Toulouse (France) – Quelques pneus font pssssssiiiiiit

Ces derniers jours, à Toulouse, une légère épidémie de pssssiiiiiit a kontaminé des pneus.

Ce monde nous dégoute. Il était déjà horrible avant et c’est éviden que ça s’empire. Les entreprises et les institutions qui le font tourner et en tirent du bénéf’ sont partout. Il y a tellement de raisons de les attaker ! Vu qu’elles mettent des noms sur leurs véhicule pour se faire de la pub, et comme ça peut être discret et pas si compliqué, on a saisi la perche tendu pour envoyer des petites piques pointues (à plusieurs de leurs pneus, pour compliquer le dépannage). Une façon de participer aux différentes colères qui éclatent et nous font kiffer.

Ces voitures/camionnettes appartiennent
– à l’état
– au département
– à Vinci
– à SCS (une entreprise de télé-surveillance)
– à Enedis
– à EDF
– à un fournisseur gaz
– à un installateur de fibre optique, un autre de télécom
– à une entreprise de « Smart solutions pour industriels »
– à une agence immobilière

Pour nous, les liens sont assez clairs entre tout ça pour ne pas en dire plus cette fois ????

Mort à l’état et au capitalisme (« écologique » comme « technologique ») !

https://insuscettibilediravvedimento.noblogs.org/post/2020/05/07/it-en-fr-tolosa-francia-alcuni-pneumatici-fanno-pssssiiiiiit-maggio-2020/

Toulouse (France) – Some tires make pssssiiiiiit

In recent days, in Toulouse, a slight epidemic of pssssiiiiiit has contaminated some tires.

This world disgusts us. It was horrible before and it’s clearly getting worse. The companies and institutions that make it work and benefit from it are everywhere. There are so many reasons to attack them! Since they put their names on their vehicles, in order to advertise themselves, and since it can be a discreet and not too complex method, we took advantage of the opportunity offered for send a few small, sharp nails (to several of their tires, to complicate their servicing). A way of participating in the different rabies that burst and that we like.

These cars / vans belong to
– to the State
– to the province
– a Vinci [a large French company specialising in construction, public works and related services].
– to SCS (a video surveillance company)
– to Enedis [a subsidiary of Eléctricité de France which distributes electricity].
– to EDF [the French fee of Enel italiana].
– to a gas supplier
– to one company installing optical fibre, to another telecommunications company
– to a «Smart solutions for industrial» company
– to a real estate agency

For us, the links between all this are clear enough that no explanation is needed this time ????

Death to the State and capitalism (as much «ecological» as «technological»)!

https://insuscettibilediravvedimento.noblogs.org/post/2020/05/07/it-en-fr-tolosa-francia-alcuni-pneumatici-fanno-pssssiiiiiit-maggio-2020/

Tolosa (Francia) – Alcuni pneumatici fanno pssssiiiiiit

In questi ultimi giorni, a Tolosa, una leggera epidemia di pssssiiiiiit ha contaminato alcuni pneumatici.

Questo mondo ci disgusta. Era già orribile prima ed è evidente che peggiora. Le imprese e le istituzioni che lo fanno funzionare e ne traggono dei benefici sono ovunque. Ci sono talmente tante ragioni di attaccarle! Visto che mettono i propri nomi sui loro veicoli, per farsi della pubblicità, e dato che può essere un metodo discreto e non troppo complesso, abbiamo approfittato dell’occasione offertaci per mandare qualche piccola punzecchiatura appuntita (a diversi dei loro pneumatici, per complicarne l’assistenza). Un modo di partecipare alle diverse rabbie che scoppiano e che ci piacciono.

Queste macchine/furgoni appartengono
– allo Stato
– alla provincia
– a Vinci [una grande impresa francese specializzata nelle costruzioni, nei lavori pubblici e nei servizi collegati]
– alla SCS (un’impresa di videosorveglianza)
– a Enedis [filiale di Eléctricité de France che si occupa della distribuzione dell’elettricità]
– a EDF [il corrispettivo francese dell’Enel italiana]
– a un fornitore di gas
– a un’impresa che installa fibra ottica, a un’altra di telecomunicazioni
– a un’impresa di «Soluzioni smart per industriali»
– a un’ agenzia immobiliare

Per noi, i legami fra tutto questo sono abbastanza chiari da non necessitare spiegazioni, per questa volta ????

Morte allo Stato e al capitalismo (tanto «ecologico» quano «tecnologico»)!

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Tolosa (Francia) – Macronavirus, decontaminazione

Nella notte fra il 4 e il 5 maggio [2020], le vetrine della banca Crédit Agricol dell’avenue des Minimes sono state spaccate o riempite di colpi, mentre una scritta indicava: «macronavirus, crisi, STOP?».

A Tolosa, fioriscono da qualche settimana delle banderuole che denunciano il macronavirus, suscitando una repressione disinibita.

Eppure il macronavirus, ben reale, non è che una delle mutazioni di un ceppo virale ben più predatore, che si estende su tutto il pianeta: il capitalismo.

Questo approfitta della crisi sanitaria del nuovo coronavirus, delle misure liberticide del confinamento e della crisi economica che esso provoca, per operare una profonda ristrutturazione.

I miliardi di euro dati dallo Stato alle banche e alle grandi imprese ci condannano a sempre più sfruttamento, sempre più miseria e controllo, se possibile digitalizzato.

In Libano, le rivoltose non si sono sbagliate. Hanno chiaramente identificato le banche tra i responsabili della degradazione delle proprie condizioni d’esistenza, prendendole di mira ed incendiandole, danneggiandole, facendone vilipendio coi loro slogan.

È davvero il momento d’agire, sbarazziamoci di quello che infetta le nostre vite!

decontaminazione

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Toulouse (France) – Macronavirus, decontamination

On the night between May 4th and 5th [2020], the windows of the Crédit Agricol bank on the avenue des Minimes were smashed or filled with blows, while a writing on a wall indicated: «macronavirus, crisis, STOP?».

In Toulouse, weathercocks denouncing the macronavirus have been blooming for a few weeks now, causing uninhibited repression.

Yet the macronavirus, very real, is only one of the mutations of a much more predatory viral strain, which extends over the whole planet: capitalism.

This takes advantage of the health crisis of the new coronavirus, the liberticidal measures of confinement and the economic crisis it causes, to carry out a profound restructuring.

The billions of euros given by the State to banks and large companies condemn us to more and more exploitation, more and more misery and control, digitalised if possible.

In Lebanon, the rebels have not been wrong. They have clearly identified the banks among those responsible for the degradation of their conditions of existence, targeting them and setting them on fire, damaging them, insulting them with their slogans.

It really is time to act, let us get rid of what is infecting our lives!

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Toulouse (France) – Macronavirus, décontamination

Dans la nuit du 4 au 5 mai 2020 les vitrines du crédit agricole, avenue des minimes, ont été brisée et étoilées; tandis qu’un tag indiquait : « macronavirus, crise, STOP »?

A Toulouse, depuis quelques semaines des banderoles dénonçant le macronavirus fleurissent en ville, suscitant une répression décomplexée.

Le macronavirus, bien réel, n’est pourtant qu’une des mutations d’une souche d’un virus bien plus prédateur et qui s’étend sur la planète toute entière : le capitalisme.

Celui-ci profite de la crise sanitaire du nouveau coronavirus, des mesures liberticides du confinement et de la crise économique qu’il provoque pour opérer une profonde restructuration.

Les miliards d’euros balancés par les états aux banques et grandes entreprises nous condamnent à toujours plus d’exploitation, de misère et de contrôle, numérisé si possible.

Au Liban les révoltées ne s’y sont pas trompées. Ils ont clairement identifié les banques parmi les responsables de la dégradation de leurs conditions d’existence, les prenant pour cibles en les incendiant, les dégradant, les vilipendant dans leurs slogans.

Il est plus que temps d’agir, débarassons nous de ce qui infecte nos vies !

decontamination

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Dietro l’angolo pt.5 – Il mondo inabitabile

Le epidemie convivono da sempre con la storia dell’umanità, sono legate indissolubilmente alle attività umane e sono apparse più volte come sintomo dei profondi cambiamenti sociali della specie umana.

Se dovessimo individuare in questo fenomeno una certa sintomatologia del nostro presente, che in qualche modo segna la discontinuità e la continuità con il nostro passato prossimo, e con un incerto futuro, potrebbe essere quella dell’impossibilità di un altrove.

Ciò che accadeva più frequentemente durante le epidemie storiche era la fuga repentina, di chi se lo poteva permettere, dai focolai di contagio. In questo caso, invece, la diffusione globale dell’infezione si è prodotta in un tempo brevissimo, al punto che anche gli Stati che ostentavano sicumera, e si pensavano in qualche modo al riparo, si sono dovuti nella quasi interezza sottomettere alle necessità proprie di una malattia che intasa gli ospedali, si appiccica ai luoghi chiusi ed affollati e di cui si conosce ancora troppo poco.

Al netto delle caratteristiche proprie di un virus piuttosto che di un altro, la velocità e l’ubiquità della diffusione è sicuramente un segno dei nostri tempi. Una velocità figlia delle infrastrutture dei trasporti mondiali, della gestione centripeta dei servizi, della concentrazione urbana, dell’industria turistica e della colonizzazione delle campagne.

Continuità e discontinuità, dicevamo, certamente gli aspetti sopra descritti del capitalismo attuale erano tra quelli più studiati e analizzati e, d’altra parte, l’aria soffocante di un mondo ultraconnesso, in cui il concetto di responsabilità diventava troppo vago – a causa dell’impossibilità di prevedere l’esito delle proprie azioni in questa catena inconoscibile di relazioni – s’era già fatta stantia in parecchie parti del mondo.

Insomma era un po’ sulla bocca di tutti l’idea che in questa interconnessione frenetica di relazioni prima o poi si sarebbe prodotto un patatrac.

All’inizio di questo processo, che in molti chiamano globalizzazione, vi era un preciso pensiero della classe dominante da loro definito come esternalizzazione, un mantra che pare oramai antico, l’idea cioè di scaricare altrove i costi sociali, sanitari e ambientali della produzione e degli imperativi produttivi del capitalismo avanzato.

Esternalizzazione che per molto tempo ha funzionato proprio come una forma di distanziamento sociale rispetto alle conseguenze del progresso tecnologico e industriale, un progresso che via via impoveriva di risorse i luoghi in cui si insediava, costringeva gli abitanti a migrare e rendeva man mano l’ambiente inabitabile.

La convinzione ultima dei dominanti su questo aspetto era, e per certi aspetti è, quella che non sarebbero mai stati loro a pagarne il prezzo.

L’irreversibilità di parecchi processi, dalla produzione nucleare al cambiamento climatico, stavano già facendo arrivare alcuni nodi al pettine.

Esternalizzare non basta più, il mondo pervaso, oramai, dal modello capitalista di sviluppo porta ovunque le sue nocività.

II

Per quel poco che si conosce di questo virus, una delle descrizioni che abbiamo trovato più pertinenti è quella rilasciata da 13 medici dell’ospedale Papa giovanni XXIII di Bergamo, il Covid-19 è :“L’Ebola dei ricchi”(…)“richiede uno sforzo coordinato e transnazionale. Non è particolarmente letale, ma è molto contagioso. Più la società è medicalizzata e centralizzata, più si diffonde il virus. La catastrofe che sta travolgendo la ricca Lombardia potrebbe verificarsi ovunque”

Già da tempo parecchi ecologisti e nemici del progresso ci avevano avvisato che l’urbanizzazione estrema, l’estrazione predatoria delle risorse e la produttività ad ogni costo stavano compromettendo fortemente le capacità riproduttive di determinati ambienti e popolazioni, una compromissione che spesso si autoalimentava generando processi a catena.

Era almeno da un decennio che in Cina la minaccia di una pandemia era percepito come un problema verosimile: ciò in virtù del repentino cambio di vita di milioni di persone, dell’intensificarsi a dismisura dell’allevamento intensivo e della mancanza di spazi intermedi tra la profonda campagna e la città che rendono sempre più fragili le barriere immunitarie tra la popolazione umana e l’ambiente in cui vivono.

I capitalisti già sapevano di dover fare i conti con questi problemi in un futuro non troppo remoto, e probabilmente pensavano di poter circoscriverne i danni.

Ma l’intelligenza biologica di ogni nuova forma di vita, compresi i virus, cerca costantemente la via più veloce e sicura per riprodursi.

La geografia della diffusione ha così seguito le vie principali degli scambi mondiali e nazionali andando a insediarsi nei poli produttivi più fortemente legati alla complessa catena di messa a valore planetaria.

L’”Ebola dei ricchi”, definizione calzante di una consapevolezza che si è imposta gradualmente nei principali Stati come minaccia alla riproduzione dei rapporti capitalistici.

E’ questo sicuramente un altro aspetto, se non proprio inedito, almeno degno di nota.

Il blocco della vita sociale e di parte delle attività produttive è stata una decisione presa certamente a malincuore dai governanti, i cui costi e le cui conseguenze sono ancora tutti da quantificare, una decisione che, per quanto abbiano cercato di posticipare, si è resa indifferibile davanti alla possibilità che il sistema sanitario collassasse, scalfendo inoltre quel poco di fiducia che i governati hanno ancora nelle istituzioni.

Da un po’ di tempo a questa parte, la vita delle popolazioni urbane stava iniziando a subire limitazioni; le mascherine in molti centri urbani asiatici erano già un armamentario necessario per uscire di casa a causa dello smog; l’anno scorso, per esempio, Nuova Delhi ha subito un lockdown del traffico aereo e di quello automobilistico, le autorità invitavano la popolazione a non uscire di casa perché l’aria era velenosa.

Il produttivismo capitalista dava segni di cedimento ben prima di questa epidemia e oramai non solo gli ecologisti sapevano che il livello dei ritmi di produzione e di scambi avevano raggiunto il limite rischiando di far collassare il sistema.

Un problema sicuramente pieno di sfaccettature e complesso quello di un sistema giunto ad un livello di saturazione tale che necessita, per sopravvivere, di essere bloccato.

In prima battuta si può affermare che un problema sistemico non sia per forza un problema avvertito da tutti gli attori, per esempio a riguardo delle emissioni di gas serra, la precaria soluzione è quella di una competizione molto feroce tra gli stati e le grandi multinazionali sulle quote di emissione.

Da questa piccola considerazione si possono intravedere alcuni scenari per il nostro presente pandemico rispetto a improbabili parametri comuni sui futuri blocchi della produzione e alla corsa forsennata per accaparrarsi soluzioni mediche all’avanguardia per competere nei mercati internazionali.La salvaguardia della salute della popolazione produttiva pare ora diventare un parametro necessario alla conservazione del proprio ruolo all’interno del sistema, cessando di essere solo un’istanza di magnati illuminati e green.

A scanso di equivoci, non si vuole qui affermare che si andrà imponendo una versione paternalistica del capitalismo attuale, dove i padroni si prodigheranno a far crescere il benessere nella popolazione oppure che gli Stati riformeranno su parametri universalistici i sistemi sanitari nazionali. Piuttosto si vuole rimarcare l’idea che la salute e l’ambiente necessariamente diventeranno centrali nel decidere le sorti della concorrenza intercapitalistica e, quindi, si imporranno come parole d’ordine a cui a tutti verrà ordinato di sottostare.

III

Se la velocità e l’ubiquità sono ciò che hanno reso questo fenomeno una brutta gatta da pelare per gli Stati, d’altra parte ciò che affligge soprattutto gli sfruttati che occupano il mondo è il suo carattere di massa. Milioni di persone hanno esperito, e stanno facendo esperienza, di cosa significhi vivere in un ambiente antropico ostile alla vita umana, un tipo di esperienza che fino a poco tempo fa era circoscritta ad ambiti di realtà gravemente compromessi.

La possibilità di questa esperienza comune potrebbe dare una materialità a tutta una serie di discorsi prima citati.

Una materialità che è prima di tutto biologica ma che potrebbe sostanziarsi in un atteggiamento di classe.

Non c’è nessun automatismo che lo garantisca, come gli esempi che ci arrivano dai tanti luoghi contaminati di questo mondo ci insegnano. Di certo per molti sfruttati l’obiettivo di riempirsi la pancia oggi potrebbe rendere un po’ più dolce la consapevolezza di produrre la propria morte dopodomani. Ma davanti a un’esperienza di massa potrebbero saltare tutti quegli escamotage individuali per indorarsi la pillola: e l’imporsi dell’idea che non c’è una via d’uscita.

Perchè, in fin dei conti, l’esposizione al rischio sta già svelando l’arcano del cosiddetto distanziamento sociale che non è altro che una rimodulazione della separazione tra le classi.

Se ne sono accorti bene i detenuti di tutto il mondo e i lavoratori costretti a continuare produrre, se ne accorgeranno a breve anche tutti gli altri che saranno costretti a tornare a lavorare e quelli che dovranno affrontare le conseguenze della nuova normalità.

E se la situazione non muta in poco tempo, i ricchi troveranno sicuramente un modo per allontanarsi dalle conseguenze del mondo nocivo su cui basano i loro privilegi.

E’ necessario comprendere come a livello ideologico sia veramente pericoloso l’imporsi di discorsi dall’impronta biologista sull’esposizione e l’allocazione del rischio infettivo. Quei discorsi che tracciano delle linee su parametri biologici, come l’età, per dare o togliere libertà o restrizioni, oppure tutti quelli che lamentano l’eccessivo sovraffollamento o la carenza di norme igieniche come un dato naturale.

Questi discorsi ci spogliano di qualsiasi capacità etica di fronte al problema, poiché riconoscono come sacrificabili alcuni individui. In questo modo tracciano delle separazioni tra coloro che potrebbero almeno desiderare, se non provare, a rovesciare questa società.

Inoltre, in questo modo, scompare la sola e gracile idea emancipatrice di questa malattia: il fatto che l’essere umano riconosca di condividere il medesimo ambiente e che se qualcuno potrà permettersi di salvarsi, per tutti gli altri, ogni giorno di più, anche quando l’epidemia sarà finita, non resterà che respirare la medesima aria.

Anche in questo caso si tratta di intravedere un ambito di intervento, un possibile orizzonte comune e non certo di una formula magica. Difatti potrebbero essere numerosissimi gli esempi di come questa situazione produca anche processi opposti di isolamento, diffidenza reciproca oppure di come in molti permanga l’illusione che questi sacrifici servano a riottenere una vita nuovamente all’altezza dei propri standard di comfort e consumi.

D’altra parte, però, non si tratta di una semplice alternativa tra libertà e paura quanto piuttosto tra libertà di esporsi o meno a un rischio e trovarsi costretti a doverlo fare per sopravvivere.

Non crediamo che svilire le altrui fobie serva a molto in questa situazione quanto piuttosto sarebbe più utile smontare la percezione del rischio che ci viene propinata, totalmente schiacciata sulle responsabilità individuali e sulla paura del corpo dell’altro. Anche perché i tempi che verranno, ci insegneranno che ci sono cose più terribili di cui avere paura.

IV

La versione ufficiale di come affrontare queste problematiche è farcita da una buona dose d’ottimismo.

Un ottimismo di certo propagandato, ma anche condiviso in buona fede da una ampia parte degli sfruttati.

Pare ci sia ancora tempo, tempo per convertire la produzione, per mitigare le conseguenze dell’inquinamento, per trovare cure a chi ne è vittima.

E insomma, proprio perché c’è tempo, l’innovazione tecnologica spinta nella giusta direzione risolverà i problemi mantenendo gli adeguati livelli di produzione, consumo e profitto.

Del resto anche ora in questa pandemia ci somministrano le stesse ricette: attraverso la quarantena cercano di guadagnare il tempo necessario a sviluppare le tecnologie adeguate, non certo per mettere in sicurezza la popolazione, ma per far ripartire il sistema.

Nel grande palcoscenico attuale le posizioni sul cambiamento climatico e sulla pandemia sono quasi simmetriche: da una parte ci sono i negazionisti – ultimamente un po’ in difficoltà poiché si trovano ad affrontare, nello stesso tempo, il crollo del prezzo del petrolio e a dover, a malincuore, bloccare la produzione industriale a causa dell’emergenza sanitaria – dall’altra i cosiddetti sostenitori del Green New Deal che a tutt’oggi sbandierano la possibilità alquanto fantasiosa secondo cui il salvataggio del pianeta e dell’umanità potrebbero convivere benissimo con la ripresa economica capitalista.

Sono effettivamente questi ultimi che da anni cercano di convincerci dell’alto valore dei buoni comportamenti individuali, spacciandoci l’apertura di nuove fette di mercato (dalle borracce, alle auto elettriche passando per le mascherine e il tracciamento dei contatti), come l’unica soluzione a dei problemi sistemici che loro stessi hanno generato.

Il problema non è soltanto quello del recupero delle istanze radicali.

Da scalfire, davanti a questa pandemia, è la speranza che il peggio possa essere posticipato, perché è una speranza che ci toglie il tempo di agire.

Non si daranno soluzioni morbide davanti alle emergenze e, come si vede bene di questi tempi, non c’è, davanti alla paura di morire, nessuna rimostranza che tenga.

La cosiddetta transizione ecologica non sarà di certo un passaggio felice e si manifesterà sempre più come un passaggio necessario alla conservazione stessa dell’apparato produttivo.

Da una parte c’è la portentosa capacità di convincimento di misure che vengono adottate per la sopravvivenza, aventi quindi carattere di necessità, che investono gli Stati di un enorme potere materiale e simbolico – di cui questa crisi sanitaria ci ha dato un buon esempio -; dall’altra ci sono le istanze degli ultimi su cui verranno sempre di più scaricate le conseguenze di questo mondo marcio, ultimi che si troveranno sempre di più a scegliere tra la mera sopravvivenza dettata da un ambiente antropico ostile e le condizioni possibili per vivere una vita che valga la pena di essere vissuta.

La retorica di un crescente benessere che il capitalismo avrebbe pian piano assicurato un po’ a tutti, è ormai morta e sepolta da tempo.
L’immagine con cui le autorità hanno tentato di rappresentare il mondo riservato alla gran parte degli uomini e delle donne, è diventata più simile a una scala a pioli, cui bisogna tentar di restare aggrappati con le unghie e coi denti, per evitare di cadere giù ai tanti scossoni che le vengono dati.
Una scala cui continuano a togliere punti d’appoggio, mentre aumenta il numero di uomini e donne in cerca di un appiglio. La prepotente entrata in scena del Covid19 minaccia di renderla ancor più carica e traballante.
Tenteremo di approfondire la questione in un testo che uscirà a puntate, una a settimana, in cui se ne affronteranno di volta in volta alcuni specifici aspetti. Un testo redatto a più mani, da alcuni compagni che partecipano alla redazione di questo blog e da altri che invece non ne fanno parte. I singoli capitoletti potranno quindi avere uno stile e magari dei punti di vista diversi o contenere delle ripetizioni.
Del resto le possibilità di confrontarsi collettivamente in questi giorni sono notevolmente ridotte e discutere attraverso piattaforme online non è certo la stessa cosa che farlo vis a vis.

Dietro l’angolo pt.5 – Il mondo inabitabile

Eine der Folgen der staatlichen #COVID19 Maßnahmen ist eine Zunahme patriarchaler häuslicher Gewalt: Ciao Vivi

Die Nachricht von der Ermordung einer 34-jährigen Frau aus Bergamo, Viviana, wurde vor einigen Tagen durch Mundpropaganda und zeitungsberichte verbreitet. Ein weiterer Akt patriarchalischer Gewalt: Viviana wurde von ihrem Partner aus Eifersucht brutal zusammengeschlagen und starb nach sechs Tagen im Koma aufgrund der gemeldeten Verletzungen. In diesen Zeiten, in denen der Staat uns Maßnahmen auferlegt, die uns dazu zwingen, zu Hause eingesperrt zu bleiben, und sogar vorgibt, zu entscheiden, was unsere Hauptanliegen sein sollen (an deren Spitze natürlich die blutsverwandte Familie und das stabile Paar stehen), sind die Fälle von geschlechtsspezifischer Gewalt noch zahlreicher als sonst. Paare und Familie sind die Säulen der heteronormativen, für den Staat funktionalen Gesellschaftsordnung. In der Rhetorik der vom Papa-Staat auferlegten Ordnungen, des #restiamo a casa und der Trikolorflaggen werden familistische und patriotische Werte mit einem fauligen faschistischen Geruch wiederbelebt. Viele Frauen und LGBT-Personen befinden sich derzeit in schwierigen Situationen, weil sie gezwungen sind, in unterdrückenden Beziehungen oder mit einer Familie zusammenzuleben, die sie nicht akzeptiert, sie können nicht weggehen und haben keine Möglichkeit, ihre Unterstützungsnetze zu erreichen, die hauptsächlich aus freundschaftlichen Bindungen bestehen. Einige von uns haben Viviana in einem besetzten Haus oder bei einem Punkkonzert kennen gelernt oder sie vielleicht bei einer Demonstration getroffen. Mehrere Jahre lang hatten wir uns aus den Augen verloren, aber diejenigen, die sie kannten, erinnern sich an sie als ein süßes, sonniges, liebenswertes Mädchen, das ein solch schreckliches Ende gewiss nicht verdient hat. Wir werden nichts vergessen und nichts verzeihen. Es soll nie wieder gesagt werden, dass das Patriarchat nicht existiert oder Schnee von gestern ist. Damit unsere Beziehungen endlich ein freier Austausch zwischen Individuen sind und nicht Käfige der Besitzansprüche. Damit diese mörderische Zivilisation mit all ihren Fundamenten zusammenbricht, einschließlich jenen, die in uns zementiert sind.

Ciao Vivi

https://enough-is-enough14.org/2020/05/05/eine-der-folgen-der-staatlichen-covid19-massnahmen-ist-eine-zunahme-patriarchaler-haeuslicher-gewalt-ciao-vivi/

Chroniken des Ausnahmezustandes Nr. 7 – Wandzeitung aus #Trentino

1. Mai in Rovereto

Am 1. Mai gingen etwa zwanzig Gefährt*innen für etwa eine Stunde im Arbeiter*innenviertel Fucine mit einer Reihe von ausgedehnten Interventionen an den Gebäuden von Itea (Istituto Trentino Edilizia Agevolata) [1] auf die Straße. Wie auch am 25. April in Brione war dies eine Gelegenheit, sowohl über die strukturellen Ursachen der Epidemie zu sprechen – die alle mit der kapitalistischen Art der Ausplünderung und Ausbeutung der Natur zusammenhängen – als auch darüber, wie die Confindustria und die Regierung damit umgegangen sind und ein Massaker angerichtet haben. Im Rahmen dieser Initiative wurden die Einwohner*innen von Itea, welche sich in wirtschaftlichen Schwierigkeiten befinden (die Verantwortlichen der Provinzbehörde kündigten ein Mietstopp für Ladenbesitzer*innen, aber nicht für Mieter*innen an), aufgefordert, sich zu organisieren, um keine Miete zu zahlen. Es wurde betont, dass das Verbot mehr Menschen unter freiem Himmel zu treffen – das auch nach dem 4. Mai fortbestehen wird -, uns isolieren und passiv gegenüber dem halten soll, was sie für uns vorbereiten: die Kredite, welche die Regierung von den europäischen Institutionen und den inländischen Gläubigern (Banken, Versicherungen, Investmentfonds) fordern wird, werden durch eine verstärkte Ausbeutung der Arbeiter*innen und der ärmsten Schichten der Gesellschaft zurückgezahlt, ein Aspekt, in dem sich „Pro-Europäer*innen“ und „Souveräne“ einig sind. Um sich dem – und der Einführung von 5G – zu widersetzen, ist es notwendig, soziale Eindämmungsmaßnahmen verantwortungsvoll zu verletzen. Einige Bewohner*innen – vor allem junge Menschen – haben die Initiative ergriffen. Zwei Polizeistreifen hingegen haben sich auf Distanz gehalten.

„Wenn wir arbeiten können, können wir auch streiken.“

Unter diesem Slogan wurden in den meisten Logistikketten zwischen dem 30. April und dem 1. Mai Blockaden und Streiks organisiert. In Bologna, in Casoria, in der Provinz Neapel, in Turin, in Campi Bisenzio, in Calenzano, in Modena (wo die Proteste bereits Anfang der Woche begonnen hatten). Und dann Genua, Mailand, Brescia, Bergamo, Piacenza, Florenz, Rom, Caserta… Wieder einmal bestätigten sich die Spediteur*innen – zumeist Immigrant*innen – als der kämpferischste Sektor der Lohnklasse. Auch die Fahrer*innen aus Turin und die Transportreiniger*innen aus Neapel streikten, und am 30. April blockierten sie die U-Bahn.

Im Bauch der Bestie

Während die italienischen Medien nur den Protesten der Trump-Anhängerinnen Raum geben, welche die Wiederaufnahme der wirtschaftlichen Tätigkeit ohne Wenn und Aber fordern (dieselbe Position, die die Liga einnimmt und die auch von den Faschistinnen vertreten wird, welche versuchen, sich hinter den „Trikolormasken“ zu verstecken), gab es am 1. Mai in den Vereinigten Staaten massive Streiks gegen Giganten wie Amazon, Whole Food, Walmart, Target. Die Forderungen sind die Schließung der Standorte, an denen es zu Ansteckungen gekommen ist, keine Einschränkungen bei den Tests für potentiell infizierte Arbeiter*innen, die Zusatz Entlohnung von gefährlicher Arbeit, die Unterbrechung der Lieferung von nicht lebensnotwendigen Gütern und das Ende der Vergeltungsmaßnahmen gegen Arbeiter*innen, welche mehr Sicherheit am Arbeitsplatz fordern. Krankenpfleger*innen gingen vor 130 Krankenhäusern in 13 Staaten auf die Straße, um neues Personal zu rekrutieren, gegen den Mangel an Schutzausrüstung und gegen Versuche, die Demonstrant*innen zum Schweigen zu bringen. Gemeinsamer Nenner dieser und vieler anderer Demonstrationen, ist der Widerstand gegen Einsparungen und militärische Intervention durch die Stars and Stripes. Seit März sind mindestens 140 wilde Streiks in den gesamten Vereinigten Staaten dokumentiert worden. Unterdessen breitet sich der Mietstreik in Kalifornien, im Bundesstaat New York, in Missouri und mehreren Großstädten aus.

„Verbunden“

Sich zu fragen, welchen praktischen Nutzen die uns seit mehr als einem Monat auferlegten Regeln zur Eindämmung der Ansteckung haben, hat sich bisher als eine grundlegende Übung des kritischen Geistes erwiesen. Ab dem 4. Mai, dem Datum der berüchtigten „Phase 2“, werden sich die Einschränkungen unserer Freiheiten (insbesondere der Versammlungs- und Demonstrationsfreiheit) nicht ändern, aber es wird möglich sein,… wen zu besuchen? In der ersten Version waren es die Angehörigen. Proteste. Sie haben das missverstanden, wir meinten stabile Beziehungen. Dieses Theater zeigt einmal mehr, dass bestimmte Maßnahmen sehr wenig mit Gesundheit zu tun haben. Welchen praktischen Nutzen hat es gegenüber der Eindämmung der Ansteckung, nur Verwandte treffen zu können? Schützen uns Familienbande vor einer Ansteckung? Gibt es eine Art Herdenimmunität, die mit dem Nachnamen verbunden ist? Die Antwort liegt für uns auf der Hand.

In den nächsten Tagen werden viele Aktivitäten wieder aufgenommen (abgesehen von den sicherlich nicht lebenswichtigen, welche nie aufgegeben wurden, wie z.B. Unternehmen, die Waffen produzieren); wir werden wieder mit nahezu voller Kapazität produzieren und konsumieren. Wir werden jedoch nicht zu unseren bedeutsamen sozialen Bindungen, unseren Freundschaften, unseren Kompliz*innen zurückkehren: jene, die auf dem Papier weniger wert sind als ein Verwandtschaftszertifikat. Geduld für diejenigen, die keine Familie haben oder diejenigen, welche die Beziehungen zu ihr abgebrochen haben, weil sie anderswo Zuneigung, Verständnis, Gegenseitigkeit gefunden haben.

Arbeit, Haus, Familie: dies ist das Wichtigste!

Aber wenn wir der sozialen Organisation, welche Pandemien verursacht, ein Ende setzen wollen, müssen wir auch lautstark die Bedeutung all unserer Bindungen betonen, insbesondere die uneigennützigsten und authentischsten – welche oft nichts mit Familien zu tun haben.

Gemeinsamkeiten

Alle Ausdrucksformen des menschlichen Lebens durch das Gesetz zu erfassen, ist eine totalitäre Utopie. Totalitär, weil ihre Verwirklichung Menschen zu maschinenähnlichen Wesen machen würde; Utopie, weil der Staat niemals alles kontrollieren kann, was wir tun. Aber er kann sich nähern, und zwar sehr stark, indem er die günstigsten Möglichkeiten nutzt. Was haben die Dekrete, die im Namen des Coronavirus-Notstands erlassen wurden, mit den zahllosen Freiheitsberaubungsgesetzen gemeinsam, welche die Geschichte dieses Landes durchzogen? Nicht nur und nicht so sehr die massenhafte Ausweitung der Beschränkungen, sondern die Tatsache, dass diese Dekrete – indem sie die Grundlagen der liberalen Ideologie umstürzen – nicht das als erlaubt definieren, was nicht ausdrücklich verboten ist, sondern das, was ausdrücklich erlaubt ist. Nun, wo befindet sich nur der Ort, an dem die Aktivitäten zwischen ausdrücklich Erlaubtem und ausdrücklich Verbotenem aufgeteilt werden? Im Gefängnis.

Obwohl der Staat noch nicht den notwendigen Konsens zur Einführung der „Immun“ Applikation für die digitale Verfolgung von sozialen Kontakten erzielt hat, hat er damit begonnen, von einigen halbfreien Gefangenen ein Smartphone für die Geolokalisierung zu verlangen. Als Ersatz für was? Elektronische Armbänder, mit deren Bau eine der Mobilfunkfirmen (Fastweb) beauftragt wird.

Der Fortschritt der digitalen Technologie ermöglicht, wovon die totalitären Regime der Vergangenheit nicht einmal zu träumen wagten.

Anmerkungen

[1] ITEA Spa (Istituto Trentino per l’Edilizia Abitativa) ist eine Aktiengesellschaft unter der Leitung und Koordination der Autonomen Provinz Trento. Sie betreibt die öffentlichen Mietwohnungen.

https://enough-is-enough14.org/2020/05/06/chroniken-des-ausnahmezustandes-nr-7-wandzeitung-aus-trentino/

Bergamo (Italy) – One of the consequences of the COVID-19 state measures is an increase of patriachal domestic violence. Ciao Vivi.

The news of the murder of a 34-year-old woman from Bergamo, Viviana, was circulated by word of mouth an newspaper artciles a few days ago. Yet another act of patriarchal violence: brutally beaten and punched by her partner for reasons of jealousy, Viviana died after six days in a coma following the reported traumas. In these times where the state is imposing measures on us to stay locked up in the house, even pretending to decide what our main affections should be (at the top of which, of course, are the blood-related family and the stable couple), cases of gender-based violence are even more numerous than usual. Couples and family are the pillars of the heteronormative social order, functional for the State. In the rhetoric of the orders imposed by Daddy-State, of the #restiamo a casa and of the tricolour flags, familistic and patriotic values with a rotten fascist smell are relaunched. Many women and LGBT people find themselves in difficult situations at the moment because they are forced to live together in oppressive relationships or with a family that does not accept them, unable to leave and deprived of the possibility of reaching their support networks, composed mainly of bonds of friendship. Some of us have met Viviana in a squat or on a punk concert, or perhaps met her at a demonstration. For several years we had lost sight, but those who knew her remember her as a sweet, sunny, lovable girl, who certainly did not deserve such a horrible end. We will forget nothing and forgive nothing. Let it never be said again that patriarchy doesn’t exist or is water under the bridge. So that our relations may finally be free exchanges between individuals and not cages of possessiveness. So that this murderous civilization collapses with all its foundations, including those cemented within us.

Ciao Vivi

https://enoughisenough14.org/2020/05/05/one-of-the-consequences-of-the-covid19-state-measures-is-an-increase-of-patriarchal-domestic-violence-ciao-vivi/