Un peu partout : Saboter le confinement numérique

En pleine période de confinement, l’opérateur de télécommunication Orange a enregistré plusieurs actes de sabotage en Normandie mais aussi à Bordeaux, en Charente, en Moselle ou encore dans la région Hauts-de-France.

Des personnes déconfinées sectionnent les câbles du réseau de fibre optique, ce qui entraîne des coupures de connexions téléphoniques et internet pour les clients. Au Havre, 73 foyers auraient été déconnectés.

Par exemple au Havre, 1,5 km de fibre optique sont à réparer. « Cela représente 492 soudures et il faut compter en moyenne 12 soudures à l’heure. […] Le travail des techniciens est donc titanesque, d’autant qu’ils doivent s’interrompre régulièrement pour des interventions d’urgence notamment pour les services vitaux (santé, police etc.) ».

Par ailleurs, les réparations sont plutôt longues. Dans un secteur du Havre (Porte Océane) coupé, les travaux ont débuté mercredi 1er avril et devrait se terminer vers le 7 avril, soit quasiment deux semaines après la coupure. 

 

https://sansattendre.noblogs.org/post/2020/04/04/un-peu-partout-saboter-le-confinement-technologique-fin-mars-2020/

Primavera silenziosa

È ragionevole descrivere
una sorta di imprigionamento per mezzo di un’altro
quanto descrivere qualsiasi cosa
che esiste
realmente
per mezzo di un’altra che non esiste affatto

Daniel Defoe

Perché dovremmo sopportare una dieta di veleni non del tutto nocivi, una casa in sobborghi non del tutto squallidi, una cerchia di conoscenze non del tutto ostili, il frastuono di motori non così eccessivo da renderci pazzi?
Chi dunque vorrebbe vivere in un mondo non del tutto mortale?

Rachel Carson, Primavera silenziosa

Negli anni ’60 Rachel Carson, biologa e ambientalista americana simbolo del movimento ambientalista internazionale, con il libro Primavera silenziosa lanciava una forte denuncia e un grido di allarme nei confronti dell’avvelenamento del pianeta causato dall’uso dei pesticidi e in particolare del DDT, al tempo prodotto e usato su vasta scala.
Una nocività di larghissimo uso come il DDT, usato ancora oggi anche se in forme più subdole, aveva portato a silenziare le campagne dai canti primaverili degli uccelli. Oggi, in tempi di Coronavirus, le nocività, oltre ovviamente i pesticidi, non solo sono aumentate, ma si sono trasformate in un intero sistema malato che quotidianamente quando non mette a rischio la sopravvivenza degli organismi viventi li condanna a vivere in un’esistenza tossica e sempre più sterile di biodiversità. La verità è molto semplice: noi stiamo soltanto cominciando a subire massicciamente l’effetto ritardato dell’avvelenamento chimico-nucleare-biologico-elettromagnetico cumulativo del pianeta, avvelenamento che accresce qualitativamente e quantitativamente ogni anno. La degradazione della natura e di noi stessi che ne siamo parte non può che portare a questo. In una situazione in cui le nocività si ri-combinano la questione non è se poteva succedere o no un qualche disastro climatico, chimico o di altra natura, ma quando questo sarebbe avvenuto. O, meglio, forse la domanda dovrebbe essere se non sta già avvenendo.
Chi resta impreparato verso tutto questo sono la maggior parte delle persone, che ne subiscono le conseguenze. Queste sono diverse a seconda della parte di mondo in cui si vive e ovviamente in base alla propria condizione sociale. Le pandemie, come i disastri climatici o chimici, non fanno distinzione di classe quando colpiscono a differenza però dei loro ispiratori che poi si trasformano in produttori e gestori, dal momento che una società industriale non può che lasciare un passaggio disseminato di scorie per il presente e per le generazioni future, facendo pagare il maggior prezzo agli sfruttati di sempre. Le pandemie, come le guerre, le carestie, i cambiamenti climatici, sono occasioni imperdibili per gli stati, per la finanza e soprattutto per la tecnocrazia e le grandi compagnie. Pandemie, guerre, carestie, cambiamenti climatici sono all’indice della minaccia globale, pericoli da scongiurare assolutamente, eppure vengono preparati, vengono investiti capitali immensi (come per i bond poco prima di questo Coronavirus), viene fatta ricerca, si ipotizzano scenari e si pensa un mondo a misura di pandemia.
Uno dei riferimenti internazionali attuali nella lotta al Coronavirus è proprio l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), organismo che sguazza nei capitali immensi del comparto farmaceutico di cui fanno parte Glaxo-Smithkline, Merck, Novartis, Pfzer, Roche, Sanofi e soprattutto nei capitali della Fondazione Bill e Melinda Gates. La maggior parte dei fondi dell’OMS derivano da privati e sono vincolati a finanziare programmi specifici decisi dai privati stessi. L’OMS di fatto segue quello che la Fondazione Gates ritiene prioritario. Da anni questa fondazione influenza le politiche internazionali degli aiuti al Sud del mondo e recentemente anche le politiche alimentari globali promuovendo agricoltura industriale, pesticidi, sementi brevettate e ogm. I capitali sono importanti, ma è soprattutto la filosofia di Gates che va studiata con attenzione. Quest’uomo potrebbe definirsi benissimo “Morte, il distruttore dei mondi” come fece troppo tardi Oppenheimer dopo il contributo dato alla realizzazione della bomba atomica. Gates con la sua fondazione aiuta i poveri in Africa, ma sogna di ridurre la popolazione mondiale da neomalthusiano com’è e in Africa è anche il promotore e finanziatore del poco noto progetto Gene Drive, vero flagello per il mondo. Questo progetto consiste nello sterilizzare attraverso delle tecniche di ingegneria genetica delle popolazioni di organismi viventi da rilasciare in natura per portare all’estinzione l’intera specie ritenuta nociva, ingegnerizzando specifici organismi e interi ecosistemi con metodi selettivi. Con il Gene Drive si vuole ridurre la malaria, così come Oppenheimer voleva anticipare una presunta atomica tedesca.
Se l’Amazzonia brucia si pensa di mettere nuove varietà vegetali in grado di assorbire più CO2, se aumenta il rischio di contrarre malattie visto che gli organismi sono sempre più sterilizzati di difese naturali si pensa a riempirli di input chimici esterni, rendendoli incapaci di qualsiasi reazione e condannandoli ad una dipendenza da sostanze chimiche e dal sistema medico.
Per risolvere i problemi le modalità sono sempre peggio del problema stesso, se non nell’immediatezza sicuramente nel lungo periodo. Nella società tecno-scientifica il lungo periodo non viene mai considerato troppo, se non in termini strettamente tecnici o algoritmici. I tempi organici della natura e anche dei nostri corpi sono molto diversi, sicuramente più lenti perché fanno riferimento a processi che trovano il loro essere nella finitudine.
Nei grandi organismi internazionali si fanno previsioni sul prossimo futuro che diventano un oggetto di attento studio. Nell’ottobre scorso la Fondazione Gates con il Word Economic Forum e il John Hopkins Center for Health Security hanno simulato una pandemia globale di Coronavirus, chiamata “nCoV-2019”, per capire e analizzare che cosa sarebbe successo, dal numero di morti fino alle modalità di contenimento dei singoli stati.
“Quando ero un ragazzo, il disastro di cui ci preoccupavamo era la guerra nucleare. Oggi la più grande catastrofe possibile non è più quella. Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi, è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili ma microbi”, Bill Gates.
La fatalità si è dissolta nella probabilità. Non si può essere sorpresi da questo così come degli effetti della contaminazione chimica, regolare o accidentale, dell’ambiente da parte dell’industria chimica o dal fatto che delle migliaia di nuove molecole messe in circolazione alcune nell’uso rivelano delle qualità nocive, ignorate, si fa per dire, dai loro ideatori. Il ritmo di comparsa di nuove malattie, con agenti patogeni che trovano nelle condizioni di vita attuali un vasto campo di attività, è più rapido degli sviluppi in campo medico. E nel mondo come si presenta adesso dovremo abituarci a questa nuova realtà.
Non sappiamo molto sull’origine di questo nuovo virus, sicuramente siamo consapevoli che la bocca della menzogna, che sia lo Stato o l’OMS poco importa, non inizierà certo adesso a dire qualcosa di vero. La stessa pratica del segreto, la stessa irresponsabilità verso la società regnano in tutti i laboratori e, di conseguenza, è impossibile che si arriverà ad una qualche certezza sull’origine e la storia di questa pandemia. Quello che sappiamo per certo è che il virus che si sta diffondendo a livello planetario non è il frutto di qualche processo eccezionale, che sia naturale o artificiale, ma rientra nelle condizioni normali del procedere di questa società tecno-scientifica.
Senza andare tanto lontano fino in Cina, se la memoria non è proprio persa del tutto, sarebbe bene ricordare Seveso. In questo piccolo paese della Lombardia esisteva uno stabilimento chimico della multinazionale Givaudan chiamato Icmesa, ma gli abitanti del paese lo chiamavano fabbrica dei profumi, proprio perché ufficialmente faceva prodotti aromatizzanti e profumi. Nel gravissimo incidente del 1976 quello che è uscito dalla fabbrica in quantità enormi era la diossina, quella sostanza che ancora oggi ci portiamo dentro il corpo in piccola quantità fin dalla nascita. Le sostanze chimiche dell’Icmesa non servivano a profumare nessuno, andavano invece a creare armi chimiche, in particolare l’Agente Arancio negli Stati Uniti. A partire da questa indubbia realtà, e in questi ambiti il peggio è spesso il più probabile, si potrebbe discutere a lungo su fatti che nel loro manifestarsi e concretizzarsi diventano occasione di esperimenti a grandezza naturale, sulla possibilità che vengano rivelati nella loro totalità, sul rischio che i loro effetti vadano al di là di quanto si era previsto e si potrebbe discutere anche sull’utilità degli insegnamenti che il sistema può trarre dal loro camuffamento o dalla loro spettacolarizzazione e dalla loro gestione.
Nel libro 1984 Orwell toccava bene l’aspetto di come la menzogna potesse ergersi a verità assoluta, nonostante indiscutibili evidenze dimostrino il contrario. Negli anni abbiamo visto come il sito di esperimenti nucleari del Nevada, un luogo dove per anni si è sperimentato di tutto e organizzato di tutto in termini di possibilità di distruzione di popoli e del mondo intero, è stato ribattezzato Parco nazionale di ricerche ambientali, tanto da far dire da una rappresentante al Congresso presente in quella occasione: “Col tempo, il pubblico sarà capace di sentire i nomi di Savannah River, di Oaak Ridge, di Fermi Lab, di Los Alamos, di Idaho Park, e di Hanford, pensando a ricerche ambientali piuttosto che a disastri ambientali”. E oggi, a Seveso, dove al tempo la svizzera Givaudan-La Roche aveva sparso i suoi veleni, è nato il Parco del bosco delle querce.
L’effetto pandemia, a differenza del passato, sta portando alla possibilità non soltanto di ingannare un popolo per un periodo di tempo, ma alla possibilità di ingannare un’intero popolo per tutto il tempo.

Propaganda pandemica

A questa pandemia le persone non erano preparate perché in tempi recenti è la prima volta che accade qualcosa del genere. Nell’immaginario invece da molto tempo si è assimilata questa possibilità, seppur confusa e quasi irrazionale, costruita non con strumenti analitici e culturali, ma attraverso quello che per anni è stato propinato con immagini e informazioni veicolate dai media e dai social network che strumentalizzano, esaltano o banalizzano in base all’occasione; attraverso fiction, film, Netflix e appelli di organizzazioni umanitarie. Un’assimilazione attraverso la costante produzione della percezione dello stesso rischio.
L’attenzione generale sul Coronavirus, soprattutto in principio, quando si pensava ad una provenienza strettamente cinese, presto si è trasformata in rancore, odio e tanto altro verso i cinesi divenuti gli untori e i portatori di questa epidemia prima in Italia e poi nel mondo. Si è guardato in modo indignato alle mosse autoritarie della Cina con la biometria, con la rete 5G di sorveglianza e tracciamento, con droni nel cielo e con l’immagine di una città di milioni di abitanti come Wuhan deserta. Una propaganda massiccia apparentemente ingovernata ha cercato di dare materialità ad un nemico immateriale dove far dirigere tutte le angosce e le frustrazioni di tante persone sempre più spaesate e impaurite. Ben presto, quando per forza di cose lo sguardo ha dovuto spostarsi sulla situazione italiana, i nuovi untori sono diventati gli “irresponsabili”, coloro che non avevano adeguati comportamenti, rimodulando ancora una volta una forte campagna mediatica dove la voce dei governatori regionali descriveva una realtà che non coincideva minimamente con quello che succedeva nei territori dove la paura aveva fatto interpretare in modo ancora più restrittivo le prescrizioni dei primi decreti. Forse non si erano concordati al meglio nel dosaggio tra terrorizzare e reprimere. Fatto sta che per settimane abbiamo visto il susseguirsi di decreti sempre più restrittivi, volutamente ambigui, con moduli per l’uscita rinnovati costantemente per rendere vive e sotto costante pressione tutte quelle ansie che man mano crescevano anche a causa dell’espandersi dei numeri sui contagi. Chiudere tutto e subito hanno gridato gli strilloni regionali, ma poi tanti Call center, logistica e soprattutto tante fabbriche, in particolare quelle per componentistiche militari, hanno continuato a lavorare in situazioni critiche: in quelle condizioni fuori si rischiavano multe e perfino il carcere, ma dentro lo stabilimento vigevano le regole della produzione, tanto che sono stati distribuiti dei bonus per incentivare ad andare al lavoro.
L’attenzione è stata spostata, anzi sequestrata completamente verso la morte, mostrata continuamente, basta per tutte l’immagine dei camion dell’esercito pieni di bare che lasciano il cimitero di Bergamo in silenziosa processione, un’immagine che perfettamente si inscrive in una narrativa bellica da parte dei governi per descrivere l’attuale emergenza: “Siamo in guerra contro un nemico invisibile”. Una contabilizzazione della morte con cifre contraddittorie e discutibili date continuamente e aggiornate nel corso delle ore. L’immagine della morte si è poi accompagnata a quella degli eroi, gli instancabili sanitari, infermieri e dottori che fanno l’impossibile in una situazione disperata, facendo ricordare i vigili del fuoco dopo il crollo delle torri gemelle negli Stati Uniti. La situazione degli ospedali e in generale dello stato delle attrezzature non è stata censurata, nessuna giustificazione per cercare di dare un’altra visione della sanità italiana. No, questa è stata esposta oltre ogni limite trasformandola da “bene comune” in uno sfacelo comune in cui ciascuno poteva sentirsene parte. Si è arrivati quasi a contare gli spiccioli e a sperare che squadre di calcio o star del cinema facessero qualche donazione. Ci si è dimenticati che solo poco tempo fa la Fondazione Telethon è riuscita a far dirottare miliardi verso la ricerca per curare malattie genetiche rarissime, quando malattie comunissime come i tumori sono sempre più diffuse a causa dell’aria che respiriamo, del cibo che mangiamo e in generale per le condizioni di degrado ambientale in cui siamo costretti a vivere. Malattie che assumono numeri esorbitanti mai contabilizzati da nessuno e che non hanno mai fatto decretare lo stato di emergenza.
Nel conto dei morti si è aggiunto presto il conto delle mascherine, poi dei posti letto per arrivare alla mancanza di disinfettante. Nessuno si è preoccupato di indagare su quello che è successo al sistema sanitario nazionale proprio qui nel ricco Nord, reso disastroso dalle continue ruberie, tagli e privatizzazioni. I creatori di stati emozionali sequestranti si sono guardati bene di spostare il piano che avrebbe generato dubbi su dove stava la vera emergenza con il rischio di trovarsi in possibili situazioni di rivolta ingestibili come quelle avvenute in molte carceri, dove i numerosi detenuti morti sono li a dimostrare cosa c’è in campo.
È in mezzo ad una Bergamo ormai deserta e spaurita che sono arrivate le truppe, apparentemente per rispondere all’appello degli strilloni regionali che vedevano persone ovunque, da terra ma soprattutto dal cielo. Ancora una volta “il modello Greta” ha avuto la meglio, trasferendo su ogni singolo individuo la responsabilità di quello che sta accadendo: si può essere irresponsabili uscendo di casa (decreti regionali) o prendendo l’aereo (Greta) e si può essere cittadini responsabili in grado di dare un positivo contributo allo stato di cose presenti. Ma questo positivo contributo è solo una chimera, considerato che la maggior parte delle persone non incidono in niente su quello che hanno intorno: si possono fare cartelli con arcobaleni con frasi retoriche, magari aggiungendo bandiere nazionali e si può fare scrupolosamente la raccolta differenziata, finché per responsabilità si continuerà a intendere questo obnubilamento del pensiero critico e si continuerà a mettere in campo questa obbediente e generalizzata servitù su base volontaria.

L’intelligenza artificiale ci salverà

I processi tecnologici nel trasformare le società non fanno grandi balzi, anche se le innovazioni e le produzioni nell’alta tecnologia sono sempre più rapide, restano comunque dei tempi necessari che possono essere più o meno lunghi per la loro accettazione. Ed è proprio l’accettazione sociale il fattore determinante di questi processi, sarebbe impensabile adesso passare dallo smartphon come protesi esterna ai corpi a delle protesi più invasive come un microchip sottocutaneo. Tutti questi processi richiedono i loro tempi, ma anche che i contesti siano pronti ad accogliere quell’innovazione, per non rischiare di avere un rifiuto, come per il primo modello di occhiali a realtà aumentata di Google.
Lo scoppio della sindrome della “Mucca pazza”, scoppiata in Inghilterra a causa dei pastoni mortiferi di cadaveri con cui venivano alimentati in modo economico animali per loro natura vegetariani, ha fatto in modo che partissero su vasta scala processi di tracciabilità con l’utilizzo di tecnologie come l’RFID (Radio Frequency Identification). L’intero sistema zootecnico nel pieno di un’emergenza ha fatto un salto e si è riorganizzato per mantenere intatti i suoi profitti e allo stesso tempo rassicurando di non creare altri morbi così letali e soprattutto così immediati da poterglierne attribuire ancora le cause. Per il sistema industriale, ormai da tempo tecno-scientifico, i suoi effetti collaterali nel ciclo di produzione rappresentano sempre più non solo la normalità, ma anche una possibilità per potersi ristrutturare. La chiave della ristrutturazione è sempre tecnologica, qualsiasi sia stata l’origine del disastro. Quindi il problema non è una mucca resa “pazza” dall’alimentazione di pecore, ma la mancanza di tracciamento nella filiera, per avere sempre sotto controllo “la pazzia degli animali” e intervenire dove occorre con altre soluzioni tecniche, senza curarsi che queste siano ancora più pazze delle pazzie che si volevano curare.
È del resto curioso come negli anni sono state chiamate le pandemie e anche le epidemie più circoscritte. Molte hanno preso nomi da animali come la Suina, l’Aviaria, la Dengue, la sindrome della “Mucca pazza”, fino al Coronavirus, anche se non gli è stato dato un nome preciso legato a pipistrelli o pangolini, l’accostamento è continuo. Questa dicitura animalesca, che abbia o meno fondamento, trasporta il problema sempre verso l’esterno, un’entità altra dall’uomo che va a rappresentare la causa delle pandemie. A nessuno è venuto in mente di chiamare una pandemia da Homo sapiens, o si potrebbe cambiare la specie in Homo tecnologicus, sarebbe sicuramente più realistico considerato che è la società tecno-scientifica l’origine di tutto nei suoi processi di sostituzione, ingegnerizzazione e artificializzazione della natura.
Il così detto “stato di emergenza” si espande e si diffonde ovunque, non potrebbe essere diversamente in quanto i disastri si moltiplicano a vista d’occhio e sono sempre meno camuffabili. Spesso questi si combinano tra loro creando situazioni che lasciano spaesate la maggior parte delle persone, incapaci di intervenire e soprattutto malleabili ad accettare qualsiasi sacrificio fino a qualche ora prima impensabile. Se il disastro non è più camuffabile allora lo si esaspera e lo si mette nella maggior evidenza possibile, contando su un’anestetizzazione della capacità critica di chi guarda nel capire quello che ha realmente sotto gli occhi. Molti impianti nucleari ormai vengono costruiti vicino a centri abitati, con la condivisione del parco cittadino donato e curato gentilmente dalla stessa compagnia che ha messo l’impianto. La paura di un incidente atomico, chimico o di una pandemia non si vuole che scompaia. La percezione che si vuole dare, quella che deve essere assimilata, è una situazione sotto controllo: ci sono le radiazioni, ma ci sono tecnici che se ne occuperanno, c’è la diossina, ma non è nella concentrazione mortale, c’è una pandemia, ma è sufficiente mettersi in casa e chiudere l’ultimo cancello.
L’11 Settembre, con l’attentato alle Torri gemelle, o in Italia il G8 di Genova, sembravano semplici parentesi, “situazioni eccezionali” destinate a rimarginarsi e destinate a rientrare nell’alveolo democratico. L’11 Settembre ha permesso al governo degli Stati Uniti, sotto l’onda emotiva dell’America ferita, di inventarsi la minaccia del terrorismo e di scatenare due guerre: una all’esterno e l’altra all’interno con la creazione di leggi speciali atte a limitare, quando non a distruggere le libertà degli americani. A Genova tre brevi giornate hanno ben condensato cosa può fare uno Stato democratico e dopo quelle paure nulla poteva più tornare come prima, di questo il potere ne era ben consapevole, con un messaggio che non valeva solo per i movimenti in Italia. Quell’infrastruttura per torturare, imprigionare e uccidere non è stata più smantellata, è stato il resto del sistema che si è ristrutturato su questa.

Digitalizzare la società, ovvero a lezione da Google e company

Il Ministro dello Sviluppo economico (MISE), il decastero del governo italiano che comprende politica industriale, commercio internazionale, comunicazione ed energia ha reso molto chiaro come il Governo intende affrontare la questione della ripresa economica durante e soprattutto dopo l’”emergenza” Coronavirus. Sono stati stanziati, per cominciare, 25 milioni di euro per il progetto Case delle tecnologie emergenti: “dopo quella di Matera per progetti di ricerca e sperimentazione basati su Blockchain, internet delle cose e intelligenza artificiale”, rivolto ai comuni d’Italia per la sperimentazione di sistemi innovativi e per la realizzazione della rete 5G, sviluppo centrale anche nel decreto Cura Italia che ha dato il via libera a tutti i cantieri delle comunicazioni.
La ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, facente parte dei 5 Stelle, partito che da sempre ha avuto come riferimento la rete di internet e non il mondo reale per costruire la propria idea di democrazia, ha dichiarato: “Il digitale e l’innovazione sono alleati preziosi per farci vivere un quotidiano sostenibile, migliorando la nostra qualità della vita nonostante le limitazioni”. Il progetto della ministra denominato Solidarietà digitale intende mettere “a fattore comune tutti i servizi digitali per aiutare i cittadini a svolgere da casa ciò che prima si faceva in ufficio o a scuola”. Una solidarietà tra le macchine e la ministra non nasconde che queste non sono idee di adesso, ma è quello che hanno voluto sempre fare. Serviva un’emergenza di questo livello per annientare del tutto la già traballante solidarietà umana: le persone devono comunicare per mezzo di dispositivi, tra le macchine, non più tra loro, verso una degradazione e un’erosione di ogni relazione sociale in vista di un distanziamento sociale permanente.
Questi progetti prevedono una parte pubblica, ma soprattutto una parte privata. Sono proprio le compagnie private che non sono state minimamente toccate dalle restrizioni governative e questa crisi è stata un occasione per dare slancio ai loro progetti. In tempi di confinamento casalingo sono le compagnie dei Big Data che hanno sequestrato l’attenzione di milioni di persone perennemente collegate alla rete per cercare di orientarsi in qualche modo o semplicemente per svago, rendendo l’uso dello smartphone ancora più compulsivo. In questa fase di cambiamento forzato queste compagnie hanno stretto la loro morsa utilizzando tutto il loro armamentario per essere ancora più presenti e pervasive. Per esempio Google con le chat video, la posta elettronica, i software di produttività e l’intrattenimento di Youtube; Facebook che consente alle persone di vedere cosa stanno facendo amici e parenti e insieme a Instagram e Whatsapp aiuta a sostituire il contatto diretto tra le persone; tutti i dispositivi e le App di Apple che permettono alle persone di continuare a lavorare e che intrattengono i bambini al posto dei genitori seppur presenti. Nel progetto di Solidarietà digitale a sostenere lo sforzo collettivo ci saranno anche IBM che si concentrerà sul lavoro smart e Microsoft (rimasta orfana di Bill Gates rimasto a occuparsi di pandemie) che impiegherà le proprie tecnologie per il lavoro smart e la scuola.
Amazon assicura l’approvvigionamento di tutte le merci e anche l’intrattenimento digitale attraverso Prime video, Kindle, Andible. Nei supermercati e nella piccola distribuzione è stata vietata la vendita di quello che è stato ritenuto superfluo (libri, materiale di cancelleria…), ma questo divieto non è valso per la grande distribuzione immateriale di Amazon, settore evidentemente ritenuto essenziale anche nella sua logistica di distribuzione del superfluo.
Già dal mese scorso Facebook ha stretto una collaborazione con l’OMS offrendo spazi pubblicitari gratuiti per promuovere “un’informazione accurata”. Sulla stessa linea Google e Youtube promuovono e direzionano le ricerche di informazioni sul Coronavirus verso quello che dichiarano l’OMS con i media ufficiali e Google sta realizzando specifici siti internet per gestire la grande mole di informazioni. In una recente intervista il vice presidente di Facebook Molly Cutler ha dichiarato: “ci rendiamo semplicemente conto della serietà del momento e dell’importanza di fare ciò che va fatto in un momento in cui i nostri servizi sono davvero necessari”.
La Cina per contenere la pandemia ha semplicemente utilizzato e perfezionato su vasta scala tecnologie della sorveglianza già esistenti, la città di Wuhan ha un sistema di rete 5G e di Internet delle cose che è il più sviluppato al mondo. Due app come Alipay e WeChat, che in Cina hanno praticamente sostituito il denaro contante, sono state molto utili per applicare le restrizioni perché permettevano al governo di seguire costantemente i movimenti delle persone e di bloccare quelle che avevano contratto il virus. “Tutte le persone hanno una sorta di semaforo”, spiega Gabriel Leung, rettore della facoltà di medicina all’università di Hong Kong, un codice basato sui colori verde, giallo e rosso che compare sullo smartphone permettendo alla polizia e all’esercito, dislocati in apposite postazioni di controllo, di stabilire chi poteva passare e chi doveva essere fermato. Ovviamente la vita sociale con queste misure non è stata solo ridotta ma distrutta. Una delegazione a guida OMS in una recente visita in Cina ha posto molti dubbi e preoccupazioni per misure di contenimento così drastiche. Lo stesso organismo non si è però indignato quando le stesse modalità si stanno applicando in Europa e nel resto del mondo, semplicemente con un livello meno avanzato nella tecnologia della sorveglianza di cui la Cina è prima al mondo.
Questo tipo di misure rispecchiano quelle prese in contesti di contro-insurrezione, come l’occupazione militare-coloniale in Algeria o, più recentemente, in Palestina. Mai prima d’ora erano state prese a livello globale e con un tale apparato tecnologico a disposizione, né in megalopoli che ospitano gran parte della popolazione mondiale.
Nel mentre anche in Italia si stanno adottando modalità tecniche per mettere in campo il tracciamento dei contatti e quindi delle persone. Il garante della privacy in Italia assicura che “Lo scambio e, prima ancora, la raccolta dei dati devono avvenire nel modo meno invasivo possibile per gli interessati, privilegiando l’uso di dati pseudonomizzati (ove non addirittura anonimi), ricorrendo alla reindificazione laddove vi sia tale necessità, ad esempio per contattare i soggetti potenzialmente contagiati. Nella complessa filiera in cui si articolerebbe il contact tracing, soggetti privati – a partire dalle grandi piattaforme – dovrebbero porre il patrimonio informativo di cui dispongono a disposizione dell’autorità pubblica, alla quale dovrebbe invece essere riservata l’analisi dei dati”. La privacy è in se stessa una chimera, una promessa che non può essere mantenuta in partenza per il semplice motivo che la sua erosione è già iniziata da tempo. La privacy era già morta nella semplice diffusione di dispositivi come il telefono cellulare.
Nella raccolta di dati mancavano quelli sanitari per arrivare a trasformarci tutti in pazienti, tassello fondamentale per la gestione totale della nostra vita, il progetto Watson di IBM è già avanti in questa direzione. E se la macchina algoritmica promette di fare meglio dell’uomo perché ritornare indietro quando le relazioni umane facevano perdere tempo, con rischi per altro di possibili contagi?
Contrastare una nocività non significa solo considerare chi l’ha voluta, realizzata e resa necessaria, ma anche considerare quegli impostori che promettono di riuscire a mantenerla dentro dei precisi limiti e parametri, controllati e vigilati magari da un soggetto pubblico. E sta qui il punto: pensare di governare questi processi è un’illusione, questi immancabilmente prenderanno il sopravvento, avvalendosi ovviamente di un sistema di regolamentazioni etiche, sanitarie o di altra natura.
La direzione intrapresa è quella di una società cibernetica con un accompagnamento dolce verso la totale sorveglianza con una gestione e un condizionamento dei comportamenti delle persone. In mezzo a questo contesto sarà sempre più difficile e ridicolo parlare della tanto decantata “privacy” o dire che la rete 5G provoca i tumori. Il clima di emergenza ha trasformato la rete 5G in una “tecnologia emergenziale” accelerando l’installazione di un elevatissimo numero di nuove antenne partendo proprio dalle zone più colpite dal Coronavirus. La rete 5G nella retorica della propaganda è necessaria per sostenere lo sviluppo della digitalizzazione, l’aumentato traffico in rete e l’analisi algortimica di dati sanitari: “Pensate all’utilità che la rete 5G avrebbe nei collegamenti in ponti radio fra ospedali, protezione civile, regioni” afferma De Vecchis, presidente di Huawei Italia e significative sono anche le parole del Ceo di Zte Italia: “Quello che gli operatori devono fare è un ragionamento sul lungo termine per essere pronti ad affrontare le crisi, questa è una lezione per tutti: la rete Internet deve essere considerata con la stessa importanza di quella della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’energia elettrica”.
La questione cruciale è comprendere che questo non sarà né una semplice parentesi, né una prova generale, ma l’inizio di quello che si vuole diventi la normalità e non più uno stato d’eccezione nella società del prossimo futuro. Fino adesso abbiamo visto solo su piccola scala la creazione e gestione delle varie emergenze, dal terrorismo alle catastrofi naturali, ma mai così su grande scala e con tale intensità. E non c’è dubbio che questo esercizio durerà molto più a lungo di quanto annunciato, aprendosi e ri-combinandosi a nuove situazioni che sono ancora difficili da prevedere e da comprendere nella loro totalità e nelle loro conseguenze ultime.
In una società in cui vengono digitalizzate le nostre stesse relazioni e le nostre vite cosa ci resta da fare? Ivan Illich diceva che dobbiamo descolarizzare la società quando criticava il sistema educativo, a noi non resta che disconnettere il più possibile e in ogni dove questo mondo macchina prima che vengano irrimediabilmente perduti i significati più semplici e profondi su cos’è un essere umano, la libertà, la natura. Il mondo macchina a questo ha già risposto, a tutti gli individui che anelano ancora alla libertà non resta che tagliare le maglie di questa rete che ci imbriglia.

 

 

Bergamo, marzo 2020
Resistenze al nanomondo
www.resistenzealnanomondo.org

Documento in pdf: Primavera-silenziosa-2

Documento in pdf aggiornato: Primavera-silenziosa-3

UK – 5G Mobile Phone Masts Set on Fire in Merseyside and Birmingham

5G Masts were set alight in Sparkhill, Birmingham, on Thursday 2nd April, and Melling, Merseyside, on Friday 3rd April.

The 70ft mobile phone tower in Birmingham was torched shortly after 8pm. Firefighters were called to the EE structure ‘well alight’ on Spring Road in Tyseley. Police also attended to block off the road while the flames were tackled for over an hour.

In Melling, Merseyside Fire and Rescue Service said it extinguished a 5G mast tower fire near the M57 motorway late in the evening on Friday.

Also, at the end of September 2019, the EE/BT tower in Porth, Wales, was destroyed by an arson attack

Against all harmfulness and toxicity

Against the techno-prison-world

Find a global map of 5G infrastructure here:

https://www.speedtest.net/ookla-5g-map

 

https://325.nostate.net/2020/04/04/5g-mobile-phone-masts-set-on-fire-in-merseyside-and-birmingham-uk/

Royaume-Uni – Face au techno-virus de la 5G, le remède est incendiaire

Les antennes relais 5G sous le feu de la critique (ou inversement)

Pas moins de trois antennes de téléphonie mobile 5G ont été incendiées au Royaume-Uni: le 2 avril à Birmingham et le 3 avril à Merseyside (banlieue de Liverpool) et à Belfast (Irlande).

Jeudi 2 avril à Birmingham, une antenne 5G de plus de 20m de hauteur, gérée par l’opérateur EE, a été livrée aux flammes peu après 20h, sur Spring Road à Tyseley. La police s’est chargée de bloquer la circulation pour que les pompiers puissent éteindre l’incendie, qui a fait rage pendant plus d’une heure.

Le lendemain, le 3 avril, à Melling (Merseyside), un autre pylône 5G a été incendié tard dans la soirée. Les pompiers sont intervenus pour éteindre les flammes qui embrasaient la structure, située à proximité de l’autoroute M57. Le feu a cependant eu le temps de causer des dégâts au pylône et aux paneaux de contrôle.

Durant cette même nuit du 3 avril, à Belfast, en Irlande du Nord, un antenne-relais 5G est également incendiée: dans une vidéo publiée sur internet, on voit des flammes aux pieds d’un pylône érigé sur Antrim Road, dans un quartier au nord de la ville. On y entend aussi des voix qui disent « fuck the 5G! » ou encore « viva la revolucion! ». Un pompier confirme que plusieurs foyers d’incendie ont été allumés à la base de l’antenne, détruisant notamment des câbles et un boîtier électrique.

En ces temps de covid-19 et de confinement, ces attaques incendiaires* ont évidemment des répercussions bien réelles sur le télétravail ou sur la surveillance : le flicage de l’ensemble de la population par les opérateurs de téléphonie mobile tels que Vodafone, EE, BT ou O2 (notamment à travers le traçage GPS ou collectes de données venant des applications et téléphones portables). Le groupe de lobby industriel « Mobile UK » s’est fendu d’un communiqué, dans lequel il a déclaré que ces « incidents affectaient les efforts de maintien des réseaux qui soutiennent le travail à domicile et fournissent une connectivité essentielle aux services d’urgences de l’Etat (la police, les pompiers…), aux consommateurs vulnérables et aux hôpitaux. Les ingénieurs en télécommunication sont considérés comme des travailleurs essentiels en vertu des lignes directrices du gouvernement britannique ».

Par ailleurs, fin septembre 2019, une antenne-relais des opérateurs EE et BT a été détruite par une attaque incendiaire à Porth, aux Pays-de-Galles.

Contre ce monde toxique et techno-policier !

Pour avoir une idée du déploiement de la 5G en Grande-Bretagne:
hxxps://www.speedtest.net/ookla-5g-map

[A partir de divers articles de presse via 325]

NdSAD:
*Les seules attaques que les chiens de garde du pouvoir ont mentionnées. Peut-être bien que d’autres antennes se sont embrasées ailleurs.

Antenne en feu à Birmingham, 02.04.20

Antenne en feu à Birmingham, 02.04.20

Berlin (Allemagne) – Ni expulsion, ni contrôle! Revendication d’incendies

[Ce communiqué, traduit en intégralité de l’allemand, revendique des incendies de véhicules d’entreprise qui ont été listés dans cette chronique.]

Ni expulsion, ni contrôle ! Véhicules de Bosch et Dr. House Solutions cramés

Il n’y a pas encore de couvre-feu, mais pendant que les gens prennent les premiers rayons chauds du soleil dans les parcs et sur les places, les rues sont calmes et désertes une fois la nuit tombée. La vie refluée vers la supposée sphère privée, les contacts sociaux largement interrompus, les communications passent au numérique. Désormais, la pensée dictée d’en-haut domine dans l’espace public. Les rassemblements publics, les manifestations – c’est presque chaque échange et résistance qui commencent à devenir invisibles, une dystopie.

Après l’état d’urgence viendra l’état d’urgence, il y aura des personnes gagnantes et des personnes perdantes. Nous voulons contribuer à faire perdre les bonnes gens, les investisseurs, les propriétaires de logements, les profiteurs de la surveillance. Même en ces temps de couvre-feu déclaré ou avancé, nous continuerons de saboter les rouages du système capitaliste et à briser le silence.

Le 19 mars, nous avons incendié un véhicule de l’entreprise de sécurité Bosch dans la Ostseestrasse dans le quartier de Pankow à Berlin et la nuit suivante une véhicule de Dr. House Solutions dans le même arrondissement.

L’entreprise Bosch a en même temps été exposant au congrès européen de la police de cette année et aussi organisateur d’un congrès numérique à la fin février à Berlin (hxxps://bosch-connected-world.com/attend/).

Afin de venir à bout des crises, des guerres, des états d’urgence ou même de la folie quotidienne du capitalisme des smart cities dans l’intérêt des dominant.e.s, ces derniers ont besoin de consolider leurs technologies de sécurité. En décembre, un véhicule de Bosch a déjà été incendié par la FAZ à Hambourg.

Dr. House Solutions fait partie du réseau de firmes de Padovicz. En raison du fait qu’il a toujours pour objectif d’expulser le Liebig34, de poursuivre la destruction de la Baie de Rummelsbourg et de continuer à extorquer les locataires, Padovicz et tou.e.s celleux qui agissent comme lui sont la cible de nos attaques. De la même manière que le Sénat de Berlin veut en outre expulser ‘Syndikat’ le 17 avril, il s’agit de dire aux responsables: cela tombera sur de la résistance. Mais comme cela a déjà été le cas ces dernières nuits, nous n’attendrons pas le jourX, car entre le système avec son ordre et nous, seule l’attaque a sa place.

[Traduit de l’allemand de indymedia, 23.03.2020]

Le Corona ou l’État ? Ni l’un, ni l’autre!

Ces derniers mois, le coronavirus se propage. En france il a d’abord été vu comme lointain, avec un racisme dégueulasse contre les personnes asiatiques. Mais maintenant il est bien là. Et évidemment l’état se place en position de sauveur, il nous dit qu’il a la solution, qu’il faut lui faire confiance.

Mais comment est-ce qu’on pourrait avoir confiance dans ces états qui prétendent vouloir notre bien ?!
Ces états qui font partie du problème car ils sont là pour protéger l’ordre établi, un ordre au service des riches et des puissants et qui écrase la gueule de tellement de personnes. Ces états qui sont en permanence responsables de milliers de mort-e-s, sur leurs territoires, aux frontières, et partout sur la planète (la france est le 3ème exportateur mondial d’armes). Ces mêmes états qui sont aussi en partie responsables du fait que ce virus existe et se soit propagé de cette manière (parce qu’ils sont acteurs du capitalisme, de la mondialisation et de la fragilisation des systèmes immunitaires de tout le monde, par la pollution, le réchauffement climatique…). Ces états qui font des choix en fonction de leur logique et de leurs intérêts (par exemple fermer tous les bars et magasins mais maintenir les élections municipales en france).
C’est vraiment du foutage de gueule.

L’état, la science et les médias ne sont jamais neutres. Ils font monter la peur du virus, la peur de la mort en fait. Tout en cherchant à éviter la panique, le chaos, pour garder le contrôle.
Comme d’habitude c’est une réponse unique qui est imposée à tous et toutes : arrêt de tout ce qui est considéré comme non nécessaires (selon eux) et surtout… le confinement !

Ça serait pour notre bien. Mais le bien de qui ?
Sûrement pas des femmes (et toutes les autres personnes) qui vivent des violences conjugales
Pas celui des enfants bloqués avec des parents nocifs
Ni celui des personnes qui vivent à plein dans des petits espaces
Pas celui de celles en prison ou qui restent enfermées dans des CRA (prison pour sans papiers), dont les conditions sont encore pire que d’habitude (pas de visites, de linge, moins de bouffe…)
Pas pour le bien de personnes travailleuses du sexe qui n’ont plus aucun moyen de gagner de la thune
Ni pour ceux qui pètent des câbles quand ils peuvent pas sortir
Pas pour celles qui n’ont pas les bons papiers et qui ont encore plus que d’habitude peur de sortir
Ni pour ceux qui dépendent des distributions de bouffe qui sont annulées
Pas pour le bien de tellement d’autres que ce système capitaliste, patriarcal, raciste, transphobe… écrase déjà quotidiennement…

Mais si si, c’est pour notre bien ! Et donc notre santé mentale, nos libertés… plus rien n’a d’importance. Pour la santé physique, la fin justifie les moyens : Contrôles, surveillance, amendes ou même peines de prison si on ne se plie pas aux règles. L’idée se répand que les personnes qui ne les respectent pas seront responsables si le confinement dure plus longtemps. Ça crée une figure de l’ennemi intérieur, comme si ceux qui n’obéissent pas aveuglement étaient irresponsables et « du côté du virus ». Donc la méfiance monte, certain-e-s deviennent le relai de l’état : son propre surveillant et puis aussi celui de ses proches, de ses voisins. À certains endroits les lignes téléphoniques des flics sont saturées tellement des gens appellent pour dénoncer ! On peut se demander ce que les gens qui balancent se mettent en tête pour justifier leurs actes ? Les personnes qui deviennent des keufs pourraient bien en subir les conséquences…

On est qu’au début du confinement, les libertés vont être de plus en plus restreintes, ça va vite mais les mesures sont prises au fur et à mesure, une bonne technique pour que ça soit plus accepté. Et au-delà de la question de la propagation du virus, interdire les balades en forêt ou au bord de l’eau, les couvre-feux… en réalité c’est uniquement du maintien de l’ordre.

Et même si le confinement dégage du temps à celles et ceux qui d’habitude en ont peu, à cause du travail, même si on peut voir des animaux revenir dans des zones désertées depuis longtemps, même si la pollution a largement baissé ces dernières semaines… Est-ce que au lieu de glorifier le confinement obligatoire on pourrait pas plutôt se demander comment faire pour vivre dans un monde un peu moins horrible ?

Oui ce virus il est flippant, ça fait pas envie de le chopper, surtout les formes les plus avancées. Les hôpitaux risquent effectivement d’être débordés et on sait que la médecine privilégie la vie des personnes plus jeunes, valides et donc productives pour la société capitaliste. C’est assez ironique que ce soit ce même état qui a défoncé le service de la santé qui vienne maintenant nous demander de prendre en charge le manque de lits en hôpital en nous responsabilisant individuellement. Qu’ils se prétendent « sociaux » ou pas : crèvent tous les états !

Avec ce confinement, l’état impose une ligne de conduite unique pour des dizaines de millions de personnes. Tout est fait pour nous déposséder de notre capacité à réfléchir par nous même, de connaître comment fonctionnent nos corps et comment en prendre soin. Mais on a quand même assez de bon sens pour se demander comment faire face à des virus, éviter de les propager, en parler entre nous, respecter nos choix, prendre soin les un-e-s des autres.

Bien sûr les conséquences du virus sont plus grave pour certaines personnes que pour d’autres et c’est important de le prendre en compte. Mais faire une seule catégorie qui serait « les personnes fragiles », qu’il faudrait protéger pas dessus tout, c’est complètement condescendant. Il y a des personnes qui préfèrent prendre le risque de mourir plutôt que de ne plus voir/toucher personne. L’état et la médecine médecine, comme toujours, nous empêchent de vivre et mourir comme on le choisit.

Ceux qui répriment les mutineries en taule et préfèrent laisser entassé-e-s dans des cellules des dizaines de milliers de personnes n’ont RIEN à nous apprendre en terme de solidarité.

La crise vient réaffirmer ce qui est considéré comme base de la société : la maison, la famille et le couple (cishétérosexuel surtout ! Cishétérosexuel : Qui se reconnaît dans le genre qu’on lui a assigné à la naissance et qui est hétéro). Mais nos affections et nos solidarités ne veulent pas se limiter à ces modèles étroits. Plein de pratiques de résistance autonomes existent. Faire exister et diffuser la critique, refuser le confinement généralisé obligatoire, s’attaquer à la société de contrôle et de surveillance, s’organiser pour contourner les contrôles, se filer des coups de mains... En parallèle, dans les taules et autres lieux d’enfermement, de nombreuses mutineries éclatent.

C’est clair : il n’y aura pas de retour à la normale. Cette normalité déjà bien gerbante risque de s’empirer. Il pourrait être imposé un « effort national » pour reconstruire le pays après la crise, de nouveau un bon argument pour les coupes budgétaires, l’installation sur le long terme d’outils technologiques, sécuritaires, la fermeture encore plus forte des frontières, de l’ultra hygiénisme…

On est au cœur d’une crise mais c’est probable qu’il y en aura d’autres. Où d’autres peurs amèneront à d’autres formes de contrôles et de privation de libertés. Ils sont en train de tester des modes de surveillance et de gestion de population à une échelle mondiale. Le fait que les mesures soient si bien acceptées cette fois-ci pourra en faire un précédent, une assurance qu’en cas de besoin il est possible de contrôler et d’imposer une seule marche à suivre à des milliards d’humain. On nous habitue à un monde géré militairement. Quand la menace c’est la mort tout est légitimé pour préserver la vie. Mais jusqu’à quel point ? Ce monde était déjà inacceptable, mais elle est où la limite ?

Pour que la vie ne se résume pas à de la survie, auto-organisons nous contre le virus et rejetons l’autorité !

Le tract recto/verso au format PDF

https://sansattendre.noblogs.org/post/2020/03/29/le-corona-ou-letat-ni-lun-ni-lautre/

Bristol (Angleterre) – Révolte contre les flics, pillages et incendies après l’instauration de l’état d’urgence

23 mars. Dans la soirée, lorsque le premier ministre Boris Johnson (désormais contaminé) a décrété l’état d’urgence et les nouvelles mesures pour lutter contre le coronavirus, les flics de Southmead (à Bristol), harcelaient les jeunes dans les rues. La police a été attaqué avec des pierres et des bouteilles et deux fourgons du supermarché ‘Iceland’ ont été incendiés devant leur dépôt. Plusieurs voitures ont également été détruites et incendiées à travers la ville. Les jeunes sont en permanence en proie aux « mesures spéciales » de la police (abus, tabassages, harcèlement, dispersion, conditions spéciales), et les émeutes et les ripostes sont la seule vraie solution, ne pas rester chez soi et avoir peur.

[…] Les mesonges des médias nous rabachent que nous sommes « tou.te.s dans le même bateau », mais il est clair que nous ne le sommes pas et nous ne le serons jamais.

C’est la lutte des jeunes et des irréductibles contre ce système malade et ce n’est là qu’un avant-goût de la tempête à venir.

Mort aux politicien.ne.s, à la police et à celles/ceux qui ont empoisonné ce monde.

[Traduit de l’anglais de 325, 28.03.2020]

[Dans la nuit du lundi 23 au mardi 24 mars, des émeutes ont éclaté à Bristol et dans ses environs, juste après que l’état d’urgence a été décrété par le premier ministre dans le cadre de la propagation du coronavirus: assignation à résidence, occupation des rues par les flics…
Vers 1h30 à Weston, un groupe d’émeutiers s’en est pris au supermarché Asda. Après être entrés dans la zone de déchargement du magasin de Winterstoke Road, ils se sont emparés d’un camion de livraison, l’ont vidé puis l’ont incendié à proximité de Warne Road. Plus tôt dans la soirée, des groupes de jeunes enragés ont attaqué les flics, retourné des bagnoles, et surtout incendié deux camions de livraison d’un supermarché à Southmead, après les avoir pillé. Depuis l’instauration du confinement et du couvre-feu, les supermarchés croulent sous les demandes de livraisons à domicile.

 

https://sansattendre.noblogs.org/post/2020/03/31/bristol-angleterre-revolte-contre-la-police-et-incendies-contre-letat-durgence-23-mars-2020/

Its the end of the world as we know it… Issue 2 – Go Outside! Light Fires! Keep a Good Social Distance (from the state)!

Issue II of our ongoing Journal ‘Its the end of the world as we know it….: (Go Outside, Light fires etc) is released today. In this volume of the journal we decided to focus on the varied attacks, rebellions, riots and battles across the world between the state and free wild individuals. We have actively made the choice to not include updates on repression or violence, since we have the impression, these reports are everywhere and all around us and at times become a very stagnating force. We want this second issue to be a provocation to everyone, get out from behind the screen, go out of your home (even if for no reason other than personal satisfaction), and LIGHT. IT. THE. FUCK. UP. This time around, we have been inundated with submissions and nods of things to include and we are happy to say we have many new and original texts, and the first translation into English of a text from the Greek anarchist formation ‘anarchist groups of Night Visits’ who in the last weeks committed a series of arson’s against the personal  properties/homes of a number cops, politicians, and journalists. This issue is comprised of 3 main parts: first Scattered Chronology of attacks and Rebellion which is a day by day rough calendar of different things that have happened between 11th march and 1st of April especially where the writers specifically mention making a connection to Covid 19 or the specific necessity/newness of breaking quarantine. Drawn from counter info sites in four different langues and 3 different continents we hope to put forward the broadest and  widest range of rebellions with which to warm our hearts, 2nd In depth Communiques- which is a section dedicated to longer texts which mix up action and analysis, and finally analysis- In this section we take texts from before and during the outbreak of corona which critique the notion of safety, offer an alternative to the version of the ‘We Are At War’ narrative perpetrated by countless states, and argue the need for an increase in  insurrectional activity in the coming days/weeks/months.

As well as these main parts, the journal also has a brief introduction from the D&O  collective- a correspondence between ourselves and Flower Bomb From the warzone distro, and poetry from our good friend auntie social ????

As always we are calling for submissions to this ongoing project; get in touch downandoutdistro(dot)riseup(dot)net PGP available in the ‘contact’ section of the site.

Quotes from the Text:

“We detest the turn-coating, so called anarchists all around us, who are suddenly unquestioningly abiding the states advice, laws, and lock downs. We refuse the prison logic (like all prison logics) and will never trust the state to keep us safe.  The worst Virus is the State”

“Each and every one of us has been turned into a ticking time bomb, a disgusting, diseased, infectious, monstrous, creature who should hate itself and others like it- and keep away from them as much as possible. For those of us already deemed disgusting by society (queers, trans, sexworkers, junkies, HIV positive people etc) this feeling maynot be so new; but now the stigma of the ‘diseased’ is engulfing us all.”

“Police were attacked with stones and bottles and two Iceland supermarket vans were torched outside their depo. Several cars were also smashed and set on fire across the city. Young people are already always under ‘special measures’ by the police -abuse, beatings, harassment, dispersal, special conditions – and rioting and fighting back is the only real solution, not staying in your house and being afraid. Death to the politicians, the police and those who have poisoned this world.”

“The existence of the state is the political component that originates war as we know it.  War is a tool necessary for civilization’s spreading. The need of capitalism for exponential growth is the trigger in wars for resources. The state doesn’t exist to save us from war, it’s the forefather of war instead.”

PDF HERE: Issue II

Palestine – Occupied Palestine: Two days of riots erupt in Jaffa after 16 year old youth defies coronavirus curfew

The enraged people of Jaffa rioted last Wednesday, burning tires and dumpsters, in protest of a series of violent arrests carried out by occupying forces. Cops were on a patrol in the city’s predominately Arab Ajami neighborhood, when they saw a 16 year old standing with another person. The cops then requested identification in order to find out if he was further than 100 meters from his house. The youth refused their order, resulting in the cops attacking and violetly arresting him, all the while more residents surrounded the cops to help him escape. A further 4 people where violently arrested, leading to the local neighbourhood attacking any reinforcements that arrived.

A resident of Jaffa who saw what happened, said: “The feelings are very tense, the situation in Jaffa is out of control. It has been a month since the situation tension between police officers and young people has been so severe. It’s not cops, they’re criminals. They don’t talk. They hit first. This morning there was a riot between police and residents after a 16-year-old refused to identify himself. When a woman came to disperse the mess, she too was beaten. All of Jaffa is furious. We can’t stand such a thing that the cops behave in such a way.”

States are doing everything possible to suppress rising anti-social tensions against the curfews imposed worldwide, the occupying forces have unleashed their propoganda trying to discredit the unrest by saying the 16 year old had coronavirus when all he did was resist totalitarian violence.

The Uncivilized