito è la tensione avversa e contraria al mercato delle opinioni. Le trame dell’idea sovversiva
scombussolano il nostro modo di porci in contrasto al mondo.
Insorgere per liberare se stessi resta il miglior modo per liberarsi con gli altri. Questa
ribellione si scontra in piccola parte contro la realtà. Analizzando ciò che ci circonda è la
fantasia della nostra volontà, del nostro desiderio e della nostra utopia che diviene
materialmente gioia per divenire irreconciliabili con l’esistente. Ricordate la celebre frase di Bakunin: «La rivoluzione è sempre per tre quarti fantasia e per un quarto realtà»?
Purtroppo ci sono anarchici che se la prendono con chi ricerca l’ignoto e l’autonomia,
dimenandosi nella giustificazione della sopravvivenza. Disprezzando gli utopisti, per darsi un senso del giusto altri paventano l’acclamazione dell’eroismo. Qualcuno vorrebbe
intraprendere la via più semplice della voracità del mito. Infine c’è chi ancora pensa che lo
Stato sia un organismo vivente con un cuore, non riuscendo ad immaginarsi un altrove in cui perdersi. Come se i palazzi del potere fossero delle scatole da aprire, piuttosto che rovine su cui danzare gioiosamente.
Tutti modi di intendere la vita per ergersi ad esempio per gli altri. Esserci e contare. Evitare che la tensione per la libertà possa cadere in questo tranello dell’identità, invece, sembra un’ottima riconoscenza alla propria unicità. Soffiare sul fuoco della rivolta, generalizzare l’incendio delle passioni, anche per distruggere la dittatura del quantitativo e donarsi alla pur sempre difficile ma meravigliosa qualità.
In fondo, chi vuole una vita degna di essere vissuta non si è mai sentito un eroe, non ha mai incarnato il mito dell’azione. Ha pensato, si è procurato i mezzi per agire e ha colpito.
Lanciando un messaggio per tutti quelli che vogliono ascoltare. Dando sfogo all’utopia, per
liberare il mondo da potere e servitù, muovendo continuamente il pugnale delle riflessioni,
toccando la dinamite del pensiero, cercando ardentemente l’affinità fra individui perennemente in lotta contro le strutture e gli strateghi del dominio, senza mai venir meno
alla solidarietà verso chi si ribella alla mostruosità dell’ordine.
Oggi il pericolo interno per l’unità degli anarchici e delle anarchiche è l’utopista. Per questo
alla cameratesca unità è preferibile l’arcipelago delle passioni sfrenate, ritrovandosi affini nel cielo stellato dei desideri e non nell’accozzaglia del bisogno, in quanto solo dall’Uno si crea il Molteplice, non viceversa. E se con i bisogni tutti ci dobbiamo fare i conti, non per questo essi dovrebbero essere una zavorra ai propri sogni e alla propria consapevolezza. Come per la libertà l’antitesi è la sicurezza, per il desiderio lo è il bisogno.
È nella chiarezza di ciò che vogliamo donare a chi ci sta vicino – un mondo senza autorità – che riusciremo ad uccidere i fantasmi che vivono in noi.
La meraviglia dell’avventura nasce da quell’orizzonte caotico che non sa che farsene della
misura. Nel momento in cui una rottura impensabile spezza e distrugge molti riferimenti
ordinati, il senso che vogliamo dare alla vita richiede immaginazione e creatività protratte
all’infinito.
La ricerca dei complici è implicita a ciò che ha generato il proprio universo autonomo.
Lontano dal possibilismo della necessità, vicino ad un altrimenti del provarci. Quell’universo autonomo che non è finito, ma si intreccia con l’infinitezza della superficie del mondo: un senso di sedizione, ignoto anche a noi stessi. Questa è la scommessa da mettere in gioco.
L’insurrezione è un’utopia ed è proprio qui che sta la bellezza del viaggio. La violenza di
questo mondo può fermare l’individuo, ma non le sue idee. E l’individuo non può che
ribellarsi a se stesso, oltre che ai tiranni.
Invitare a vivere fa parte della sfera del desiderio perché le persone sono belle quando
divengono appassionate, facendo apparire un cigno nero che sfidi le nostre paure e i nostri limiti, dissacrando la sacralità del moto perpetuo, distruggendo tutti i luoghi comuni che ci stanno intorno. Negando un mondo che fa della catastrofe la sua unica ragione di vita, attaccando decreti statali, ipotesi politiche, leggi di mercato, dogmi religiosi, applicazioni tecniche e chi difende l’inesorabile genocidio in atto. Nel disordine dei sogni e nell’incanto della rottura con questo mondo potremmo pensare a tutto quello che potrebbe divenire, nelle sue smisurate possibilità.
Tra il sogno dei teppisti e il gioco dei bambini ci sta la voglia più totale, la goduria del
pensiero e la fine dello Stato.
Come rispose Émile Henry ad Errico Malatesta, nel non troppo lontano 1892 sulle pagine de L’Endehors, è l’amore che genera l’odio: più amiamo la libertà, più odiamo chi si oppone al fatto che gli individui possano liberarsi.
un utopista
Nuovi sommergibili della Marina in tempi di coronavirus
A quanto pare la Marina Militare starebbe trattando una commessa da un miliardo di euro con Fincantieri per l’acquisto di nuovi sommergibili militari. La guerra non si ferma davanti ai virus.
https://www.ilsole24ore.com/radiocor/nRC_02.04.2020_11.12_21555523
https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/04/02/news/miliardo_sottomarini-252957644/
Bologna – Primo detenuto morto per coronavirus
Apprendiamo dai giornali che è morto il primo detenuto nel carcere di Bologna.
https://www.direttasicilia.it/2020/04/02/covid-19-il-boss-di-misulmeri-muore-a-bologna-a-rischio-rivolte-nelle-carceri/
Il futuro non è scritto – un contributo sui possibili sviluppi della situazione attuale
IL FUTURO NON È SCRITTO
Ho deciso di scrivere queste righe per provare a immaginare alcuni scenari futuri nell’attuale crisi
perché credo che questa, se non sarà la più grande crisi dell’attuale sistema di dominio, sarà di sicuro un evento che cambierà completamente il mondo per come lo abbiamo conosciuto finora, aprendo la strada a ristrutturazioni e avvenimenti fino a questo momento giudicati impossibili, nei cui interstizi l’azione anarchica che mira alla distruzione di ogni forma di oppressione potrà trovare occasione di esprimersi e, forse, rivelarsi appropriata alla realizzazione dei nostri sogni più reconditi e inconfessati.
Cominciamo con l’ammettere che questa crisi ha colto tuttx di sorpresa, nonostante numerose previsioni avessero da tempo annunciato possibilità del genere per il futuro prossimo dell’umanità (NATO URBAN OPERATION 2020, vi dice qualcosa?), possibilità a cui gli stati le loro istituzioni si preparano da tempo, ma che per fortuna, ancora sembrano incapaci di rispondere adeguatamente. Questo dovrebbe suggerirci una prima riflessione: a scapito delle analisi che vedono il potere come un organico e perfettamente oliato sistema di amministrazione, in cui tutte le parti concorrono adeguatamente portando il proprio contributo in maniera perfettamente sincronizzata, dobbiamo riconoscere che questa pandemia ha invece colto impreparati i governanti del pianeta quasi su tutti i livelli. Questo ci dovrebbe suggerire che per quanto si sforzino i nostri nemici, diverse e perfino opposte forze si accalcano sugli scranni del potere, a scapito di un’omogenea e puntuale gestione delle cose.
Immaginare scenari futuri non è un semplice esercizio della fantasia senza scopo, né un’attività volta allo stuzzicare piacevolmente i nostri propositi di distruzione. Né tanto meno dovrebbe essere un pretesto per continuare a ripeterci gongolanti l’estenuante litania del “noi l’avevamo previsto”. Dovrebbe servire piuttosto per aiutare a sviluppare seriamente delle progettualità di intervento nell’immediato futuro. Negli ultimi giorni continuano senza posa a uscire su siti d’area contributi che non aggiungono nulla a quanto già sapevamo, una sfilza di testi che sembra mirino più a dare ragione alle analisi stilate negli ultimi anni che a costituire degli utili strumenti per orientarci nella situazione attuale. Contributi impregnati da quell’ideologia dell’insurrezione che cerca ovunque le possibilità di una rivolta, senza mai osare immaginare di provocarla, o alla ricerca delle condizioni oggettive di una crisi del capitalismo, mancando dell’immaginazione necessaria per ipotizzare un intervento autonomo che metta finalmente e per davvero in crisi l’esistente, e ancora una volta dimostrano solo quanto le ragnatele teoriche del passato ricoprano ancora le analisi che fuoriescono dal cosiddetto milieu anarchico.
L’intensa quantità di scritti che stanno circolando ultimamente si limitano infatti per la loro maggior parte a descrivere con toni allarmistici le derive securitarie e paranoiche degli ultimi tempi, cosa che non aiuta molto a immaginare una via d’uscita da questa situazione che puzza di totalitarismo. Anzi! Fiacca il morale aumentando la mole di dati negativi con i quali fare i conti, ricalcando sostanzialmente l’atmosfera di paura che si respira ovunque, e dando sostanzialmente risonanza alle peggiori notizie in circolazione. Andiamo gente! Credete davvero che ci sia bisogno di continuare a descrivere l’evoluzione autoritaria dell’attuale sistema di dominio? Sono anni che lo si fa e questo a contribuito solo a sviluppare atteggiamenti pessimistici circa le possibilità di sovvertimento del sistema, oscurando il nostro immaginario con nuvole nere di negatività, frustrazione e sconforto. A mio modesto parere credo invece che ci sia bisogno di uno spiraglio di luce alla fine del tunnel, dello scorgere reali possibilità d’intervento nel presente da poter cogliere e trovare così di nuovo lo slancio all’agire. Altrimenti tanto vale rinunciare ora, darsi alle droghe (tecnologiche o chimiche che siano) o ad altro genere di distrazioni per godersi comodamente questo lento annichilimento, nostro e del pianeta, senza continuare ad auto-flagellarsi.
Questa considerazione mi porta a suggerire che c’è un urgente necessità di una narrazione degli eventi che sfugga da quella imposta dal dominio. È da tempo che si ripete come un mantra che ci manca il polso della situazione (sociale soprattutto) perché viviamo in ghetti antagonisti auto-costruiti, e ora che più che mai non si è nelle strade, che non si prende l’autobus, insomma ora che si è tagliati fuori dal mondo, è difficile farsi un’idea di che aria tira, e bisognerebbe prendere con le pinze ciò che passa sui vari tipi di schermi che affollano il nostro spazio domestico. In questo momento la maggior parte delle informazioni che abbiamo a disposizione sono fornite dagli organi di informazione mass-mediatici e quelle che rimbalzano senza controllo sui social, il che aumenta la dipendenza intellettuale da questo sistema e restringendo le nostre capacità di un pensiero autonomo, contagiato com’è dall’isterismo e dalla paura in circolazione. L’immaginario, anche nei cosiddetti “ambienti sovversivi”, è di fatto colonizzato da dati insignificanti e informazioni spazzatura, che distorcono la percezione della realtà e di fatto impediscono lo sviluppo di progettualità che travalichino gli argini del pensiero comune. Si sta pagando la mancanza negli ultimi anni di una critica dei media e dei mezzi di informazione, così come dei social. O diciamo meglio che la si è data per scontata, mentre sempre più compagne e compagni si adeguavano alle tendenze comunicative della massa mettendosi uno smartphone in tasca, raccontandosi (e raccontando in giro) che l’avrebbero usato “coscientemente”. Un fatto a dir poco sconcertante. Nonostante tutti sapessero le conseguenze che l’utilizzo di certi apparecchi ha sulla socialità e le indiscutibili ricadute a livello di controllo, ci si è semplicemente conformati, forse per paura di restare isolati, forse con la sincera intenzione di utilizzarli al meglio. Fatto sta che con pericolosa superficialità i nostri ambienti e spazi vitali sono stati riempiti ancora di più orecchi e occhi utili al potere, regalando migliaia di informazioni a chi si occupa di sorvegliarli, per esempio su chi visita determinati profili o pagine web, con chi si comunica, le reti di contatti, etc. Ed ora il governo discute se sospendere i diritti di privacy usando delle app al fine di controllare i nostri spostamenti. È triste riconoscere ancora una volta la tendenza contemporanea che vede una partecipazione dal basso nel costruire le proprie stesse gabbie.
Senza considerare le conseguenze che l’uso dei social sta avendo sulla capacità delle persone di sopportare questa condizione imposta di isolamento. Chissà quantx in questi giorni staranno ringraziando i mostri sacri del dominio tecnologico per avergli dato la possibilità di comunicare con i propri cari. Senza di essi magari sarebbero già scesi in strada, avrebbero escogitato mille e uno piani per evadere i divieti incontrandosi di persona, non potendo rinunciare oltre a quel contatto umano tanto importante per il proprio benessere psicofisico. E questo vale anche per rivoluzionari o i militanti di ogni sorta.
Possibili scenari del futuro prossimo venturo
Proteste e rivolte potrebbero avvenire anche nei prossimi brevi periodi; sono molte infatti le persone che presto avranno difficoltà a sostenersi. Nei giorni scorsi il Ministro per il Sud è intervenuto per mettere in guardia il governo sulle possibilità di un’esplosione sociale. Anche i servizi di intelligence si sono detti preoccupati. Si cominciano ad aver notizie di tensioni legate al soddisfacimento del fabbisogno alimentare, chi si occupa normalmente di assistenza sociale non è in grado di affrontare la grande quantità di richieste di aiuto che li sta sommergendo, e il governo sta correndo ai ripari distribuendo in tutta fretta alcune briciole, cercando goffamente di gettare acqua sul fuoco. Nel frattempo si sta, letteralmente, pregando l’UE di aiutare a sostenere l’economia e i bisogni della popolazione di fronte a questa crisi. Di oggi la notizia della creazione di un fondo di 100 miliardi di euro a questo scopo. È sicuro che di chi siede ai piani alti comincia ad essere preoccupato delle possibilità provocate dal prolungamento delle misure di contenimento del contagio, e che per prevenirle comincerà a dare fondo alle proprie riserve. Ma dobbiamo considerare come dicevo sopra che il potere non è un organismo perfettamente sincronizzato, e l’Europa ne è un perfetto esempio. Anche i potenti possono commettere errori di valutazione. Quindi potrebbe anche essere che queste misure non saranno sufficienti a calmierare la situazione. Basti pensare al gran numero di migranti irregolari che non avranno diritto a niente, o ai lavoratori in nero o a chi si guadagna il pane alla giornata; è probabile che ben presto cominceranno ad esserci dei conflitti tra poveri per l’accesso agli aiuti degli enti di carità e di assistenza. Il Italia esiste un’intera fetta della popolazione (soprattutto al Sud) che fa riferimento ad un’economia “sommersa”, che sembra il governo, e più in generale i tecnocrati vari, non stiano tenendo in considerazione, talmente hanno la mente offuscata da cifre e statistiche sull’economia “ufficiale”.
In altri paesi governanti con un po’ più di senno (o di istinto di autoconservazione?) hanno fin da subito bloccato il pagamento di mutui e bollette, fissato i costi del cibo, in alcuni casi tassato i più ricchi (come nel caso del Salvador). Certo laggiù le possibilità di sollevanti sociali sono certamente più concrete, ma resta il fatto che anche da queste parti si stanno creando le condizioni per una vera e propria bomba sociale. Se saranno in grado di acquietare le coscienze riempendo le pance e le bocche di carote, o se dovranno ricorrere presto al bastone per tenere sotto controllo la situazione, lo vedremo di qui a poco, visto che la fine della reclusione non sembra prossima.
A breve termine è anche probabile che le carceri esploderanno di nuovo, poiché le risposte alle rivendicazioni e alle esigenze dei detenuti messe in atto da Dap e governo non credo saranno in grado di calmierare la situazione per molto. Ci sono notizie di un aumento di contagi all’interno delle carceri, sia tra detenuti, sia nel personale medico, persino di morti. Non farsi cogliere impreparati di fronte a questa probabilità, ma cominciare già da ora a riflettere su come intervenire (essere presenti in zona per aiutare in caso di evasione a far perdere le tracce ax evasx? Bloccare le strade per le quali giungeranno i rinforzi sbirreschi? Colpire altrove?) mi sembra più che mai auspicabile.
Una volta usciti dalla crisi attuale possiamo poi dare quasi per certo il fatto che si aprirà un periodo di riassestamento, sia dal punto di vista economico-politico, sia dal punto di vista sociale.
L’economia sta avendo già da ora i suoi problemi, e i vari governi stanno mettendo in circolo gradi quantità di capitali per correre ai ripari. Una volta usciti dalla crisi tenteranno in tutti i modi di risollevare i consumi e le economie nazionali per favorire una nuova crescita. Nuovi progetti e devastazioni verranno messe i opera a questo scopo in tutto il mondo, peggiorando ulteriormente la situazione ambientale. Rilanciare la crescita, costi quel che costi, sarà il diktat attuato un po’ ovunque e appoggiato da tutte le forze politiche.
La UE potrebbe, nell’affrontare questo e altri problematiche, realmente e finalmente entrare in crisi. L’incapacità di quest’organismo sovrastatale di adottare delle misure necessarie per superare la crisi sta essendo dimostrata anche in questi ultimi giorni nelle discussioni tra il governo e i poter forti dell’Unione. Il divario tra Europa del nord e paesi del sud si accentuerà, aumentando i contrasti e la lontananza tra gli stati. Pensiamo per esempio al fatto che per aiutare i paesi in difficoltà come l’Italia (un paese con uno dei debiti pubblici più grandi del mondo e tenuto a galla solo dalla constante immissione di capitali da parte degli altri stati dell’Unione) i tecnocrati europei hanno avuto il coraggio di proporre come soluzione l’utilizzo del MES, ovvero quel fondo “salva-stati” che potremo definire senza remore un sistema di strozzinaggio istituzionalizzato. Basti guardare in che condizioni ha ridotto la Grecia con il suo intervento.
Questo scenario potrebbe rivelarsi sicuramente interessante, perché aprirebbe le porte ad un periodo di grande instabilità economica per i paesi periferici della zona euro, così come per l’Italia, che rischierebbe sicuramente il default se non trovasse velocemente un nuovo alleato in grado di sostenerne il debito. E qui potrebbero entrare in gioco la Russia, o più probabilmente la Cina, gli unici paesi in grado di comprarne il debito. Non mi spingo oltre nelle previsioni perché non sono un economista, ma penso che possiamo immaginarci facilmente cosa possa succedere nel diventare dei vassalli di potenze economiche che hanno tutto l’interesse nel crearsi una testa di ponte in Europa e conquistarne sempre più i mercati, potenze che di certo non sono in prima fila nella difesa delle “libertà democratiche” o dei cosiddetti “diritti dell’uomo” (concetti completamente svuotati di senso all’oggi, certo, ma ci siamo capiti).
È probabile che contemporaneamente e contestualmente a questo ci saranno delle proteste legate alle conseguenze che le odierne misure avranno comportato: proteste del comparto produttivo, industriale e agricolo in primis, ma anche delle piccole imprese; proteste degli operatori dei servizi come il turismo o dei trasporti che usciranno da questo momento di blocco totale in grande difficoltà; proteste dei precari, di chi ha visto in queste settimane sfumare i pochi risparmi messi da parte nel tempo con grande difficoltà. Proteste nella e per la sanità, per denunciare anni di tagli che hanno inevitabilmente contribuito ad aggravare e ad accelerare il collasso delle strutture sanitarie durante le fasi peggiori della pandemia. Proteste nel mondo dell’istruzione, per la mancanza di fondi e di mezzi con cui si è dovuta affrontare la chiusura di scuole e università e lo spostamento completo della didattica sul piano telematico e multimediale.
Accanto a questo potrebbe succedere che molta gente cominci davvero a mettere questo sistema in discussione. Oltre a quelli che lotteranno solo per ripristinare le condizioni di vita precedenti alla pandemia, o per veder cambiare un paio di volti nelle sfere del potere, o per un welfare migliore e migliori servizi al cittadino, ci sarà forse anche chi comincerà a pretendere cambiamenti più strutturali nel sistema di produzione e di consumo. Le cause di questa crisi sono sotto gli occhi di tuttx (altrx le hanno indicate e descritte lungamente in questi ultimi tempi, quindi eviterò di ripeterle), e nonostante moltx continueranno a tenere la testa sotto la sabbia, reputando troppo complicato e faticoso immaginare una maniera diversa di abitare il pianeta, altrx stanno già cominciando a porsi interrogativi a cui la politica, o i vari movimenti riformisti, non saranno in grado di dare la una risposta. Una parte di queste persone sono già attive in organizzazioni o associazioni ambientaliste, o in movimenti ecologisti come Fridays for Future, o Extincion Rebellion. Molte di esse potrebbero rapidamente radicalizzarsi ed essere disponibili a forme di lotta più conflittuali.
A quel punto si potrebbe creare una spaccatura sociale tra chi chiederà a gran voce un ritorno alla normalità, il salvataggio l’economia e il mantenimento di uno stile di vita consumistico, e chi invece vorrebbe mettere tutto in discussione. Le differenze di prospettiva accentuerebbero le già evidenti divisioni sociali, portando così ad uno scenario da guerra civile. Vorrei che si tenesse presente la reale possibilità che quest’eventualità si manifesti, presto o tardi, perché ci si cominci a riflettere seriamente. Immaginare di lottare, anche all’ultimo sangue, con le forze della repressione, polizia, esercito, o militanti di estrema destra che siano, contro le quali si è allenato l’odio e il disprezzo, è sicuramente più facile che pensare a combattimenti fratricidi, in cui il nemico potrebbe essere x vicinx di casa, x parenti o x vecchix amicizie. Quando una situazione si radicalizza all’estremo, ovvero quando i termini dello scontro in atto sono inconciliabili, si arriva ad uno scontro che può risolversi figurativamente solo con l’espressione, semplicistica ma realistica, del “o te o me”. Quando la posta in gioco sarà il futuro di questo pianeta e le forme di sopravvivenza che si dovranno adottare per sopravvivere (per esempio stato totalitario o rivoluzione) fino a che punto sarà opportuno essere pronti ad affrontare questo scenario fino alle sie estreme conseguenze.
Comunque, un’altra conseguenza del possibile eclissarsi dell’UE dal panorama geopolitico e di cui già di parla anche a livello istituzionale è certamente quella di un possibile rafforzamento dei nazionalismi, e più in generale dell’estrema destra. Stiamo già assistendo da alcuni anni al lento e inesorabile spostamento a destra dei governi di molte nazioni, causato sia dall’incapacità dell’UE di essere altro che un organismo a tutela degli interessi dei paesi economicamente più forti attraverso quello che è stato definito “un nuovo colonialismo economico” attuato ai danni dei paesi “deboli” dell’Unione, sia dalle conseguenze della “crisi dei migranti”. Spariti ormai dalla coscienza del cittadino medio i concetti di ottocentesca memoria come “solidarietà”, “uguaglianza”, “fratellanza umana”, o i più religiosi “pietà o carità cristiana”, le popolazioni europee si stanno abbandonando alle loro più meschine paure, foraggiate da leader e destrorsi vari, con l’aiuto terroristico di media e social. Gruppi di estrema destra già pattugliano i confini balcanici dell’Europa, addestrandosi nelle tecniche di sopravvivenza e guerriglia. In questo momento di paranoia pandemia, essi stanno già gongolando all’idea delle possibili conseguenze socio-politiche, allertando i propri membri a tenersi pronti. È abbastanza certo infatti che la colpa di questa crisi sarà affibbiata da molti agli spostamenti incontrollati di persone e popolazioni, con un conseguente aumento xenofobico. Le frontiere della già soprannominata Fortress Europe diverranno con ogni probabilità ancora più sorvegliate e impenetrabili per le masse di disperati che da anni spingono al loro esterno per accedere ad aspettative di vita migliori (e forse anche quelle al suo interno non saranno più attraversabili come siamo stati abituati con Schengen).
Sappiamo che questi gruppi di destra sono più preparati ed equipaggiati di noi ad affrontare uno scenario in cui lo stato non dovesse essere più in grado di reggere le redini della situazione. Ma questo non è una sorpresa, giusto? Sono anni che da più parti giungono allarmi circa il mobilitarsi dell’estrema destra in tutto il continente. A questo proposito sarebbe il caso di incominciare un serio lavoro di ricerca e di mappatura che permetta di intervenire in tempo per disinnescare questo pericolo quando esso cercherà di mettere fuori la testa dal buco. In Germania si lavora da anni in questo senso, con l’aiuto fondamentale di nerd da tastiera che pubblicano continuamente indirizzi, targhe, proprietà degli appartenenti ai movimenti di destra. Un serio lavoro in tal senso sarebbe di certo utile anche da queste parti. Comunque, anche in questo caso lo scontro potrebbe rapidamente volgere verso livelli di violenza a cui non si è generalmente abituati.
Infine (almeno per quanto riguarda le mie capacità immaginative), la normalizzazione dello stato di emergenza, il rafforzamento e il consolidamento degli strumenti di controllo, e la fine delle pseudo-libertà democratiche è un’altra possibilità su cui scommettere senza rischio di essere tacciati per pessimisti. In questo caso i processi in atto di digitalizzazione e di ipertecnologizzazione della produzione e della vita avrebbero di certo un’enorme accelerazione. Il potenziamento della connettività balzerebbe immediatamente al primo posto dell’agenda dei potenti e la rete 5G sarebbe attuata in tutta fretta per permettere i necessari ammodernamenti logistici e produttivi. La quarta rivoluzione industriale ci piomberebbe addosso senza neanche il tempo di rendercene conto, e l’agricoltura di precisione con i suoi droni, sensori e piante modificate sarebbero l’unica possibilità per sostenere il fabbisogno alimentare in un mondo svuotato dagli umani.
Vivere in casa diverrebbe la normalità, si lavorerà e si socializzerà attraverso il computer, si faranno acquisti in rete, robot di ogni tipo circoleranno per le strade e le abitazioni al posto nostro per compiere qualsiasi genere di mansione fondamentale, dalle riparazioni alla consegna del cibo.
Per chi è cresciuto a pane e distopie, non è difficile immaginarsi un futuro così. In realtà, è la direzione verso la quale le cose si stavano muovendo anche prima di quest’emergenza, solo che si realizzerebbe prima e con meno ostacoli dal punto di vista dell’opposizione umana. Se venisse presentata come l’unica possibilità di salvezza per il genere umano e per il suo moderno stile di vita, a chi verrebbe in mente di protestare? Sono decenni che il nostro immaginario è bombardato da centinaia di film, libri, fumetti, serie televisive che descrivono futuri catastrofici, crisi ambientali, e società futuristiche tecnocratiche e autoritarie, quindi il loro avverarsi potrebbe non generare nessuno shock, e quindi nessuna reazione abbastanza disperata da impedirlo.
In tutti questi scenari le possibilità di intervento sono molteplici, a seconda della fantasia e delle modalità d’azione scelte sulla base dell’approccio di ciascuno alla lotta e all’esistenza. Come si dice, a ciascuno il suo. Una cosa però vorrei che fosse chiara: non ho descritto questi possibili prossimi scenari per suggerire di attendere fino alla loro apparizione per passare all’azione. Motivi e pretesti per agire sono presenti numerosi anche in questo momento di clausura forzata, come lo erano prima. Anzi, le condizioni potrebbero essere persino più favorevoli ora che in futuro visto che le strade sono vuote e le forze dell’ordine stanche e impegnate su molti fronti. Ogni giorno che passa si aggiungono all’elenco degli impedimenti da superare nuove misure restrittive, così come nuovi strumenti di controllo. Oggi i droni pattugliano i parchi pubblici manovrati da Municipale e Polizia Locale, domani chissà…
Ritorno alla normalità?
La domanda che sorge spontanea è se anche i cosiddetti rivoluzioni o sovversivi che dir si voglia stiano aspettando un ritorno alla “normalità” del dominio di cui si aveva esperienza prima della crisi pandemica che stiamo vivendo per riprendere le conflittualità con l’esistente. Perché come qualcunx ha già ben messo in chiaro, questo non ci sarà, o almeno, non sarà più la normalità a cui eravamo abituati (e che si dichiarava di voler sabotare). Ed è bene cominciare a prepararsi anche a questo. Le condizioni e i parametri con cui eravamo abituati ad analizzare la realtà per pianificare il più semplice intervento potrebbero semplicemente non esserci più. Per fare un paio di esempi banali quanto emblematici, a chi dare un volantino quando le strade sono vuote e in coda al supermercato si deve tenere una distanza di un metro tra persona e persona, considerando che forse quel supermercato sarà oltretutto presidiato dalla celere (come già succede in alcune località del sud Italia)? Chi leggerà una scritta su un muro o uno striscione appeso su un cavalcavia? E i droni che pattugliano il cielo spariranno alla fine dell’emergenza? I movimenti continueranno a venire tracciati con le app del controllo? E che obiettivi praticare, quando un sabotaggio ferroviario o l’incendio di un traliccio verranno additati dai più come opera di sciacalli che vogliono trascinare il mondo nel caos? Si avrà il coraggio di perseguire i nostri sogni di distruzione fregandocene di consenso e comprensione, quando forse basterà una piccola spintarella per gettare ciò che resta di questo sistema nel baratro? A queste domande è quanto mai urgente che ognuno si dia al più presto delle risposte, anche a partire dalle ipotesi e dagli scenari sopra ipotizzati (e dai tanti altri immaginabili). Che questo mondo sia destinato a crollare è la speranza della nostra generazione in questo nuovo millennio di scompensi climatici e ristrutturazioni del dominio. Che questo avvenga a causa delle conseguenze di questa pandemia o piuttosto per un’altra più terribile e spaventosa catastrofe, sarà anche per merito di individui coscienti che, armata la propria volontà, faranno in modo che da questo crollo fiorisca la possibilità di un altro modo di vivere in società e di abitare questo pianeta. Perché se ammettiamo che oggi più che mai il futuro non è scritto, allora oggi più che mai è il momento di agire, lasciandosi alle spalle tentennamenti e dubbi, per dare forma e sostanza a decenni di speculazioni teoriche, e lanciarsi finalmente verso l’ignoto di un mondo miracolosamente sconosciuto.
https://roundrobin.info/2020/04/il-futuro-non-e-scritto-un-contributo-sui-possibili-sviluppi-della-situazione-attuale/
Varese – Diffusi volantini contro la polizia
Secondo qunto riportato da ambigui media, a Varese sarebbero stati diffusi volantini contro la polizia e le ordinanze restrittive
Napoli, Roma e Cagliari – Un giorno di blackout
Apprendiamo dai giornali locali che in due quartieri di Napoli e Cagliari e vicino all’aeroporto di Fiumicino a Roma sono avvenuti dei blackout.
Come al solito il piagnisteo dei media si basa sui soliti problemi tecnici…
https://www.napolitoday.it/cronaca/rione-alto-black-out-31-marzo-2020.html>
http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-3b2d4593-650e-4de0-82a2-cca6d13b3e36-tg1.html
https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/cagliari/2020/04/01/interruzione-dell-energia-elettrica-a-mulinu-becciu-136-1003956.html
Spagna – Incubo totalitario, fatto!
E nel caso in cui qualcuno avesse ancora dei dubbi su di chi è la festa
e a chi la stan facendo
“In Spagna la situazione legata all’emergenza coronavirus è sempre più pesante. Così un gruppo di poliziotti, in servizio nelle strade di Andorra, ha pensato di allegerire un po’ il clima di preoccupazione dedicando ai bambini un insolito balletto. Sulle note del brano ‘Baby shark’, gli agenti hanno improvvisato un abreve coreografia. Il video, postato sui social qualche giorno fa, ha migliaia di visualizzazioni.”