Nonostante con la dichiarazione dello stato d’allarme su tutto il territorio nazionale il governo spagnolo abbia ora il controllo sul dipartimento della Salute (Osakidetza) e sulla forza di polizia (la Ertzaintza) dei Paesi baschi, il presidente della comunità basca continua a rifiutare l’intervento delle forze militari spagnole.
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Rezza: “Privacy? Sono cazzate. Adottare metodo coreano”
Per il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità bisogna “rintracciare e isolare i positivi. Anche mappando gli spostamenti con il Gps dei cellulari”
“Va bene aver chiuso fabbriche e uffici ma bisogna adottare il metodo coreano per rintracciare e isolare i positivi. Anche mappando gli spostamenti con il Gps dei cellulari”: lo sostiene il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza, in una intervista a La Stampa. E la privacy? “Lo scriva per favore, sono c…, siamo in guerra e bisogna rispondere con tutte le armi che abbiamo”.
I test a tappeto sembravano aver limitato la diffusione dell’epidemia. Ma alla base delle misure di Seul c’è anche un’app che sta spopolando e un utilizzo intelligente dei big data
Secondo Rezza, bisognerebbe seguire il modello coreano e fare più test per accertare la positività al coronavirus: “Sì. Loro hanno effettuato test rapidi ed estesi ma mirati, utilizzando la mappa degli spostamenti di ciascun positivo accertato, ottenuta utilizzando il Gps dei cellulari. Così sono riusciti a individuare e a isolare i soggetti a rischio. Poi hanno utilizzato le informazioni per creare App che hanno consentito ai cittadini di individuare le aree di maggior transito di potenziali contagiati, così da evitarle o adottare il massimo delle precauzioni. Una strategia efficace che ha consentito di ridurre molto la crescita della curva epidemica. Anche se manca ancora un tassello”.
Quale? “Quello della trasmissione intra-familiare. Abbiamo centinaia di migliaia di persone in quarantena perché positive – spiega Rezza – o a rischio di esserlo che in casa non riescono a garantire il distanziamento necessario. Se c’è un positivo, questo dovrebbe dormire in una stanza separata, non mangiare con gli altri, usare un suo bagno e i suoi asciugamani. Difficile per una larga parte degli italiani. Se non teniamo conto di questo il fermo delle attività produttive non basterà”.
Rezza pertanto si spinge ancora più in là e promuove il modello cinese. Sì: “Seguire l’esempio cinese e isolare le persone che non sono nelle condizioni di fare la quarantena in casa. Magari requisendo alberghi e caserme”.
Coronavirus: il blackout della globalizzazione
L’emergenza legata alla pandemia di Covid-19 ha aperto una nuova fase oscura della storia del pianeta. L’Italia è stata, in Occidente, la prima a esserne colpita e il nostro Stato si è trovato nella condizione di sperimentare tentativi e soluzioni alle nuove contraddizioni poste in essere da questa crisi mondiale. Queste soluzioni, con qualche apparente eccezione legata alle politiche di welfare, possono essere sintetizzate con una sola parola: repressione. Ne è esempio drammatico la risposta, violentissima, alle rivolte nelle carceri.
La progressione delle misure restrittive, piombate sulla vita di tutti noi, col consenso dei più, è stata imposta da una dittatura del terrore che ci coinvolge tutti. I morti iniziano a pesare. Pesano sullo Stato, pesano sui cittadini, pesano anche su di noi. Di fronte a questa tragedia, la risposta dello Stato è stata netta: la tenebra come scelta di confronto. I carcerati sono spaventati dalla possibile diffusione del virus nelle loro celle? Repressione violenta con la totale copertura politica e mediatica. I ricercatori, questi moderni sciamani a cui affidiamo il segreto totemico delle nostre vite, non riescono a fermare il contagio? La colpa è degli individui, che non vogliono restare a casa. Un esempio di questa modalità (essa sì malata) di affrontare l’emergenza è la schizofrenia politica per cui chi va al parco è un pericoloso untore da arrestare, nonostante i luoghi produttivi debbano rimanere aperti, perché le leggi del profitto non possono fermarsi. Si chiudono i parchi e le spiagge, si pattugliano i boschi, ma si lasciano aperte le cattedrali dell’economia, senza un solo sedicente esperto che ci dia i numeri di quanti sono quelli che si sono infettati al parco, al mare, in montagna e quanti in metro, in autobus o in mensa.
Un giorno, i padroni e i loro politici dovranno pagare per tutto questo. L’Evento Coronavirus non è, secondo noi, un “cigno nero”. Non è un fenomeno imprevisto che sconvolge tutte le nostre convinzioni pregresse. E’ un Evento, certo imprevisto, ma che verifica la gran parte delle ipotesi che alcuni di noi da alcuni anni vanno elaborando. In primo luogo, il Coronavirus segna definitivamente quella che è stata chiamata “crisi della globalizzazione”. Chiusura delle frontiere, sospensione della gran parte dei voli, quarantena per le navi come si usava al tempo della Serenissima, ormeggiate e sorvegliate a Chioggia. Ma anche la chiusura di interi distretti industriali, il crollo dei mercati. Il mito di un super-Stato europeo che si dimostra non all’altezza, un fantoccio impotente di fronte allo scacco dell’Europa. Dunque, tutto questo ha imposto il ritorno dello Stato nella sua centralità, smentendo le tesi di chi riteneva il potere come qualcosa di fluido, di diffuso, di fantasmatico, immaginando una progressiva perdita di sovranità nei confronti di strutture sovranazionali. In piena emergenza, lo Stato si è dimostrato, al contrario, come il soggetto della dominazione reale. E’ stato il Consiglio dei ministri a dettare i decreti sempre più restrittivi. Sono stati i governi, in ordine sparso, senza alcun coordinamento a disporre le misure da prendere. Quando il gioco si fa duro, la linea di comando del dominio è ben precisa e tutt’altro che fluida: il governo, la polizia, i militari, i droni, le denunce.
Dulcis in fundo tornano fondamentali coloro che producono, smentendo, ancora una volta, chi si è esposto a favore di una facile liquidazione del mondo del lavoro. In un momento nel quale tutta l’economia terziaria è ferma, la continuità produttiva, lo scheletro di tutta l’impalcatura sociale appare nelle mani degli sfruttati. Questo fornisce loro un potenziale rapporto di forza, insperato fino a poche settimane fa. Se gli individui che mandano avanti la produzione sospendessero, ora, la loro disponibilità a lasciarsi sfruttare, l’intera società si spegnerebbe, sarebbe il blackout. I lavoratori non sono scomparsi, come alcuni pensavano, ma sono mutati: gli sono spuntate le branchie. Non sono più solo terrestri, ma anche anfibi. Anfibi, cioè sospesi tra le lande di una terra in rovina e il salpare verso un Mondo Nuovo. Che si diano alla pirateria! Che li seguano anche gli sfruttatori sulle rotte dei mari, nel loro caso spinti dalla vergogna, il motivo principale che spingeva alla pirateria i benestanti di un tempo. E sarà li, nella tenebra, che non ci saranno più differenze sociali, classi di appartenenza, colore della pelle, oppressioni sessuali. Il bottino per cui lotteremo sarà la sopravvivenza in una nuova vita comunitaria.
Patricia de la Ville e Ottone Degli Ulivi
https://roundrobin.info/2020/03/coronavirus-il-blackout-della-globalizzazione/
Nurenberg – Arson of Private car of a Cop/Reservist
Cops & Reservists out of our Neighborhoods- Arson of Private car of a
Cop/Reservist
On the night of Thursday/Friday (20th March) a car was set on fire in
the neighborhood of Gostenhof in Nurenberg. The car was parked in the
neighborhood with stickers of the reservists’ cop association on the
tailgate and a police uniform in the trunk. It is an act of our
antagonism against the increasing militarization of society and the
dismantling of almost all civil rights during the current corona crisis.
Last Summer forces of the hated USK (Bavarian Police Special Forces)
besieged Jamnitzer Platz on end, the central square in Gostenhof, We
will no longer tolerate such harassment and will continue to
consistently defend our neighborhood against the siege of cop pigs.
Cops Out of Our Neighborhoods!
Long live the liberated society! Death to state Terrorism!
Freedom for the Park Bench 3
Poster Covid-19
Italia – Nuovi divieti allo spostamento delle persone
Di seguito il testo:
Da oggi, su tutto il territorio nazionale, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano. Uniche eccezioni: comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
Sono le prescrizioni contenute nell’ordinanza adottata congiuntamente dai ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Luciana Lamorgese che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, sarà efficace fino all’entrata in vigore di un nuovo decreto del Presidente del consiglio dei ministri, di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n.6.
https://www.interno.gov.it/it/notizie/oggi-divieto-persone-fisiche-spostamenti-comuni
C’entra lo smog con il picco di morti e contagi da coronavirus in Lombardia?
Antonietta Gatti: “In un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”. Cosa c’è scritto su un ‘paper’ della Società italiana di medicina ambientale
Dottoressa Gatti, la Lombardia è l’epicentro di questa emergenza sanitaria perché più esposta di altre aree del Paese all’inquinamento atmosferico dell’aria prodotto dalle industrie, dai riscaldamenti e dal traffico delle auto. È plausibile?
“Si, è plausibile. È stato detto che molte persone per lo più anziane (la media è 80 anni) sono morte non di coronavirus ma con il virus. Persone già debilitate, cioè con patologie anche innescate da inquinamento ambientale, non disponevano più di un sistema immunitario efficiente. Ricordo che al momento non ci sono medici capaci di diagnosticare una patologia da polveri. In un progetto Europeo (DIPNA) di nanotossicologia, noi abbiamo già dimostrato che cellule attaccate da nanopolveri non hanno più un sistema di difesa capace di reagire”.
Antonietta Gatti è una fisica, tra i maggiori esperti di tossicità delle nanoparticelle a livello internazionale. Ha guidato il laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze all’università di Modena e Reggio Emilia, ed è stata consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. È a lei che si devono gli studi decisivi sulle morti (di tumore) dei militari italiani tornati dai Balcani, fu lei – nel 2004 – a trovare le nanoparticelle nei tessuti degli agnelli malformati nati in Sardegna vicino al Poligono Interforze di Salto di Quirra. Nanoparticelle prodotte dall’esplosione di proiettili e granate. Ha firmato decine di pubblicazioni e articoli scientifici.
Dottoressa Gatti, le polveri sottili presenti nell’aria possono compromettere le difese dell’organismo umano ‘attaccato’ dal coronavirus?
“È già stato dimostrato dalla Scuola di Leuven (Belgio) che polveri nanometriche (0.1micron), se arrivano agli alveoli, passano la barriera polmonare in 60 secondi e in un’ora possono arrivare a fegato e reni e da lì raggiungere tutti i siti del corpo, nessuno escluso. Questo fatto è noto dagli scienziati, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stimato in 7.000.000 ogni anno le morti per patologie polmonari, cardiovascolari e cerebrali dovute all’inquinamento. E’ ovvio che, in un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”.
Questa relazione tra ‘efficacia’ del virus e smog non è stata ancora scientificamente dimostrata, ma se esistesse questa relazione, perché città inquinate come New Delhi è stata colpita finora solo marginalmente dal Covid-19
“Per prima cosa, c’è da chiedersi quali valutazioni siano state fatte sulla popolazione. C’è da considerare che la massima parte dei portatori del virus è perfettamente asintomatica e, dunque, sfugge alla rilevazione. Poi, non sappiamo se in un futuro vicino possa scatenarsi anche là un’epidemia. Ci può essere, però, anche un’alta, spiegazione. Il virus non resiste a temperature superiori a meno di una trentina di gradi, cioè è sensibile al calore e si denatura, non si replica e muore”.
Il tema della relazione tra virus e inquinamento atmosferico sta guadagnando attenzione da parte dei media e della comunità scientifica in questi giorni di emergenza sanitaria. La Società italiana di medicina ambientale, l’Università Aldo Moro di Bari e l’Alma Mater di Bologna hanno appena pubblicato un ‘position paper’ su questo tema. “Riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione – si legge – vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (es. PM10 e PM2,5) (1, 2). Nel caso di precedenti casi di contagi virali, le ricerche scientifiche hanno evidenziato alcune caratteristiche della diffusione dei virus in relazione alle concentrazioni di particolato atmosferico”.
I dodici ricercatori che hanno firmato il paper ricordano alcuni precedenti:
(2010) l’influenza aviaria può essere veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste asiatiche di polveri che trasportano il virus. I ricercatori hanno dimostrato che vi è una correlazione di tipo esponenziale tra le quantità di casi di infezione (Overall Cumulative Relative Risk RR) e le concentrazioni di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (4)
(2016) esiste una relazione tra la diffusione del virus respiratorio sinciziale umano (RSV) nei bambini e le concentrazioni di particolato. Questo virus causa polmoniti in bambini e viene veicolato attraverso il particolato in profondità nei polmoni. La velocità di diffusione del contagio (Average RSV positive rate %) è correlata alla concentrazione di PM10 e PM2.5 (μg m-3) (5).
(2017) il numero di casi di morbillo su 21 città cinesi nel periodo 2013-2014 varia in relazione alle concentrazioni di PM2.5. I ricercatori dimostrano che un aumento delle concentrazioni di PM2.5 pari a 10 μg/m3 incide significativamente sull’incremento del numero di casi di virus del morbillo (6). I ricercatori suggeriscono di ridurre le concentrazioni di PM2,5 per ridurre la diffusione dell’infezione.
(2020) uno dei maggiori fattori di diffusione giornaliera del virus del morbillo in Lanzhou (Cina) sono i livelli di inquinamento di particolato atmosferico (7). In relazione all’evidenza che l’incidenza del morbillo sia associata all’esposizione a PM2.5 ambientale in Cina, i ricercatori suggeriscono che politiche efficaci di riduzione dell’inquinamento atmosferico possono ridurre l’incidenza del morbillo.
Il grafico evidenzia una relazione lineare (R2=0,98), raggruppando le Province in 5 classi sulla base del numero di casi infetti (in scala logaritmica: log contagiati), in relazione ai superamenti del limite delle concentrazioni di PM10 per ognuna delle 5 classi di Province (media per classe: media n° superamenti lim PM10/n° centraline Prov.) Tale analisi sembra indicare una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori, coerentemente con quanto ormai ben descritto dalla più recente letteratura scientifica per altre infezioni virali. (Fonte: Sima)
La relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia. (Fonte: Sima)
Dottoressa, l’inquinamento dell’aria è un vettore di trasmissione che può favorire la diffusione di un virus?
“L’aria è piena di polveri come ben sappiamo dai valori delle centraline dell’ARPA e i limiti di legge sono ripetutamente superati anche molto abbondantemente. Quelle controllate sono polveri di dimensione 10-2,5 micron, ma ci sono anche polveri ben sotto il micron: Polveri che hanno dimensioni comparabili con quelle di un virus. Una interazione non è solo possibile, ma è probabile. La creazione di un’entità organica-inorganica, una volta nel corpo umano, non è facilmente debellabile. Questa interazione può capitare anche dentro gli alveoli già pieni di polveri. Su questi substrati il virus può replicarsi facilmente”.
Che idea si è fatta di questo virus sotto il profilo molecolare? Perché è così letale rispetto ad altri coronavirus?
“La creazione di un’entità organico-inorganico non è debellabile con i normali farmaci. Da anni noi stiamo studiando questa nano-bio-interazione di nanoparticelle con proteine del corpo umano e abbiamo identificato queste nuove entità organiche-inorganiche nel sangue di pazienti con patologie come, ad esempio, la leucemia. Questo virus attacca i polmoni, e quelli degli anziani, dei fumatori e di chi ha altre patologie come, ad esempio, il diabete, che hanno capacità di difesa che, in alcuni casi, possono rivelarsi insufficienti”.
Il contrasto al contagio attraverso l’isolamento delle persone ha prodotto effetti in Cina, non ancora in Italia. È così che si ‘spegne’ un virus, impedendogli di diffondersi? È giusta questa strategia sostenuta dalla totalità dei virologi?
“Ogni epidemia ha una fase ascendente che può essere anche rapida ed una fase discendente. Si può cercare di arginare l’infezione isolando la gente sana da quella malata, così si evita il contagio. Purtroppo, non abbiamo altre armi di difesa. In questo mondo così globalmente interagente un battere d’ali in un punto si ripercuote anche a grandi distanze, tanto da diventare un temporale in un punto lontano. Il problema è che anche l’economia seguirà questo andamento”.
La comune influenza contagia e uccide migliaia di persone ogni anno ed è in piedi la discussione su quanto questa infezione sia peggiore di altre. Lo è?
“Influenze che esitavano in polmoniti erano già presente da ottobre scorso in Italia. Basta chiedere ai medici di famiglia e agli ospedali. Ogni anno l’influenza fa parecchie migliaia di morti, stimate in 20.000 /anno. Basta controllare le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità”.
Il paper curato dalla Sima e dalle università di Bologna e Bari è una base di lavoro che andrà sviluppata. Sebbene, leggiamo ancora, “tali analisi sembrano dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così virulento. Oltre alle concentrazioni di particolato atmosferico, come fattore veicolante del virus, in alcune zone territoriali possono inoltre aver influito condizioni ambientali sfavorevoli al tasso di inattivazione virale. Il gruppo di lavoro sta approfondendo tali aspetti per contribuire ad una comprensione del fenomeno più approfondita”.
Coronavirus: nuova stretta di Conte. Chiuse tutte le aziende non strategiche
Le parole durante una diretta Facebook. Restano aperti i supermercati, i negozi di generi alimentari e di prima necessita’, le farmacie, i servizi bancari, i trasporti. “Invito tutti a mantenere la massima calma, non c’è ragione di fare una corsa agli acquisti”
Il premier Giuseppe Conte ha illustrato i contenuti dell nuovo Dpcm in una dichiarazione nella tarda serata di sabato 21 marzo. Contro il diffondersi del contagio da coronavirus è arrivata un’ulteriore stretta dopo il pressing dei sindacati, delle regioni, dei sindaci dei comuni più colpite, dell’opposizione e anche della maggioranza.
Le resistenze legate soprattutto alla necessità di assicurare al Paese continuità economica vengono meno dopo un altro bollettino di guerra in cui si annovera un altro record di vittime. Ed ecco prima l’ordinanza di Lombardia e Piemonte e poi la decisione del presidente del Consiglio, “una decisione non facile” presa insieme ai ministri e ai capi delegazione della maggioranza dopo l’incontro con le parti sociali.
“Chiuderemo sull’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia essenziale”, l’annuncio. “Lasciamo acceso il motore del Paese, ma lo rallentiamo”, la premessa. “Mai come ora – la conclusione – la nostra comunità deve stringersi più forte, come una catena, a protezione del bene più importante, la salute. Se dovesse cedere anche un solo anello di questa catena la barriera di protezione verrebbe meno”.
Le nuove “strette” sono state comunicate durante una diretta Facebook: “Continueranno a rimanere aperti farmacie e parafarmacie. Assicureremo i servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari, assicureremo tutti i servizi pubblici essenziali, ad esempio i trasporti”.
“Resteranno aperte tutte le attività funzionali”, assicura il premier che invita soprattutto alla calma rispetto alle corse agli acquisti. Ovvero niente file ai supermercati, “non sarebbero giustificate”. E ancora: “Continueranno a rimanere aperti tutti i negozi di generi alimentari e di prima necessità. Non abbiamo previsto nessuna restrizione sugli orari di apertura”. Riguardo alle altre attività non essenziali “consentiremo solo lo svolgimento di lavoro in modalità smart working“.
Le parole utilizzate dal premier sono il segno della preoccupazione dell’esecutivo. “È la crisi piu’ difficile che il Paese sta vivendo dal dopoguerra. Lascerà un segno indelebile in noi anche quando tutto questo sarà finito. Quelle che piangiamo sono persone. Le misure fin qui adottate richiedono tempo prima che possano dispiegare i loro effetti. Ma dobbiamo continuare a rispettare le regole. Non abbiamo alternative”.
E quindi “in questo momento dobbiamo resistere, perché solo in questo modo potremo tutelare le persone che amiamo”. Uno sguardo avanti (“Non rinunciamo alla speranza e al futuro. Uniti ce la faremo”) ma per ora si fa “un altro passo indietro”, “stiamo rinunciando alle abitudini più care, lo facciamo perché amiamo l’Italia”.
Pesa “la morte di tanti concittadini”, si tratta di “un dolore che ogni giorno che si rinnova. Questi decessi – ripete Conte – per noi non sono semplici numeri ma sono storie di persone e famiglie che perdono gli affetti piu’ cari”. La consapevolezza e’ che “l’emergenza sanitaria sta tramutando in emergenza economica”, ma – assicura il premier – “lo Stato c’è ed e’ qui, interverrà con misure straordinarie per ripartire quanto prima”.
Llamamiento a la ciudadanía para evitar el CONTAGIO
– Si ves en la calle unx vendedorx ambulante no llames al número que da el gobierno para denunciar. Acércate y comprale algo. Si notaste que le está faltando usar barbijo no le recrimines, fijate si podes ayudarle con uno. No seas policía.
– Si te enteraste que tu vecinx tiene síntomas o le recomendaron no salir no te quedes mirando por la ventana haber si lx sorprendes saliendo a hacer las compras. Preguntale si necesita algo. No te llenes la boca hablando mal de el/ella porque tuvo que salir y se contagio y según vos es su culpa. No seas policía.
– Si ves gente en la calle caminando por tu barrio intenta no sospechar lo peor, no llames al 911. Capaz tenían que ir a trabajar. No todxs tienen el privilegio de encerrarse en casa con la heladera llena. No seas policía.
– Si tenes que salir a hacer las compras intenta no buscar en el/la que está a tu lado una posibilidad de contagio. Saluda. Entabla conversación. El/la otrx no es tu enemigx. No seas policía.
– Si te encontrás a alguien que vive en la calle no te cruces a la otra vereda temerosx. Si podes salí de tu casa con algo de comida, un barbijo extra, un poco de agua en un bidon. Seguro a alguien le va a servir. Tal vez en momentos como estos te nace la empatia con alguien que no sea un familiar. No seas policía.
EVITEMOS EL CONTAGIO DE YUTAVIRUS.
Es un virus que después no se te va más.
‘The new normal’: China’s excessive coronavirus public monitoring could be here to stay
Experts say the coronavirus has given the Chinese government a pretext for accelerating the mass surveillance.
Over the last two months, Chinese citizens have had to adjust to a new level of government intrusion.
Getting into one’s apartment compound or workplace requires scanning a QR code, writing down one’s name and ID number, temperature and recent travel history. Telecom operators track people’s movements while social media platforms like WeChat and Weibo have hotlines for people to report others who may be sick. Some cities are offering people rewards for informing on sick neighbours.
Chinese companies are meanwhile rolling out facial recognition technology that can detect elevated temperatures in a crowd or flag citizens not wearing a face mask. A range of apps use the personal health information of citizens to alert others of their proximity to infected patients or whether they have been in close contact.
State authorities, in addition to locking down entire cities, have implemented a myriad of security measures in the name of containing the coronavirus outbreak. From top officials to local community workers, those enforcing the rules repeat the same refrain: this is an “extraordinary time” feichang shiqi, requiring extraordinary measures.
As the number of new infections in China falls, having infected more than 80,000 and killed more than 3,000, residents and observers question how much of these new measures are here to stay.
“I don’t know what will happen when the epidemic is over. I don’t dare imagine it,” said Chen Weiyu, 23, who works in Shanghai. Every day when Chen goes to work, she has to submit a daily health check to her company, as well as scan a QR code and register in order to enter the office park.
“Monitoring is already everywhere. The epidemic has just made that monitoring, which we don’t normally see during ordinary times, more obvious,” she said.
Others are more emphatic about the future. Wang Aizhong, an activist based in Guangzhou, said: “This epidemic undoubtedly provides more reason for the government to surveil the public. I don’t think authorities will rule out keeping this up after the outbreak.”
“When we go out or stay in a hotel, we can feel a pair of eyes looking at us at any time. We are completely exposed to the monitoring of the government,” he said.
Experts say the virus, which emerged in Wuhan in December, has given authorities a pretext for accelerating the mass collection of personal data to track citizens, a dangerous prospect given that the country does not have stringent laws governing personal data.
“It’s mission creep,” said Maya Wang, senior China researcher for Human Rights Watch. According to Wang, the virus is likely to be a catalyst for a further expansion of the surveillance regime, as major events like the 2008 Olympics held in Beijing or the Shanghai Expo in 2010 were. “The techniques of mass surveillance became more permanent after these events,” she said.
“With the coronavirus outbreak the idea of risk scoring and restrictions on movement quickly became reality,” she said. “Over time we see more and more intrusive use of technology and less ability of people to push back.”
Many Chinese residents see the extra layers of public monitoring as additional bureaucratic hurdles, more frustrating than sinister, that further demonstrate the government’s ineffectiveness in handling the outbreak.
China’s surveillance dragnet, while proudly promoted by officials, is full of loopholes. An ex-inmate infected with the virus managed to travel from Wuhan to Beijing last month, well after quarantine measures had gone into effect, prompting widespread criticism over how she left.
Citizens are particularly critical of a system called Health Code, which users can sign up for through Alipay or WeChat, that assigns individuals one of three colour codes based on their travel history, time spent in outbreak hotspots and exposure to potential carriers of the virus. The software, used in more than 100 cities, will soon allow people to check the colours of other residents when their ID numbers are entered.
One resident complained on Weibo that he had driven through Hubei without stopping but his colour code changed to yellow from green, indicating he would need to be quarantined. “I can’t even go out to buy bread or water,” another in Jiangsu province said, after his code inexplicably changed to yellow following a work trip.
Many described the app as “for appearances,” or xingshi zhuyi, a way for lower level officials to impress their higher ups with added strictures on citizens.
“I have a health code, a pass for my residential compound, and another certificate of health and still I can’t get into my home,” one commentator said. “This is garbage. Please release us regular people,” another said.
Low-tech security measures have been employed as much as high-tech ones. An army of workers guard entry points to public spaces, ordering pedestrians to log their information or questioning residents about their recent movements. Religious sites like mosques have been closed. Many cities and counties have banned group gatherings, including small dinner parties.
In February, Sichuan province officials broke up a group playing mahjong party and forced the participants to read out an apology, captured on video. “We were wrong. We promise there will not be a next time and we will also monitor others,” the group of 10 men said, heads slightly bowed.
Other videos posted online have shown local officials pushing residents to the ground for not wearing a face mask or tying a man to a pole. Local law enforcement in Wuhan were recently fired after a video of them beating a man for selling vegetables on the street was posted online.
An article by the official state news agency Xinhua last week reminded citizens that those who violate virus prevention and control measures could be subject to three years in prison, and up to seven for particularly serious cases, as outlined in China’s criminal code.
“Intrusive surveillance is already the ‘new normal’. The question for China is what, if any, is a level of surveillance that the population refuses to tolerate,” said Stuart Hargreaves, an associate professor at Chinese University of Hong Kong’s law school, focusing on privacy and information law.
Some worry current measures will continue in part because citizens are growing accustomed to them. Alex Zhang, 28, who lives in Chengdu, refers to Italian philosopher Giorgio Agamben’s theory on the state of exception, and how measures taken during a state of emergency can be prolonged.
“This type of governance and thinking for dealing with the epidemic can also be used for other issues – like the media, citizen journalists or ethnic conflicts. Because this method has been used before, citizens will accept it. It becomes normal,” he said.