Cronache dal contagio – giorno X

Un giorno qualsiasi ti svegli e il mondo non è più lo stesso.
E’ già capitato a molti ma non avevi mai pensato che sarebbe potuto capitare proprio a te, proprio oggi.
Ti guardi intorno sbigottitx e non ci vuoi credere, chiudi gli occhi e pensi “non è reale, tra poco mi sveglierò e tutto sarà come prima”.
Ma non ti svegli e passano settimane, e tu sei sempre lì, attonitx, a guardarti intorno, aspettando…aspettando.
Intanto il mondo continua, a modo suo. Non puoi più uscire di casa se non per andare a lavorare, tutto il resto avviene online: la spesa, lo svago, le relazioni. Il tuo telefono gestisce la tua vita: sa quando i tuoi  parametri vitali sono alterati e ti connette con il medico o contatta il farmacista per farti fare una ricetta, quando sei triste mette della musica allegra e ti consiglia una pastiglia, quando hai bisogno di affetto fissa uno skype meeting un conoscente, quando sei stancx punta la sveglia un ora più tardi. Non hai più bisogno di preoccuparti di niente, ogni dettaglio è già stato deciso per te, devi solo lavorare per assolvere il tuo debito con le compagnie che gestiscono la tua vita, per lo stato che garantisce la tua sicurezza. Non hai più aspirazioni perchè non c’è niente di meglio a cui aspirare, non hai rimpianti perchè non c’è altro che avresti potuto fare. QUESTO E’. Tutto il resto è irregolare e per questo deve essere prontamente eliminato o normalizzato.
Le persone a cui volevi bene sono solo dei lontani ricordi, dei contatti Whatsupp che ogni tanto compaiono in chat e ti mandano foto di luoghi lontani che non puoi più raggiungere. A volte diventano voci in lunghe telefonate che parlano di niente: di come è venuto oggi il pane fatto col bimby quindi  uguale a sempre, dell’ultimo best seller letto, delle forme di intrattenimento che servono per far passare il tempo che altrimenti non passa.
Non ricordi nemmeno più bene ma ci sono cose che sono scomparse dal tuo mondo e ora sembrano scarabocchi a matita cancellati male nella tua testa, ci sono resti di paesaggi, parchi, sentieri, luoghi selvaggi, emozioni che ormai non hanno più forma. Ci sono foto che li ritraggono ma non raccontano più la stessa storia, come feticci di un altro tempo senz’anima.
Aspettando ti sei anche dimenticatx chi eri, da dove venivi, forse l’hai voluto fare per adattarti meglio alla situazione, per riuscire a credere che non poteva che andare così. Ancora non ci credi, “tutto tornerà come prima”, ma poi ti accorgi che non ricordi nemmeno com’era prima. Ti accorgi che l’unico mondo che hai ora è questo, e che sei solx. Ti accorgi che tutt’intorno a te è pieno di scatole di cemento con dentro milioni di Te tutti uguali e diversi allo stesso tempo, che fuori dalle  scatole di cemento ci sono scatole di ferro che trasportano i Te verso altre scatole di cemento. Nient’altro. Avanti e indietro tra le scatole di cemento. 2 volte al giorno, 5 giorni su sette, 12 mesi l’anno. Scatole di cemento che inghiottono tempo, il resto è solo tempo che in qualche modo deve passare, per questo ci sono i passatempo.

Una notte fai un sogno strano: sogni di svegliarti una mattina e invece di prendere la scatola di ferro che ti porta alla scatola di cemento inizi a camminare, qualcuno ti vede e decide di seguirti. Nel giro di qualche minuto siete già una sessantina e continuate ad aumentare. Nessuno parla ma sapete già tutti dove state andando. Arrivate alla prima scatola di cemento e distruggete tutto. Prendete quello che vi serve e distruggete il resto. Gli altri dentro la scatola vi aiutano. Poi passate alla seconda, e poi alla terza, e così via.

Ti svegli di soprassalto, è mattina presto e fuori il cielo è grigio, come tutti i giorni. Suona la sveglia ed è ora di cominciare un nuovo giorno, la tua rassicurante routine ti aspetta. Consumi la tua insipida colazione poi ti metti mascherina e guanti e ti avvii verso l’ascensore. Premi il pulsante per chiamarlo ma non succede nulla. Non c’è elettricità. Ti avvii per le scale e raggiungi l’ingresso. Nemmeno il pulsante per l’apertura della porta funziona. Prendi il telefono ma non c’è campo. Suoni il campanello dell’appartamento sul pianerottolo ma nessuno ti risponde. Sali al piano superiore, altro campanello. Nessuno. Nemmeno al terzo piano, nè al quarto. Tutto tace. Torni alla porta, prendi il porta ombrelli e sfondi il vetro. In strada ci sono decine di persone che si guardano intorno spaesate, nessuno proferisce parola, nessunx si avvicina agli altrx. Tra la folla scorgi uno sguardo amico dietro la mascherina, lo raggiungi e con un sibilo chiedi “cosa diavolo sta succedendo?”. L’altrx ti prende per mano e ti sussurra nell’orecchio “niente, è stato solo un brutto sogno. Incamminiamoci, se andiamo a passo svelto entro qualche giorno potremmo essere di nuovo in montagna…”.

Cronache dal contagio – giorno 14

Oggi finalmente siamo usciti di casa.. sono giorni che siamo rinchiusi.
Giriamo per una città deserta, vediamo le macchine parcheggiate, quasi nessuno in giro. Sembra ci sia appena stata una guerra chimica.

Io guido, lei è sul sedile posteriore, quello opposto al mio.
Anche se dormiamo nello stesso letto, se ci fermassero adesso l’uno accanto all’altra potrebbero denunciarci, qualcuno dice il carcere. Ma abbiamo deciso di evitare di rischiare perché oggi infrangeremo la legge, la stiamo già infrangendo. Siamo fuori senza un ‘motivo valido’.
Ci fermiamo nel parcheggio di un supermercato cosicché l’esser fuori di casa non attiri l’attenzione. Ci copriamo la bocca e ci mischiamo nel gregge.
La fila scorre e noi no, iniziamo a pensare che qualcuno potrebbe notarlo, allora sdrammatizziamo.
Siamo nervosi.
Poi arrivano e istintivamente, infrangiamo un altro divieto. Superiamo il metro che dovremmo mantenere e li abbracciamo. Esageriamo proprio e ci diamo pure due baci. Poi ci guardiamo intorno. Non sembra che ci siano delatori, però forse quel signore… siamo cinque persone assieme, non abbiamo guanti, né mascherine, decidiamo che non è sicuro.
Allora ripartiamo, una macchina dietro l’altra.
Uno di loro si nasconde sotto il sedile, se li vedessero tutti e tre assieme in una sola macchina li fermerebbero e dovrebbero giustificare la loro presenza.
Non hanno nemmeno il modulo, né uno scontrino da esibire. Cosa ci fanno qui?
Il luogo dove pensavamo di fare ciò che dobbiamo è troppo affollato visto il periodo, ne va trovato un altro.
Ci ricordiamo di un posto, ma è un po’ lontano, dovremo girare un po’.
Cerchiamo di evitare eventuali posti di blocco facendo vie secondarie, non ci sono macchine in giro, ci fermerebbero.
Alla fine arriviamo al posto, prendiamo la valigia e velocemente ci allontaniamo dalle macchine, nascondendoci alla vista di possibili passanti.
Controlliamo nervosamente attorno, pare che tutti siano rinchiusi nelle loro case protette, loculi contro il contagio. Qui siamo sicuri, possiamo iniziare, non dovrebbe accorgersene nessuno.
Ci sediamo, tiriamo fuori il cibo e iniziamo a parlare..

Ciò che fino a qualche giorno fa pareva scontato, ora non lo è più.
Chi ha causato l’epidemia oggi ci toglie quasi tutte le libertà individuali rimaste.
Ora viviamo in una dittatura totalitaria. Un tecno-totalitarismo perché, rispetto ai totalitarismi storici, quelli obsoleti, quelli contemporanei possono utilizzare raffinati strumenti tecnologici per controllarci. Dalle telecamere, al tracciamento del telefono, controllo delle chiamate, dati, sms.
E, certo, utilizzano ancora i vecchi metodi, quelli non passano mai di moda.
Il posto di blocco, il manganello, la perquisizione, il fucile, l’intimidazione, la galera.
E poi la classica delazione, perché dentro ogni buon cittadino si nasconde un mezzo sbirro.

Dicono che sarà un periodo d’eccezione, che tutto tornerà come prima, riavremo le nostre limitate libertà. Ma ci hanno mentito troppe volte. Perché questa volta ci dovremmo fidare?

Delitto e castigo

1. Una storia del tutto impreparata.

Ma cosa credete – gridava Razumichin, alzando la voce – credete che io parli così perchè dicono degli spropositi? Sciocchezze! A me piace quando ne dicono! Il dirli è l’unico privilegio umano di fronte a tutti gli altri organismi. Con gli spropositi arriverai alla verità! Sono uomo appunto perchè ne dico. Non c’è verità alla quale si sia pervenuti senza aver prima spropositato quattordici volte, e forse anche centoquattordici, e questa è nel suo genere una cosa onorevole; sì, ma anche di spropositare col nostro cervello non siamo capaci! Tu dimmi una frottola, ma dimmela a modo tuo, e io allora ti bacerò. Dir frottole a modo proprio è quasi meglio che dir la verità al modo degli altri; nel primo caso sei un uomo, nel secondo sei soltanto un pappagallo! La verità non ci scapperà, ma la vita si può massacrare; se ne sono avuti degli esempi.

Iniziarono con immunità di gregge e fake news. Temi collaterali, difficili da affrontare con ingombranti bagagli analitici ma agevoli a propagandarsi nella semplificazione positiva del potere: Salute e Verità in termini assoluti, senza le discussioni che per migliaia di anni questi concetti si erano portati dietro, erano improvvisamente diventate limpide, ovvie, evidenti. Anzi, evidenze.
La Salute è: vivere più a lungo possibile, posticipare il fine-vita (“morte” è tabu) sperando che frattanto si trovi un modo di evitarlo del tutto, allungare l’aspettativa di vita. Dati statistici solidi, sulla base dei quali posticipare l’età del pensionamento, fondare un mercato geriatrico innanzitutto farmacologico, far crescere le nuove generazioni in subordine a quelle precedenti.
La Verità è: ciò che dicono le autorità, come nel Medioevo ma con un’accezione più ristretta di auctoritas, infatti neppure il parere di certi settori dell’establishment culturale conta più niente, se non si allinea alla vulgata, se non si limita cioè a evidenziare le evidenze, i dati statistici solidi. L’algoritmo che spiega la vita.
Salute e Verità prosperarono, nella loro nuova mise, a scapito di altre idee meno a la page, prima di tutte, Libertà.
Un momento cardine dello sviluppo del binomio fu la Crociata dei Vaccini, ove si verificò che sui media Libertà era pollice verso e che i suoi tradizionali fan, rivoluzionari, anarchici, ribelli, anime belle e utopisti non potevano farci niente: in parte perchè la Crociata era di fanciulli, e come si sa i veri rivoluzionari non fanno figli o perlomeno non se ne occupano, in parte perché gli argomenti dei no/ free – vax erano spesso troppo naive, in altra parte perchè un pochino, se non altro almeno in base a una falsa logica conseguente la constatazione che ogni tanto un vaccino ci è utile eccome, un pochino questa idea di Salute… aveva convinto anche loro!
Infatti si videro non poche titubanze altrimenti inspiegabili a quei famosi tempi del Coronavirus che invece fecero subito dire ad altri “ecco, ci siamo”.
Già, perchè come quando si studiavano i lager nazisti alcuni sostenevano che lo si facesse proprio per saperli riconoscere nelle loro nuove forme (in Palestina, a Lesbo, a Lampedusa…), così quando si parla del Ventennio fascista, si canta “Bella ciao”, ci si dichiara antifascisti bisognerebbe sapere che il Duce difficilmente risuscita talquale, e se qualcuno gli somiglia è uno specchietto per allodole che segna semplicemente a che punto è la notte, come a Weimar, e che ora che Weimar è caduta, nel sorgere del Reich si squagliano allodole e sardine, voti utili e facili consolazioni, equilibrismi e compromessi. E le parole tornano ad avere un peso unicamente in forza dei fatti che sottendono.

Segue.

Cronache dal contagio – giorno 10

La quarantena non è che mi abbia cambiato molto.
Quest’anno avevo già deciso di mandare a fanculo il lavoro e darmi all’agricoltura, per crearmi da solo il sostentamento di cui ho bisogno, senza andarlo ad elemosinare ad un qualsiasi padrone, che da queste parti ti paga 3/4€ all’ora, quando ti va bene.
Quindi avevo già programmato che avrei passato queste giornate a dissodare, zappare, potare, seminare, e così sto facendo. Ho sempre desiderato fare il contadino!
Cerco di non farmi mancare niente, ogni tanto vado a trovare amici e amiche in città o negli altri paesi, per un pranzo, un bicchiere di vino, una scopata, ecc. Non ci sono molti controlli, così come non c’erano prima, siamo alla periferia di tutto, nel mio paese non c’è nemmeno la caserma dei carabinieri.
É il classico paesino dell’appennino, non c’è mai stata molta gente in strada così come non ce n’è ora. I soliti che stazionavano davanti al bar ora stazionano in piazza con le birre comprate fresche nell’unico minimarket del paese.
Anzi, forse l’aspetto sociale da queste parti è migliorato.
Quelli che andavano a lavorare si sono riversati tutti nei campi, di solito poco curati, e mi capita più frequentemente oggi di fermarmi a parlare con qualche paesano nelle campagne, che prima nei bar del paese.
Ovviamente i discorsi ricadono tutti su questa pandemia che ha stravolto un po’ le vite di tutti.
Non è tanta la paura per il contaggio, qua siamo lontanissmi dai focolai più grandi. Mi chiedo infatti se il problema non sia la troppa densità di popolazione che si registra in alcune zone, soprattutto nelle metropoli. Qua la preoccupazione principale è capire quando potremo tornare liberi.
Se potremo tornare liberi.
Quando parliamo di questo, di solito ricordo che prima non è che avessimo tutta questa libertà e che ora comunque facciamo più o meno quello che ci và. Il compaesano di turno conviene e aggiunge che però prima eravamo liberi di circolare, ora invece ci vogliono chiudere dentro casa!
Oddio, qualcuno per “liberi di circolare” intende liberi di andare al lavoro, che non combacia proprio con la mia idea di libertà, visto che mi sono licenziato perché la paga qua è da schiavitù, ma anche la libertà di lavorare può essere letta come una naturale necessità di avere una fonte di sostentamento.
Chissà quanto continua questa situazione e per quanto tempo la gente resterà senza lavoro? Chissà lo Stato se riuscirà a tamponare la cosa con i sussidi e per quanto tempo? Chissà se passato il virus tutto ritorni come prima?
Insomma qua quello che fa paura è il futuro incerto che si prospetta davanti.
E chissà se la paura di un futuro sempre più restrittivo non possa dare un po’ più di coraggio nel presente per riconquistare la propria libertà?
Mah, tutta questa campagna mi sta facendo diventare filosofo!
Meglio continuare a dissodare il terreno se davvero l’economia collassa e dobbiamo prepararci all’autosostentamento, c’è un sacco di inutile ferraglia sparsa nelle campagne da queste parti.

Cronache dal contagio – giorno 7

Da qualche giorno la scuola è chiusa, non possiamo più andare, c’è il covid.. passo le mie giornate chiuso in casa, anche se stare con i genitori è una palla. A loro hanno chiuso il lavoro…
Da ieri poi ancora peggio, la mattina dobbiamo stare connessi davanti al pc per ore. Possiamo ‘essere a scuola’ anche senza alzarci dal letto, non abbiamo nemmeno più la scusa della malattia.
Così dobbiamo cercare di seguire con attenzione la lezione, ma io non ci riesco. Già detesto ascoltare certi professori dal vivo (un paio sono dei cretini e non capisco perché devono stare in una posizione più alta della mia, perché devo obbedirgli), figurati ascoltare uno schermo. Non possiamo nemmeno parlare con i nostri compagni, fare le nostre cose, gli scherzi. Infatti a parte i primi della classe, facciamo quasi tutti altro, non si impara niente così. Alcuni non hanno nemmeno un pc a casa e quindi anche se volessero non possono proprio seguire.. altri devono fare i turni con i fratelli perché magari ne hanno solo uno.
Va beh, forse meglio per loro.
La cosa divertente e che possiamo registrare i professori e fare dei remix o dei meme.
Ci hanno detto che proveranno a farci fare pure dei compiti da casa. Questo non mi dispiace, potremo copiare facilmente.

Per alcune cose internet è bella per altre no..
Mio zio mi dice sempre (e mia madre si arrabbia) che quando andava a scuola lui poteva marinarla. Aveva un doppio libretto e nel secondo faceva la firma falsa di sua madre e nessuno se ne accorgeva. Qualche volta forse è successo, ma poco importa. Adesso se facessimo la stessa cosa i nostri genitori lo saprebbero subito, c’è il registro online. Che figata…
Di solito i miei amici li vedo solo a scuola, poi ci sentiamo in chat, nei nostri gruppi.
Ma, dopo una settimana passata chiusi in casa ieri notte io e altri tre abbiamo deciso di vederci, così
siamo usciti di nascosto, abitiamo vicino. Mamma e babbo si sono arrabbiati, ma cosa possono fare? Non è colpa mia se c’è l’epidemia.

Allora con i miei compagni ci siamo detti che se continua così la situazione ci dovranno far passare tutti. Non è che possono bocciarne alcuni per il corona virus, magari avrebbero potuto recuperare.
Una mia compagna in questi giorni ha visto tanti video su internet, non sapeva cosa fare. Lei è messa un po’ male a scuola, però ci racconta sempre delle cose divertenti. Ci ha raccontato che ha visto come si fa ad intasare un water e a fare in modo che non si possa chiudere l’acqua.. Ha detto che se la bocciano entra a scuola una notte e allaga la scuola.

Cronache dal contagio – giorno 4

Oggi ho guardato il frigorifero e ho visto che mancavano un po’ di cose. Così mi sono messo la mia mascherina e i miei guantini e mi sono avviato verso il supermercato, è a 10 minuti a piedi. Incrocio un paio di persone col cane, quando mi vedono cambiano direzione. Hanno anche loro la maschera, forse pensano che possa infettare i loro animali. Prima stava in un pipistrello….
Così arrivo fuori dal supermercato e mi metto in fila, mantengo le distanze. Le persone non si parlano, hanno paura, gli occhi spenti. Ci voleva solo questo. Dopo la crisi, ci avevano detto che questo mondo si sarebbe ripreso.. invece le guerre, gli attentati, i morti in mare. E ora la pandemia, quando sento i miei amici per chat ci chiediamo se sopravviveremo.
Credo di sì, ma fumo da tanto tempo, non ho dei polmoni buoni. Da qualche giorno non fumo più infatti..
Guardo il vigilantes all’ingresso, è il turno mio e di un’altra signora, non ci capiamo e quasi andiamo a sbattere. Si allontana subito spaventata, a passi svelti…
Guardo gli scaffali, alcuni sono vuoti, mi chiedo per quanto tempo ancora arriveranno gli approvvigionamenti. Per quanto riusciranno a riempire gli scaffali? Chi lavora nell’agricoltura non si ammalerà? Ormai fanno tutto i trattori e i trattori certo non si ammalano, ma qualcuno li dovrà pur guidare.

Così penso all’orto di mio nonno, quello che fino a cinque anni fa tenevo assieme ad un paio di amici in una zona con tanti altri orti. Avevamo sempre verdure buone, non erano come queste qui.. avevano sapore e non erano avvelenate.
Ora al posto dei nostri orti hanno costruito un centro commerciale, qualcuno ha detto che è meglio, non avremmo più dovuto faticare per lavorare la terra.
Ma se avessi ancora quell’orto ora avrei meno paura, saprei che per i prossimi mesi avremmo da mangiare.

Mentre allungo la mano per prendere due finocchi penso a cosa farei se iniziassimo ad avere fame, io e le persone a cui voglio bene.
Penso al ventennio, quando le persone mangiavano topi e ghiande mentre i gerarchi fascisti avevano le dispense piene. Allora capisco, se gli scaffali si svuoteranno, se inizieremo ad avere fame entrerò nella casa di un ricco, di un politico, di un vescovo e gli svaligerò la dispensa e il frigorifero. Le loro saranno sempre piene, non c’è dubbio. Magari scendo pure in cantina, alla fine lo champagne non l’ho mai bevuto. I soldi glieli lascio anche, in questo momento possono bruciare..

Cronache dal contagio – giorno 1

Ieri sono stata al lavoro, dopo ho beccato un paio di amiche, le solite cose. Abbiamo bevuto una birra e fatto quattro chiacchiere, qualche accenno alle zone rosse del nord italia, ma nemmeno più di tanto. Le solite cose, quelle cose scontate che oggi mi sembrano troppo lontane..

Poi sono tornata a casa, ho cenato, sola, e ad un certo punto è comparso Conte in tv. Non mi è mai stato molto simpatico, mi sembra arrivato lì per caso. E poi fa sempre il buono e non mi fido di quelli che fanno i buoni. Di solito sono falsi..
Insomma inizia a dire che la zona rossa verrà estesa a tutta italia, per non spaventarci la definisce zona rosa. Forse è per il discorso dell’inclusione delle donne nella società contemporanea. Stronzate, i capi sono maschi quasi sempre. E così chiamo il mio capo e lui mi dice che domani non devo andare al lavoro, che se il blocco dell’attività dovesse durare quanto dicono forse dovrà mandare a casa qualcuna di noi. Se durasse di più forse dovrà chiudere..
Ma come? Siamo assunte a tempo indeterminato! E poi solo due anni fa ho stipulato un mutuo per la casa, era stato pure lui a consigliarmi di farlo. Volevo essere indipendente… da cosa non so perché alla fine ho sempre bisogno dei soldi e questa non è indipendenza.
Forse indipendente dai miei genitori.. allora penso a loro, alla vita di sacrifici che hanno fatto. Due persone oneste che hanno dedicato la vita al loro lavoro e ai loro figli.
Tra poco dovrebbero andare in pensione, io credo che sarebbero dovuti andarci molto tempo fa. Troppo vecchi per lavorare, ma non sanno fare altro. Ora sono chiusi in casa, a pensare che basterebbe lo starnuto della persona sbagliata per far finire una vita passata a seguire le regole. Ciò che aspettavano da tempo, una vecchiaia di riposo, forse non lo vedranno mai. Per colpa della stessa società che hanno servito.
Allora penso a me.. cosa volevo farne della mia vita? Passarla ad obbedire, a pagare le rate del mutuo ed arrivare spossata senza energia a vivermi gli ultimi anni, magari attaccata ad una macchina e imbottita di medicinali? Magari pure sola. Magari muoio prima, senza aver fatto niente che non sia lavorare ed andare in ferie una settimana l’anno fingendo di essermele godute. Di solito le passo a dormire per riprendermi dalla stanchezza.
No, forse no… forse, finita la quarantena, non torno comunque al lavoro, forse smetto di pagare il mutuo.